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LA COSTITUZIONE REPUBBLICANA:Comizi

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LA COSTITUZIONE REPUBBLICANA:Comizi

I comizi sono il terzo elemento della costituzione repubblicana. Il più antico tipo di comitia, i comitia curiata, sopravvivono, ridotti al tramandarsi di quelle tipiche funzioni che in passato ne avevano rappresentato la competenza. L' atto si sottomissione al magistrato eletto si fa ancora mediante la lex curiata, ma questa, di fronte all' elezione dei comizia centuriata , ha puro valore formale. I comitia curiata vengono convocati ormai per l' inauguratio del rex sacrorum, per la sacrorum detestatio, l' adrogatio, il testamento.

L' assemblea fondamentale, il comitiatus maximus, nella costituzione repubblicana è costituita dai comizi centuriati. Si può affermare con sicurezza che tale assemblea del popolo distribuito per centurie, derivante dall' assemblea del popolo in armi, fosse collegata all' organizzazione militare. In corrispondenza coll' armamento della fanteria, si avevano 5 classi ( in cui i cittadini erano distribuiti in base al censo ) precedute dalle centurie dei cavalieri e seguite da 5 centurie di inermi. Il numero complessivo delle centurie in cui nell' ordinamento serviano era distribuito il popolo romano era di 193. La divisione tra juniores e seniores ( cui si era soliti far corrispondere il passaggio dall' esercito di linea a quello territoriale ) era fissata al compimento del 45 esimo anno di età, secondo altri al 46 esimo. Le centurie dei cavalieri erano formate dai primores civitatis, ed in esse, in particolare nelle prime sei, era raccolto il patriziato. L' appartenenza alle classi era determinata dalla ricchezza; gli storici riferiscono tale criterio di attribuzione ad una valutazione del patrimonio in denaro, che, misurata in assi , importa almeno 100.000 per la prima classe, 75.000 per la seconda, 50.000 per la terza, 25.000 per la quarta e così via. Livio afferma che tutto il resto al di fuori della quinta classe era immunis militiae, ossia privo di obblighi militari. Tale teoria fa dunque individuare 6 centurie di inermi, anziché 5, così che sarebbe più giusto dire che le centurie erano complessivamente 194 e non 193.



Poiché i voti si computavano per centurie, e si votava partendo dai cavalieri e poi secondo l' ordine delle classi, questo ordinamento importava una prevalenza in rapporto alla ricchezza e all' anzianità; prevalenza degli abbienti perché bastava che votassero concordi i cavalieri e la prima classe perché fosse raggiunta la maggioranza, così che non si procedeva più al voto.

Il terzo tipo di comitia era rappresentato dai comitia tributa, in cui i cittadini erano convocati per tribù, e si votava per tribù. L a prima fase di comitia tributa ci è data dalla plebe, i concilia tributa, che sorti come assemblea di parte, hanno poi raggiunto una funzione di portata cittadina. Su imitazione di questi concilia della plebe si sono formati anche le assemblee di tutto il popolo per tribù, ossia i comitia tributa. Poiché si votava per tribù, le tribù rustiche, meno numerose, ebbero una netta preponderanza sulle urbane, che ammassavano tutta la turba forense, la massa del proletariato urbano. Restava così una preponderanza sulla base della proprietà fondiaria; ma, poiché non si faceva questione di estensione o di censo, fino ai più piccoli, e tutti gli iscritti della tribù partecipavano in piena parità al voto, l' assemblea dei comizi tributi ebbe un carattere più democratico rispetto ai comizi centuriati. La distinzione tra tribù rustiche e tribù urbane importava una prevalenza del ceto agricolo su quello urbano. Si trattava in pratica di quel piccolo e medio ceto contadino che costituiva il nerbo della società.

Le funzioni dei comizi centuriati e tributi e dei concilia tributa plebis erano essenzialmente tre: elettorale, legislativa, giudiziaria.

