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AGRICOLA di Tacito: RIASSUNTO DEI PRIMI 23 CAPITOLI



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AGRICOLA di Tacito: RIASSUNTO DEI PRIMI 23 CAPITOLI


Il primo tema proposto alla riflessione è l'incolmabile distanza fra presente e passato e fra sé e gli scrittori antichi: Tacito afferma che un tempo(nell'età repubblicana) compiere azioni memorabili e celebrarle(solo per dovere di coscienza non per spirito di parte o ambizione) era cosa normale e consueta. Molti narrarono la propria vita considerando questo un segno di fiducia nei propri meriti, non presunzione. Mentre ora, accingendosi a narrare la vita del suocero defunto, egli si deve giustificare, "tanto spietati e ostili alle virtù sono i nostri tempi".

Egli ricorda poi con sdegno le conseguenze tragiche che l'elogio di due fieri oppositori del principato, Trasea Peto(simbolo dell'opposizione antimperiale sotto Nerone) ed Elvidio Prisco(suo erede ideale)(mandati a morte rispettivamente da Nerone e da Vespasiano) aveva avuto per gli autori, Aruleno Rustico ed Erennio Senecione, entrambi perseguitati e fatti perire da Domiziano, e per le opere stesse fatte ardere sulla pubblica piazza. Da questi eventi particolari il discorso si allarga ad una condanna generale del regime di Domiziano(che non è mai esplicitamente nominato): con la soppressione della libertas, con la messa al bando dei filosofi, con un controllo poliziesco esercitato sulle persone e sulle loro parole, ogni nobile attività letteraria e culturale è stata soffocata e impedita.



Solo con la morte del tiranno e con l'avvento della nuova radiosa era inaugurata da Nerva, che ha saputo unire principato e libertà, "realtà un tempo inconciliabili", "si torna finalmente a respirare". L'omaggio - obbligato ma probabilmente sincero - reso a Nerva(96-98) e al suo successore, Traiano(98-l17), "che ogni giorno accresce la felicità di questi tempi", lascia però subito posto alla sconsolata considerazione che i rimedi agiscono più lentamente dei mali e che risuscitare l'attività degli ingegni è più difficile che soffocarla, e al doloroso rimpianto per i quindici anni(quanto era durato il principato di Domiziano, dall'81 al 96) trascorsi in forzato silenzio: "un ben lungo periodo nella vita di un uomo", commenta l'autore. Tacito intende comunque approfittare della restituita libertà di parola per tramandare "il ricordo della passata servitù e la testimonianza dei beni presenti". A questo impegnativo programma per il futuro segue infine la presentazione della biografia di Agricola: "per il momento questo libro, dedicato ad onorare Agricola, mio suocero, sarà, in quanto manifestazione di affetto devoto, o lodato, o scusato".

Gneo Giulio Agricola nacque a Frejus(colonia fondata da Cesare nel 46 a.C.); i suoi due avi appartenevano alla nobiltà equestre. Suo padre(senatore) si distinse come oratore e filosofo, questi suoi meriti scatenarono l'ira di Caligola, dal quale ricevette l'ordine di accusare Silano(suocero di Caligola), ma poiché rifiutò, venne ucciso. La madre era una donna di rara onestà, lo allevò personalmente. La natura di Agricola schietta e integra e l'aver abitato a Marsiglia lo protessero dal vizio. Il suo nobile ingegno perseguiva il miraggio di una grande gloria, la saggezza che gli venne con gli anni gli insegnò il controllo e seppe trarre dagli studi il senso della misura.

Ebbe le prime esperienze di vita militare in Britannia dove si fece apprezzare da un generale esperto, Svetonio Paolino che lo scelse come membro del suo seguito. Non si abbandonò mai ad una vita sregolata, né approfittò della carica di tribuno e della sua inesperienza per godersi spassi e congedi, ma cercava di conoscere e imparare il più possibile, agendo con cautela e circospezione. Allora in Britannia la situazione era critica, si combatteva per la salvezza, il giovane Agricola ne uscì arricchito di competenza tecnica, di esperienza e più stimolato, essendogli penetrata nell'animo una grande brama della gloria militare.

