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Charles Baudlaire



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Charles Baudlaire


Nato a Parigi nel 1821, Charles-Pierre Baudelaire perde il padre all'età di sei anni e ha come detestato patrigno il maggiore Jacques Aupick, futuro generale, ambasciatore e senatore durante il Secondo impero.

Dopo buoni studi al Collège Royal di Lione, frequenta il liceo Louis-le-Grand, quindi si iscrive all'Ecole de Droit di Parigi. Per tre anni (1839-41) conduce la vita dissipata e scandalosa della bohème letteraria, per strapparlo alla quale la famiglia lo costringe a imbarcarsi per Calcutta: non va oltre l'isola Bourbon (Réunion). Questo viaggio, intrapreso senza entusiasmo, lo segna però profondamente, arricchendo la sua sensibilità e risvegliandolo alla poesia del mare, del sole, dell'esotismo che condivide con l'amico Leconte de Lisle.

Al suo rientro a Parigi, dieci mesi dopo, Baudelaire rivendica la liquidazione della sostanziosa eredità paterna e si lancia nell'esistenza dorata della bohème ricca; né gli manca un'amante di classe: l'attrice mulatta Jeanne Duval, la "Venere Nera" che, a dispetto dell'amore burrascoso e dei continui tradimenti, gli rimane accanto per tutta la vita lasciando nella sua opera un'impronta decisiva.



Nel 1844 il patrigno taglia corto a queste follie e gli impone un consigliere giudiziario che amministri il patrimonio di famiglia; da allora in poi Baudelaire vive miseramente dedicandosi alla critica d'arte e alle traduzioni: all'opera di Poe, nel quale trova uno spirito a lui affine, dedicherà ben 17 anni. Intanto i suoi poemi appaiono saltuariamente su varie riviste. Durante l'esposizione universale del 1855 è incaricato di stendere la critica delle mostre di pittura, poi finalmente, nel 1857, appare la prima edizione dei Fiori del Male per la quale, insieme al suo editore, viene condannato dal tribunale per oltraggio alla morale e alla soppressione di sei poesie.

Sommerso dai debiti, Baudelaire continua a lavorare febbrilmente, anche se l'abuso dell'oppio e dell'hashish hanno ormai irrimediabilmente minato il suo fisico: nel 1860 pubblica i Paradisi artificiali e prepara la nuova edizione dei Fiori del Male completamente rinnovata e più ricca. Tre anni dopo si esilia volontariamente in Belgio, dove scrive alcuni dei Poemetti in Prosa ma, colpito da un attacco di paralisi nel 1866, viene trasportato a Parigi dove muore l'anno seguente.


Opere principali

Salons (1845 e 1846); Fiori del Male (1857 e 1861); Paradisi artificiali (1860); Poemetti in prosa e Curiosità estetiche (postumo, 1868); L'arte romantica (postumo, 1868); Il mio cuore messo a nudo (postumo, 1909).


L'albatros

L'idea di questa lirica, apparsa solo nel 1859, risale al viaggio a Réunion del 1841. Per simboleggiare il Poeta, Baudelaire non sceglie l'aquila reale dei romantici ma l'albatros prigioniero: come lui è costretto al suolo, ma aspira all'infinito.


«Spesso, per loro sollazzo, gli uomini dell'equigio

Catturano gli albatros, grandi uccelli dei mari,



Che seguono, indolenti comni di viaggio,

la nave scivolante sulle amare voragini.


Deposti appena sul cito,

Questi re dell'azzurro, inetti e vergognosi,

Lasciano miseramente le loro grandi ali bianche

spenzolare da questo e da quel lato come remi abbandonati.


Com'è goffo e fiacco questo alato viaggiatore!

Quanto è comico e buffo, di così bello che era!

Chi gli stuzzica il becco con la mozza pipetta,

Chi scimmiotta claudicando l'infermo che volava!


Il Poeta è simile al principe delle nubi

Che vive fra le tempeste e ride dell'arciere;

Esiliato sulla terra fra i dileggi,

Le ali da gigante gl'impediscono di camminare.»


I Fiori del male

Nella seconda edizione del 1861, la raccolta conta 129 poesie. Proponendosi di "estrarre la bellezza dal Male", Baudelaire traccia, rifacendosi alle proprie esperienze, la tragedia dell'essere umano, spesso dissimulata sotto falsi pudori. E' la tragedia de "l'uomo doppio", creatura decaduta e oggetto di un eterno conflitto tra Cielo e Inferno. Quando sembrano trionfare le aspirazioni verso l'Ideale, sopravvengono paurose cadute, fonti del male morale che il poeta chiama Spleen, una sorta di malinconia angosciosa che può essere forse combattuta con la Poesia o con l'Amore, ma più spesso con i "Paradisi artificiali" e con il Vizio.






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