Quanto alla competenza elettorale, tra i magistrati ordinari erano eletti dai comizi centuriati  i magistrati maggiori ( consoli, pretori, censori ); dai comizi tributi i magistrati minori ( edili curuli e questori ); dai concilia plebis i magistrati plebei ( tribuni della plebe ed edili ).

Il potere legislativo dei comizi si innesta nel quadro della formazione e dello sviluppo storico dell' ordine della civitas. Prima nella società intergentilizia, successivamente nel conflitto tra patriziato e plebe e nel superamento di questo conflitto, lo sviluppo costituzionale ha proceduto attraverso impostazioni e accordi di varia indole. La base per la formazione della comunità unitaria patrizio-plebea, è data dall' organizzazione del popolo nei comizi centuriati, elemento centrale, e forma perciò il termine di riferimento spontaneo per l' opera di determinazione che è rappresentata dalla lex, che viene in primo piano ad investire i problemi della vita associata alla civitas, cioè il campo e della vita e della struttura dello Stato, e solo indirettamente viene a toccare i rapporti dei privati, lo ius civile. Anche per la lex l' iniziativa spettava al magistrato, in quanto la lex si votava su rogatio del magistrato, che interrogava il popolo, che rispondeva approvando o respingendo. La forma della domanda e della risposta rappresentava un parallelo di ciò che accadeva nel negozio privato, la sponsio. Distinte dalle leges rogate, ossia votate dai comizi su proposta del magistrato, vi erano leggi emanate unilateralmente dal magistrato , a cui gli studiosi moderni hanno attribuito il nome di leges datae.

Il potere giudiziario dei comizi si è esplicato nel processo comiziale. Secondo una norma che si faceva risalire alle XII Tavole, la pena capitale era di competenza dei comizi centuriati. Per le multe venne stabilito un limite massimo, valutato prima in 30 buoi e 2 pecore e poi in 3020 assi, nello stesso giorno. Al di sopra di questi limiti, si affermò la competenza dei comizi tributi, o dei concilia tributa plebis, in cui l' iniziativa della multa partisse dagli edili o dalla plebe.

Troviamo al centro della giurisdizione criminale il processo comiziale in cui il magistrato iniziava il processo ingiungendo all' accusato di ire davanti al popolo in un giorno prestabilito, e passando così dall' istruttoria non formale a quella formale con l' anquisitio; per tre adunanze consecutive, cui si presenziava il popolo, il magistrato annunciava l' accusa e adduceva le prove; il reo presentava le difese e le arringhe defensionali, e alla fine il magistrato, ove non ritenesse di desistere, formulava l' accusa; con la quarta riunione, con la formale incriminazione, si iniziava il vero e proprio giudizio popolare; e il comizio condannava alla pena proposta dal magistrato  o assolveva. Prima che fosse pronunciato l' ultimo voto decisivo per la condanna, l' accusato, secondo la pratica invalsa, poteva sfuggire alla pena con l' esilio. Constatato l' esilio, veniva pronunciato l' interdictio aqua et igni, per cui l' esule era escluso da ogni comunanza di vita cittadina.

I comizi, ed i concilia, erano convocati e presieduti da un magistrato munito di ius agendi cum populo, o rispettivamente, cum plebe.

Il ius agendi cum populo spettava al console, al pretore, al dittatore ( sembra anche al magister equitum ), ed a quei magistrati straordinari investiti del potere consolare; esclusi i pro magistrati, la cui competenza era limitata ad un territorio al di fuori della civitas.

Per la funzione giudiziaria, con la legittimazione a portare al popolo la proposta di condanna, dovette essere esteso anche il diritto di convocare, o presiedere, i comizi relativi. Questo sembra doversi ammettersi per i quaestores, come già per i duoviri perduellionis, nei confronti dei comizi centuriati. Quanto ai tribuni della plebe, cui si riconobbe anche la legittimazione a giudizi capitali, che erano di competenza dei comizi centuriati, si tramanda che il tribuno chiedesse al pretore di fissare il giorno per la convocazione dei comizi; per le multe si convocavano i comizi tributi , e venivano convocati dal magistrato da cui era irrogata la multa, come ad esempio l' edile curule.

