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PLURALITA' DELLE PARTI (LITISCONSORZIO) - DIRITTO PROCESSUALE CIVILE

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PLURALITA' DELLE PARTI (LITISCONSORZIO) -  DIRITTO PROCESSUALE CIVILE

Lo schema semplice del processo prevede due parti, il convenuto e l'attore; in certi casi però sono presenti più parti. La presenza di più parti è dovuta a diverse ragioni e precisamente può essere dovuta o in relazione al tipo di situazione giuridica sostanziale (litisconsorzio necessario) o in funzione di una relazione che esiste fra i rapporti giuridici oggetto del processo (litisconsorzio facoltativo). La pluralità delle parti viene indicata col termine litisconsorzio (dal lato attivo o dal lato passivo), inoltre è necessario dire questo istituto viene introdotto per la prima volta nel codice del 1940 grazie alle spinte della dottrina (ad esempio il Chiovenna affermava l'esigenza del litisconsorzio necessario ma solo per le azioni costitutive). Il legislatore, avendo recepito l'applicabilità del litisconsorzio necessario anche alle azioni di condanna e di accertamento, lo ha invece escluso per le obbligazioni solidali. Le norme che riguardano il litisconsorzio necessario sono sparse nel codice, innanzitutto abbiamo l'art.102 c.p.c. che stabilisce che se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo. In realtà esistono norme nelle quali si parla di litisconsorzio necessario sia nel codice di procedura civile che nel codice civile. Possiamo prendere in considerazione tre articoli:



l'art.248 c.c. dettato in tema di contestazione della legittimità (prevede che siano chiamati entrambi i genitori);

l'art.2900 c.c. dettato in tema di surrogazione (prevede che il creditore citi anche il debitore);

l'art.784 c.p.c. dettato in tema di scioglimento della comunione e di divisione ereditaria (prevede il litisconsorzio necessario).

Da queste norma la dottrina ha ritenuto possibile desumere categorie più ampie che prevedono il litisconsorzio necessario, queste categorie sono:

la categoria che comprende tutti i casi nei quali viene dedotta in giudizio una situazione giuridica sostanziale con una pluralità di parti (ci sono più titolari del diritto, ad esempio più di due titolari, gli eredi);

la categoria che comprende i casi di legittimazione straordinaria (ad esempio nel caso di surrogazione il titolare del diritto, cioè il debitore, è legittimato straordinario; altro esempio è il caso in cui l'azione viene promossa dal p.m.);

la categoria che comprende tutti quei casi che non rientrano nelle due precedenti categorie (ipotesi di rapporto giuridico plurisoggettivo e ipotesi di legittimazione straordinaria) e sono casi eccezionali previsti per ragioni di mera opportunità (ad esempio secondo l'art.1000 c.c. nel caso di capitale gravato di usufrutto alla causa devono partecipare i proprietari e gli usufruttuari).

Quindi nell'art.102 c.p.c. (definita "norma in bianco"), quindi nel litisconsorzio necessario, devono essere fatte rientrare le tre categorie di casi: casi di situazione giuridica plurisoggettiva, casi eccezionali previsti per ragioni di mera opportunità e casi di legittimazione straordinaria. Anche quando vi è il litisconsorzio necessario, ad essere dedotto in giudizio è comunque un unico rapporto giuridico con più soggetti.

Secondo l'art.102 c.p.c. quando la causa non è stata promossa nei confronti di tutti i litisconsorti necessari il giudice deve ordinare l'integrazione del contraddittorio in termini perentori (può essere il convenuto a fare risultare il giudizio del contraddittorio attraverso un eccezione di questo tipo in cui quando richiede il litisconsorzio deve indicare sono i litisconsorti presenti in causa). Quando ci sono dei litisconsorti necessari pretermessi il giudice, attraverso l'ordine dell'integrazione del contraddittorio, ordina che venga loro notificato l'atto di citazione. I litisconsorti necessari ricevuta la notificazione dell'atto di citazione possono anche decidere di non costituirsi in giudizio (questa sarà una volontaria decisione di rimanere contumaci), ma se invece si costituiscono da terzi diventano parti. Se le parti non ottemperano all'ordine del giudice di integrare il contraddittorio, non notificando l'atto di citazione ai litisconsorti necessari pretermessi nel termine perentorio, il processo si estingue. Fino al 1940 l'estinzione poteva essere rilevata sia dalla parte che d'ufficio, dal 1950 la riforma ha stabilito che è necessaria l'eccezione di parte, infatti se la parte non rileva l'estinzione nella prima udienza vi è una sorta di sanatoria e non si può parlare di estinzione; su questa nuova regola in dottrina ci sono varie tesi a favore e non. Secondo alcuni l'estinzione può ancora essere rilevata d'ufficio e quindi nell'art.307 c.p.c. rientrebbe anche la possibilità del giudice di rilevare l'estinzione, mentre secondo altri il giudice se non c'è l'eccezione di parte non può rilevare d'ufficio l'estinzione e quindi deve chiudere il processo con una sentenza di natura processuale che non riguardando il merito non impedisce alle parti la possibilità di riproporre la domanda. Le due tesi pervengono allo stesso risultato.

