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La riforma della Costituzione

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La riforma della Costituzione

La costituzione della Repubblica italiana è la legge fondamentale dello Stato italiano, è stata approvata dall'Assemblea Costituente nel 1947, ed è entrata in vigore nel 1948.

Lo Stato d'Italia appare istituzionalmente nel 1861, quando Vittorio Emanuele II viene proclamato Re d'Italia. Lo Statuto Albertino, concesso nel 1848 da Carlo Alberto di Savoia, viene esteso a tutti i territori del regno. Questo statuto non era l'unico vigente nel 1948, ma rese l'Italia una monarchia costituzionale. A causa della sua flessibilità, in poco tempo, si convertì in monarchia parlamentare, e all'avvento del fascismo, lo Stato assunse i caratteri propri di regime autoritario, lo Statuto venne modificato, oltraggiato, stravolto, e tuttavia non abolito.

Nel 1943, verso la fine della seconda guerra mondiale, Mussolini perse il potere e Vittorio Emanuele III affidò il governo al maresciallo Badoglio, iniziò così il regime transitorio di 5 anni che terminò con l'entrata in vigore della Nuova Costituzione.



I partiti antifascisti costretti alla clandestinità si riunirono nel Comitato di liberazione nazionale, decisi a fondare uno Stato democratico. Nel 1946 fu indetto il referendum per la scelta fra l'ordinamento monarchico e repubblicano. I repubblicani ebbero la meglio. Sempre nel 1946 avvennero le elezioni per eleggere l'Assemblea Costituente, dominarono le elezioni 3 grandi formazioni: 1-Democrazia Cristiana 2-Partito Socialista 3-Partito Comunista.

L'intesa che permise la realizzazione della Costituzione è stata più volte definita "compromesso costituzionale", ovvero approvazione di norme che rispecchiassero i principi base delle diverse parti politiche che non avevano una chiara visione della situazione.

La Costituzione si compone di 139 articoli divisi in 4 sezioni: 1-principi fondamentali; 2-parte prima diritti e doveri dei cittadini; 3-parte seconda ordinamento della Repubblica; 4-disposizioni transitorie finali, riguardanti situazioni relative al trapasso dal vecchio al nuovo regime e destinate a non ripresentarsi.

Nelle linee guida della Costituzione è chiara la volontà di intesa fra gli autori, inoltre sottolinea i diritti economici, sociali e le garanzie effettive che comportano. La Costituzione si ispira a una concezione antiautoritaria dello Stato, ed evidenzia diffidenza verso un potere esecutivo forte e fiducia nel sistema parlamentare.

Sono inseriti anche importanti riconoscimenti alle libertà individuali e sociali, rafforzate da una tendenza solidaristica di base.

Le caratteristiche tecniche della costituzione sono: la normativa è contenuta in un testo legislativo scritto; è rigida ovvero per la riforma dei suoi contenuti è necessario un procedimento parlamentare aggravato, è lunga poiché contiene disposizioni in merito a diversi ambiti del vivere civile, non limitandosi alle norme sulle fonti del diritto.

Nel 2005 la Casa delle Libertà (centrodestra) ha realizzato una imponente modifica delle disposizioni dell'attuale Costituzione, che prospetterebbero la nascita di una Repubblica federale con un esecutivo più forte. Il Parlamento italiano ha approvato questa riforma ed è stato richiesto il referendum costituzionale per l'approvazione delle norme sulla Riforma Federale, che si svolgerà il 25-26 giugno 2006.

Questo è il terzo referendum, nel giro di 10 anni circa, di modifica della Carta Costituzionale: nel 1997 con la Bicamerale di D'Alema, nel 2001 sul Titolo V della Costituzione approvato dal centrosinistra, l'ultimo del 2006 sull'ordinamento della Repubblica approvato dal centrodestra.

In quanto referendum costituzionale previsto dall'art. 138 della costituzione, non è richiesto il quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto.

