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INTERPRETAZIONE DEL NEGOZIO GIURIDICO

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INTERPRETAZIONE DEL NEGOZIO GIURIDICO


L'interpretazione del negozio giuridico tende a determinare il significato giuridicamente rilevante da riconoscere ad una dichiarazione negoziale. Secondo la dottrina, le regole d'interpretazione si distinguono in due gruppi:

a) regole d'interpretazione soggettiva, quelle dirette a ricercare il punto di vista dei soggetti del negozio;

b)    regole d'interpretazione oggettiva, che intervengono quando non riesca possibile attribuire un senso al negozio nonostante il ricorso alle norme d'interpretazione soggettiva, applicabile ai soli negozi inter vivos.

Il punto di riferimento dell'attività dell'interprete deve essere, naturalmente, il testo della dichiarazione negoziale: ma non ci si deve limitare al senso letterale delle parole (art. 1362); occorre invece ricercare quale sia stato il risultato perseguito con il compimento dell'atto, e, quando si tratti di un contratto, quale sia stata "la comune intenzione delle parti", ossia il significato che entrambe attribuivano all'accordo. Per determinare la comune intenzione delle parti si deve valutare anche il loro comportamento, sia anteriore la conclusione del negozio, sia posteriore. In materia di contratti e atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale ha rilievo, anche in tema d'interpretazione, il principio dell'affidamento: perciò il contratto deve essere interpretato secondo buona fede (art. 1366); se nonostante il ricorso alle regole ora indicate, il senso non risulti chiaro, si applica il principio della conservazione del negozio (art. 1367): nel dubbio, il negozio deve interpretarsi nel senso in cui esso possa avere qualche effetto anziché in quello secondo cui non ne avrebbe alcuno.



Valgono ancora come sussidiari i seguenti principi:

  gli usi interpretativi (art. 1368), ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso o, se una delle parti è un imprenditore, nel luogo in cui è la sede dell'impresa;

  la regola secondo cui le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese in quello più conveniente alla natura e all'oggetto del contratto (art. 1369);

  la clausola predisposta da una delle parti nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari, nel dubbio si interpreta contro chi ha predisposto la clausola (art. 1370).

Vi è da ultimo una regola finale che si applica quando tutte le altre si siano dimostrate inefficienti: l'art. 1371 stabilisce che il negozio deve essere inteso nel senso meno gravoso per l'obbligato, se è a titolo gratuito, e nel senso che esso realizzi l'equo contemperamento degli interessi delle parti, se è a titolo oneroso.




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