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LA CHIAMATA IN CASSAZIONE PER MERITI INSIGNI

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LA CHIAMATA IN CASSAZIONE PER MERITI INSIGNI


L'art. 106 c.3 Cost. Stabilisce che possano entrare a far parte in cassazione in veste di consigliere e su designazione del CSM anche laici quali prof. universitari in materie giuridiche e avv. che abbiano almeno 15 aa. di esercizio della professione alle spalle.

Seppure tale norma ha origine antiche, addirittura pre-unitarie, non ha mai trovato applicazione al punto che gran parte della dottrina la ritiene una norma fantasma.


Nella legislazione pre-unitaria, l'inserimento di laici nei ranghi della magistratura aveva lo scopo di sottoporre questa ad un controllo dell'esecutivo, i membri laici della magistratura era la longa manus dell'esecutivo in quanto da questi nominati. La legislazione sarda prevedeva che la magistratura fosse comunque sotto il controllo dell'esecutivo (non esistendo l'organo di autogoverno), pur tuttavia prevedeva che gli uffici dell'alta magistratura fossero comunque rivestiti da magistrati togati. La legge Rattizzi consentiva al guardasigilli di colmare i vuoti della magistratura con i membri laici.

L'ingresso dei laici si ebbe in maggior misura subito dopo l'unificazione e fu necessitato dal dover sostituire gran parte della magistratura del sud ancora legata ai Borboni con nuovi magistrati. Si arrivò al punto che il governo italiano assunse un neolaureato in legge ogni 4. Tra questi neo assunti vi erano sia giovani laureati che stimati professori universitari o famosi avvocati.



Fatta l'Italia il terremoto giudiziario fu arrestato e con l'introduzione del nuovo ordinamento giudiziario si impostò la nuova disciplina per il reclutamento dei magistrati. La nuova disciplina, pur prevedendo il concorso, lasciò immutato il potere dell'esecutivo in relazione alle promozioni nonché quello in relazione alla nomina di membri laici. Di tale potere però si fece un uso limitato, basti pensare che tra il 1866 e il 1890 furono nominati come membri laici solo 40 avv. e 4 prof..

Di tutti questi solo i 4 prof. vennero nominati nei massimi ranghi di consiglieri di cass. se poi si pensa che la cassazione all'epoca non era unica allora possiamo dire che le nomine dell'esecutivo furono veramente esigue.

Con la riforma Zanardelli le cose mutarono ulteriormente, poiché elevando il grado al quale i laici potevano essere ammessi in magistratura la nomina si rese praticamente impossibile per gli avvocati e di scarsissima applicazione per i prof. universitari. Dopo la riforma Zanardelli i laici chiamati in magistratura furono 2, uno più autorevole dell'altro ed entrambi nominati per meriti così insigni da essere considerati quasi irripetibili. Questi furono Luigi Lucchini già artefice del cod. pen. Zanardelli e l'altro fu Ludovico Mortara che in realtà pregò il suo amico, allora guardasigilli Cocco-Ortu , di consentirgli il passaggio perché stanco della vita accademica. (meriti insigni? Sembra piuttosto una chiara espressione di nepotismo, caratteristica propria dei governanti italiani.). Dopo il 1902 non vi sono più state nomine di magistrati senza concorso.


Nell'Italia repubblicana, la nomina dell'esecutivo sopravvisse e fu sancita dalla cost. ma non con la funzione di colmare i vuoti della magistratura e per altre esigenze giudiziarie, sembra piuttosto che la nomina dei laici costituisca un premio per meriti insigni.

La norma costituzionale ebbe successo per due motivi:

il potere di nomina era sottratto all'esecutivo e attribuito alla stessa magistratura (in particolare al CSM);

la nomina dei laici, costituendo un premio per meriti insigni riguardava la carica più alta della magistratura e cioè il grado di consigliere di cassazione.