Tornato a Roma per iniziare la carriera politica, sposò Domizia Decidiana,di nobili natali(rispettabile appoggio per la sua carriera), vissero in perfetta armonia. Come questore ebbe la provincia d'Asia e l'avido proconsole Salvio Tiziano. Le due circostanze non valsero a corromperlo. Quello tra la questura e il tribunato della plebe fu per lui un anno di riposo, e quello del tribunato fu privo di impegno politico, perché aveva valutato bene la situazione negli anni di Nerone, "in cui non prendere iniziative era una forma di saggezza". Stessa condotta e stesso silenzio tenne da pretore, si regolò sempre con equilibrio tra parsimonia e magnificenza, acquistando così la sua fama. Assolse con grande scrupolo il compito affidatogli da Galba(68-69).



La flotta di Otone uccise in Liguria nei suoi possedimenti la madre di Agricola saccheggiando gran parte dei beni. Agricola saputo che Vespasiano aveva assunto il potere si schierò subito dalla sua parte. Per la sua onestà ed energia nell'adempiere alcuni compiti ottenne il comando della Ventesima legione che era piuttosto indocile e incuteva paura. Così Agricola per riportare l'ordine, preferì, con rara modestia, dare l'impressione di aver trovato buoni soldati, non di averli resi tali.

Governatore della Britannia era o Bolano, troppo mite per quella provincia. Agricola si dovette frenare, sapendo cosa è l'obbedienza e avendo imparato a conciliare utile e senso del dovere. Poi divenne legato consolare della Britannia Petilio Ceriale, ma trovarono spazio anche le doti di Agricola che non si vantò mai delle sue imprese. "Così col valore mostrato nell'obbedire e col riserbo nell'esaltare i successi si teneva lontano dall'invidia, non dalla gloria".



Al ritorna dal comando della legione fu iscritto tra i patrizi, Vespasiano gli affidò il comando della provincia di Aquitania, incarico che apriva la strada al consolato. Secondo una diffusa opinione gli uomini d'arme non hanno acume intellettuale, Agricola, invece, per il suo naturale equilibrio, gestì benissimo anche la magistratura civile. Aveva separato nettamente il tempo del lavoro e del riposo. Non andò a cercare la fama esibendo meriti o ricorrendo a intrighi. Fu richiamato da quell'incarico dalla prospettiva di un imminente consolato. Dopo il consolato fu preposto al comando della Britannia(per 7 anni).

Tacito fa un excursus sulla posizione geografica della Britannia e sulle popolazioni locali non per gareggiare con altri scrittori ma solo perché allora è stata veramente domata, così può essere descritta col rigore dei fatti. La Britannia è la maggiore delle isole di cui i Romani abbiano conoscenza. Posizione geografica, forma; in nessun altro luogo vi domina così ampiamente il mare.

E' difficile stabilire se i primi uomini che la abitarono fossero indigeni o venuti dal mare. Vario è il tipo fisico, quindi varie sono le ipotesi al riguardo(origine germanica, iberica, gallica). Somiglianze tra Galli e Britanni: credenze religiose, lingua, audacia, paura che incutono, ma i Britanni dimostrano una fierezza maggiore, perché non li ha ancora indeboliti una lunga pace.

La loro forza sta nella fanteria, alcune tribù combattono anche coi carri, in passato obbedivano ai re, ora sono divisi tra vari capi(incapacità di prendere decisioni in comune). Il clima è inclemente(piogge e nebbie), la lunghezza del giorno è maggiore, la notte è chiara, il suolo è coltivabile e produce molti frutti, è ricca di oro, argento e altri metalli, anche l'oceano produce perle ma di colore scuro.

I Britanni sottostanno agli obblighi di leva, alle tassazioni e agli altri oneri imposti dall'impero ma non alle ingiustizie, perché sono sottomessi abbastanza per obbedire ma non ancora per essere schiavi. Il primo tra i Romani a penetrare in Britannia con un esercito fu Cesare che si impadronì della costa, poi ci furono le guerre civili e ci si dimenticò a lungo della Britannia, ritentò l'impresa Claudio e chiamò Vespasiano a collaborare(=inizio della sua fortuna).

Il primo legato consolare che la governò fu Aulo Plazio; cui seguì Ostorio Scopula. Alcune tribù furono cedute alla sovranità del re Cogidumno(secondo l'antica pratica del popolo romano); poi seguirono Gallo, Veranio, Paolino che sottomise genti e stabilì una solida linea difensiva, così mosse all'attacco dell'isola di Mona , sospettata di fornire aiuti ai ribelli, ma si lasciò scoperte le spalle e ciò fu un'occasione di rivolta.

