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SOSPENSIONE - DIRITTO PROCESSUALE CIVILE

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SOSPENSIONE - DIRITTO PROCESSUALE CIVILE

La sospensione è una pausa che si inserisce all'interno del processo è che determina inevitabilmente un prolungamento dello stesso processo; tale pausa dura il tempo necessario per eliminare quella situazione della determinata, cioè dura fino a quando non venga ad essere emanata una decisione da parte dello stesso giudice o da un altro giudice oppure in attesa che scada il termine fissato dalla legge o dal giudice. Istituti diversi dalla sospensione sono l'interruzione e l'estinzione del processo. L'interruzione è un istituto che opera in vista della ricostituzione del contraddittorio ed ha la funzione di permettere la ripresa regolare del processo. L'estinzione è sostanzialmente un modo diverso di conclusione del processo, rispetto alla sentenza, ma piuttosto normale visto che la metà dei tassi in Italia si concludono con l'estinzione del processo. A differenza di due istituti suddetti la sospensione è una via propria crisi del processo perché nel caso in cui si verifichi si ha un arresto del processo in attesa che venga emanata un'altra decisione o che scada un termine. Pur essendo diverse tra loro, queste tre situazioni sono state raggruppate dalla dottrina sotto la stessa denominazione: 'vicende anomale del processo'. L'interruzione a differenza della sospensione ha per oggetto un evento che si esaurisce in un unico atto (la morte, la perdita della capacità giuridica, la cancellazione dall'albo ecc.), quindi in quello stesso momento (o meglio dal momento in cui la parte ha avuto conoscenza dell'interruzione) il processo può riprende il suo corso (con la riassunzione); per la sospensione invece l'attesa è maggiore. L'astensione un istituto pericoloso appunto perché determinando un prolungamento del processo può incidere sulla durata ragionevole di cui all'art.111 Cost. La sospensione del processo civile nel codice del 1865 era prevista in alcune norme sparse, ma con codice del 1940 il legislatore ha disciplinato (nell'ambito del capo 7° del libro 2°) i tre istituti di cui abbiamo detto prevedendo inoltre quattro articoli sulla sospensione :



- l'art.295 c.p.c., sospensione necessaria;

- l'art.296 c.p.c., sospensione su istanza di parte;

- l'art.297 c.p.c., fissazione della nuova udienza dopo la sospensione;

- l'art.298 c.p.c., effetti della sospensione.

Il legislatore inoltre ha continuato a prevedere singole ipotesi di sospensione sparse nei codici e nelle leggi. La moltitudine di norme e la presenza di una sezione autonoma sulla sospensione non devono far pensare che la sospensione stessa possa essere un istituto generale in quanto, oltre al fatto che non può individuarsi una disciplina unitaria della sospensione ma solo delle ipotesi, l'istituto in questione deve essere considerato un istituto eccezionale per le cui norme non è possibile un'interpretazione analogica od estensiva ad altre ipotesi previste dalla legge. La ragione di questa conclusione sta nel fatto che la sospensione è un istituto contrario alla natura del processo che è fatto per procedere ed arrivare quindi ad una conclusione senza violare peraltro il principio costituzionale della durata ragionevole del processo (l'eccezionalità della disposizione normativa determina l'impossibilità per l'interprete di applicare l'istituto oltre i casi espressamente previsti dalla legge). Inizialmente la cassazione ha sostenuto che la sospensione è un istituto eccezionale ma vi sono dei casi in cui soggiace al potere discrezionale del giudice; successivamente però la cassazione ha modificato il suo orientamento ritenendo che la sospensione discrezionale non può essere ammessa in funzione della previsione di un sistema di controllo contro il provvedimento di cui all'art.295 c.p.c., la ragione di questo nuovo orientamento sta nel fatto che con la riforma del 1990 vi è un potere di controllo che è affidato alla cassazione stessa (infatti si è stabilito che il provvedimento di sospensione può essere oggetto del regolamento di competenza dinanzi alla cassazione per accertare la relazione di pregiudizialità). In sostanza anche la cassazione ha condiviso, alla fine, la tesi della tassatività delle ipotesi di sospensione. Dobbiamo ora capire se la presenza di tante ipotesi di sospensione rende possibile la loro classificazione. Una classificazione è stata fatta dal giurista Liebman che parla di sospensioni proprie e sospensioni improprie. Secondo questa classificazione (ripresa da moltissimi autori): nelle sospensioni proprie rientrerebbe quella prevista dall'art.295 c.p.c. (che si verifica quando vi è una relazione di pregiudizialità) in quanto quella è una vera e propria sospensione, cioè ferma il processo in attesa di una decisione che decisiva ai fini della causa; nelle sospensioni improprie rientrerebbero quelle ipotesi per le quali nel processo si presenta una questione che quel giudice non può conoscere e che deve essere conosciuta da un altro giudice, in questo caso si hanno sospensioni improprie perché il processo realtà non si sospende ma prosegua davanti ad un altro giudice (tali ipotesi si avrebbero nei casi di: regolamento di competenza, regolamento di giurisdizione, questione di legittimità costituzionale, rinvio pregiudiziale alla corte di giustizia).





