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IL "SUPERUOMO" E LA "VOLONTA' DI POTENZA"

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Percorso pluridisciplinare


IL "SUPERUOMO" E LA "VOLONTA' DI POTENZA"


Italiano

Il Decadentismo. D'Annunzio: l'estetismo e il tema del superuomo.


Filosofia

Nietzsche: il Superuomo.


Storia

La proanda del regime fascista attraverso le immagini.




Diritto

Lo statuto sotto il regime fascista. Il Governo.


Geografia

Nazionalismo e Stato forte: la crescita dei divari socio-economici. Il ciclo della povertà.
















Italiano

Il Decadentismo


Con il termine Decadentismo si indica la corrente culturale che segna un periodo di profonda crisi della società e che per tale motivo prende anche il nome di "cultura della crisi".


Esso si sviluppa negli anni che vanno dal 1880 fino alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, contestualizzandosi dunque a pieno titolo nel clima dell'Imperialismo che domina nei paesi europei e che segna la storia di questi 50 anni. L'atmosfera è, infatti, quella di una profonda conflittualità economica fra gli stati e di un'ulteriore forte tensione sociale all'interno di essi.


Motivi della nascita del Decadentismo

c  Dal punto di vista filosofico, gli ideali decadenti trovano la loro prima radice nella crisi del Positivismo, vale a dire nella perdita di fiducia nella ragione. Il progresso, la scienza, la concretezza, sono tutti valori che vengono ora pesantemente messi in discussione. La conseguenza fondamentale di questi atteggiamenti è la nascita di correnti di pensiero irrazionalistiche, che sviluppano i loro concetti sulla base di un categorico rifiuto della ragione e di tutto ciò che è razionale.  


c  L'ideale che si viene a creare è quello di una realtà che non si può conoscere con metodi oggettivi: è misteriosa, sfuggente, inquietante, profonda.


c  Si sviluppa un categorico rifiuto di tutti i metodi scientifici utilizzati per la conoscenza, operandone la sostituzione con quelli irrazionali prima fra tutti la poesia.


c  Fra gli artisti si diffonde un atteggiamento di individualismo esasperato essi vivono una condizione di solitudine, di distacco, di smarrimento dalla realtà, che segna la crisi fra artista e società tipica del Decadentismo. Il poeta può tuttavia manifestare questa condizione in due modi diversi: attraverso l'autoesaltazione, cioè il porsi al di sopra delle persone comuni, ovvero attraverso una condizione di sottomissione e di ripiegamento su se stesso, provando sentimenti di inadeguatezza e di soggezione nei confronti della società.



In Francia il movimento letterario che sviluppa gli aspetti del Decadentismo si chiama Simbolismo, che pone l'accento sugli aspetti della musicalità della lingua, in cui non ha importanza la realtà esterna, ma quella più profonda che solo la poesia riesce a percepire e a rappresentare per mezzo di simboli, colori, avvicinando aspetti che a prima vista sembrano lontani fra loro, ma che in profondità hanno un rapporto profondo (analogie).

I grandi poeti simbolisti sono: Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, Mallarmè.


In Italia sono a pieno titolo poeti decadenti, seppure per aspetti talvolta diversi: Pascoli, D'Annunzio, Gozzano (crepuscolare), Pirandello, Svevo, Ungaretti e Montale.


