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POTERI E DOVERI DEL DATORE DI LAVORO

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POTERI E DOVERI DEL DATORE DI LAVORO


I poteri sono poteri giuridici in senso proprio esercitabili in modo discrezionale per la tutela di un interesse proprio.

POTERE DIRETTIVO

Potere giuridico fondamentale del datore di lavoro, che mira a garantire l'esecuzione e la disciplina del lavoro in vista degli interessi sottesi al rapporto. La disciplina riguarda il potere di modificare le mansioni, potere punitvo ecc.. nell'esercizio del potere direttivo il datore deve tenere presenti alcuni principi come:

il divieto di discriminazione

il principio di parità dei sessi



l'uguaglianza formale e sostanziale

POTERE DI CONTROLLO

La disciplina statutaria assoggetta il potere di vigilanza del datore a limiti specifici. L'art 2 Stat.Lav. si riferisce alle GUARDIE GIURATE: personale di vigilanza con compiti di tutela del patrimonio aziendale e dotato di particolari privilegi connessi a tale funzione. L'art 3 invece impone la preventiva comunicazione ai lavoratori interessati dei nominativi e delle mansioni specifiche del personale di vigilanza sul lavoro. Questi vigilanti sono normalmente dei dipendenti. Queste due norme sono contro il controllo occulto. Questi 2 articoli non possono essere invocati quando il controllo riguarda CONDOTTE ILLECITE cioè mancanze specifiche dei dipendenti. Si è pertanto riconosciuta la piena legittimità di controlli clandestini compiuti con modalità, nonchè da soggetti diversi dalle guardie giurate e dal personale di vigilanza.

L'art 4 precisa i controlli esercitabili dal datore di lavoro stabilendo che essi non possono realizzarsi mediante impianti audiovisivi e altre apparecchiature atte a sorvegliare a distanza l'attività dei lavoratori. Controlli a distanza possono giustificarsi solo se richiesti da esigenze organizzative, produttive o attinenti alla sicurezza del lavoro, cosicché il controllo sul lavoro ne sia al più una conseguenza accidentale. È prevista una garanzia procedurale e in ultima istanza giudiziale. Le apparecchiature di controllo sono installabili solo previo accordo con tutte le RSA e RSU o in mancanza con la commissione interna.

L'art 6 riguada le visite personali di controllo sul lavoratore ovvero le perquisizioni personali. tale prassi è ammessa solo se indispensabile ai fini della tutela del patrimonio aziendale e a condizione che le visite siano svolte all'uscita dei luoghi di lavoro con sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori. Una metodologia c.d. imparziale. Anche qui occorre l'accordo sindacale previa decisione della direzione del lavoro servizi ispettivi con possibile appello al ministero.

L'art 5 limitava il potere di controllo nei confronti del lavoratore assente per infermità. Vieta la prassi tradizionale dei controlli con medici di fabbrica e affida il controllo ai servizi ispettivi dell inail per gli infortuni e dell inps per le malattie. La visita fiscale dev'essere fatta da medici imparziali. Il terzo comma del suddetto articolo affida agli enti pubblici la valutazione della capacità di proseguire il rapporto di lavoro di un lavoratore.

L'art 8 vieta al datore di lavoro ai fini dell'assunzione e nel corso del rapporto, di effettuare indagini, anche tramite terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore nonché sui fatti non rilevanti ai fini della valutazione della attitudine professionale di questo. La norma garantisce in modo relativo la sfera privata del lavoratore con il limite dei fatti rilevanti ai fini dell'attitudine professionale. Sono stati infatti dichiarati illegittimi i test attitudinali. La materia è ricompressa nell'ambito della tutela della privacy l. n 675/96 sostituita poi dalle norme del TU 196/2003 del codive in materia di protezione dei dati personali. La disciplina riguarda solo i dati sensibili, che rivelano l'origine raziale le convinzioni religiose, lo stato di salute o la vita sessuale. Il trattamento dei dati comuni è ammesso solo con il consenso espresso dell'interessato. Infine i dati giudiziari, idonei a rivelare i provvedimenti giudiziari in materia di casellario giudiziale, devono ricevere un consenso scritto previa autorizzazione del garante.