Alla tesi di Liebman sono state fatte alcune critiche, quindi questa classificazione non sarebbe possibile perché:

non si saprebbe dove inquadrare le altre ipotesi di sospensione (quale ad esempio la sospensione per ricusazione del giudice);

non si può dire che nell'ipotesi di sospensioni improprie il processo persegue davanti ad un giudice complessivamente competente su quella questione, infatti per quanto riguardala competenza e la giurisdizione il giudice di merito ha perfettamente competenza sulla competenza sulla giurisdizione;

non si può qualificare come impropria la sospensione, infatti una volta che la si è dichiarata (qualunque sia la causa) il modo in cui si verifica è uguale in tutti i casi, nel senso che il processo si sospende e non si possono compiere atti (ciò che può prendere vita è solo una fase incidentale che non ha niente a che fare con il merito della causa) quindi è sbagliato dire del processo prosegue dinanzi ad un altro giudice.

Alla classificazione impropria suddetta è preferibile una classificazione in base alla fonte, alla durata ed alla causa della sospensione.

Classificazione per fonte: sospensione legale - sospensione giudiziale - sospensione amministrativa

La sospensione legale si verifica indipendentemente dal provvedimento del giudice, in quanto è una sospensione che opera in conseguenza del compimento (sospensione automatica) o del mancato compimento (sospensione omissiva) di un atto ad opera delle parti. In questo caso il provvedimento del giudice ha natura dichiarativa e non costitutiva, infatti se il giudice non dovesse dichiarare la sospensione il processo sarebbe comunque sospeso. Le ipotesi di sospensione legale sono:

art.48 c.p.c. in tema di regolamento di competenza (sospensione dal giorno del deposito dell'istanza in cancelleria);

art.52 c.p.c. in tema di ricusazione del giudice (sospensione dal giorno del deposito del ricorso di ricusazione);

- art.332, art.678,

La sospensione giudiziale si ha quando il giudice emana il provvedimento che dichiara la sospensione; in questo caso è il provvedimento del giudice ad avere l'effetto di sospendere processo, quindi tale provvedimento ha natura costitutiva. All'interno della sospensione giudiziale bisogna fare una distinzione tra:

Sospensioni giudiziale vincolate quando il giudice è obbligato a pronunciare il provvedimento di sospensione nel momento in cui si verifica che ricorre la fattispecie legale. Le ipotesi sono: l'art.295 c.p.c. (sospensione necessaria o vincolata o obbligatoria); l'art.313 c.p.c. (sospensione in tema di querela di falso); l'art.355 c.p.c.; l'art.367 c.p.c. (sospensione in tema di regolamento di competenza). La sospensione giudiziale vincolata e la sospensione legale hanno in comune il fatto che quando si verifica la fattispecie legale la sospensione ci dev'essere (solo che in un caso è automatica nell'altro no).