Gabriele D'Annunzio


c  VITA

Gabriele D'Annunzio nasce nel 1863 a Pescara da una famiglia borghese e agiata, che asseconda fin dall'inizio la sua vivacità e precocità intellettuale. Nel 1881 si trasferisce a Roma, dove conosce gli ambienti più eleganti e vive una vita ricca e piena di scandali e di fatti che gli garantiscono la notorietà, come ad esempio la sua relazione con la grande attrice Eleonora Duse. Nel 1891 si trasferisce a Napoli, dove scopre Nietzsche e comincia a seguirne le opere. Nel 1895 ritorna a Roma, dove viene eletto due anni più tardi deputato per l'estrema destra, ma nel marzo 1900, dopo la repressione del governo Pelloux, passa clamorosamente a sinistra. Nel 1898 si stabilisce in Toscana, dove vivrà nel lusso fino al 1910. Allo scoppio della prima guerra mondiale si ripara a Parigi, dove si schiera a favore dell'intervento antitedesco. Nel 1915 rientra in Italia sotto la veste di uno tra i più fervidi interventisti. Nonostante sia più che cinquantenne, prende servizio al fronte, dando una valutazione estetizzante della guerra così come di ogni altro aspetto della vita. Clamorosa si presenta l'azione promossa di propria iniziativa, subito dopo la fine della guerra, per la riconquista di Fiume e della Dalmazia, assegnate dai trattati di pace alla Jugoslavia. D'Annunzio occupa Fiume nel settembre del 1919, alla testa di un gruppo di Arditi, e tiene la reggenza della città sino al Natale del 1920, quando il governo italiano interviene per la smobilitazione. Lasciata Fiume nel gennaio 1921, si trasferisce in una villa di Gardone Riviera. Essa viene dall'autore stesso trasformata in una casa-museo, sovraccarica di arredi e reliquie, simbolo di tutte le esperienze della vita e dell'arte dannunziana, ammassate in uno spazio in cui domina l'orrore del vuoto e della luce. E' questo il fastoso, pittoresco e funereo "Vittoriale degli Italiani". La sua personalità, temuta persino dal Duce per l'attivismo e la fama, viene soffocata tramite il relegato isolamento nel Vittoriale voluto da Mussolini stesso. Stroncato da un'emorragia cerebrale, D'Annunzio muore il 1° marzo 1938.


c    OPERE


Nel 1882 escono le prime liriche, pubblicate in Canto Novo (O falce di luna calante), un'importante e originale raccolta accettata dal pubblico e critica con grande entusiasmo. Essa contiene 61 componimenti divisi in 5 libri. La 2^ edizione è del 1896, che riduce il numero delle liriche e modifica la struttura complessiva dell'opera.


Il primo romanzo, Il Piacere ( Il ritorno di Elena) è del 1889. In quest'opera l'autore esalta vistosamente il mito della sua vita voluttuosa e materiale, rendendo vastissima fin dall'inizio la sua grande fama. La vicenda presenta un esteta aristocratico e colto, Andrea Sperelli, in una Roma splendidamente evocata, diviso tra la passione per l'inafferrabile amante di un tempo, Elena Muti, e il fascino di una donna pura e fedele, Maria Ferres. La vicenda è incentrata sull'attrazione verso le due donne, che tormenta Andrea, giungendo infine ad una conclusione tragica, cioè la costrizione di Maria ad abbandonare la città dopo un ultimo drammatico incontro con Andrea il quale, ormai ossessionato dalle proprie fantasie, si lascia sfuggire il nome della rivale. La chiara rarefazione dell'intreccio e della trama è presentata in quest'opera con uno stile ricco e prezioso, con una predilezione per i termini rari e un accurato studio sintattico che spinge la poesia verso risultati quasi lirici.


Tra il 1890 e il 1893 esce il Poema Paradisiaco ( Consolazione), formato da 54 poesie, che può considerarsi l'esatto contrario del Piacere, in quanto lo stile è quello di una ricchissima sensualità e di un recupero dell'innocenza. Con quest'opera D'Annunzio inaugura una nuova moda, con l'attenzione soprattutto alla melodicità e ai temi della bontà e della pietà. Esso presenta l'aspetto malinconico, dimesso, languido, "buono" del grande sperimentatore D'Annunzio. Quest'opera preannuncia a pieno titolo l'avvento del futuro crepuscolarismo.