POTERE DISCIPLINARE

Trova esistenza anche in ambiti non lavorativi. L'art 2106 c.c. stabilisce che l'inosservanza da parte del lavoratore degli obblighi previsti nei 2 articoli precedenti può dar luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell'infrazione e in conformità delle norme corporative. Il potere disciplinare dunque è fondato sul contratto di lavoro.

Il potere disciplinare e i suoi connaturali limiti sostanziali vengono ricondotti alla funzione organizzatoria del contratto di lavoro. I limiti introdotti dallo statuto dei lavoratori spogliano il potere disciplinare di quell'immediatezza che nel codice lo caratterizzava come potere autocratico e lo assoggettano a forme di esercizio e di controllo dirette a garantire la posizione contrattuale del lavoratore.

Il presupposto sostanziale per l'applicazione di sanzioni è la sussistenza del fatto addebitato. Spetta al datore l'onere della prova. Sul lavoratore grava l'onere di provare l'eventuale riconducibilità del fatto addebitato ad una situazione di impossibilità non imputabile, secondo i principi generali in materia di responsabilità contrattuale. Vige il principio di proporzionalità tra infrazione e sanzione. Il potere disciplinare funziona da deterrente verso gli errori della comunità aziendale. Ad aggravare la sanzione è un'eventuale recidiva. L'art 7 st. lav. Stabilisce che non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi 2 anni dalla loro applicazione.

L'art 7 stabilisce i requisiti procediemntali che sono i presupposti del potere disciplinare. La loro esistenza si traduce nell'inesistenza del potere e conseguentemente nella nullità della sanzione.

a)  preesistenza del codice disciplinare aziendale.

b)  Il codice disciplinare dev'essere portato a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti

c)  A fondamentale garanzia del contraddittorio, il datore di lavoro non può irrogare la sanzione al lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa. Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'asociazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. L'addebito deve essere contestato con immediatezza e con specificità.

Sotto il profilo della specificità la contestazione è ritenuta congrua allorché appare concretametne idonea a realizzare il risultato perseguito dalla norma, cioè a consentire una puntuale difesa da parte del lavoratore. La contestazione deve insomma individuare i fatti addebitati con sufficiente precisione. La recidiva deve esere contestata solo se concorre ad integrare l'infrazione.

Il datore di lavoro è tenuto a sentire oralmente il lavoratore se ne fa richiesta, ma può ricevere le sue eventuali giustificazioni scritte senza onere di invitarlo a svolgere difese orali. I provvediemnti disciplinari + gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi 5 giorni della contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa. Ci si chiede se è un termine tassativo o meramente dilatorio. Se il lavoratore si difende prima, il datore può applicare prima la sanzione. Il lavoratore può essere assistito da un rappresentante sindacale, solo su richiesta del lavoratore.

Si ragiona sempre con riguardo al licenziamento. L'orientamento è tuttora mutevole.

L'art.7 st.lav. non prevede alcun obbligo in capo al datore di motivare il provvediemento disciplinare in concreto adottato rispetto alle difese avanzate dal dipendente.

Qualora il codice disciplinare o il CCNL preveda l'obbligo del datore o di motivare la sanzione, la sua inosservanza comporterà la nullità del provvedimento disciplinare.

Sempre l'art 7 prevede che il lavoratore possa impugnare il provvedimento nell'ambito di procedure arbitrali eventualmente previste dal contratto collettivo ovvero promuovere, nei 20 giorni successivi la costituzione di un collegio di conciliazione ed arbitrato.

Il lavoratore può impugnare il provvedimento presso il giudice del lavoro. La prescrizione ha un termine di 10 anni. Il lavoratore può scegliere una clausola compromissoria che prevede l'arbitrato. In diritto del lavoro l'arbitrato è diffuso soprattutto in ambito dirigenziale.

La scelta dell'arbitrato è incentivata dal fatto che l'attivazione comporta la sospensione della sanzione. Si prevede la perdita di efficacia della sanzione laddove il datore di lavoro non provveda a nominare entro 10 giorni il proprio rappresentante in seno al collegio arbitrale.

Le 2 orme di giustizia sono alternative. L'arbitrato viene scelto perché la decisione è rapida, e x la sospensione della sanzione. Il datore può rifiutare l'arbitrato e rivolgersi al giudice del lavoro. Se rimane inerme la sanzione non ha efficacia. Il processo del lavoro è gratuito e non ci sono spese giudiziarie.





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