I Britanni cominciarono a ragionare sui mali della servitù, a discutere delle offese subite, in passato avevano avuto un re per volta, adesso ne avevano due(il legato e il procuratore). Per i Britanni motivi di guerra erano la patria, le mogli, i genitori; per i Romani l'avidità e l'arbitrio. Ma se ne sarebbero andati come se ne era andato Cesare ,"bisognava solo essere degni del valore dei propri antenati". Anche gli dei avevano ormai pietà dei Britanni, e questi ormai sapevano decidere da sé.



Animatisi con queste parole, guidati da Boudicca, si armarono e diedero la caccia ai soldati invasori e non rinunciano a nessuna atrocità nel furore di vincitori. E se Paolino non fosse accorso prontamente, la Britannia sarebbe stata perduta; invece, vincendo l'unica battaglia, la sottomise nuovamente. Molti tenevano ancora pronte le armi temendo che il legato infierisse contro di loro. Ne venne perciò mandato un altro, Petronio Turpiliano, come più malleabile, questi, appianati i problemi, consegnò la provincia a Trebellio Massimo che, inesperto, la governò con una certa rilassatezza. Anche i barbari iniziarono a cedere al fascino dei vizi. Durante le successive guerre civili ci furono vari ammutinamenti perché i soldati erano ormai abituati all'inazione. Terebellio fuggì per evitare l'ira dei soldati. Neppure Bolano impose l'ordine in Britannia, l'inerzia era la stessa, ma si era conquistato la loro simpatia, non essendosi macchiato di colpe.

Poi però Vespasiano riportò anche la Britannia sotto il suo controllo, allora Petilio Ceriale atterrì subito i Britanni, attaccando e riuscendo ad avere in pugno la tribù dei Briganti. Ceriale, come il suo successore, Frontino, furono uomini di grande valore.

Tale era la situazione che Agricola trovò in Britannia. La tribù degli Ordovici aveva però dato inizio ad una sollevazione annientando un reparto di cavalleria. Ma anche chi voleva la guerra voleva conoscere prima le intenzioni del nuovo legato. Agricola decise di affrontare il pericolo, sterminò la tribù che si era ribellata e, approfittando della fama appena acquisita, volle riprendere il controllo dell'isola di Mona ma, mancando le navi, mandò all'attacco un gruppo di ausiliari scelti, colsero di sorpresa i nemici e questi chiesero la pace. Agricola fu subito stimato perché appena arrivato si era subito dato da fare, e proprio la dissimulazione della fama accrebbe la sua fama.

Agricola decise di sradicare le cause della guerra. Per prima cosa tenne a freno il proprio seguito, evitava di affidare a liberti e schiavi i pubblici affari, non sceglieva centurioni o soldati in base a simpatie o raccomandazioni, riteneva degni di fiducia solo i migliori. Era al corrente di tutto, ma non sempre interveniva; alleggeriva il peso della riscossione delle imposte, in frumento e denaro, con l'equa ripartizione degli oneri, dopo aver sradicato sistemi a fini di lucro.

Reprimendo questi abusi ordinò una nuova pace. In estate radunò l'esercito, era sempre in testa alle marce, lodava la disciplina, sceglieva ed esplorava personalmente il luogo dell'accampamento, non lasciava tregua al nemico e, dopo aver incusso timore, mostrava i vantaggi della pace perciò molte tribù deposero le ostilità.

Durante l'inverno costruì templi, piazze, case, lodando chi era attivo e biasimando gli altri: la gara per ottenere le sue lodi sostituì la coercizione. Si arrivò a cedere al fascino dei vizi, chiamavano civiltà ciò che era solo un aspetto del loro asservimento.

Il suo terzo anno di spedizioni militari aprì la strada verso nuovi popoli, i nemici non osavano sfidare il suo esercito, vedevano fallire i loro tentativi e perdevano le speranze. Agricola non si arrogò mai per sete di prestigio il merito di imprese compiute da altri, era affabile con i buoni, era altrettanto duro con i malvagi, però dopo la collera non serbava rancori(stimava più onorevole urtare un persona che serbarle odio).

La quarta estate fu impiegata a consolidare il possesso delle regioni che aveva attraversato.







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