Dobbiamo esaminare il problema dell'efficacia della sentenza emessa in presenza di un contraddittorio non integro e quindi possiamo dire che quando nel corso del processo di 1° grado non ci si accorge che si è in presenza di un ipotesi di litisconsorzio necessario ed il processo va ugualmente avanti la sentenza emessa è detta "inutiliter data" cioè non ha efficacia nei confronti dei litisconsorti pretermessi. Il legislatore ha previsto l'ipotesi in cui le parti impugnano la sentenza emessa in contraddittorio non integro o in appello o in cassazione. Gli articoli di riferimento sono l'art.353 c.p.c. e l'art.354 c.p.c. Quindi vi sono delle ipotesi eccezionali, e tra queste rientra quella di litisconsorzio necessario, nelle quali il giudice d'appello non deve riesaminare la causa nel merito ma deve annullare la sentenza di 1° grado e rimettere la causa allo steso giudice di 1° grado rimettendo in moto il processo dal principio. Lo stesso avviene in cassazione ed in tal caso la causa riprenderà sempre dinanzi al giudice di 1° grado. Questo istituto, che consente di annullare l'intero processo, facendo si che le cause abbiano una durata eccessiva. Dobbiamo capire cosa accade se le parti non impugnano la sentenza in contraddittorio non integro in appello. Tale sentenza, inutiliter data, è viziata ma può essere sanata se passa in giudicato; l'unica eccezione a tale regola si ha nel caso della sentenza che non è stata sottoscritta dal giudice (ipotesi di inesistenza). Se la sentenza in contraddittorio non integro passa in giudicato dovrebbe avere efficacia ma a riguardo ci sono tre tesi:

quella che ritiene che tale sentenza abbia efficacia nei confronti di tutti i soggetti (sia le parti che i litisconsorti pretermesi);

quella che ritiene che tale sentenza sia efficace solo nei confronti delle parti;

quella che ritiene che tale sentenza non sia efficace nei confronti di nessuno (ne le parti ne gli "assenti").

Tra queste tesi quella maggiormente accettata è la seconda che prevede l'efficacia nei soli confronti delle parti, che possono impugnarla se vogliono evitare che la sentenza passi in giudicato, e l'inefficacia nei confronti dei terzi che non hanno partecipato al processo.

Se le parti hanno la possibilità di impugnare la sentenza il terzo pregiudicato da tale sentenza viene tutelato innanzitutto con la possibilità di opporsi alla sentenza contestandola ("opposizione del terzo"). L'opposizione del terzo, a differenza dell'impugnazione di parte, non è soggetta a termini di decadenza e può essere proposta in qualsiasi momento anche quando la sentenza è già passata in giudicato (l'unico limite a tale opposizione è dato dall'usucapione). Inoltre il terzo può opporsi all'esecuzione della sentenza ed alcuni ritengono che il terzo possa anche proporre un'azione autonoma di accertamento negativo che accerti appunto la nullità della sentenza emessa senza sua partecipazione (in quest'ultimo caso il terzo non potrebbe chiedere la sospensione dell'esecuzione della sentenza, cosa che può fare invece nel caso in cui eserciti l'opposizione). Per quanto riguarda le conseguenze del litisconsorzio necessario sulle prove dobbiamo dire innanzitutto che nel nostro ordinamento ci sono:

prove legali (che vincolano il giudice nella valutazione dei fatti), ovvero il giuramento e la confessione;

prove libere (che non vincolano il giudice che può attribuirle o meno validità), ovvero la testimonianza.