Le Laudi, formate da Maia, Elettra e Alcione ( La pioggia nel pineto; Le stirpi canore) sono pubblicate nel 1903. D'Annunzio esprime in queste opere il suo totale e gioioso abbandono alla vita, la parola perde di artificiosità per trovare una propria musicalità, in un'atmosfera dolce e sensuale in stretto contatto con la natura (panismo).



c  PERSONALITA' E TALENTO

D'Annunzio fu per il suo tempo in modello di gusto e di comportamento, influenzò profondamente la vita mondana e aristocratica, La sua personalità raffinata ed egocentrica, il suo gusto per il gesto clamoroso, le sue filosofie di autoesaltazione, ne fanno un uomo di grande carisma e un poeta di grande talento. In lui si scopre il desiderio di vivere e di godere tutte le sensazioni, la sensualità di un artista che sente con gioia e voluttà i profumi, i colori, i suoni, che con la sua immaginazione rende tutto più bello, più entusiasmante, più esageratamente clamoroso. La sua produzione assume un aspetto particolarmente elegante, poiché coglie gli aspetti del mondo con la sensualità e riesce a scomporre questi aspetti in tanti piccoli momenti, godendoli uno ad uno. Le caratteristiche della lingua di D'Annunzio sono la profondità, la musicalità, la spiazzante bellezza. Per lui "il verso è tutto" (il Piacere), può rappresentare tutto, il soprannaturale, l'assoluto, ciò che in altri modi è inesprimibile. E' in grado di scegliere in ogni momento i termini più musicali, più poetici, le immagini più belle, suggestive ed affascinanti.  


c    L'ESTETISMO E IL TEMA DEL SUPERUOMO


L'estetismo è la corrente letteraria e filosofica che esprime l'atteggiamento tipico dell'artista decadente, che è un soggetto che vive una crisi, un'estraneità al mondo che lo circonda e ai suoi valori. Egli prova un odio ed un disgusto per i valori, li considera mediocri e rispetto ai quali si sente superiore. Il poeta fugge dalla realtà verso un mondo di bellezza raffinata, insolita, preziosa. Tutto questo non solo nell'arte, ma anche nella vita. La vita stessa, cioè, è un'opera d'arte da costruire con raffinatezza e ricercatezza. L'esteta ha il culto del bello fine a se stesso, ritiene i valori estetici primari e riduce in subordine tutti gli altri "un'azione non dev'essere giusta, ma bella!". L'eroe decadente si considera eccezionale, speciale, disprezza l'uomo comune e la massa mediocre, costruisce la sua vita come un'opera d'arte attraverso l'artificio, sprezzando la spontaneità. Egli giunge ad un fallimento finale inevitabile.


Il superomismo è la dottrina di Nietzsche secondo la quale il superuomo è il protagonista della storia. Egli è colui che realizzerà un nuovo esemplare di umanità al di là della morale comune, della mediocrità borghese, del bene e del male. Il superuomo è l'espressione della "volontà di potenza", dell'esaltazione della forza, dello spirito agonistico: non presuppone nessuna pietà per i deboli, i quali sono inevitabilmente destinati a soccombere.


Posizione antidemocratica, aristocratica; culto

per l'uomo d'eccezione; Stato forte, nazionalismo,


culto esasperato della nazione.


SUPEROMISMO

Esaltazione dell'attivismo, del bel gesto, del

rischio. Fuga dalla realtà, solitudine,

emarginazione dell'artista.


Le doti del superuomo sono: l'energia, la forza, la volontà di dominio, lo sprezzo del pericolo, la volontà di affermazione, il velleitarismo (=la sproporzione fra gli obiettivi e le forze per raggiungerli, fra la volontà e l'esito finale).


TRILOGIA DANNUNZIANA DEL SUPERUOMO:


