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La seconda metà dell'Ottocento



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La seconda metà dell'Ottocento



La rivoluzione industriale produsse profonde trasformazioni anche nella società europea. All'interno della borghesia urbana, affermatasi già in precedenza, si andò formando una borghesia industriale, cioè un ceto sociale costituito da imprenditori capitalisti, proprietari di fabbriche da cui ricavavano profitti e capitali che poi investivano in nuove attività industriali, commerciali o finanziarie.

Il borghese nato dalla rivoluzione industriale era un individuo attivo e intraprendente, abile e privo di scrupoli negli affari. Nel corso del secolo, poi, la nuova borghesia prevalse, con i suoi valori di libertà ed intraprendenza economica e con il suo stile tipicamente urbano, sulla tradizionale aristocrazia.





La seconda metà dell'Ottocento è caratterizzato dall'avvento del Decadentismo (detto anche Simbolismo in Francia).

La borghesia industriale, dopo l'industrializzazione, diventa il ceto di maggior importanza nella società e ne prende le redini, ma si lascia trasportare dal materialismo, dal conformismo, dirige la società secondo la legge del profitto. La critica alla gestione borghese della società arriva proprio dall'interno della stessa borghesia, da individui che ne fanno parte, ma che la disprezzano e se ne distaccano.

Il Decadentismo accoglie in sé le caratteristiche di alcuni movimenti che lo precedono e che gli trasmettono gli atteggiamenti ed il modo di intendere la poesia.

I movimenti precursori sono:

  dall'Inghilterra il Dandismo. Deriva da "Dandy", personaggio anticonformista che si diverte a provocare, a stupire la società. Cerca di differenziarsi dalla società borghese, tende ad essere ricercato nell'abbigliamento e trasgressivo nello stile di vita;

  sempre dall'Inghilterra l'Estetismo. L'Esteta rifiuta la società in cui vive e si ritira in un ambiente da lui stesso costruito. È amante del bello, vuole fare la propria vita "come si fa un'opera d'arte", cerca di ricostruire quella vita bella che non c'è nella società. Si circonda d'opere d'arte, che secondo lui rappresentano il bello, ed una volta esaurito il bello cerca lo "strano". Il Dandy e l'Esteta hanno in comune il rifiuto della società e l'anticonformismo, ma si differenziano nell'esprimerlo poiché il Dandy aggredisce la società, la provoca mentre l'Esteta fugge da essa, si ritira in una sua realtà. Entrambi in ogni modo provengono spesso dalla società che contestano e criticano proprio perché la conoscono;

  dall'Italia abbiamo la Scapigliatura. È un movimento formato da un gruppo di giovani artisti, provenienti anch'essi dalla società borghese. Essi erano definiti "scapigliati" dalla società dell'epoca per il loro modo di vestirsi e di vivere (vita bohémienne). L'arte diviene il supremo ideale a cui tutto consacrare.

Il Dandismo, l'Estetismo e la Scapigliatura trasmettono al Decadentismo gli atteggiamenti: anticonformismo e rifiuto della società.

  Infine dalla Francia abbiamo il Parnassianesimo. I suoi componenti erano chiamati "parnassiani" perché pubblicavano le loro opere su una rivista chiamata "Nuovo Parnaso". Da questo movimento nasce un nuovo modo d'intendere la poesia: classica nella forma, ma dai contenuti irrazionali. Un'altra caratteristica della poesia parnassiana è l'adozione della "poesia pura , purificata, cioè, da qualsiasi finalità morale, educativa, politica e didascalica, che non si propone quindi di insegnare qualcosa ai lettori. Il lontano precursore è Leopardi con la poesia come canto dell'io poiché sia i parnassiani che Leopardi adottavano la poesia come suprema forma per esprimere l'io o, per quanto riguarda i contenuti delle poesie parnassiane e decadenti, l'inconscio. Il Parnassianesimo trasmette quindi al Decadentismo il modo d'intendere la poesia.


Come soluzione alla società borghese e alla sua cattiva gestione, l'intellettuale decadente decide di rappresentare nelle proprie opere i contenuti dell'INCONSCIO. L'inconscio, secondo Sigmund Freud, è la parte più nascosta della mente umana, espressa dallo studioso con l'immagine di un iceberg, la cui sommità rappresenta la "coscienza", ma ciò che si vede dell'iceberg è solo la sua minima parte, la restante è l'"inconscio". La vita psichica dell'uomo è dominata, dunque, in maggior porzione dalla parte inconsapevole del suo essere.

