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L'IMPRENDITORE E IL MERCATO



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L'IMPRENDITORE E IL MERCATO

L'articolo 41 della costituzione proclama che "l'iniziativa economica privata è libera". Essa è l'attività di chi utilizza ricchezza per creare nuova ricchezza. Quindi questo articolo da la libertà ai privati di disporre delle risorse (materiali e umane); di organizzare l'attività produttiva (decidere cosa-quanto-come-dove produrre. Questa libertà presuppone il riconoscimento di altri diritti dei privati come la libertà contrattuale (proprietà privata), essendo il contratto lo strumento mediante il quale l'imprenditore, da un lato, si procura la disponibilità delle risorse da utilizzare nel processo produttivo e dall'altro colloca il prodotto sul mercato (legittimità della alienazione della forza lavoro: prestazione di lavoro contro retribuzione). La libertà di iniziativa economica non si esaurisce con l'esercizio del diritto di proprietà e della libertà contrattuale, o nell'esercizio delle scambio di beni e servizi; è quel di più che distingue l'imprenditore dal mero proprietario degli strumenti di produzione. La libertà economica, è quella attività riconosciuta ai privati, di svolgere la funzione imprenditoriale. Le ragioni dell'imprenditore sono sempre in conflitto con quelle della classe proprietaria (dei fattori produttivi).



Con il riconoscimento della libertà di iniziativa economica privata coesiste, nella costituzione, quello dell'intervento pubblico nell'economia (attività economica pubblica) e + in generale, del governo pubblico dell'economia. Esso è presente in diverso grado e diversi caratteri in tutti i sistemi capitalistici (incapace di governarsi secondo spontanei meccanismi di mercato e inidonea, da sola, a garantire uno sviluppo economico). Di qui l'universale compito dello stato di garantire il funzionamento e lo sviluppo del sistema economico. Perciò la libertà di svolgimento di impresa avviene entro un quadro prestabilito dal potere pubblico. Gli elementi costitutivi di questo quadro sono, nella nostra costituzione:

  1. limiti x impedire contrasto con l'utilità sociale in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.   
  2. i programmi e i controlli che la legge deve fissare x indirizzare e coordinare l'attività economica.
  3. le stesse attività economiche pubbliche, in concorrenza con quelle private.
  4. misure di autoritativa nazionalizzazione di imprese (monopolio).

È tuttavia un quadro di limitazioni dei poteri di intervanto pubblico nell'economia, che si presentano come altrettante garanzie delle libertà di iniziativa economica privata: garanzia che impedisce allo Stato sostituirsi nell'ultilizzazione delle risorse al privato; parità di condizioni dell'attività pubblica e privata; riserva di legge.


LA REPRESSIONE DELLA CONCORRENZA

Il tema è quello dei mezzi cui gli imprenditori ricorrono per affermarsi sul mercato e prevalere sui concorrenti: i mezzi mediante i quali essi si procurano gli strumenti produttivi  e quelli che utilizzano per sollecitare la domanda dei consumatori. La legge si occupa invece di quei mezzi di persuasione che sono diretti ad orientare la domanda dei consumatori verso i prodotti di una data impresa anzichè verso quelli di un'altra. Ma, neppure sotto questo aspetto, essa interviene per proteggere, contro i possibili inganni dei produttori, la libertà di scelta dei consumatori: oggetto di diretta tutela legislativa e solo la reciproca libertà di concorrenza degli imprenditori. I mezzi con i quali l'imprenditore sottrae ai concorrenti gli strumenti produttivi o la domanda dei consumatori, sono qualificati dal codice civile come mezzi sleali e sono vietati. L'art 2598 ne distingue 3 categ.

  1. Atti di confusione: la prima è quella degli atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente. Sono atti medianti i quali l'imprenditore tenta di appropriarsi del successo di un altro imprenditore: cerca di ingannare che i prodotti giungano dall'impresa del concorrente, usando nomi e simboli similie creando confusione nelle menti dei consumatori. L'imitazione dei prodotti altrui è lecita in quanto l'imprenditorre non possiede il diritto di utilizzazione esclusiva delle proprie iniziative; essa diventa illecita quando si presenta come un imitazione servile (inganna i consumatori circa la provenienza del bene).
  2. Atti di discredito: si riferisce alla pubblicità. Commette atti di concorrenza sleale l'imprenditore che diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito, oppure l'imprenditore che si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente. Rientrano in questi atti la diffusione con la pubblicità o altro mezzo di notizie idonee a screditare il concorrente anche se si tratta di notizie vere. Rientra anche la reclame negativa: quando l'imprenditore si presenta falsamente come l'unico produttore del bene genuino. Rientra anche la reclame per riferimento: l'imprenditore tenta di trarre vantaggio della rinomanza dei prodotti altrui presentando il proprio prodotto  come simile al più rinomato prodotto altrui.
  3. Scorrettezza professionale: questa categoria ha carattere generale e comprende ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'azienda altrui. Questo dimostra come gli artefici del codice civile mirassero a proteggere gli imprenditori l'uno nei confronti dell'altro.

A ciascun imprenditorre è quindi impedito di usare, nella gara per la conquista del mercato, mezzi che possano violare la libertà dei consumatori. Nei fatti illeciti per concorrenza sleale non ricorre la prova del dolo o della colpa dell'imprenditore che lo ha commesso e non occorre che l'atto di concorrenza abbia recato un danno all'imprenditore concorrente, essendo sufficiente la mera idoneità dell'atto a cagionare un danno.