Il ius agendi cum plebe spettava ai tribuni e agli edili della plebe. La convocazione dei comizi si faceva mediante editto. Tra la convocazione e il giorno della riunione doveva trascorrere un intervallo di tempo stabilito nel trinundinum ( tre mercati, che si teneva a distanza di otto giorni ). Non erano impossibili casi in cui, talora di propria iniziativa, talora su ordine del senato,  il magistrato, per l' urgenza, si esimeva dall' obbligo del trinundinum. Con la convocazione veniva reso noto l' oggetto proposto alla deliberazione comiziale: nei comizi elettorali, la lista dei candidati, nei comizi giudiziari il nome dell' accusato, l' imputazione e la pena corrispondente, nei comizi legislativi il testo del progetto di legge. Tale pubblicazione del progetto di legge aveva il nome di promulgatio; essa avveniva nella forma degli editti, ossia con la doppia forma dell' annuncio orale in concione e della pubblicazione su tavole di legno imbiancate. A garanzia dell' inalterabilità del progetto, la legge Licinia Iunia del 62 av. Cr. stabilì che una copia dovesse essere depositata presso l' erario. Nei comizi legislativi, nell' intervallo di tempo tra la promulgatio e il giorno fissato per il comizio, si soleva tenere delle concione, convocate dallo stesso magistrato proponente o anche da altri, ed in cui si svolgevano i pro e i contro.

I comizi centuriati potevano essere convocati solo extra pomerium; il luogo tipico era il Campo Marzio. I comizi tributi potevano riunirsi sia al di fuori che all' interno della città; luogo tipico era il foro, talvolta si riunivano in Campidoglio; verso la fine della repubblica anche per loro prevaleva il Campo Marzio. I concilia tributa plebis potevano riunirsi solo entro certi limiti territoriali del potere dei tribuni, cioè non oltre il primo miglio da Roma.

I comizi non potevano essere tenuti nei giorni indicati nel calendario come nefasti ( riservati a pratiche religiose ), e nemmeno in quelli definiti fasti in senso stretto, dedicati all' amministrazione della giustizia. Nella notte precedente il giorno stabilito il magistrato che doveva presiedere i comizi assumeva gli auspici; questo valeva per quanto ne sappiamo solo per i comizi centuriati e per quelli tributi. Se gli auspici erano favorevoli, il magistrato faceva convocare il popolo dall' araldo,e, in seguito ad una preghiera e un sacrificio, di regola si svolgeva una contio in cui veniva discussa la proposta. Terminata la contio, il magistrato presidente leggeva la proposta e interrogava il popolo; quindi si procedeva alla votazione. In origine il voto era orale; il rogator centuriae, o il rogator tribuum, raccoglievano i voti di ciascuna unità, segnandoli con un punto su una tabella. Il voto si dava, nei comizi elettorali, indicando il nome dei candidati prescelti; nei comizi legislativi con la formula uti rogas ( U R ) per l' approvazione, antiquo ( A ) per il voto contrario, non liquet ( N L ) per l' astensione. Fatto lo spoglio, si proclamava il risultato con la renuntiatio.

Avvenuta la renuntiatio, la legge votata entrava da subito in vigore; essa veniva indicata con l' aggettivo del nomen del magistrato o dei magistrati proponenti ed una breve designazione del contenuto. In testa alla legge stava la praescriptio, che indicava per intero il nome e la carica del magistrato proponente , il comizio votante, il tempo ed il luogo della votazione, il nome della unità comiziale che votò per prima, e del cittadino che in essa fu il primo a votare. Seguiva la rogatio, cioè il testo della legge vera e propria.





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