La vita psichica può essere divisa in tre regioni:

la COSCIENZA, di cui fanno parte le azioni consapevoli e perfettamente illuminate dalla luce della ragione;

il SUBCONSCIO, di cui fanno parte le azioni in parte coscienti ed in parte no. Tutto ciò che vi si trova richiede un minimo sforzo per farlo emergere alla consapevolezza;

l'INCONSCIO, qualcosa di mai diventato cosciente, oppure contenuti rimossi dalla coscienza perché troppo dolorosi. Si manifesta attraverso il sogno, nella fase non REM, e si esprime attraverso simboli.



L'inconscio diventa quindi il contenuto delle poesie decadenti, che sono di conseguenza caratterizzate da un forte irrazionalismo e da un forte soggettivismo.

I contenuti sono chiamati ILLUMINAZIONI perché sono una sorta di squarcio di luce che il poeta getta sul proprio inconscio e ciò che questo contiene è portato alla luce della coscienza.

Per rappresentare tali contenuti si ha bisogno di un linguaggio con una funzione particolare: la funzione SUGGESTIVA, diversa da quella comunicativa, usata per comunicare dei concetti; essa suggerisce emozioni, ovvero si usa quando si comunicano senza sequenzialità delle sensazioni irrazionali e si avvale dell'uso dei simboli. Il linguaggio diventa, quindi, difficilmente comprensibile poiché ogni poeta attribuisce alle parole un significato personale, soggettivo, esclusivo, in quanto hanno la funzione di rappresentare il proprio inconscio. La realtà diventa "una foresta di simboli" (Charles Baudelaire). Tali simboli dovranno poi essere interpretati dal poeta veggente (colui che squarcia il velo che separa la realtà oggettiva da quella soggettiva e ritrova così i valori. Ricerca la realtà "come dovrebbe essere", quella che è migliore solo per lui stesso e nel farlo non si propone finalità specifiche) o dal poeta decifratore di simboli (colui che ha le "chiavi" per interpretare in modo simbolico la realtà).

Nella poesia decadente le illuminazioni sono quindi espresse tramite simboli, interpretati dal poeta veggente o decifratore, e i simboli sono collegati fra di loro tramite analogie ( dal greco "senza razionalità").

Si sviluppa poi, durante il decadentismo, la narrativa ed in particolare il ROMANZO PSICOLOGICO (incentrato su un personaggio di cui si segue il percorso interiore, del suo inconscio) scritto attraverso la tecnica dello STREAM OF CONSCIOUSNESS (codificata da James Joyce), tecnica narrativa che scardina l'ordine cronologico della presentazione dei fatti poiché l'oggetto del romanzo non è più la realtà esterna regolata dal tempo cronologico, ma la realtà psicologica, dell'io e all'interno di questo il tempo non è come nella realtà esterna, il presente e il passato si fondono divenendo un unico flusso (stream).

I decadenti hanno bisogno di fuggire dalla realtà e la loro fuga si attua: o nell'inconscio, o nell'infanzia, o nella natura.

Nel fuggire all'interno di uno di questi "luoghi", l'obiettivo è comune: ricercare qualcosa d'autentico, poiché l'inconscio è, in effetti, la parte più vera del nostro io; l'infanzia è l'età più vera, senza convenzione, senza finzione e con la natura si può avere un rapporto che non necessita di alcuna maschera sociale.

D'annunzio e Pascoli sono due esempi, rispettivamente, della fuga nella natura e nell'infanzia.

  D'annunzio rappresenta il rapporto che l'uomo deve avere con la natura in uno dei principi su cui si basa la sua poetica: il panismo. Tramite il panismo, il poeta descrive in che modo deve attuarsi tale relazione, vale a dire attraverso la naturalizzazione dell'uomo e l'antropomorfizzazione della natura (rispettivamente rappresentate nelle poesie "La pioggia nel pineto" e "La sera fiesolana"). L'uomo deve utilizzare quegli strumenti che la natura gli ha dato, ma che non usa nella società: i sensi e gli istinti, che sono la chiave attraverso la quale può entrare in contatto con la natura perché abbandona quella razionalità che, invece, gli è indispensabile per vivere nella società.

D'annunzio riesce a rappresentare con la sua poesia una nuova realtà, incentrata sulla natura, una realtà che allieta il lettore, che ne "migliora l'esistenza" e questo perché sperimenta nuove funzioni che il poeta deve svolgere: l'artefice e il mago. Entrambi spaziano entro le potenzialità semantiche del linguaggio rendendolo aulico, utilizzandolo in tutte le sue possibili espansioni. L'artefice deve creare degli artefatti utilizzando le parole come materia prima; il mago deve, invece, creare una realtà magica, che incanta il lettore.

