ePerTutti


Appunti, Tesina di, appunto latino

NATO DA PADRE LIBERTO



ricerca 1
ricerca 2

NATO DA PADRE LIBERTO

Adesso torno a (parlare di) me, lio di un liberto, tutti mi criticano, perché sono lio di un liberto, ora perché sono amico tuo, Mecenate, una volta invece perché ero tribuno, mi obbediva una legione romana. Questa è una cosa diversa da quell'altra: perché quella carica forse chiunque potrebbe invidiarmela, a ragione, non così la tua amicizia, tanto più che tu sei prudente nel prendere persone degne, estranee alla corruzione e all'ambizione. Non posso chiamarmi fortunato per questo, che ho trovato per caso la tua amicizia: non è stata alcuna circostanza fortuita a farci incontrare; un giorno l'ottimo Virgilio e poi vario ti hanno detto chi ero io. Quando arrivai davanti a te, balbettando qualche parola, la soggezione mi impediva di parlare e dire di più, non ho detto che sono nato da un padre famoso, che me ne vado in groppa a un cavallo satureio in giro per i miei possedimenti, ma ho detto quello che ero. Tu, come è tuo costume, mi rispondi con poche parole: me ne vado e nove mesi dopo mi mandi a chiamare e mi inviti a far parte del numero dei tuoi amici. Considero molto importante il fatto di essere piaciuto a te, che sai distinguere un uomo onesto da uno indegno, no in base alla nobiltà della nascita, ma in base alla purezza della vita e dei sentimenti.

Eppure se la mia natura è macchiata di lievi e pochi difetti, ma per il resto è retta - come se criticassi dei nei sparsi in un bel corpo - se nessuno potrà rimproverarmi senza mentire l'avidità, la meschinità, le cattive comnie, io puro e onesto al punto da lodarmi, se sono caro agli amici il merito di tutto questo è stato di mio padre che pur essendo povero, con un misero campiello, non volle mandarmi alla scuola di Flavio dove andavano i li superbi dei superbi centurioni, che lasciavano pendere dalla spalla sinistra le sectiunelle e le tavolette, ando ogni idi del mese 8 monete di rame, ma ebbe il coraggio d portare il suo ragazzo a Roma, perché apprendesse quelle discipline che qualunque cavaliere o senatore farebbe imparare ai propri li. Se uno avesse visto il (mio) vestito e gli schiavi al mio seguito, come si usa nelle grandi città, avrebbe potuto pensare che i mezzi per quelle spese mi venissero dal patrimonio degli avi.





Tu quaesieris .

Tu non chiedere - saperlo non è lecito - quale sorte a me quale a te gli dei abbiano dato, o Leuconoe e non tentare i calcoli babilonesi. Quanto è meglio subire quel che sarà, sia che Giove ci abbia assegnato ancora molti inverni, sia che l'ultimo sia questo, che ora fiacca il mar Tirreno contro le scogliere. Sii saggia, filtra il vino, poiché breve è la vita tronca (ogni) speranza che si spinga lontano. Mentre parliamo, il Tempo invidioso sarà fuggito. Cogli l'attimo e non fidarti del domani.



Eheu fugaces .

Ahimè fugaci, o Postumo, Postumo, scorrono gli anni, né la pietà verso gli dei potrà ritardare le rughe e la vecchiaia che incalza e la morte inesorabile, neppure se tu amico mio con 300 tori per ogni giorno che passa cercassi di placare Plutone, il dio che non sa piangere, che il tre volte grande Gerione e Tizio tiene chiusi con la sua triste onda che naturalmente dovrà essere solcata da tutti noi, quanti ci nutriamo dei doni della terra, sia che saremo re sia che saremo poveri coloni.