La discussione in sede costituente si pose sulla necessità della sussistenza per meriti insigni. Una parte della commissione ritenne che si poteva prescindere dai meriti insigni, altri ritennero che non vi era alcun motivo o necessità che i laici entrassero in magistratura, mentre su insistenza dell'on. Leone, che assicurò che le nomine dei laici sarebbero state eccezionalissime la norma passò. Ma il carattere di eccezionalità della nomina doveva essere giustificato da qualcosa e questo qualcosa erano "i meriti insigni".

Ci si chiede che necessità vi fosse nel recupero di questo istituto che era ormai un relitto storico. Per evitare di esporre il governo a critiche feroci la scelta dovrebbe ricadere su persone autorevolissime, che in quanto tali sicuramente non avrebbero alcun interesse alla nomina. E la concessione del potere di nomina al CSM non avrebbe mutato le cose in quanto tale organo è composto prevalentemente da magistrati e i quali sicuramente non vedevano e non vedono di buon occhio i membri laici in magistratura.

Perciò l'art. 106 c.3 rimase solo sulla carta.

Col passare degli anni si avvertì la necessità di dare attuazione al dettato cost., necessità avvertita soprattutto dall'ordine forense ma anche dallo stesso CSM accusato di voler escludere i laici dalla magistratura per garantire la carriera dei magistrati togati. Il CSM tra gli anni '80 e i '90 si pose più volte il problema chiedendo l'intervento del legislatore al fine di stabilire un criterio univoco di nomina dei laici a consiglieri di cassazione. La questione si ripresentò con la richiesta fatta al CSM di un'avvocatessa genovese che chiese di essere ammessa in magistratura in esecuzione del dettato cost. ex art.106 c.3 cost.

Il CSM rigettò la richiesta adducendo, come motivazione, che non vi può essere auto-candidatura alla nomina (anche se non vi è una norma che lo esclude), ma soprattutto che è necessario addurre i meriti insigni richiesti dal dettato cost..

Sicuramente la richiesta dell'avvocatessa non era diretta all'assunzione in magistratura, ma perlopiù a smuovere le acque che in seno al CSM erano diventate più che stagnanti nonostante i buoni propositi. Il CSM si appellò nuovamente al parlamento per addivenire a una soluzione legislativa del problema. Tra il '91 e il '96 furono presentati 3 disegni di legge in materia:

uno fu presentato dal guardasigilli Martelli nel 1991;

il 2° fu presentato dal guardasigilli Biondi nel 1995;

il 3° fu presentato dal guardasigilli Flick nel 1996.

I 3 d.d.l. avevano posto alcune regole:

che i laici chiamati in cass. non potevano essere di numero superiore a 1/10 dei posti previsti;

che la designazione ricada su soggetti che possano apportare alla giurisdizione un contributo di elevata qualificazione professionale;

che il magistrato nominato ex art. 106 debba essere esclusivamente destinato alle funzioni giudicanti e che possa essere valutato per la nomina alle funzioni superiori dopo 8 anni dalla nomina.


Vediamo ora perché l'art. 106 non ha trovato attuazione:

l'incompatibilità tra l'istituto e il principio del concorso e della carriera;

il fatto che i costituenti non avvertirono già al tempo di Mortara che il passaggio in magistratura non era propriamente conveniente per un prof.; considerando che con l'avvento della Cost. il cursus honorum dei prof. di diritto è il più ambito posto nella Consulta;

altro limite all'applicazione sono "i meriti insigni", che per gli avvocati rappresentano una condizione impossibile;

un limite costituì l'attribuzione del potere di nomina al CSM che essendo composto per 2/3 da magistrati non avrebbe avuto interesse a nominare laici.

Perciò l'istituto non ha funzionato per vari motivi: perché i prof. non hanno interesse alla nomina, perché gli avvocati non hanno meriti insigni e perché i laici non sono visti di buon occhio dal CSM.

La situazione allo stato attuale offre questa alternativa per uscire da tale impasse:

o si la norma viene abrogata

o si ridisciplina ex novo la materia disciplinando sia la chiamata in cassazione che quella negli altri organi giudiziari collegiali.







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