"IL TRIONFO DELLA MORTE" Giorgio Aurista

"LE VERGINI DELLE ROCCE" Claudio Contelmo

"IL FUOCO" Stenlio Efflena  































FILOSOFIA

FRIEDRICH NIETZSCHE


c    VITA

Friedrich Wilhelm Nietzsche nasce a Röcken, vicino Lipsia, nel 1844. Dopo aver frequentato la scuola, si iscrive come studente di teologia all'Università di Bonn, ma l'anno seguente riprende gli studi di filologia a Lipsia. Nel 1869 ottenne la cattedra di filologia classica a Basilea. Nel 1872 esce la Nascita della tragedia, nel quale affronta la questione della classicità della civiltà greca, teorizzando le sue opinioni su spirito apollineo, spirito dionisiaco e loro disposizione nella tragedia classica. Nel 1879 cessa l'attività didattica e si dedica ad una lunga serie di viaggi e soggiorni più o meno prolungati in svariate località soprattutto mediterranee. A partire dal 1883 escono una dietro l'altra le sue più grandi opere: Così parlò Zaratustra, Al di là del bene e del male (1886), la Genealogia della morale (1887). Nel 1889, dopo svariati segni di squilibrio psicofisico, viene ricoverato in una clinica per malattie nervose e muore nel 1900.


c    IL PENSIERO

Nel suo studio Nietzsche è considerato una specie di profeta, poiché è suo il merito di aver messo in luce i caratteri di profonda crisi della società che interessa i tutti i paesi nella sua contemporaneità e che sfocerà nella Prima Guerra Mondiale. Egli fa uso di un'affinata ragione critica per smantellare le più accreditate dottrine filosofico-scientifiche del tempo e i fondati principi tradizionali: dalla credenza in entità metafisiche all'antropocentrismo, dal mito della ragione a quello della coscienza, dalla fede in Dio alla fede in una scienza neutrale ed oggettiva.

Con il suo ideale di "morte di Dio", Nietzsche vuole promuovere la liberazione e la valorizzazione dell'uomo in tutte le caratteristiche e gli aspetti che gli sono propri. L'essere umano può e deve credere nella validità dei desideri e degli impulsi che sente nascere dentro di sé, che per la loro natura sono indispensabili per realizzare una vita degna di essere vissuta. Questa emancipazione integrale dell'uomo farà di lui un altro uomo: il cosiddetto Superuomo. Egli è colui che va oltre, oltre l'uomo comune, prigioniero dei valori tradizionali. Egli capovolge la morale tradizionale, trasforma gli imperativi nell'affermazione della propria volontà: da "Io devo" a "Io voglio", non si lascia lusingare da promesse ultraterrene, ma ama la vita per quello che è ed è fedele alla Terra senza avere il bisogno di crearsi illusioni.

Legata alla teoria del Superuomo si ritrova in Nietzsche anche quella di Volontà di potenza, che rappresenta il principio alla base di ogni esistenza, che spinge ogni essere vivente alla conservazione di sé e all'incremento della propria potenza. Questo ideale non è ridotto ad una semplice esaltazione di se, ma consiste nella cieca fiducia nelle infinite possibilità dell'uomo di inventare nuovi valori. E' proprio la volontà di potenza che spinge l'uomo ad andare oltre se stesso e a diventare così il Superuomo.

Il concetto di volontà di potenza è poi legato a quello di eterno ritorno. Esso viene definito da Nietzsche il "peso più grande". Partendo dal presupposto che per sua natura la realtà non ha senso, non ha ordine, né alcun fine da raggiungere e che niente di ciò che accade ha significato, ruolo principale del Superuomo è quello di accettare questa realtà, con la volontà che le cose siano effettivamente così come sono e che si ripetano all'infinito. Il tempo non è una linea con un inizio e una fine, ma è come un cerchio che continuamente si ripropone all'uomo. Il Superuomo deve avere il coraggio e la forza di accettare l'eterno ritorno delle cose, deve vivere ogni momento come se si dovesse ripetere un infinito numero di volte.


L'interpretazione politica del Superuomo


Nietzsche è il filosofo della crisi, il fondatore di un modo di pensare nuovo. Egli non fu l'estensore di un vangelo della violenza, ma intese porre le condizioni di sviluppo di una civiltà e di un'idea dell'uomo radicalmente rinnovate.

Il problema della rivalutazione politica dei suoi scritti sta nella ricostruzione sistematica operata dalla sorella Elisabeth e da uno dei suoi discepoli, la quale oltre ad essere ideologicamente discutibile e largamente responsabile delle interpretazioni naziste del pensiero del filosofo, va contro il suo rifiuto netto di ogni sistema filosofico e contro il fascino vivissimo del suo stile frammentario e aforistico.