Con D'annunzio si ha quindi un utilizzo del linguaggio particolareggiato, ricco.

  Pascoli è il poeta "fanciullino". La sua poetica ruota proprio attorno alle ure del nido e del fanciullino che si affacciano anche nella vita del poeta, poiché egli vive come un bambino attaccato alla famiglia, inesperto, insicuro; Pascoli è, infatti, definibile nella ura dell'inetto e ce lo dimostra il fatto che per fuggire da ciò che lo circonda, che sia la società o le persone che ne fanno parte, si rifugia nell'unica cosa che per lui ha importanza: la famiglia ossia il nido, che al di fuori è irto e spinoso, ma all'interno è morbido, accogliente e sicuro. Pascoli è chiamato anche "il poeta delle piccole cose" proprio perché attraverso le sue poesie si vede la realtà come gli occhi di un bambino la vedono, dando importanza ai particolari. Guarda il mondo con occhi puri, si serve degli istinti non della razionalità e di conseguenza non si esprime in modo razionale, ma comunicando emozioni senza mai definirle compiutamente. Pascoli rappresenta in una frase ciò che intende per fare poesia: "poetare non significa inventare, ma scoprire ; i contenuti della poesia, quindi, devono essere ricavati dall'io e non essere qualcosa di nuovo, bisogna semplicemente far riemergere l'infanzia da dentro di noi.



Nelle sue poesie fa largo uso delle onomatopee (parole che richiamano suoni) in quanto i bambini, nell'esprimersi, fanno uso di termini onomatopeici; ne abbiamo una rappresentazione nella poesia "l'Assiuolo" (dalla raccolta "Myricae"): la poesia è strutturata in tre strofe con sintassi spezzata[1] (o paratassi); alla fine di ogni strofa viene ripetuto il termine onomatopeico chiù che rappresenta il canto dell'assiuolo; emerge poi il bambino pascoliano quando descrive due alberi, il mandorlo e il melo, che sembrano sporgersi per vedere la luna sorgere da dietro la linea dell'orizzonte.



La cattiva gestione della società da parte dei borghesi è quindi causa dei disagi presenti negli intellettuali decadenti e di conseguenza anche del loro bisogno di cambiamento, attuatosi nel linguaggio.

Ma sempre nello stesso periodo la borghesia trova come base di supporto il Positivismo, all'interno del quale i rappresentanti di tale corrente, analizzando oggettivamente la società, ammettono la supremazia della classe borghese su quella proletaria, sostenendo che, essendo la prima la più forte, è anche legittimo che questa surclassi l'altra (evoluzionismo sociale di Herbert Spencer, che si ispira all' evoluzionismo biologico di Charles Darwin).

Sempre nella seconda  metà dell'Ottocento, infatti, avviene uno sviluppo industriale, scientifico e tecnologico a cui corrisponde la diffusione di una mentalità più concreta che influenzerà anche la cultura dando vita al Positivismo, animato al suo interno da specifiche convinzioni:

la conoscenza scientifica della realtà è l'unica conoscenza valida della realtà in quanto tale;

il metodo sperimentale deve essere esteso a tutte le discipline del sapere (economia, diritto, letteratura, psicologia);

se l'uomo conosce scientificamente la realtà ne diventa padrone, l'adatta alle sue esigenze perché conosce le cause che hanno portato a quell'evento e, conoscendole, può modificarle a suo piacimento.



Con il Positivismo cambia la ura dell'intellettuale, che cessa di essere lo scrittore vate e diventa scienziato: più tecnico, più scientifico nell'analizzare la realtà, non fornisce il suo pensiero nelle opere che crea, ma solo i fatti oggettivi che caratterizzano la realtà analizzata: "l'opera deve sembrare essersi fatta da sé" (Giovanni Verga) e in questa non si deve notare la mano dello scrittore; sarà il lettore a trarre le proprie conclusioni.

Lo scrittore scienziato scrive privilegiando la prosa alla poesia poiché questa mal sia adatta a denunciare i problemi della società. Il modello di prosa utilizzato è il romanzo sociale, in cui si trattano argomenti contemporanei, del presente a differenza del romanzo storico che privilegiava il passato. Il romanzo deve poi essere concepito come documento, come testimonianza di ciò che accade nella società; non si basa più sulla sola letteratura, ma tocca anche l'ambito giuridico, economico e scientifico, ovvero tutte le discipline del sapere.

