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Pirandello - Nacque a Girgenti

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Nacque a Girgenti (oggi Agrigento) nel 1867. Nel 1891  si laureò nell'università di Bonn e due anni dopo si trasferì a Roma, dove insegnò lingua e letteratura italiana nell'Istituto superiore di Magistero dal 1897 al 1922. Nel 1926 allestì una propria comnia teatrale per rappresentare i suoi lavori in Italia ed all'estero. Nel 1934 ottenne il Premio Nobel e due anni dopo morì a Roma.

Luigi Pirandello scrisse numerose novelle, successivamente raccolte nei volumi delle "Novelle per un anno" (sono però meno di 365); i romanzi: "Il fu Mattia Pascal" (1904), "I vecchi e i giovani" (1913), "Uno, nessuno e centomila" (1926),  ecc.; i drammi: "Lumìe di Sicilia" (1911), "Pensaci, Giacomino" (1916), "Così è (se vi pare)" (1918), "La patente" (1918), "Sei personaggi in cerca d'autore" (1921), "Enrico IV" (1922), "Questa sera si recita a soggetto" (1930), ecc. (in tutto sono circa quaranta).

Pirandello si presenta come un autore umorista, vicino ai modelli umoristici del passato e del presente. In loro egli ravvisa tre caratteristiche principali: anzitutto, lo scrittore umorista  ha un atteggiamento critico rispetto a valori e credenze tradizionali; si vuol distaccare da sentimenti ed emozioni; nelle opere umoriste si fondono temi alti e bassi e sono utilizzati stili diversi. Per Pirandello, l'umorismo consiste  nel "sentimento del contrario"; vedere il contrario di tutte le cose, cioè il lato oscuro delle cose, è appunto la prerogativa dell'umorista(Pirandello), ed è da qui che nascono situazioni  abnormi, casi particolari, tipiche delle ine pirandelliane.



Un punto decisivo, in questa poetica dell'umorismo, riguarda il ruolo della riflessione; è appunto dalla riflessione che viene messo in moto il sentimento del contrario. Affermando la centralità della ragione nell'arte, Pirandello, si collega con Manzoni e soprattutto con il verismo di Verga, modello sempre imitato; infatti, è vero che la riflessione  scompone, disordina, discorda, ma ciò per aderire meglio alla vita nuda, a cui l'artista deve mantenersi fedele. Ciò porta delle conseguenze anche sul piano della lingua e dello stile; per aderire meglio alla vita, la letteratura umorista non ha paura del disordine, essa rifiuta di obbedire a regole o modelli astratti, invece, ha bisogno del più vivace, libero, spontaneo ed immediato movimento della lingua; perciò, Pirandello, difende lo stile di cose di Verga di contro lo stile di parole della tradizione; e utilizzerà il dialetto, quando esso conceda una maggiore aderenza  della forma con la vita. Per Pirandello anche lo scrittore umorista è un autore "debole"; anche la sua personalità, come quella dei suoi personaggi. L'autore umorista non può, né vuole, ricomporre la realtà in forme "belle", come pensavano i classici, e non vuole mettersi al centro dell'opera, non è insomma un genio che crea, come pretendevano i romantici. Egli non è più colui che scrive, ma colui che tra-scrive; se Verga aveva teorizzato il nascondimento dell'autore, adesso Pirandello sposta ancora più in là questa rinuncia al tradizionale  ruolo dello scrittore che rifà il mondo: l'autore sparisce, diventa muto, si annulla; perciò i suoi personaggi, vagheranno in cerca di autore(Sei personaggi in cerca di autore). Ciò che resta cruciale è la perfetta corrispondenza in Pirandello tra relativismo e umorismo: il relativismo gli rivela il caos del mondo; l'umorismo è la forma d'arte più adatta per esprimerlo. Pirandello stesso si definì lio del caos: ricordava il luogo della sua nascita, ma soprattutto intendeva proporsi come lo scrittore che testimonia la relatività di ogni cosa, il Caos, lo sparliamento, il flusso incessante del divenire.

Umorismo pirandelliano: In tutta l'opera di Pirandello s'avverte una capacità impietosa d'analisi, che porta a un'interpretazione non comica bensì umoristica della vita e della realtà alla quale si giunge con la drammatizzazione del comico.