Tra le molteplici cose previste dalla riforma, vi sono:

devoluzione, o devolution, sostenuta saldamente da Lega Nord e Forza Italia. Questa parola venne pronunciata da Blair nel 1997 per indicare la cessione di alcuni poteri alla Scozia. La parola trasmigra subito in Italia e spopola, tanto che Giulio Tremonti si richiama al principio di devolution e lo spiega così: "Cioè allo Stato devono essere lasciate cinque competenze essenziali, tutto il resto è oggetto di devoluzione ai privati e alle autonomie", la usano politici locali come il sindaco leghista di Treviso Giancarlo Gentilini, detto Genty "Voglio la devolution anche per la scuola. Gli insegnanti devono essere locali'. Letteralmente significa delegazione del potere, trasmissione di carica o anche decentramento amministrativo (in biologia significa degenerazione). Politicamente possiamo interpretarlo come il passaggio delle norme generali sulla tutela della salute sotto l'esclusiva competenza statale;

si correggono alcuni punti della riforma del titolo V, approvata dal centrosinistra nel 2001, alla legislazione statale competeranno alcuni ambiti come la sicurezza del lavoro, le grandi reti di trasporto, ordinamento della comunicazione, l'ordinamento delle professioni intellettuale, l'ordinamento sportivo nazionale, la produzione strategica di energia;

fine del bicameralismo perfetto, con suddivisione del potere legislativo fra Camera dei Deputati e Senato Federale;

riduzione del numero dei deputati (da 630 a 518) e senatori (da 315 a 252);

il Premierato, ovvero l'aumento dei poteri del primo ministro;

clausola contro i "ribaltoni", ovvero contro i cambi parlamentari di maggioranza;

clausola di interesse nazionale ovvero la possibilità per il governo di eliminare disposizioni regionali in contrasto con l'interesse nazionale, e clausola di supremazia, lo Stato può sostituirsi alle regioni nel caso di mancata emanazione di norme essenziali;

Il Presidente della Repubblica (attualmente Napoletano) diviene garante dell'unità federale della Repubblica;

la Corte Costituzionale vedrà aumentare i giudici di nomina parlamentare che passano da 5 a 9 mentre diminuiranno gli altri nominati dallo Stato;

l'autonomia di Roma, capitale della Repubblica, verrà stabilita dalla legge della regione Lazio.

La modifica alla Costituzione vuole introdurre nell'assetto istituzionale del Paese 1- il presidenzialismo con la ura del Primo Ministro 2- il federalismo con il principio di sussidiarietà.

Possiamo esaminare la questione da due diverse angolazioni:

consideriamo il Federalismo di Stato, già emerso nel 2001, come strumento che attribuisce alle regioni un potere politico in grado di trasformare l'Italia in un regime monocratico, che si basa sulla delega alle istituzioni locali che, tratterranno le risorse prodotte sul territorio, alimentando le disuguaglianze tra i cittadini, inoltre la competenza esclusiva delle Regioni in materie come sanità e istruzione insidia il sistema contrattuale nazionale di lavoro e introduce elementi di differenziazione fra le singole aree del Paese;

secondo la visione libertaria invece il federalismo è solidale e permette l'equa distribuzione delle risorse tra aree ricche e aree povere;

il principio di sussidiarietà verticale tra le diverse istituzioni, favorisce la diversificazione degli ordinamenti in ambito scolastico, sanitario e lavorativo e una differenziazione dei diritti fondamentali in relazione all'area di residenza;

la visione libertaria dimostra che la sussidiarietà verticale, come teorizzata da Prohudon, ha come principio di base la partecipazione di tutti alla gestione politica, le strutture devono autogestirsi;

il principio di sussidiarietà orizzontale serve a privatizzare i servizi pubblici, dandoli in concessione a privati, che ricaveranno profitto dalla gestione di servizi come scuole, ospedali, servizi sociali;

secondo la visione libertaria il principio di sussidiarietà orizzontale è strumento di autogoverno e partecipazione, di gestione solidale dei servizi da parte della società, che deve essere fondata sul pluralismo religioso e etnico.