Per quanto riguarda la confessione (dichiarazione sfavorevole a chi la fa e favorevole all'altra parte) se un litisconsorte necessario confessa il suo atto non pregiudica gli altri poiché la sua dichiarazione non ha effetti vincolanti per il giudice in quanto in tale ipotesi la confessione diventa una prova libera. Per quanto riguarda il giuramento (a differenza che nella confessione la dichiarazione che costituisce giuramento può essere anche favorevole a chi la fa) se un litisconsorte necessario fa il giuramento nel caso in cui la dichiarazione è negativa non vincola gli altri se invece è positiva gli altri se ne avvantaggiano. Nell'ipotesi di litisconsorti necessari dal lato attivo tutti devono essere d'accordo nel deferire il giuramento alla controparte (perché è necessaria la disponibilità del diritto che è di tutti congiuntamente), mentre quando l'attore unico deferisce il giuramento a più litisconsorti necessari dal lato passivo si ha che se le dichiarazioni sono univoche il giudice è vincolato se invece non lo sono il giudice può valutare liberamente tali prove che da prove legali si trasformano in prove libere. Un'altra ura, oltre al litisconsorzio necessario, che comporta la necessaria presenza di più parti nel processo è il cumulo oggettivo disciplinato dall'art.2377 c.c. e dall'art.2378 c.c. che prevedono che quando vi è stata una delibera assembleare i soci assenti o dissenzienti possono impugnare la delibera chiamando in giudizio la società, non i soci che la compongono; se però più soggetti hanno impugnato la stessa delibera assembleare le singole cause verranno decise in un unico processo con un'unica sentenza. In questo caso la presenza di più parti non è necessaria dall'inizio ma lo diventa successivamente (si parla di cumulo oggettivo perché le cause intentate dai soci hanno lo stesso oggetto, l'impugnazione della delibera assembleare). Per quanto riguarda il litisconsorzio facoltativo la disciplina è contenuta nell'art.103 c.p.c.; qui vi sono più parti ma la loro presenza è facoltativa perché alla base della loro partecipazione vi sono ragioni di opportunità. La differenza tra i due tipi di litisconsorzio consiste nel fatto che: nel litisconsorzio necessario abbiamo un'unica situazione giuridica soggettiva (un unico diritto) che fa capo a più soggetti (situazione giuridica soggettiva plurima); mentre nel litisconsorzio facoltativo abbiamo più rapporti giuridici (quindi più parti) che sono tra loro connessi o per il titolo, o per l'oggetto o per entrambi. L'art.103 c.p.c. disciplina due ipotesi: il litisconsorzio facoltativo proprio (che si ha quando i rapporti giuridici sono connessi o per l'oggetto, o per il titolo, o per entrambi) e quello improprio (che si ha quando la decisione dipende parzialmente o totalmente dalla risoluzione di identiche questioni di diritto).


La sentenza emanata in queste ipotesi di litisconsorzio facoltativo formalmente è unica ma suddivisibile in tante parti quanti sono le cause connesse. Poiché la presenza di più parti è dettata da esigenze di economia processuale e per evitare che vi siano decisioni contrastanti essa può non essere necessaria fino alla fine e quindi venir meno attraverso un provvedimento del giudice che dispone la separazione delle cause (per ragioni di celerità del processo o su istanza di tutte le parti). Per quanto riguarda le conseguenze del litisconsorzio facoltativo sulle prove bisogna dire che nel caso in cui solo un litisconsorte facoltativo abbia confessato o prestato giuramento si ritiene che quelle dichiarazioni vincolano il giudice (sono prove legali) ma valgono solo nei confronti di chi le ha rese e non nei confronti degli altri litisconsorti e quindi delle altre cause. Il fatto che nel litisconsorzio facoltativo i diversi rapporti rimangono sostanzialmente divisi anche se formalmente vengono riuniti e decisi insieme fa si che se si dovesse verificare un evento interruttivo del processo (morte della parte o del difensore) il giudice separerà le cause e si interromperà solo il processo (la causa) interessato dall'evento interruttivo, l'altra causa andrà avanti. Sempre nell'ipotesi di litisconsorzio facoltativo se a seguito della sentenza che riguarda due rapporti solo un litisconsorte facoltativo la accetta mentre l'altro vuole agire in appello, si avrà che il rapporto del soggetto che accetta la sentenza rimane deciso in via definitiva mentre il rapporto del soggetto che impugna la sentenza verrà deciso singolarmente in appello. Quindi per il primo litisconsorte facoltativo la sentenza passa in giudicato per il secondo no. Nell'ambito del litisconsorzio necessario, invece, anche se la sentenza viene impugnata da uno solo dei litisconsorti necessari, tutti quanti devono partecipare al processo perché il rapporto giuridico è unico. In conclusione nel litisconsorzio facoltativo abbiamo più rapporti giuridici connessi ma ciascuno di loro conserva la proprio autonomia. Questa autonomia appare ancora più evidente se si considera l'art.104 c.p.c. che stabilisce che contro la stessa parte possono proporsi nel medesimo processo anche non altrimenti connesse. In questa ipotesi un soggetto propone nei confronti dell'altra parte più domande che sono autonome tra loro ma secondo il legislatore possono essere proposte ugualmente nello stesso processo e questo per ragioni di economia processuale. Qui l'unica particolarità è che le domande si sommano per valore e quindi si deve rispettare la relativa competenza; ma per ciò che riguarda la loro autonomia, questa è dimostrata dal fatto anche se il giudice decide con un'unica sentenza il soccombente può anche decidere di impugnare solo una parte della stessa (in tal caso non sarà necessario portare tutto il processo, svoltosi in 1° grado, in appello ma la parte non impugnata passerà in giudicato mentre quella impugnata verrà decisa in appello). La situazione descritta dall'art.104 c.p.c. non crea particolari problemi infatti proprio perché le due domande sono tra loro autonome ma vengono proposte nell'ambito dello stesso processo solo perché sono rivolte verso la stessa parte.





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