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L'INTERPRETAZIONE E L'ELUSIONE IN MATERIA TRIBUTARIA

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L'INTERPRETAZIONE E L'ELUSIONE IN MATERIA TRIBUTARIA


Il carattere valutativo dell'interpretazione e la sua differenza rispetto alla ponderazione degli interessi in gioco:

L'interpretazione comporta una elaborazione intellettuale, critica e valutativa; talvolta è impegnativa, altre rapida e soddisfacente.

Una elaborazione intellettuale esiste in qualsiasi operazione interpretativa.

Tuttavia l'interpretazione si distingue profondamente dagli atti che contemperano gli interessi in gioco con il profilo dispositivo; infatti con l'interpretazione non si ricerca un nuovo equilibrio degli interessi in conflitto, ma ci si riporta a scelte dispositive effettuate da altri (esempio art. 11 delle preleggi per cui nell'interpretare la legge "non si può ad essa attribuire altro senso che quello palese del significato delle parole"; tale legislativa vieta chiaramente di sovrapporre all'equilibrio d'interessi previsto dal legislatore un interesse equilibrio più rispondente alle preferenze dell'interprete.

L'interprete deve sempre giustificare la soluzione prescelta alla luce di scelte politiche fatte da altri, e sempre dimostrare che quella soluzione è la migliore possibile alla luce di tali regole; il vincolo dell'interprete rispetto alla legge sta nel non poter sovrapporre un proprio personale equilibrio d'interessi a quello già effettuato dal legislatore.



Il potere dell'agente come elemento decisivo per distinguere interpretazione e discrezionalità:

L'interprete deve sempre mantenersi formalmente neutro sul piano delle preferenze e la soluzione non può contrapporsi a valori come gusto artistico e senso del pudore diffusi nell'ambiente sociale di riferimento (anche nel caso in cui non condivida la possibile interpretazione, non può respingerla per questo, ma deve trovare nel sistema altri appigli per una diversa soluzione, da presentare poi in modo apparentemente imparziale come preferibile alla prima).

Le dichiarazioni di volontà sono caratterizzate da quel potere dispositivo cui si connette il potere di perseguire quell'equilibrio di interessi più rispondente a un sistema di valori o indirizzo politico.

La stessa formula legislativa può dar luogo a una interpretazione o a una valutazione dispositiva a seconda della funzione e del potere di chi deve giudicare:

es. se agire per particolari motivi morali o sociali venisse giudicato espressione di indirizzi di politica sociale del governo, la decisione sarebbe caratterizzata da una scelta dispositiva, quindi dall'esercizio di un potere di indirizzo sui valori da esporre all'apprezzamento dell'opinione pubblica

se lo stesso giudizio dovesse essere compiuto dal giudice penale ai fini della concessione degli attenuanti, questo potere dispositivo non si conurerebbe e l'incertezza resterebbe sul piano intellettuale, e non volitivo.

Dato testuale e sensibilità sistematica come elementi interpretativi:

Quindi estromesse o comunque contenute nei termini le preferenze personali dell'interprete, la decisione dipende da un rapporto dialettico tra testo normativo di riferimento e ragionevolezza della soluzione.

Questo rapporto trova riscontro nell'art. 12 c.c., che fa riferimento sia alla formulazione testuale sia alla ratio legis, espressa con la formula della "intenzione del legislatore".

Quindi per essere presa in considerazione e preferita alle altre una interpretazione deve:

essere compatibile con il testo normativo di riferimento, altrimenti l'interprete invaderebbe il campo del legislatore

ridurre al minimo illogicità e contraddizioni; infatti nelle dispute interpretative si mettono in risalto gli inconvenienti dell'interpretazione criticata: è una argomentazione "per assurdo", dove si dimostra che l'interpretazione contrastata comporta conseguenze inaccettabili per gli stessi sostenitori, quindi va abbandonata per favorirne altre.

Le dispute interpretative consistono in una dialettica tra possibili interpretazioni e loro conseguenze, valutando per ogni soluzione profili testuali e sistematici.


Esempi di argomenti logico sistematici desumibili dal funzionamento di determinate imposte:

In astratto le norme tributarie vanno interpretate come tutte le altre; tuttavia alcuni argomenti interpretativi sono peculiari al diritto tributario.

E' innegabile che in certi settori della fiscalità esistono denominatori comuni, utili parametri per esaminare le soluzioni interpretative. Tali denominatori sono frequenti soprattutto nell'ambito delle imposte sui redditi, di neutralità delle operazioni societarie, di inerenza, competenza e tassazione del reddito al netto dei costi necessari a produrlo.

Generale il principio che tende ad evitare per quanto possibile duplicazioni di imposizione sul medesimo fenomeno economico.