Il messaggio più profondo dell'opera di Nietzsche deve essere ricercato esclusivamente sul piano filosofico e non su quello politico.

Le strumentalizzazioni e le diverse interpretazioni del nostro secolo non rendono giustizia al filosofo e hanno portato, non alla nascita di una nuova umanità liberata da tutte le autorità umane e divine, ma solo a crimini abominevoli a cui il vero superuomo non si sarebbe mai abbassato.








L'esempio italiano tipico della degenerazione della visione politica del Superuomo è senz'altro quella di Benito Mussolini, il quale, attraverso la sua personalità forte e carismatica, condusse il popolo italiano all'accettazione di una dittatura assoluta senza incontrare grandi resistenze o malcontenti.





































STORIA


La proanda del regime fascista attraverso le immagini


L'intera ideologia fascista non presenta particolare originalità nei contenuti, ma fa derivare le proprie basi teoriche da interpretazioni più o meno faziose delle dottrine filosofiche del recente passato, prima fra tutti l'esaltazione del Superuomo di Nietzsche, al solo scopo di rendere accattivante e convincente la rivoluzione fascista attraverso immagini e mezzi pubblici di comunicazione. Centrale diventa la ura del capo carismatico, il duce del fascismo Benito Mussolini, che fonda il suo potere sulle sue presunte doti eccezionali che ne fanno una ura infallibile.

Gli ideali principali che permisero al fascismo di presentarsi come interprete dell'interesse generale, furono la pretesa eticità dello stato, cioè un'immagine dello stato quale interprete del diritto e della moralità, e l'espansione fra il popolo del mito dell'autarchia. L'ideologia fascista si identificava infatti nella fede cieca nella nazione, sintetizzata dal motto "Credere, Obbedire, Combattere".

Mussolini sottolineava l'importanza, sul piano della suggestione collettiva, di sfruttare l'idea che il nuovo ordine nascesse dalla rivoluzione fascista:"A noi occorre questa parola, perché fa un'impressione mistica sulle masse, dà all'uomo comune l'impressione di prendere parte ad un movimento eccezionale".

Le tecniche di condizionamento con le quali si raggiungeva il consenso furono: la pubblicità, i giornalini a fumetti, la radio e il cinema, le celebrazioni, le manifestazioni di massa e i dialoghi dal balcone del duce con il popolo italiano radunato in piazza.

Fin dal 1931 il regime impartì alla stampa direttive molto precise, ordinando di improntare ogni giornale a ottimismo, fiducia e sicurezza nell'avvenire, eliminando le notizie allarmistiche, pessimistiche, catastrofiche e deprimenti.

Nel 1933 l'Istituto Luce (L'Unione Cinematografica Educatrice) venne posto alle dipendenze del Ministero della Cultura Popolare, con il compito di documentare le opere del regime e diffondere le immagini ufficiali attraverso servizi fotografici, film, documentari proandistici e cinegiornali distribuiti nelle sale cinematografiche di ogni parte d'Italia. Tutti gli argomenti trattati svolgevano una funzione politica, tutte le immagini e le parole che Mussolini e i suoi gerarchi decidevano di trasmettere avevano lo scopo di plagiare le masse all'ideale radioso della dittatura.

L'immagine diffusa di Mussolini era quella dell'uomo di governo, brillante, sportivo, elegante, super-attivo; il suo volto isolato era ingigantito o moltiplicato ossessivamente all'infinito dai fotomontaggi.

La sua immagine era ormai onnipresente e onnipotente allo scopo di comprovare il rapporto di forte legame e di identificazione con il popolo. La sua gestualità teatrale, lo sguardo duro e truce, l'impennarsi del mento, le pose atteggiate e le mani sui fianchi venivano magnificate per far conoscere i molteplici aspetti del suo carattere impulsivo, esuberante, passionale.