Pirandello nella narrazione dà spazio alla riflessione, che diviene palese, e approda al passaggio dal comico (comico è ciò che superficialmente conduce al riso) all'umoristico, ossia dalla capacità di rilevare il contrario, si giunge all'umorismo, ossia al disincantato capire il tragico 'perché' di un atteggiamento apparentemente bizzarro.

Ciò costituisce la poetica dell'umorismo (esposta nel saggio L'umorismo), secondo la quale il comico è 'avvertimento del contrario', ossia il percepire un particolare che è il contrario di ciò che dovrebbe essere, mentre l'umorismo è il 'sentimento del contrario', ossia l'intuire le motivazioni reali, a volte drammatiche, che hanno prodotto quel comportamento apparentemente comico e assurdo. Così l'umorista diviene critico di se stesso e di ciò che egli sente e rifiutando di identificarsi con quei frammenti di verità umana (ogni frammento della personalità dello scrittore e del suo modo di percepire la realtà diviene nucleo di un personaggio e, come tale, esaminato) li piega artisticamente nella parodia che può divenire deformazione grottesca o fissità di maschera.

Lo schema narrativo pirandelliano si accentua su elementi espressivi, a volte anche stridenti per l'accostamento e l'interpretazione datane dall'autore. Tali elementi sono:

L'inarrestabile bisogno di vita che spinge la persona a diventare personaggio (amore, ansia, pazzia, istinto, desiderio di felicità: in una parola la vitalità);

La coscienza di vivere, quasi una malattia insita nel personaggio, la quale genera tragedie silenziose.

La riflessione è fonte del dolore. In quel 'sentirsi vivere' la vita si aggroviglia; conoscersi è morire: chi vede la propria vita non la vive più, la subisce.

L'uomo pirandelliano, per rientrare nel dominio dell'umorismo, deve rappresentare il proprio contrario, deve divenire teatro, la vita è palcoscenico (tale meccanismo è presente anche negli schemi narrativi: l'azione scenico - narrativa scaturisce dallo scontro del personaggio con la propria immagine riflessa dalla società).

Partendo da tale nucleo vitale, la ura è scomposta mettendola in relazione con l'altra ura virtuale, inventata, con cui ha un rapporto di vita (ciò che crede sa di essere e ciò che appare) in un infinito gioco di specchi, generando confusione, disordine, coscienza del vuoto, allontanamento di ogni certezza. La personalità alterata si scompone in fantasmi deliranti, la malattia del 'sentirsi vivere' si allea con la fantasia, distrugge la razionalità.

In Pirandello vi è un sentimento contraddittorio di amore e di disprezzo per l'umanità, di rifiuto della realtà, del tempo presente, della burocrazia e del sistema sul quale la realtà è costruita come un castello di sectiune e nei cui meandri il personaggio pirandelliano si perde, e infine di un disperato bisogno di solitudine e di 'dimenticarsi di sé'.

l Pirandello spiega la propria  poetica  in maniera organica nel saggio "L'umorismo" (1906-l908), in cui teorizza una forma d'arte, da lui definita "umorismo", fondata sul "sentimento del contrario", che egli esemplifica pressappoco così: se incontriamo una donna non più giovane, anzi decisamente avanzata negli anni, che indossa abiti giovanili, si trucca come una signorinella, assume atteggiamenti forzatamente scanzonati come quelli di una adolescente, certamente costei, con la sua complessiva goffaggine, ci indurrà al riso e forse anche allo scherno. Ma se riflettiamo sui motivi che hanno indotto quella donna a costruirsi una siffatta "maschera" e, magari, sospettiamo che ella sia stata indotta a tanto perché ossessionata dall'idea di non piacere più al suo uomo, allora quell'iniziale nostro atteggiamento di scherno si muta in un sentimento di pietà verso il dramma intimo della donna. L'umorismo del Pirandello  si  basa tutto su codesto  "sentimento del contrario" che consiste in «una contemporanea presenza di rappresentazione e di riflessione, su una disposizione dell'artista a vedere le  verità conclamate la sostanziale precarietà, a scomporre i vari momenti della nostra personalità e coglierne le contraddizioni».


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