Il codificatore del principio dello scrittore scienziato è il naturalista Ippolito Taine. Secondo Taine i principi che devono guidare lo scrittore nell'analisi scientifica della realtà sono:

  la RACE (razza), ossia il patrimonio genetico che ogni individuo possiede fin dalla nascita;



  il MILIEU (ambiente), ovvero il contesto socio-economico in cui l'individuo nasce e cresce;

  il MOMENT (momento storico), l'epoca in cui la persona vive.

Questi tre elementi permettono di analizzare le cause del comportamento umano nella società. Sono legati tra di loro perché la condizione negativa di uno di questi rende l'uomo diverso da quello che, invece, li ha tutti favorevoli. I concetti quindi di vizi e virtù  perdono il loro significato morale poiché diventano semplicemente il successo o l'insuccesso del rapporto tra razza e ambiente.

Il codificatore del romanzo sperimentale (e autore di un'omonima opera del 1880) è, invece, Emile Zola: il romanzo deve diventare un resoconto di uno studio sperimentale dello scrittore.

Zola è uno scrittore "impegnato" nella società poiché, a suo avviso, gli studi compiuti dallo scrittore devono servire ai politici ed agli economisti come denuncia dei problemi che abbracciano la società da loro guidata. Zola con questo non vuole intromettersi, o esprimere opinioni, ma solo riportare oggettivamente la realtà per poi sottoporla all'esame di chi può veramente agire e migliorarla. Zola è quindi fiducioso nella borghesia, come lo sono tutti i naturalisti ed i positivisti.

Il Naturalismo è una corrente letteraria derivante dal Positivismo che si sviluppa principalmente in Francia, ma attecchisce anche in Italia con l'unica differenza che in Italia assumerà diversa connotazione trasformandosi nel Verismo, il cui più grande esponente è Giovanni Verga, mentre il teorico di questa è Capuana, il quale prende le distanze dal Naturalismo poiché sostiene che la letteratura non debba essere sottomessa alla scienza in quanto sono due discipline che operano in differenti ambiti.

Verga si differenzia da Zola proprio perché fanno parte di due diverse sfaccettature della stessa corrente. Il Verismo e il Naturalismo sono molto simili, hanno in comune l'adozione della prosa, del romanzo sociale, il romanzo concepito come documento e l'impersonalità dello scrittore, ma l'impersonalità dello scrittore naturalista sconfina nell'impassibilità: c'è distacco completo dalla società e quando crea un documento, lo fa estraniandosi totalmente dalla realtà, guardandola dall'esterno. Lo scrittore verista è differente perché la sua caratteristica è proprio quella di interessarsi delle masse pur non intromettendosi nella realtà e la sua impassibilità coesiste assieme alla compassione. Verga nello scrivere le proprie opere è distaccato e non esprime opinioni personali, ma analizza la società immergendosi in essa e mascherandosi al suo interno, dunque sente di più, a livello emotivo, ciò che osserva e scrive, anche perché le sue opere hanno come sfondo la sua terra.



Con lo sviluppo dell'industrializzazione in Italia si diffondono ideologie di sinistra poiché con la nascita delle industrie nasce anche la classe operaia che va ad affiancare quella borghese. In principio si sviluppa l'anarchismo (deriva dal greco: "senza regola o principio"), ideologia nata nella Russia latifondista, contadina. Prima dell'industrializzazione anche l'Italia era caratterizzata dalla stessa condizione. L'anarchismo fu poi soppiantato dal socialismo con lo sviluppo della classe operaia. Il partito socialista nasce prima con il nome di PARTITO OPERAIO ITALIANO, poi come PARTITO DEI LAVORATORI ITALIANI (nel 1892), infine nel 1895 prende il nome di PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI). Si può dunque dire che l'industrializzazione pone il problema delle masse, ma ancor prima del partito socialista anche la sinistra storica si era prodigata in favore delle classi meno abbienti a partire da Depretis (diminuzione delle tasse, estensione del voto anche alla classe popolare alfabetizzata) fino a Giolitti (estensione del voto anche agli analfabeti, con più di 30 anni e con servizio militare).

Alla nascita della classe operaia la struttura all'interno delle fabbriche era gerarchica: al vertice stava una minoranza di operai qualificati, spesso addetti al controllo ed alla manutenzione delle macchine, che avevano salari più elevati; poi c'era la massa di operai semplici, ati con salari bassi e costretti a lavorare per diverse ore al giorno.




È il modo di costruire le strofe utilizzato da Pascoli; i collegamenti tra le strofe non sono subito individuabili al contrario della normale sintassi perché i contenuti sono illuminazioni provenienti dall'inconscio e faticano ad uscirne, facendo così risultare la sintassi singhiozzante.






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