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La deforestazione



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La deforestazione

Prima che l'uomo "scoprisse" l'agricoltura e si stabilisse in villaggi lungo la riva dei fiumi, gran parte della Terra era ricoperta di foreste e di praterie, dove gli ecosistemi avevano il loro equilibrio naturale, alterato solo da eventi particolari, come casi di combustione, siccità, inondazioni. La scoperta dell'agricoltura diede inizio all'abbattimento delle foreste per dare luogo alle colture. Il legno servì per costruire abitazioni, imbarcazioni, armi e altri oggetti, e inoltre per il fuoco.

A quell'epoca l'uomo aveva una visione diametralmente opposta a quella che la conoscenza ecologica va creando tra noi. L'uomo avvertiva la natura, l'ambiente circostante, come un pericolo mortale. Le foreste costituivano un ostacolo alle comunicazioni e spesso la vegetazione tendeva ad invadere le colture. Già in epoca romana le foreste mediterranee erano state in gran parte distrutte. Erano ssi, almeno per vasti tratti, i boschi di pini marittimi in Italia ( ne abbiamo oggi esemplari o limitatissimi boschi, che sembrano quasi costruire per noi una meraviglia della natura e che ammiriamo come elementi di museo) e le foreste di cedro sui pendii dei monti del Libano, quei cedri con cui i Fenici avevano costruito le loro navi.

In estese regioni il tirreno, privato del suo manto di piante, divenne arido e fu sottoposto senza alcuna difesa all'opera distruttiva del vento  e della pioggia. La Mesopotamia, "la terra tra i due fiumi", ricchissima di boschi e giardini, è oggi in gran parte una plaga sabbiosa. La storia della distruzione delle foreste e delle aree prative è uno degli esempi di come l'uomo abbia trasformato quello che egli oggi chiama con orgoglio ( ma quale orgoglio?) il "Villaggio Globale". Chi racconterà, almeno ai giovani, la somma quotidiana di sofferenze dei contadini meridionali italiani - ma anche di alcune altre regioni della penisola -, i cui campi sono devastati dall'acqua che, non trattenuta dagli alberi, precipita a valle distruggendo le seminagioni e i raccolti. Quei contadini ebbero un'unica scelta: l'emigrazione in massa del Nuovo Mondo. Un'altra somma di avventure, di dolore, quello con cui si dice per sempre addio al luogo natio e quello che si incontra per ricostruirsi una vita in una terra sconosciuta. Ma questa è storia passata, almeno per noi.



Oggi, nella dimensione culturale che l'ecologia ha creato e che sembra essere la nuova fondamentale verità dell'uomo, si lancia un nuovo allarme. Improvvisamente ci si accorge che l'uomo sta distruggendo le ultime foreste esistenti sul pianeta. Grandi foreste ricoprono ancora estese regioni dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina. Ebbene, ormai da diversi decenni queste foreste vengono sistematicamente distrutte. E i motivi sono vari. ½ è il problema dell'acquisizione di nuove culture, vi è il problema dell'urbanizzazione, che in alcune aree costringe necessariamente ad abbattere gli alberi. Ma vi è un altro problema, che stranamente le nazioni industrializzate fingono di ignorare. I paesi sottosviluppati, oppressi da enormi debiti, costretti a importare prodotti industriali che le loro economie non permettono di fabbricare, vedono nel legname, e quindi nelle foreste, una risorsa fondamentale per far fronte a tale problema.

Nel Villaggio globale ci si è accorti improvvisamente della foresta amazzonica. L'Amazzonia è un'immensa regione, in gran parte del Brasile. La temperatura uniformemente elevata, con precipitazioni piovose improvvise, ha creato un'immensa foresta "umida", dove alti, larghi alberi sempre verdi si sollevano da un suolo in parte acquitrinoso. Un sviluppo inestricabile di piante avvolge gli alberi. Ai piedi degli alberi una vegetazione, composta da migliaia di specie, lotta disperatamente per sopravvivere. Nella foresta regna quasi l'oscurità perchè il sole non riesce a filtrare tra il fogliame. Vi sono migliaia di habitat, ciascuno popolato da una moltitudine di specie, tra loro legate dalla legge della catena alimentare. Pochi gruppi umani sono vissuti per milioni di anni nella foresta amazzonica, conservando costumi di vita primordiali.

Tra questi vi sono gli Akimara, verso il Perù. Fino a poco tempo fa vivevano di caccia, di pesca, della raccolta di vegetali commestibili. Erano cannibali e non conoscevano la famiglia, in quanto ogni membro della comunità doveva essere amato e protetto allo stesso modo da tutti gli uomini. Un altro gruppo è quello dei Matele. Vivono completamente nudi, non conoscono la famiglia, praticano la magia, credono unicamente nelle forze della natura.

Fino agli anni cinquanta l'Amazzonia restò relativamente immune dall'avanzare del progresso. Poi il presidente Kubitscek decise la fondazione di Brasilia, quasi al centro della foresta amazzonica, soprattutto per valorizzare le immense regioni occidentali. Si iniziò la costruzione di una strada lunga oltre 3300 chilometri, snodatesi per la foresta, fronteggiante delle più svariate specie arboree ed erbacee, dal cedro all'acero, all'albero di jacarandà, il cui legno è tanto pesante che i tronchi affondono nell'acqua come travi di ferro, alle piante velenose, o a quelle carnivore, che attirano gli insetti con i loro fiori sgargianti. Alcuni alberi hanno anche un diametro di venti metri.

La costruzione della strada vide all'opera i più moderni mezzi di abbattimento. Nel 1960 Brasilia era in parte già pronta. Appena furono costruiti gli edifici del Parlamento, il Palazzo del governo, quello del presidente della Repubblica, l'edificio della Corte suprema e l'aeroporto internazionale, vi fu trasferita da Rio de Janeiro la capitale federale. Successivamente si diede inizio alla costruzione dei quartieri residenziali. Ma ormai la foresta amazzonica era stata irrimediabilmente violata. I gruppi primitivi, quali gli Akimara e i Matele, furono assaliti da una folla di antropologi, assistenti sociali, psicologi. Se ne tentò la civilizzazione. Un disastro. Quei gruppi perdevano quello che oggi possiamo considerare un paradiso perduto per andare incontro alle forme crudeli della civiltà odierna.

E contemporaneamente si cominciò a distruggere la foresta per creare colture, aree di allevamento, sfruttare il sottosuolo ricco di minerali, ma soprattutto per ricavare ingentissimi guadagni dalla vendita del legname. Un altro mondo del Villaggio globale siva. E ne venne un allarme mondiale. Ambientalisti di ogni genere proposero, e propongono, le più svariate soluzioni. Il governo brasiliano promette prudenza, ma la distruzione continua. Il dramma dell'Amazzonia, lo abbiamo detto prima, è diventato attuale perché i mass media ne parlano a lungo. Ma la distruzione delle ultime foreste è in atto in tutto il mondo.













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