Sospensioni giudiziale discrezionali quando il giudice non è obbligato a pronunciare il provvedimento di sospensione e quindi, oltre al compito di verificare se vi è la ricorrenza della fattispecie legale, ha quello di valutare l'opportunità o meno della sospensione. La sospensione giudiziale discrezionale può aversi o d'ufficio, o su istanza di una parte, o su istanza di tutte le parti (la sospensione per istanza di tutte le parti è difficile da aversi in quanto l'attore ha interesse a che il processo vada avanti). La sospensione discrezionale d'ufficio è prevista nell'art.337 c.p.c. che stabilisce che quando l'autorità di una sentenza viene evocata in un diverso processo, questo può essere sospeso se tale sentenza viene impugnata. La sospensione discrezionale su istanza di tutte le parti è prevista dall'art.279 c.p.c. che stabilisce che quando sia stato proposto appello immediato contro una delle sentenze previste dal n.4 del 2° comma, il giudice istruttore, su istanza concorde delle parti, qualora ritenga che i provvedimenti dell'ordinanza collegiale siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza impugnata, può disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione o la prosecuzione dell'ulteriore istruttoria sia sospesa sino alla definizione del giudizio di appello. La sospensione discrezionale su istanza di una parte è prevista dall'art.129-bis delle disposizioni di attuazione del c.p.c. che stabilisce che se vi è stato ricorso alla cassazione contro sentenza d'appello che abbia riformato alcuna della sentenza prevista nel n.4 del 2° comma dell'art.279 c.p.c., il giudice istruttore, su istanza della parte interessata, qualora ritenga che i provvedimenti dati con ordinanza collegiale per l'ulteriore istruzione della causa siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza riformata, può disporre la sospensione.





La sospensione amministrativa è prevista dall'art.368 c.p.c.; tale sospensione si ha quando vi è una causa sulla giurisdizione e la richiesta di decisione sull'esistenza o meno della giurisdizione viene fatta dal prefetto. L'art.368 c.p.c. fa riferimento all'art.41 e cerca di prevedere le ipotesi nelle quali la questione di giurisdizione si pone ad opera del prefetto ma quando la pubblica amministrazione non è posta in causa. Si ha che, quando la richiesta della decisione viene fatta dal prefetto (che è intervenuto in ordine ad un certo diritto) con decreto notificato alle parti in causa ed al procuratore della repubblica o al procuratore generale (se stiamo davanti alla corte d'appello), il p.m. comunica il decreto al capo dell'ufficio giudiziario, cioè al presidente del tribunale (e non al giudice della causa) che sospende il processo con decreto (qui il provvedimento di sospensione non è fatto dal giudice della causa ma dal capo dell'ufficio che è quello che svolge anche funzioni di tipo amministrativo). Come possiamo vedere, dal punto di vista della struttura la sospensione opera in modi differenti e quindi è difficile considerarla un istituto unitario.

Classificazione per durata:

sospensione brevissima - sospensione breve - sospensione lunga - sospensione lunghissima

sospensione discrezionale

La sospensione brevissima si aveva nel caso di regolamento di competenza perché doveva durare 40 giorni più il tempo necessario per la riassunzione del processo mentre la sospensione in questo caso dura 3 anni. Si ha invece la sospensione brevissima sicuramente nel caso di ricusazione del giudice e per la sospensione della legge sulle adozioni, perché in questi casi si decide subito.

La sospensione breve può durare più o meno 60 giorni o 4 mesi.

La sospensione lunga si ha quando dura un grado del giudizio, anche se tale durata non è definibile a priori in quanto un grado può durare 1 anno, 2 anni o anche 6 anni. L'art.279 c.p.c. dice: 'dura per tutto il giudizio d'appello'; mentre l'art.367 c.p.c. dice: 'dura il tempo necessario per avere la sentenza della cassazione sulla giurisdizione'.

