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Gaio Giulio Cesare



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SCHEDA


CONTESTO STORICO Gaio Giulio Cesare, nacque a Roma il 13 luglio del 102 o 101 a.C. e vi morì il 15 marzo del 44 a.C. Nel 78, alla morte di Silla, Cesare tornò a Roma dopo aver militato in Asia alle dipendenze del propretore  Minucio Termo e di P. Servilio Isaurico, e si schierò subito nel partito democratico. Dopo la morte di Silla l'aristocrazia senatoria non seppe più esprimere una linea efficace di governo. Ne erano derivati eventi attraverso i quali uomini come Pompeo, luogotenente di Silla, si erano ritagliati un potere personale, legato alla forza di pressione del loro esercito che presto avrebbe eliminato l'istituzione del Senato. Per stroncare una ribellione dei seguaci di Mario in Sna, il Senato chiamò proprio Pompeo che, giovane e spregiudicato, era deciso ad aprirsi una via che lo conducesse al potere. Intanto il numero sempre maggiore di schiavi concentrati in Italia e nelle province cominciò a provocare gravi problemi. Nel 73 a.C. lo schiavo Spartaco fuggì da Capua con pochi comni. Presto moltissimi schiavi si unirono ai fuggiaschi e Spartaco si ritrovò a capo di un vero e proprio esercito che inflisse diverse sconfitte ai Romani. La rivolta fu placata da otto legioni affidate a Marco Licinio Crasso, che massacrò l'esercito di Spartaco in Lucania. Crasso si era arricchito enormemente grazie ai beni confiscati ai proscritti delle liste sillane. Pompeo, da parte sua, tornava a Roma carico di gloria militare e deciso a ottenere il consolato. In realtà questa nomina sarebbe stata illegale, perché Pompeo non aveva alle spalle il cursus honorum. Grazie all'appoggio dei populares e ad un accordo con Crasso, però, superò l'ostilità del senato e nel 70 a.C. Pompeo e Crasso divennero consoli. Intanto Cesare, che fin dal 74 era stato nominato Pontefice Massimo, sostenne le leggi democratiche di Pompeo e Crasso e nel 69 fu eletto questore. Per ottenere il consolato nonostante l'ostilità del Senato, Cesare, nel 60 a.C. , si alleò con i due personaggi più in vista a Roma, Pompeo e Crasso, formando con loro il primo triumvirato. Cesare fu dunque eletto console per l'anno 59 e si fece assegnare, per cinque anni, l'Illirico, la Gallia Cisalpina e la Gallia Nerbonese e, partendo dal 58 a.C. , avviò un'irresistibile azione di conquista, con una serie di camne che l'avrebbero condotto in sei anni ad estendere il dominio romano dai Pirenei alla Manica e dalla Bretagna al Reno. Partendo per la Gallia, Cesare fece eleggere a Roma un tribuno di sua fiducia, Publio Clodio, uomo spregiudicato e violento. Gli eccessi di Clodio si spinsero a minacciare lo stesso Pompeo, e il Senato, che considerava ormai Cesare il nemico principale, chiese la revoca del suo incarico in Gallia. Cesare aveva bisogno di altro tempo per concludere la sottomissione della Gallia. Perciò nel 56 a.C. tornò in Italia e si incontrò con Pompeo e Crasso a Lucca per rinnovare l'alleanza. Crasso allora si recò in Oriente dove morì; Pompeo, invece, rimase a Roma e si riavvicinò al Senato atteggiandosi come difensore delle istituzioni contro Clodio, che imperversava con i suoi armati. Clodio morì durante uno scontro e a Roma scoppiarono tumulti. Il Senato nominò allora Pompeo "console senza collega". Cesare, dopo aver conquistato l'intera Gallia tornò in Italia. Voleva però la certezza di venir eletto console una volta tornato a Roma chiese che, oltre a lui, anche Pompeo sciogliesse le sue legioni. Il Senato non acconsentì e Cesare varcò in armi il Rubicone il 10 gennaio del 49 a.C. L'esercito di Pompeo non seppe opporsi e Cesare marciò su Roma quasi senza colpo ferire. Pompeo si rifugiò in Macedonia mentre Cesare si trasferì in Sna dove sgominò in breve le legioni fedeli a Pompeo. La battaglia diretta e definitiva tra i due ebbe luogo in Tessaglia, nel 48 a.C. : Pompeo, vinto, si rifugiò in Egitto, dove il re Tolomeo XIII lo fece uccidere per ingraziarsi il vincitore. Ma Cesare, punì Tolomeo, che non avrebbe dovuto osare uccidere un romano, assegnando tutto il potere a Cleopatra.