C'è chi si schiera dalla parte del no al referendum, considerandolo un'autentica offesa alla lotta partigiana e antifascista per la libertà e l'uguaglianza. C'è chi si schiera dalla parte del si al referendum, per ottenere un nuovo ordinamento, caratterizzato da un premier forte, dalla fine del bicameralismo perfetto, una drastica riduzione del numero dei parlamentari e una ragionevole correzione della devolution del 2001. I sostenitori del si affermano che se l'esito della votazione fosse no, la Costituzione sarrebbe immodificabile, e non sarebbe più possibile alcuna riforma costituzionale. I conservatori costituzionale, sostenitori del no, ritengono che la Costituzione vigente in Italia sia la migliore delle Costituzioni possibili, sostengono inoltre che il "premierato" rappresenti l'apertura delle porte al fascismo. I favorevoli al si evidenziano il fatto che le parti più importanti della riforma entrerebbero in vigore dal 2011, e in questo arco di tempo centrodestra e centrosinistra potrebbero avviare una trattativa al fine di migliorare il testo costituzionale.

Dalla fonte "Corriere della Sera" un sostenitore del no afferma che la riforma riscrive completamente la seconda parte della Costituzione, i cittadini saranno  chiamati a decidere con un si o con un no un ordinamento politico della Repubblica radicalmente riformulato del disegno dei suoi organi fondamentali. Questa nuova Costituzione è stata scritta utilizzando una procedura, basata sull'art. 138 della Costituzione stessa, impropria per revisioni di tale portata. Il centrosinistra con la riforma del Titolo V ha commesso un errore, ma il centrodestra con questa altra ne fa uno ancora più grande.

Quello che non riesco a comprendere, essendo ignorante in materia, è: il cattivo funzionamento del nostro bipolarismo dipende da un disegno costituzionale inadeguato o dalla mancanza di un premier forte? Non è un puro problema politico? Il fulcro della questione deriva dalla mancanza di solidi partiti che organizzino le due opposizioni? Non abbiamo cercato di costruire un grande partito democratico a sinistra e un grande partito moderato a destra? Non basterebbero accordi delineati fra le due parti in funzione del benessere dello Stato italiano e del quieto vivere dei suoi cittadini? Non parlo come esponente di centrodestra o centrosinistra perché francamente questi sono argomenti delicati e non sempre molto comprensibili per noi giovani, ma mi rifaccio alle notizie rilasciate dai telegiornali, dai quotidiani. Penso che chi risiede ai vertici politici pensi prima ai propri interessi personali, poi a quelli della nazione. Inoltre ho l'impressione che una volta i partiti politici fossero più delineati ed esprimessero meglio le proprie ideologie, ognuno poteva seguire il partito più conforme alle proprie convinzioni, ma adesso il governo è composto da numerosissimi partiti che esprimono idee contraddittorie e contrapposte, seguono l'ideologia che fa più comodo, contribuendo ad aumentare il nostro "smarrimento" in materia. Questo miscuglio di idee ha comportato un allontanamento dei giovani dalla politica, anni fa i comitati studenteschi muovevano delle vere e proprie sommosse per far sentire la loro voce in ambito di una politica ingiusta ai loro occhi, attualmente queste cose in Italia non avvengono più perché ai giovani non interessa più la politica. A volte, nei telegiornali, vediamo scene agghiaccianti di parlamentari e deputati che si prendono a sberle, calci e pugni, è inevitabile che il sistema si screditi davanti a noi italiani, ma quel che è peggio anche di fronte all'intera Europa. In compenso c'è chi tra una gaff e una parolaccia in diretta tv, si fa il lifting per apparire sempre e comunque sorridente, anche se sotto il sorriso smagliante dell'ubriacone che si sostiene al palo della luce, c'è un'Italia che degenera sempre più.





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