DITTA, MARCHIO

La ditta e il marchio formano la categoria dei segni distintivi: la prima contraddistingue gli imprenditori, la 2 i prodotti che l'imprenditore pone in commercio. Sono beni immateriali, che formano oggetto di proprietà e di altri diritti. I segni distintivi assolvono la propria funzione nel rapporto fra l'imprenditore e la massa dei consumatori: permettono ai consumatori di identificare, e distinguere fra loro i diversi imprenditori, le loro rispettive aziende e i loro rispettivi prodotti. Garantiscono quindi a ciascun imprenditore la possibilità di godere, con esclusione degli'altri, del proprio successo imprenditoriale.

La ditta è il nome sotto il quale l'imprenditore esercita l'impresa. Essa può non corrispondere al nome civile dell'imprenditore e serve x meglio prestarsi alla diffusione e alla pubblicità. La ditta deve però contenere almeno il cognome o la sigla dell'imprenditore (ma l'imprenditore che ha originariamente fondato la ditta e no quello attuale). La ditta può essere trasferita  e la legge impone all'acquirente di aggiungere a quella il proprio cognome o sigla x evidenziare che è una ditta derivata. su ogni altro imprenditore grava l'obbligo di differenziazione: la ditta uguale o simile che sia stata utilizzata da altri in epoca successiva deve essere integrata o modificata con indicazioni idonee a differenziarla. Questo vale anche per chi utilizzi il proprio nome come imprenditore.

L'art 2565 regola il trasferimento della ditta: la ditta non può essere trasferita separatamente dall'azienda, e aggiunge che la ditta non passa all'acquirente senza il consenso dell'alienante, e in caso di successione dell'azienda per causa di morte, salvo diversa disposizione testamentaria, prevede il trasferimento del diritto di utilizzazione della ditta. Questa legge è il punto di accordo fra 2 contrapposti interessi: interessi dei consumatori e degli imprenditori. La ditta utilizzata da un imprenditore di successo può assumere un elevato valore economico, e perciò è evidente l'interesse degli imprenditori alla negoziazione, tanto quanto l'imp. acquirente a procurarsi il diritto di utilizzare una ditta che, per la sperimentata capacità di richiamo della clientela, gli offra la garanzia di sicuri profitti. Il consumatore imporrebbe il trasferimento della ditta xchè può cadere facilmente in inganno circa la provenienza dei beni o dei servizi offerti, sotto l'antica ditta, da un nuovo imprenditore.




Il marchio art 2569 è il segno distintivo che mettono in commercio. Il marchio può essere apposto sia dal fabbricante stesso (marchio di fabbrica) che dal rivenditore (marchio di commercio) il quale però non può sopprimere il marchio del produttore. Il marchio può essere emblematico ossia costituito da un'immagine o denominativo, ossia costituito da una espressione del linguaggio. In ogni caso deve possedere capacità distintiva. Si altererebbe, altrimenti, il principio della libertà di concorrenza: l'uso esclusivo, da parte di un imprenditore, della denominazione generica di un prodotto, finirebbe per attribuirgli il monopolio di quel prodotto. Esistono anche marchi deboli, cioè, che si discostano poco dalla denominazione generica del prodotto e godono di una protezione molto limitata. Il marchio deve possedere il requisito della novità: deve essere diverso da marchi distintivi di prodotti fabbricati o messi in commercio da altri, se crei confusione ai consumatori.

L'imprenditore può esercitare, nei confronti dei contraffattori, un'azione inibitoria, diretta ad impedire la continuazione dell'uso del marchio o l'azione di rimozione: distruggere tutti i marchi contraffatti (ance i prodotti se necessario), e l'azione di risarcimento dei danni, che il titolare del marchio abbia subito per l'altrui contraffazione. Il diritto all'uso esclusivo del marchio si può acquistare in 2 modi: o conseguendo la registrazione del marchio, oppure con l'uso del marchio da parte dell'imprenditore, indipendentemente da ogni registrazione. Quest'ultimo gode una protezione giuridica minore. I marchi non registrati possono essere o di notorietà nazionale o locale. Chi possiede il 2° è esposto al rischio che altri utilizzino lo stesso marchio per altre zone. La registrazione del marchio permette all'imprenditore di acquistare il diritto all'uso esclusivo del marchio prescelto prima d'averne cominciato l'uso. Inoltre il marchio registrato è protetto x l'intero ambito nazionale o internazionale se la registrazione viene effettuata presso l'OMPI di Ginevra. Il diritto esclusivo dura per 10 anni dalla registrazione. Si decade dal se il marchio non viene utilizzato per 5 anni dalla registrazione o sia verificata la volgarizzazione del marchio, ossia il marchio sia diventato denominazione generica del prodotto (aspirina). Il marchio utilizzato x contraddistinguere un prodotto rinomato è una garanzia di sicuri profitti e x questo può raggiungere un alto valore dei scambio. Anche qui come x la ditta gli interessi degli imprenditori della negoziazione del marchio sono in contrasto con le esigenze di protezione dei consumatori. Il codice civile ammette che il marchio possa essere trasferito per la totalità dei prodotti x cui è stato registrato. La licenza del marchio è legislativamente ammessa. L'art 2573 precisa che il marchio può essere oggetto di licenza x la totalità o parte dei prodotti x i quali è stato registrato o x la totalità del territori dello stato.








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