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La poesia nell'età di Nerone, Lucano: l'epica

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La poesia nell'età di Nerone


Persio e Lucano furono influenzati dallo stoicismo in misura determinante. Essi operarono in aperto contrasto con gli orientamenti artistici del principe. Lucano divenne il cantore deluso e risentito della perduta libertà repubblicana; Persio attaccò violentemente la vacuità ed inconsistenza delle mode letterarie del suo tempo, e forse si spinse fino al punto di mettere in ridicolo i carmi dello stesso imperatore. Il vigore della loro produzione chiarisce la portata e i limiti della politica culturale di Nerone: essa, mentre non fu in grado di esercitare un'influenza  egemonica sulla letteratura contemporanea ( e in questo registrò un fallimento), seppe tuttavia suscitare, spesso per reazione, un grande fervore di opere, che resero ricca e vitale l'arte di quest'età.


Lucano: l'epica


Scrisse il Bellum Civile, il più antico poema epico-storico conservato per intero. L'opera ha un carattere innovativo. E' conosciuto anche col nome di "Pharsalia".

L'argomento trattato è la guerra tra Cesare e Pompeo, in cui si ha il momento decisivo nella battaglia di Farselo. E' costituito da 10 libri  che narrano dallo scoppio delle ostilità fino alla morte di Pompeo in Egitto. Il poema è rimasto incompiuto a causa della morte del poeta. Il 10° libro è infatti + breve dei precedenti e si interrompe con la rivolta scoppiata ad Alessandria contro Cesare.



L'opera inizia con un proemio e un elogio a Nerone, a cui l'opera è dedicata. Vengono tracciati dei ritratti dei due antagonisti, brevi ma incisivi.  Manca l'ira di una divinità come motore dell'azione come nell'Iliade o nell'Odissea , poiché Lucano rimane coerente con le proprie concezioni filosofiche. E' un poema atipico perché non ha come intento quello celebrativo, ma si presenta come il racconto di un evento funesto e nefasto, in quanto narra la caduta rovinosa della libertas repubblicana, che viene fatta coincidere con la fine irreparabile della grandezza di Roma. Infatti, il tema centrale del Bellum Civile è una sconfitta e non una vittoria, che vuole sottolineare gli effetti della rottura del primo triumvirato. A causa della negatività del poema, Lucano persegue la sublimità richiesta dall'opera nella grandiosità e nell'eccesso, che investe sia i personaggi, sia la vicenda. Da sottolineare il posto centrale che viene attribuito alla morte che ha uno spazio superiore rispetto alle esigenze del poema e di cui vengono esaltati orrori e brutalità, rivelando quel gusto per il truculento e il macabro, come nelle tragedie di Seneca.

Lucano afferma stoicamente il dominio del fato sul mondo e sugli uomini, ma non giunge all'accettazione razionale di un destino provvidenziale. Egli infatti annovera tra le cause della guerra la invidia fatorum series, l'invidia del fato per la grandezza di Roma che giunta al culmine doveva decadere. Anche i personaggi appaiono influenzati dalla sublimità (identificato con il grandioso) del poeta. I due protagonisti vengono infatti chiamati spesso Magnus e Caesar che indicavano rispettivamente a un destino di grandezza e al titolo che designava l'imperatore. D'altra parte questo è un poema senza eroe, senza un personaggio positivo. Lo stesso Cesare, promotore e vincitore della guerra, viene rafurato come il genio del male, animato da una smania distruttiva, come appare il Catalina di Sallustio. Di Cesare è sottolineata l'empietà verso patria e dèi, che lo rende un personaggio antitetico rispetto al pius Enea virgiliano. In contrapposizione a questa ura negativa appaiono Pompeo e Catone: il primo appare come un guerriero in declino, abbandonato alla Fortuna ma ormai debole e destinato alla sconfitta. La vera ura positiva è quella di Catone, che per Lucano rappresenta il campione della legalità repubblicana e l'incarnazione del sapiente stoico, anche se all'interno del poema non ha un ruolo da protagonista ma appare e se di libro in libro. Elementi tipici dell'opera sono l'utilizzo di sententiae, frasi ad effetto che tendono a colpire e sorprende il lettore. La concettosità è uno dei tratti stilistici + vistosi di Lucano ed hanno un carattere intellettualistico: intensificano il pathos che viene accentuato fino all'esasperazione.




Persio: la satira


L'opera comprende sei libri e c.ca 650 esametri. All'inizio della prima satira troviamo un'aspra requisitoria contro la letteratura del tempo, dettata solo dalla convenienza. Egli infatti colloca la propria produzione sotto il segno del verum. Persio rappresenta il primo stereotipo del poeta aggressivo, utilizzando il sermo, ovvero la conversazione urbana e uno stile non elevato, ma neppure sciatto. Nonostante questa scelta Persio vuole che la sua satira risulti chiara e tornita, infatti utilizza la iuctura acris che rende i suoi testi ardui e inconfondibili. Il soggetto della satira sono i mores, i comportamenti dei romani ma non in generale, ma in quanto corrotti. Egli vuole attuare una sorta di intervento medico per curarli attraverso un'impostazione moralistica e l'importanza dello spirito. Per questo si distanzia dalla satira luciliana e oraziana che era + satira d'intrattenimento, anche se se ne avvicina per quanto riguarda i moduli che utilizza, come la satira a tema, quella rivolta ad un destinatario o l'epistola poetica, ma se questa ripresa è solo superficiale e non sistematica. Lo stile è impervio e personalissimo in cui notiamo inclinazioni apparentemente divergenti come il parlare colloquiale, che evita ogni pretenziosa elevatezza, e la volontà e la capacità di manipolare la lingua, creando relazioni inedite fra le parole e riducendo lo scarto fra uso proprio e traslato del linguaggio in modo da smascherare ipocrisia e corruzione in nome del verum.





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