La sospensione lunghissima si ha quando dura quanto un processo (1° grado, grado d'appello ed eventuale ricorso in cassazione); in questo caso quindi la sospensione può durare anche 10 anni (se tanti sono gli anni per avere una sentenza passata in giudicato, tanti anni durerà la sospensione).

La sospensione discrezionale dipende dal giudice che quindi così come può disporla d'ufficio, allo stesso modo può d'ufficio revocarla. Quindi in questo caso anche la durata della sospensione è rimessa alla discrezionalità del giudice.

Classificazione per causa:

contestata potestas iudicandi del giudice - incompetenza su questione incidentale pregiudiziale

pendenza di altro procedimento - sospensione differimento

La contestata potestas iudicandi del giudice è una categoria che serve a mettere insieme tutte le ipotesi in cui è in discussione il potere del giudice di conoscere una determinata causa; quest'ipotesi ci consente di collocare in questa categoria di sospensione non solo le sospensioni determinate dal regolamento di competenza, dal regolamento di giurisdizione richiesto dalle parti o dal prefetto, ma anche per esempio l'istanza di ricusazione del giudice poiché anche in questo caso si contesta al giudice il potere di giudicare la causa.

La incompetenza su questione incidentale pregiudiziale è una categoria di sospensioni che si verificano. Quando il giudice adito sulla domanda principale non può conoscere la questione che gli è stata sottoposta (questione di natura incidentale o pregiudiziale). In questa categoria possiamo collocare ad esempio le ipotesi in cui è previsto il rinvio pregiudiziale alla corte di giustizia, l'eccezione di legittimità costituzionale, le sospensioni determinate dalle questioni relative alla querela di falso.

La pendenza di altro procedimento è un'altra categoria di sospensioni che comprende: le sospensioni dovute alla pendenza di un altro procedimento che può essere non solo un procedimento di natura pregiudiziale ma anche un procedimento di natura amministrativa (le ipotesi sono ad esempio quelle di cui all'art.279 c.p.c., all'art.129-bis e all'art.133-bis delle disposizioni di attuazione del c.p.c. che prevedono la sospensione del processo per la pendenza di un giudizio di impugnazione).

La sospensione differimento è l'ultima categoria di sospensione che fa riferimento alla causa; in essa vengono raggruppate le ipotesi nelle quali la sospensione è disposta perché bisogna attendere lo spirare di un termine (l'art.296 c.p.c. ad esempio prevede la sospensione concordata su istanza delle parti che può essere richiesta per quattro mesi). Possiamo concludere che la sospensione esiste in moltissimi casi e se non è possibile ridurre tale fenomeno ad unità è invece possibile raggruppare nella ipotesi in base criteri che abbiamo visto (fonte, durata e causa). Le ipotesi di sospensione sono l'effetto di un determinato istituto, quindi per determinare l'ambito di applicazione delle stesse basta far riferimento ai singoli istituti. Per quanto riguarda però gli artt.295 e 337 c.p.c. non è chiaro quale sia l'ambito di applicazione.