Cesare, ormai padrone assoluto di Roma, si fece conferire la dittatura a vita e si trovò a controllare in prima persona tutta l'autorità militare, politica e religiosa. Le istituzioni tradizionali formalmente sopravvissero ma ormai non avevano più alcun potere. Il governo di Cesare fu equilibrato e diede vita a una vasta opera di riforma. Cesare estese anzitutto la cittadinanza agli abitanti della Gallia Cisalpina e ad altre province. Cercò inoltre di combattere la disoccupazione e la miseria dei proletari offrendo loro una sistemazione nelle province e in nuove colonie; molti trovarono lavoro nella grande camna di opere pubbliche avviata da Cesare. Nelle province inoltre, Cesare assicurò una corretta giustizia amministrativa, combattendo gli abusi dei funzionari.


LO SCRITTORE. Se domina come un gigante nel campo della storia, Cesare si impone anche nel campo delle lettere, che coltivò per tutta la sua vita e non abbandonò mai neppure in mezzo all'infuriare delle guerre. Gran parte delle opere di Cesare sono purtroppo andate perdute. Questa grave perdita è compensata dalla conservazione delle memorie che Cesare scrisse sulla conquista della Gallia e sulla guerra civile.

IL DE BELLO GALLICO. I Commentarii de bello Gallico sono una sorta di diario o di appunti presi quotidianamente (come indica appunto il titolo <<commentari>>) più che un'opera storica e, alla maniera dell'Anabasi di Senofonte, Cesare narra gli avvenimenti in terza persona per mostrare la massima obiettività. Il De bello Gallico narra le camne condotte da Cesare in Gallia tra gli anni 58 e 52 a.C. Si tratta di  sette libri per sette anni di guerra. Nel libro I viene fornita un'introduzione sulla geografia e l'etnografia della Gallia e le prime due spedizioni militari: la prima camna ebbe lo scopo di arginare i movimenti migratori verso sud, prima degli El, poi dei Germani di Ariovisto. Nel libro II, sconfitti El e Germani, la guerra diventa ben presto offensiva: dapprima contro i Belgi e i Nervi, popolazione della Gallia belgica poi, nel libro III, contro i Veneti e gli Aquitani, con la conquista di tutti i territori che dal nord scendono lungo la costa atlantica fino ai Pirenei. Nel libro IV vi è, inizialmente, un excursus sui costumi dei Germani poi ricomincia la narrazione della guerra: respinti i Téncteri e gli Usìpeti Cesare, giudicando completa la pacificazione della Gallia, compie una rapida puntata oltre il Reno e insegue le popolazioni germaniche che si rifugiano nelle foreste dell'interno; successivamente tenta anche uno sbarco in Britannia, con scarsi risultati. Migliori successi Cesare in Britannia li ottiene l'anno dopo; ma intanto ha inizio l'insurrezione gallica (libro V). La rivolta è favorita dai Tréviri, popolazione germanica stanziata tra il Reno e la Mosa; Cesare compie un'altra spedizione oltre il Reno, poi, tornato in Gallia, pone termine alla sollevazione degli Eburoni (libro VI). Nell'ultimo libro mentre Cesare è in Italia per seguire più da vicino le pericolose vicende politiche che stanno svolgendosi a Roma, si svolge in Gallia la rivolta antiromana, campeggiata da Vercingetoríge, re degli Arveni. Dopo duri scontri e alterne vicende, Cesare assedia infine l'avversario ad Alesia, lo sconge e lo fa prigioniero. La conquista della Gallia transalpina è compiuta.

