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IL NEOREALISMO CINEMATOGRAFICO



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IL NEOREALISMO CINEMATOGRAFICO


Il Neorealismo è, senza alcun dubbio, il movimento italiano per eccellenza che ha riscosso maggiori consensi e fama in ogni parte del mondo. Oggi, a distanza di sessant'anni, è difficile apprezzare al meglio questo genere di film aderente alla realtà d'allora. Ogni film si caratterizzava per la propria storia, mentre la costante era rappresentata dal contesto storico. Nel complesso si possono  ulteriormente isolare tre aspetti: morale, politico ed estetico. Fu la reazione morale alle infamie della guerra che spinse i registi a insistere sui valori essenziali dell'esistenza e della convivenza sociale. Inoltre era necessario dare una risposta sul piano politico agli errori commessi dal fascismo utilizzando un linguaggio nuovo, che riuscisse ad esprimere volontà di mutamento. Per Neorealismo non si deve pensare ad una scuola di pensiero o ed un movimento culturale, ma ad un fenomeno di vasto respiro che coinvolse sia la letteratura sia le arti urative.

Nei precedenti anni trenta, il regime fascista aveva investito risorse nel cinema, soprattutto come strumento di propaganda: aveva promosso la realizzazione di teatri e stabilimenti di produzione a Cinecittà (Roma) e ad Tirrenia (Pisa). I film italiani erano essenzialmente di genere avventuroso, sentimentale, oppure venivano proposti i motivi dell'avanspettacolo. Il fascismo era teso ad infondere un senso di serenità attraverso un cinema semplice. Un vero cinema fascista non esistette proprio per la mancata carica ideologica, differenziandosi così dal cinema nazista e sovietico, nei quali non ve alcuna forma di critica politica; al contrario, vennero enfatizzati alcuni punti come le conquiste del regime, il senso della solidarietà nazionale, la difesa delle tradizioni Il modello del cinema italiano degli anni trenta era più vicino a quello degli Stati Uniti, dove i gravi problemi economici avevano orientato i produttori a proporre film dalle trame rassicuranti.



Successivamente il cinema italiano propose storie ambientate nel conflitto, molto spesso interpretate da attori non professionisti che rappresentavano i volti di tutta la popolazione coinvolta. In quel periodo il cinema italiano visse una fase di ripensamento critico della sua funzione. Le innovazioni che si verificarono furono l'abbandono degli studi di posa a favore delle riprese in esterni e l'adozione di uno stile di tipo documentaristico, ispirandosi alla vita quotidiana. I cineasti si sentirono dibattuti tra due sentimenti opposti: offrire un diversivo alle preoccupazioni quotidiane e far riflettere sulla società italiana che stava cambiando.

Gli autori del Neorealismo diedero luogo a film diversi. Rossellini preferì una letturta drammatica dela società attraversata dalla guerra; De Sica mise in luce la povertà e la solitudine; Zavattini diede libero sfogo alla fantasia; Visconti esaltò le grandi rappresentazioni; mentre Zampa si concentrò sulle disgrazie e sui difetti della gente comune.

Questo genere di film venne trascurato preferendo quelli di genere leggero e la produzione statunitense che ritornava in Italia sopo la guerra. Paisà, Sciuscià, Ladri di biciclette, Germania anno zero, Terra trema, furono film che passarono nell'indifferenza poiché il pubblico cercava divertimento estraniandosi dai problemi della vita quotidiana e a causa del governo italiano che non aiutò ne favorì questo tipo di pellicole temendo che l'immagine dell'Italia risultasse troppo negativa.

In ogni film di quest'epoca vi erano presenti indistintamente argomenti come l'emigrazione clandestina, l'emarginazione, il banditismo, il fallimento ideale della Resistenza, la delinquenza. Oltre ad un generale scarso entusiasmo, anche la borghesia benestante non vedeva di buon occhio quel genere cinematografico, così come la sinistra per l'eccesso d'indiscrezione verso i difetti della nazione. Più volte intervenne la censura per vietare la visione di quei film ritenuto lesivi per il buon nome dell'Italia.



Il Neorealismo risultò più noto all'estero che in Italia, dove il pubblico premiò i film più rispondenti alla necessità d'evasione, in particolar modo si assistette al boom del genere comico.

Nel 1946, alla prima edizione del Festival di Cannes, Roma città aperta di  Federico Rossellini conobbe un successo internazionale senza precedenti, segnando l'inizio di una nuova epoca. Roma città aperta prende spunto da fatti di cronaca relativi al tragico periodo in cui, caduto il fascismo, Roma , in attesa dell'arrivo delle truppe americane, fu teatro dello scontro tra le forze della Resistenza e la determinazione dell'esercito tedesco. Il film presenta le vicende intrecciate di gente comune. Tra queste traversie, personaggi di spicco sono Manfredi, un intellettuale comunista e capo partigiano e un prete di quartiere che, pur da diverse posizioni ideologiche, affrontano un comune destino di morte. Alcune scene del film divennero celebri come ad esempio quella di Pina, la popolana interpretata da Anna Magnani, che viene fucilata dai colpi di mitra dei soldati tedeschi mentre insegue la cammionetta dove suo merito, Francesco, è stato portato dopo un rastrellamento. Altre scene eloquenti sono quelle relative alle torture subite da Manfredi, interpretato da Marcello liero, o alla fucilazione di Don Pietro. Questo film era finalizzato a sottolineare la forza delle reazioni morali di fronte alla disumanità di una tragedia che non risparmiò nessuno.







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