La proanda, insomma, aveva permesso ad un uomo partito dal nulla di conquistare la fiducia di quasi tutto il popolo italiano e di modificare totalmente l'assetto governativo del paese, che si era trasformato in una dittatura.




Per poter procedere alla trasformazione in senso autoritario dello stato e per raggiungere la massima potenza, il duce aveva operato gradualmente l'eliminazione sistematica di tutte le forze liberali.
























DIRITTO

Lo statuto sotto il regime fascista


Inizialmente, per poter ottenere più agevolmente la fiducia delle forze moderate a cattoliche, Mussolini ritenne opportuno inserire nell'esecutivo sia liberali che rappresentanti del Partito Popolare, oltre ad alcuni militari. Ciò gli consentiva di essere sorretto dalla legittimazione della maggioranza dei rappresentanti del popolo. Nel periodo di transizione che seguì l'ascesa di Mussolini al potere, si andò sempre più consolidando il rilievo conferito al Governo, e in particolare al suo presidente, rispetto agli altri organi dello Stato.

In questa prima fase l'obiettivo fondamentale di Mussolini fu quello della fascistizzazione del Parlamento. A tale scopo, nel 1923, il Governo presentò alle Camere una legge, la cosiddetta Legge Acerbo, che prevedeva un premio di maggioranza alla lista che avesse riportato, nelle elezioni politiche, la maggioranza relativa dei suffragi. Il premio consisteva nell'attribuzione a tale lista dei  dei seggi della Camera elettiva.

Questo, unito alle violenze ad alle intimidazioni della camna elettorale, gli permise la grande vittoria nel 1924, in quanto il listone ottenne il 65% circa dei voti.


Oltre alla Legge Acerbo, Mussolini fece approvare una serie di provvedimenti legislativi finalizzati all'edificazione definitiva del totalitarismo. Mediante questi provvedimenti, le cosiddette Leggi Fascistissime, si gettarono infatti le fondamenta dello stato fascista.

- Il presidente del Consiglio assunse il titolo di "Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato", assumendo una posizione di preminenza su gli altri ministri;

- Fu disposto che il capo del Governo fosse nominato e revocato direttamente dal re, togliendo in tal modo il potere di controllo del parlamento sul Governo;

- Al Governo fu data ampia facoltà di emanare norme aventi lo stesso vigore di quelle emanate dal Parlamento;

- Fu creato il Gran Consiglio del Fascismo, che andò via via eliminando il ruolo del Governo;

- Fu istituito il Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, con il compito di giudicare diritti politici;

- Furono create le Corporazioni;

- Furono fortemente limitate o abolite alcune fondamentali libertà: di riunione, di associazione, di opinione.


Per effetto di questi provvedimenti nel 1927 l'Italia era stata definitivamente trasformata in Stato totalitario.



Una delle leggi fascistissime che maggiormente aveva contribuito alla centralizzazione del ruolo del Governo fu quella dell'attribuzione a tale organo della facoltà di emanazione di norme (decreti legge e decreti legislativi) aventi lo stesso potere di quelle emanate dal Parlamento.


L'attività normativa del Governo


Per ragioni di giustizia legislativa la Costituzione ha previsto oggi la possibilità, da parte del Governo, di emanare atti legislativi aventi lo stesso vigore delle leggi emanate dal Parlamento, ma esse sono leggi sostanziali e materiali, ma non formali, poiché non sono espressione dell'organo legislativo e non vengono approvate nella forma ordinariamente prevista dalla Costituzione.

Tali atti sono:

I decreti legislativi;

I decreti legge.


Con i decreti legislativi il Parlamento ha il potere di conferire al Governo la competenza ad emanare atti materialmente legislativi, aventi forza pari alla legge formale. L'istituto della delegazione legislativa consiste propriamente in un trasferimento dell'esercizio della potestà legislativa dalle Camere al Governo. Destinatario della delegazione è il Consiglio dei Ministri, non potendosi ammettere delegazione legislativa a singoli ministri o al presidente del Consiglio.

