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TACITO

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TACITO


Vita e opere


Publio (o Gaio?) Cornelio Tacito nacque intorno al 55 d.C., probabilmente in Gallia, da un famiglia equestre. Studiò a Roma e sposò la lia di Gneo Giulio Agricola, un comandante. Grazie a lui divenne pretore. Fece un'ambasceria e pronunciò l'elogio funebre (era già un famosissimo oratore) per Virginio Rufo (console). Qualche anno dopo sostenne con Plinio il Giovane (del quale era molto amico) l'accusa contro Mario Prisco, accusato di corruzione, che fu effettivamente condannato. Tacito morì intorno al 117 d.C.

Per quanto riguarda le opere, le più famose sono le Historie, composte fra il 100 e il 110 e gli Annales, in sedici/diciotto libri, scritti dopo le Historie, di cui ci restano dei libri interi e dei frammenti.




Le cause della decadenza dell'oratoria


Sul Dialogus si dibatte un problema ancora


non risolto di autenticità.

Si riallaccia alla tradizione dei dialoghi ciceroniani su argomenti filosofici e retorici.


Riassunto:

Si tratta di una discussione in casa di Curiazio Materno, retore e tragediografo, alla quale Tacito dice di aver assistito in gioventù. Apro rimprovera Materno di trascurare l'eloquenza in favore della poesia drammatica e mentre i due dibattono su questo tema arriva Messala che sposta l'argomento alla decadenza dell'oratoria, causata dal deterioramento dell' educazione. Materno è convinto (e rappresenta forse il portavoce di Tacito) che la grande oratoria sia possibile solo con la libertà o con l'anarchia, nel fervore dei tumulti e dei conflitti civili. E' impraticabile in una società tranquilla e ordinata come quella conseguente la restaurazione dell'Impero. La pace che esso produce deve essere accettata senza i rimpianti per un passato che forniva sì un terreno più favorevole alle lettere, ma era anche molto instabile e pericoloso.


L'opinione di materno è una costante nel pensiero tacitiano: bisogna accettare l'Impero come unica forza capace di salvare lo stato dalle guerre civili, anche se restringe lo spazio per l'oratore ed il politico.


Agricola e la sterilità dell'opposizione


Si tratta del primo opuscolo storico di Tacito, edito all'inizio del regno di Traiano, per tramandare la memoria di suo suocero Giulio Agricola.

Viene riepilogata la sua vita, quindi si parla a lungo della conquista della Britannia, a lui dovuta, integrata con i suoi appunti.

Vengono esaltate la sua fedeltà, l'onestà, la capacità di governare anche sotto il pessimo principe Domiziano, che poi provocò la sua caduta (tutti i nodi vengono al pettine e lo scontro era inevitabile). Uomo incorrotto che muore silenziosamente, Agricola è esempio della possibilità di condurre anche sotto la tirannide una via mediana fra gli uomini più corrotti.

E' notevolissima l'influenza di Cicerone nella composizione.


Virtù dei barbari e corruzione dei Romani


E' questo l'argomento della Germania, che si tratta di uno dei pochissimi trattati di interesse etnografico che ci restano, sebbene questo genere abbia goduto di un'ampia fortuna.

Le fonti derivano non dall'esperienza diretta ma da testi e specialmente da Plinio il Vecchio, che aveva partecipato a spedizioni nelle terre dei Germani.

L'obiettivo dell'opera tacitiana è forse quello di esaltare una civiltà ingenua e incorrotta, e ciò si nota per i numerosi paragoni tra le forze e la freschezza dei barbari e quelle dei Romani. Ma più probabilmente non si trattava di un elogio per i Germani, ma di un ammonimento per i Romani. Nell'opera Tacito guarda ammirato alle conquiste di Traiano e Germanico e si soffermerà spesso su riflessioni riguardo il confine con la Germania, direzione favorita per l'espansione.


I parallelismi della storia


Le Historie narrano eventi che vanno dal regno di Galba fino alla morte di Domiziano, dunque un periodo molto delicato.