IL DE BELLO CIVILI. I Commentarii de bello civili sono invece tre libri e narrano i fatti degli anni 49-48. La vicenda ha inizio nel libro I quando, nel gennaio del 49, vengono respinte dal Senato le proposte di Cesare per un componimento pacifico della contesa con Pompeo. Si ordina a Cesare di abbandonare il comando delle legioni galliche e di rientrare a Roma come semplice cittadino, se intende porre la sua candidatura al consolato per l'anno successivo. Dichiarato nemico della Repubblica, Cesare marcia su Roma, mentre Pompeo, i consoli e gran parte dei senatori fuggono dalla Capitale, per imbarcarsi poi a Brindisi e trovare scampo a Durazzo. Cesare non giunge in tempo per bloccare l'avversario e passa in Sna: a Ilerda sbaraglia un esercito pompeiano. Nel libro II anche Marsiglia, che si era schierata dalla parte di Pompeo, cade in mano di Cesare; in Africa Curione, legato di Cesare subisce una dura sconfitta e viene ucciso. Nel libro III, nominato console, Cesare riprende la camna contro Pompeo, sbarca in Epiro e assedia Durazzo. Ma Pompeo riesce a creare gravi difficoltà all'esercito avversario, forzando l'assedio. I due eserciti muovono quindi verso l'interno. La battaglia decisiva viene combattuta a Farsàlo in Tessaglia nel 48: Pompeo, nonostante la superiorità delle forze e la ricchezza delle risorse, è sconfitto, fugge in Egitto e qui viene ucciso. Si è supposto che l'opera fosse stata pubblicata postuma; sembra comunque che la morte abbia impedito all'autore di continuare la narrazione delle imprese successive e di rivedere la parte già scritta. Ai libri cesariani seguono tre operette anonime, il Bellum Alexandrinum, il Bellum Africum e il Bellum Hispaniense, che narrano le vicende successive: la camna d'Egitto del 47, quella d'Africa (battaglia di Tapso) del 46 e quella di Sna (battaglia di Munda) del 45.



SCOPO DELLE OPERE. Entrambe le opere cesariane, lodevoli per la forma, caratterizzata da una scrittura nervosa e precisa, chiara ed elegantemente concisa, sono state molto criticate sul loro valore <<storico>>. Così Asinio Pollione accusava Cesare di aver alterato la verità o per calcolo o per difetto di memoria. È da prendere in considerazione, però che Cesare, nello scrivere le proprie imprese si propose ovviamente scopi politici ed esaltativi. In queste opere Cesare cercò, infatti, di difendersi dalle accuse e dalle critiche degli avversari politici: la conquista della Gallia viene presentata come una necessità storica per evitare che i Germani, passato il Reno, invadano la Gallia. La guerra civile viene presentata come una scelta a cui era stato costretto dalla parte avversa. Tra le due comunque è la narrazione gallica la più obiettiva in cui Cesare parla di sé in terza persona lasciando poco o niente al retorico. Anche della guerra civile l'autore parla in terza persona ma qui l'intento politico è ancora più scoperto: la guerra non è voluta da lui, tanto indulgente verso gli avversari quanto questi sono irrisoluti ed ostili. La narrazione dei fatti evidenzia un ostilità e un atteggiamento di biasimo nei confronti dei nemici. Storico militare solo all'apparenza, Cesare vuole descrivere l'indole del nemico, la condizione morale; per quanto riguarda la guerra gallica, anche le abitudini religiose, i sistemi di vita di galli, germani e britanni. Cesare rappresenta la Repubblica romana nel momento culminante della crisi: la nobilitas, unica detentrice del potere, contrasta violentemente l'ascesa degli homines novi; l'antica lotta tra patrizi e plebei si è ormai trasformata in una lotta politica tra optimates e populares, gli istituti principali dello Stato vacillano ormai inesorabilmente: è l'inizio della trasformazione della Res Publica in principato. Ma dove meglio Cesare ha dato la misura del suo genio artistico è nella rappresentazione di se stesso. Giganteggia la ura di un uomo straordinario, che tutto sa, tutto vede e prevede, che da nessun fatto si lascia cogliere alla sprovvista o turbare. I Commentarii sono dunque il ritratto migliore e più compiuto di uno dei più grandi uomini della romanità.

LA LINGUA E LO STILE. La narrazione procede rapida, composta anche quando è drammatica, in una prosa semplice e stringata. È una prosa capace di tener desta l'attenzione del lettore, che vi sente vibrare lo spirito dell'autore. I Commentarii sono caratterizzati dall'essenzialità linguistica: lo stile di Cesare è scarno, privo di artifici retorici, la forma è semplice, chiara, abbondano i termini tecnici, appartenenti al campo semantico militare o burocratico, quasi del tutto assenti sono i neologismi e gli arcaismi, la costruzione dei periodi è prevalentemente paratattica.


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