Anche nelle imposte indirette l'IVA esprime principi generali, come la tassazione del solo consumo finale e di detrazioni per acquisti effettuati nell'esercizio di attività suscettibili di generare operazioni rilevanti ai fini del tributo.

Concetto di analogia:

Ciò che caratterizza l'analogia rispetto all'interpretazione è la presenza di lacune nel sistema che l'interprete sta applicando; si ha una lacuna quando è impossibile individuare una soluzione nell'ambito delle disposizioni dell'ordinamento per disciplinare la materia in esame.

Indipendentemente dalla completezza o meno dell'ordinamento, le lacune possono emergere nel sistema normativo riguardante un determinato istituto.

Occorre cercare indicazioni in altri sistemi contigui: il concetto di lacuna è individuabile all'art. 12 delle disposizioni preliminari del c.c. che parla di "impossibilità di risolvere una controversia facendo riferimento a una specifica disposizione di legge".

Caratteristica dell'analogia è perciò il riferimento a disposizioni contenute in sistemi normativi diversi da quelli disciplinanti la materia controversa.

Mancanza di presupposti logici per estendere l'imposizione fiscale in via analogica:

Quando si tratta di norme impositrici, cioè quelle destinate a stabilire se un certo fenomeno è imponibile i meno, il problema dell'analogia nel diritto tributario è semplice: infatti se un fenomeno non è riconducibile ad una norma impositrice, l'intassabilità è obbligata, senza margini per interpretazioni analogiche.

Manca infatti una lacuna che occorre colmare per risolvere una controversia, presupposti indispensabile dell'analogia. La controversia sarà risolvibile prendendo atto dell'intassabilità del fenomeno.

Concetto di elusione. Differenza tra elusione ed evasione:

Sappiamo che la legge fiscale prevede i criteri per determinare gli imponibili e le imposte, e la disciplina legale della prestazione consente ai contribuenti di scegliere i comportamenti da realizzare.

Quando siamo di fronte a un lecito risparmio di imposta, in cui non si ravvisano espedienti o scappatoie, né alcun abuso del diritto per raggiungere risultati disapprovati dal sistema, semplicemente il contribuente ha scelto il comportamento fiscale meno oneroso (esempio quando una impresa è esercitata informa di società di capitali invece che di persone, dove vengono cedute le quote invece dei beni).

A volte invece il contribuente realizza un espediente formalmente legittimo, senza false rappresentazioni della realtà, ma con scappatoie giuridiche. Sono operazioni che, manovrando tra le disposizioni legislative, approfittando di loro imperfezioni, realizzano un risultato formalmente legittimo, ma contrastante con il sistema che i contribuente è riuscito ad eludere.

Chiara quindi la distinzione tra elusione ed evasione:

l'evasione consiste nell'occultare proventi o nel dedurre costi inesistenti

nell'elusione si opera alla luce del sole attraverso una scappatoia legale

Norme antielusione:

Un primo esempio di norma antielusione è venuto con l'articolo 10 della legge n.408/1990, poi sostituito dall'art. 37 bis del decreto sull'accertamento delle imposte sui redditi.

La norma rende inopponibili all'amministrazione finanziaria gli atti diretti ad aggirare gli obblighi e divieti previsti dall'ordinamento tributario, e ad ottenere riduzione di imposte o rimborsi indebiti.

Interpretazione dottrinale e giurisprudenziale:

Le interpretazioni della dottrina e della giurisprudenza non sono vincolanti (fatta eccezione per la sentenza di cassazione che enunci un principio di diritto cui il singolo giudice deve attenersi).

Queste interpretazioni hanno solo valore psicologico; chi le analizza deve confrontarle con il caso interessato per stabilire se sono o meno pertinenti. E' una "interpretazione dell'interpretazione".

Bisogna fare attenzione anche agli obiter dicta, cioè affermazioni incidentali inserite dai giudici nella sentenza per motivi di completezza, ma non necessarie al caso concreto; sono perciò opinioni del giudice su questioni ipotetiche, diverse dell'oggetto della controversia.

Interpretazioni ministeriali:

Questa proviene di solito da uffici centrali dell'amministrazione finanziaria, ed è contenuta in atti come risoluzioni, circolari, istruzioni ai modelli di dichiarazione e comunicati agli organi di stampa.

Le circolari hanno la funzione di commentare in genere una certa normativa, le risoluzioni sono risposte riguardanti casi specifici.

L'interpretazione ministeriale non è vincolante all'esterno, né per i contribuenti né per i giudici, me è importante perché devono attenervisi gli uffici finanziari, sottoposti per subordinazione gerarchica all'interpretazione dei superiori.

Non impugnabilità delle interpretazioni ministeriali:

Le interpretazioni ministeriali costituiscono atti generali o comunque ipotetici, non impugnabili come tali davanti alle commissioni tributarie, con la necessità che il contribuente attenda ad un atto impositivo o instauri una procedura di rimborso.








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