Il 69, anno dell'inizio delle Historie, vede la successione di quattro imperatori (Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano). Era in vigore una nuova legge, che permetteva all'imperatore di essere eletto anche al di fuori di Roma basta che avesse l'appoggio di numerose legioni.

L'elezione di Galba avviene in questo modo. Tacito scrive le Historie nel periodo di governo di Nerva e Traiano e diventa inevitabile il confronto fra Galba e Traiano: quest'ultimo sembra trovarsi in una situazione storica identica a quella di Galba.

Galba non fu in grado di evitare i numerosissimi scontri sanguinosi che caratterizzano questo periodo, la contrario di quello che accade nel regno di Traiano.

In questo contesto Tacito esprime la sua convinzione che il principato moderato è l'unica forma di governo che può frenare le lotte, basta che il principe non sia un tiranno come Dominziano o un inetto come Galba.

Lo stile è molto drammatico e Tacito è un maestro nella descrizione delle masse. Si trattano soprattutto temi di ingiustizia e violenza.


Le radici del principato


Negli Annales Tacito parla della storia del principato da Augusto a Nerone. La data di inizio fa pensare ad una prosecuzione dell'opera di Livio.


Riassunto:

libri I-V: vicende interne ed esterne di Roma, carattere di Tiberio chiuso e ombroso, la salita al trono di un misterioso Seiano, il regime di crudeltà fino alla morte di Traiano;

libri XI-XII: la seconda metà del principato di Claudio, avvelenato dalla seconda moglie Agrippina che mette sul trono il lio Nerone (avuto da un vecchio matrimonio)

libri XIII-XVI: il regno di Nerone, le influenze della madre, di Seneca e del prefetto  Burro, l'imperatore è un depravato, vuole solo divertirsi e diventa un monarca, si sbarazza di tutti i nemici uccidendoli o mettendoli in prigione, uccide la madre, Seneca lo abbandona, il popolo è scontento, l'incendio di Roma, viene scoperta la congiura contro Nerone da parte di Pisone e seguaci.


Tacito, dipingendo un quadro tetro intorno alla famiglia dei Cesari, parla contemporaneamente del bisogno di mantenere il principato e del fatto che la sua storia segni anche il tramonto della libertà politica, nonché l'inizio del servilismo dell'aristocrazia verso il principe. Criticati anche coloro che si suicidano per essere "martiri del principato", che di certo non risolvono la situazione.

Si parla spesso di Tacito come un artista drammatico, ed è vero: egli mette in scena delle vere e proprie tragedie, drammi che servono non ad emozionare, ma a riflettere sul principato. Queste vicende servono per portare alla luce il vero aspetto dei personaggi: il tentativo di scalata della società fa fare di tutto, e nessuno è esente da invidia, cupidigia, malvagità.

Negli Annales si perfeziona dunque il "ritratto", già usato nelle Historie. Famosissimo è il ritratto indiretto di Tiberio (indiretto perché, attraverso fatti e non esplicitamente, se ne delinea il carattere): era torvo, austero, crudele, accigliato, taciturno, dal falso sorriso, pustoloso in vecchiaia.

Un altro genere di ritratto è quello paradossale, come quello di Petronio, di cui si evidenziano gli aspetti contraddittori: egli ha guadagnato la fama senza far nulla, grazie ad una vita molle, ma in politica aveva un'energia incredibile; è un negligente raffinato; la morte deve essere anch'essa elegante, preceduta dalla lettura non di passi filosofici, ma di poesie divertenti.

Fino al XIII libro, lo stile di Tacito è molto particolare: usa spesso termini arcaici, forme inusitate; il testo risulta meno scorrevole ed eloquente: la disarmonia del testo riflette le disarmonie della società; abbondano metafore violente, le personificazioni e la coloritura poetica.

Ma dal XIII libro in poi Tacito torna ad essere più tradizionale, lo stile diventa più ricco ed elevato, più normale: si parla del regno di Nerone, evento vicino nel tempo e da trattarsi dunque con minore distanziamento solenne.





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