Inutilmente ci terremo lontani dal sanguinoso marte e dai flutti che si infrangono (sugli sciogli) del fragoroso Adriatico, invano a ogni autunno avremo paura di Austro che nuoce ai corpi! Dovremo vedere il nero Cocito che vaga con la lenta corrente, e la stirpe  infame di Danao e Sisifo, lio di Eolo, condannato a una incessante fatica; bisognerà lasciare la terra e la casa e la sposa amata e di queste piante che coltivi nemmeno una, a parte gli odiosi cipressi, seguirà te padrone per breve tempo. Un erede più degno si godrà fino in fondo il Cecubo (vino) conservato sotto cento chiavi e bagnerà il pavimento di vino superbo, migliore delle cene dei pontefici!





La Malattia di Orazio

A Celso Albinovano, amico e segretario di Nerone, manda a dire, o Musa, ti prego di stare bene e di avere successo. Se ti chiederà cosa faccio io, digli che, malgrado i tanti e buoni propositi, non vivo bene come dovrei né felice come vorrei, non perché la grandine mi abbia ammaccato le viti, o perché il caldo mi abbia fatto seccare gli olivi, né perché il bestiame si sia ammalato in pascoli lontani, ma perché meno sano nell'animo che in tutto il corpo, non voglio sentire niente, non voglio sapere niente che possa alleviare i mio male; i medici che danno fiducia mi infastidiscono, mi urtano gli amici perché hanno fretta di farmi uscire da un letargo che è come la morte; inseguo ciò che mi ha fato male, fuggo ciò che credo potrebbe farmi bene, quando sono a Roma mi piace Tivoli, sono come il vento, a Tivoli mi piace Roma. E dopo, chiedigli come sta, come gli vanno le cose, come se la passa, se ritrova nelle grazie del principe e del suo seguito. Se dirà 'tutto bene' prima ricordati di congratularti con lui, pi subito sussurragli all'orecchio questo messaggio: 'Come tu (ti comporterai) con la Fortuna, noi Celso, così ci comporteremo con te.





La noia e i viaggi

Che ti è parso, Bullazio, di Chio e della famosa Lesbo? E della elegante Samo? Edi sardi, la reggia di Creso? E Smirne e Colofonie? Sono superiori o inferiori alla loro fama? O tutte quante surano in confronto al Campo Marzio e al Tevere? Oppure ti attira  una delle città di Attalo, oppure preferisci Lebedo, stanco del mare e dei viaggi? Lebedo tu lo sai cos'è: un villaggio + deserto di gabi e Fidene, eppure io vorrei vivere lì, dimentico dei miei e dimenticato da loro, e di lontano, da terra guardare il mare in tempesta. Ma chi viaggia da Capua a Roma, inzuppato di pioggia e di fango, non per questo vorrà fermarsi tutta la vita in un'osteria e chi ha preso freddo, non per questo esalta le terme come se fossero l'unica cosa ad assicurare una vita pienamente felice. E se l'Austro impetuoso ti sballottasse in alto (mare) non per questo, finita la traversata dell'Egeo, venderesti la nave. Per chi è sano, Rodi e la bella Mitilene fanno lo stesso effetto di un mantello pesante d'estate, di un costume corto quando soffia aria di neve, di un bagno nel Tevere in pieno inverno, di un camino acceso nel mese di agosto. Finchè si può e la Fortuna conserva il suo volto benevolo, a Roma si lodino Samo e Chio e Rodi, ma da lontano. Tu, qualunque ora il Dio ti abbia mandato propizia, coglila con mano riconoscente e non rimandare le gioie di anno in anno, per poter dire in qualunque luogo sarai stato, di aver vissuto volentieri; infatti se la ragione e la saggezza e non un luogo che domina un ampio tratto di mare, ci tolgono gli affanni, quelli che corron di là dal mare mutano il cielo, non il loro animo. Un'inquieta inerzia ci tormenta: con navi e quadrighe cerchiamo la felicità. Ma quello che cerchi è qui, è a Ulubre, se non ti manca la serenità dell'animo.








Privacy

© ePerTutti.com : tutti i diritti riservati
:::::
Condizioni Generali - Invia - Contatta