Sia in dottrina che in giurisprudenza ci sono opinioni diverse circa l'ambito di applicazione dell'art.295 c.p.c. e dell'art.337 c.p.c. L'art.295 c.p.c. dice  che il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o un altro giudice deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa. Dottrina e giurisprudenza sono concordi sul fatto che questa norma fa riferimento alla relazione di pregiudizialità (l'unico contrario è Satta) quindi l'ambito di applicazione di tale norma è la pregiudizialità. La pregiudizialità trova la sua ragione nel fatto due rapporti giuridici siano in condizione di dipendenza l'uno dall'altro e quindi lo saranno anche i processi che hanno ad oggetto tali rapporti giuridici. Secondo gran parte della dottrina anche l'art.337 c.p.c. (quando l'autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo questo può essere sospeso se tale sentenza viene impugnata) si occupa di pregiudizialità. Secondo pochi in questa norma rientra anche il caso in cui venga invocata l'autorità di mero fatto di una sentenza; tesi in realtà inaccettabile anche in funzione del fatto che nel nostro ordinamento il precedente giurisprudenziale non è vincolante per il giudice quindi se il giudice potrebbe discostarsi dal precedente non ha senso sospendere il processo, perché la sospensione deve essere invece diretta a far si che il giudice recepisca quello che dice la sentenza; in sostanza l'art.337 c.p.c. quando parla di autorità di una sentenza si riferisce ad una sentenza passata in giudicato, perché il giudice deve essere vincolato da quella decisione (altrimenti non c'è bisogno di sospendere il processo). Il problema circa queste norme è sorto perché l'art.295 c.p.c. prevede una sospensione necessaria mentre l'art.337 c.p.c. prevede una sospensione discrezionale e tale differenza sta ad indicare che queste norme pur operando nell'ambito della pregiudizialità non possono operare nello stesso preciso settore; infatti ci sono due modi distinti in cui funziona la pregiudizialità che si può manifestare all'interno di uno stesso processo o all'esterno. La pregiudizialità interna si manifesta appunto all'interno del processo con il fenomeno della questione pregiudiziale che si trasforma o per legge o per domanda di parte in controversia pregiudiziale (in questo caso è all'interno dello stesso processo che nasce la necessità che si decida su un rapporto pregiudiziale). La pregiudizialità esterna si ha nel momento in cui fin dall'inizio pendono davanti a giudici diversi la causa sul rapporto pregiudiziale e quella sul rapporto pregiudicato (questo caso la relazione di pregiudizialità si manifesta di dall'esterno, cioè tra due processi autonomamente promossi fin dall'inizio). Circa l'inquadramento dei due articoli che stiamo esaminando nell'ambito dei due tipi di pregiudizialità ci sono varie tesi.

Secondo la prima tesi l'art.295 c.p.c., quindi la sospensione necessaria, si applica sia in caso di pregiudizialità interna che in caso di pregiudizialità esterna quando non è possibile realizzare la trattazione simultanea delle cause (ad esempio il giudice non è competente per ragioni di rito o di materia nel caso di pregiudizialità interna oppure i due processi sono ad un grado di istruzione differente per ciò non è possibile riunirli). Questa tesi è estensiva dell'art.295 c.p.c. Per quanto riguarda l'art.337 c.p.c. questa prima tesi stabilisce che tale articolo si applica, sempre in caso di pregiudizialità, quando viene prodotta in giudizio una sentenza passata in giudicato ma impugnata in via straordinaria.

Secondo la seconda tesi l'art.295 c.p.c. si applica in caso di pregiudizialità interna quando non è realizzabile la trattazione simultanea, mentre non si applica in caso di pregiudizialità esterna perché l'alternativa alla riunione (che ad esempio non può aversi se i processi si trovano ad un grado istruttorio diverso) non può essere la sospensione (a causa dell'effetto di rallentamento di uno dei processi, maggiore di quello che avrebbe la riunione) ma deve essere la prosecuzione autonoma dei due processi. Secondo questa tesi l'art.337 c.p.c. ha lo stesso ambito di applicazione della prima tesi, cioè si applica, sempre in caso di pregiudizialità, quando viene prodotta in giudizio l'autorità di una sentenza passata in giudicato ma impugnata in via straordinaria (in questo caso il giudice può sospendere il processo o applicare quella sentenza).