La legge con cui le Camere autorizzano il Governo ad emanare provvedimenti con forza di legge formale è definita legge delega, che deve:

essere emanata con il procedimento normale;

contenere un limite temporale;

indicare un limite di materia;

contenere un limite programmatico.


Il decreto legislativo è l'atto materiale con cui il Governo, su delega del Parlamento, provvede a disciplinare una data materia o parte di essa. Esso viene predisposto dal ministro competente e deliberato dal Consiglio dei Ministri. Quindi viene emanato con decreto del Presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.


Il ricorso a decreti legge costituisce invece un'auto-assunzione di potestà legislativa, giustificata da specifiche ragioni di necessità e di urgenza. La Costituzione richiama, come immancabili presupposti all'emanazione del decreto legge, i requisiti della necessità e dell'urgenza del provvedimento da adottare. L'atto governativo deve essere indispensabile per lo svolgimento degli obiettivi programmati, cioè irrinunciabile, inoltre deve essere urgente, tale da non potersi far luogo alla predisposizione di un disegno di legge.

La stessa normativa ha anche disposto che è inammissibile il ricorso allo strumento del decreto legge:

per conferire deleghe legislative;

nelle materie per le quali la Costituzione prevede l'adozione delle procedura normale di approvazione delle leggi (Leggi costituzionali;Leggi di approvazione del Bilancio; Leggi tributarie);

per riformulare decreti legge già respinti in sede di conversione.

Dopo essere stato discusso e approvato dal Consiglio dei ministri, il decreto legge deve essere firmato dal Presidente della Repubblica e successivamente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed entra immediatamente in vigore.


La Costituzione prescrive che il decreto legge emanato dal Governo debba essere presentato il giorno stesso alle Camere per la conversione. Qualora il decreto legge non sia convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni dalla sua pubblicazione, esso decade, perdendo efficacia fin dall'inizio.





L'ampio e abusato utilizzo della pratica della decretazione d'urgenza (decreti legge) da parte del Governo sotto il regime fascista condusse al sostanziale esautoramento delle Camere, le quali finirono per svolgere un puro ruolo notarile nei confronti dell'esecutivo, ratificando, attraverso la conversione dei decreti legge, le scelte governative senza possibilità di modificare, o comunque contrastare, l'indirizzo politico assunto da Mussolini quale Presidente del Consiglio.




Attraverso l'assunzione della totale autorità politica all'interno del paese, egli aveva creato nell'ambito dell'ideologia fascista l'ideale di un'Italia forte e imbattibile in tutti i campi: politico, economico e sociale.

Il regime idealizzava in particolare il mito di un paese autosufficiente, che fu realizzata attraverso la svolta protezionistica che Mussolini chiamò autarchia. Questo ideale aveva lo scopo di ridurre al minimo le importazioni, favorendo le industrie nazionali, soprattutto belliche, e creare un modello di Stato Forte nel quale veniva esaltato, primo fra tutti, l'ideale di nazionalismo.

Geografia



La crescita dei divari socio-economici


Nell'ambito internazionale gli ideali di Stato Forte e di nazionalismo hanno portato l'intero pianeta ad una divisione fra due tipi di paesi: colonizzatori e colonizzati.

Fanno parte della prima area, i paesi che dall'epoca del capitalismo mercantile in poi, hanno esercitato un ruolo economico, politico, e militare predominante. Essi sono oggi definiti paesi sviluppati.

Fanno invece parte della seconda area i paesi che, dall'epoca del capitalismo mercantile in poi, sono stati sottoposti a regimi coloniali e, pur avendo ottenuto l'indipendenza politica, portano ancora in varia misura nella loro struttura economica l'impronta del periodo coloniale: sono quelli che comunemente vengono definiti oggi paesi in via di sviluppo.

Questa storica divisione ha creato crescenti interdipendenze tra una regione e l'altra, in cui la distribuzione del reddito continua ad essere caratterizzata da forti ineguaglianze che, nella maggior parte dei casi, non si sono ridotte ma accentuate.













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