Secondo la terza tesi l'art.295 c.p.c. non si applica in caso di pregiudizialità esterna perché quando non è possibile riunire i processi pendenti in sedi diverse, l'alternativa non è la sospensione ma la prosecuzione autonoma dei processi; mentre per quanto riguarda la pregiudizialità interna l'articolo in questione si applica solo quando la trasformazione della questione pregiudiziale in controversia pregiudiziale avviene per legge e sempre che non sia possibile la trattazione simultanea. Invece la domanda di accertamento incidentale, cioè l'espressa richiesta di una delle parti di trasformare la questione in controversia pregiudiziale, si ha nel momento in cui è possibile la trattazione simultanea. La regola generale  della pregiudizialità è che il giudice la conosce incidenter tantum (con effetti limitati a quel giudizio). Anche in questa tesi l'art.337 c.p.c. si applica quando viene prodotta in giudizio una sentenza passata in giudicato ma impugnata in via straordinaria.

La soluzione migliore è che l'art.295 c.p.c. si applichi solo in caso di pregiudizialità interna e non anche in caso di pregiudizialità esterna, questo perché bisogna preferire l'interpretazione più aderente al principio sancito dall'art.111 Cost. (il principio della ragionevole durata del processo); in sostanza non sospensione ma prosecuzione autonoma dei processi. Bisogna seguire l'interpretazione più restrittiva dell'art.295 c.p.c. (non si applica alla pregiudizialità esterna) in tal modo alla fine dei due processi potremmo avere decisioni non conciliabili ma non di certo un contrasto di giudicato perché l'oggetto delle cause è diverso (ad esempio una causa ha ad oggetto le mansioni e l'altra la retribuzione).

In generale durante la sospensione del processo non si possono compiere atti, questi se vengono commessi sono nulli. Nel caso di sospensione automatica, se il giudice compie degli atti questi saranno nulli. Nel caso poi di sospensione giudiziale se si verifica che il giudice, che dovrebbe sospendere il processo, non lo fa e compie degli atti, questi atti sono nulli perché il giudice ha violato la norma che lo obbligava a sospendere il processo. L'art.48 c.p.c., in riferimento al regolamento di competenza, stabilisce che il giudice può autorizzare il compimento di atti urgenti. Sia la dottrina che la giurisprudenza ritengono che questo articolo abbia una valenza generale quindi valga per tutte le ipotesi di sospensione; questo perché se il legislatore ha permesso il compimento di atti urgenti per un tipo di sospensione brevissima (come quella che si ha nel caso di regolamento di competenza) a maggior ragione ciò dovrebbe essere possibile nelle sospensioni più lunghe. Atti urgenti sono ad esempio le ordinanze anticipatorie di condanna. Sorgono dei dubbi sul giudice competente a dichiarare il provvedimento di sospensione; se però prendiamo come punto di riferimento l'art.295 c.p.c. che dovrebbe disporre la dichiarazione di sospensione da parte del collegio (perché è il collegio che al momento della decisione valuta la dipendenza della causa pregiudicata dalla causa pregiudiziale) ma non  prevede il meccanismo di trasferimento della causa dall'istruttore al collegio affinché questo pronunci il provvedimento di sospensione, possiamo affermare che la posizione migliore è quella di ritenere che la sospensione sia sempre dichiarata dal giudice istruttore. Circa la forma del provvedimento di sospensione il legislatore non è chiaro, tuttavia in quanto si tratta di un provvedimento che non ha un contenuto decisorio (non incide sul merito della causa) ma ha natura ordinatoria possiamo dire che la forma appropriata è quella dell'ordinanza. Per il provvedimento in questione si parla di ordinanza non impugnabile, ma i problemi sorgono circa l'esistenza o meno di una forma di controllo su tale provvedimento. Fino al 1990 non esisteva nessun tipo di controllo, dopo il legislatore ha previsto la possibilità di sottoporre il provvedimento di sospensione del processo (ai sensi dell'art.295 c.p.c. e solo quello) al regolamento di competenza (infatti l'art.42 c.p.c. parla anche di provvedimenti di sospensione). Una volta cessata la causa di sospensione del processo, questo deve essere riassunto. Dal giorno in cui le parti vengono a conoscenza del venir meno della causa di sospensione, queste hanno sei mesi per riassumere il processo.






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