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GIOVANNI PASCOLI

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GIOVANNI PASCOLI


La vita


Giovanni Pascoli nacque a San Mauro di Romagna (oggi San Mauro Pascoli) il 31 dicembre 1855 da Ruggero e Caterina Vincenzi Allocatelli, quarto di otto li. Il padre era amministratore della tenuta 'La Torre' dei principi Torlonia. Dopo un'infanzia molto felice entrò nel 1862, con altri tre fratelli, nel collegio degli Scolopi di Urbino. Il 10 agosto 1867 la sua famiglia fu colpita dalla grave tragedia dell'assasinio del padre, Ruggero, episodio che segnò la vita del poeta e che fu seguito a breve distanza dalla morte della madre e di una sorella (1868) e poi di altri due fratelli (1871). Durante gli studi compiuti ad Urbino pubblicò la sua prima poesia, Il pianto dei comni (1869), per la morte di un suo comno di studi, Pirro Viviani, che ricorderà poi nell'Aquilone. La triste serie degli avvenimenti luttuosi familiari insinua nelle sue poesie prove poetiche il senso della morte e della visioni notturne e sepolcrali. Lasciata Urbino nel 1871, continuò gli studi liceali a Rimini per concluderli a Firenze, ancora presso gli Scolopi.

Nel 1873 ottenne una borsa di studio istituita all'Università di Bologna e si iscrisse alla facoltà di Lettere, incoraggiato e seguito negli studi dallo stesso Carducci. All'università srinse amicizia soprattutto con il poeta Severino Ferrari e il suo giornale, 'I nuovi goliardi', pubblicò le sue prime poesie, tra le quali una prima versione della Cavallina storna. Degli anni dell'università sono anche le sue esperienze politiche: socialista internazionalista, fu arrestato durante una manifestazione in onore dell'anarchico Passanante e rimase in carcere per quasi quattro mesi, dal 7 settembre al 22 dicembre 1879. In seguito riprese gli studi, interrotti dal 1876 anche a causa di difficoltà economiche. Grazie all'aiuto del Carducci riprese la borsa di studio e riuscì a laurearsi nel 1882 con una tesi sulla metrica di Alceo. Nello stesso anno fu chiamato a Matera come professore di latino e vi rimase per due anni. Nel 1884 fu trasferito a Massa e l'anno seguente ricostituì il nucleo familiare superstite accogliendo nella sua casa le sorelle Ida e Maria. Dal 1887 si trasferì a Livorno, dove rimase per otto anni e dove, nel 1891, pubblicò una prima edizione di poesie (un gruppo di 22 componimenti) dal titolo Myricae, edizione che venne ampliata successivamente fino a quella definitiva del 1903, comprendente 156 poesie.



Sempre degli anni di Livorno sono i suoi successi con la poesia latina, per la quale risulterà più volte vincitore al prestigioso concorso di Amsterdam. L'attività poetica proseguiva parallelamente a quella di professore di liceo, e presto Pascoli venne chiamato a collaborare alle maggiori riviste del tempo, alla fiorentina 'Vita nuova' e al 'Convito' di De Bosis, su cui, a partire dal 1895, pubblicò quella serie di poemi che, una volta raccolti, presero il titolo di Conviviali.

Nel 1896 venne chiamato a Bologna per ricoprire la cattedra di grammatica greca e latina in quella università. Dal 1895 si era trasferito insieme con la sorella Maria a Castelvecchio di Barga, nella valle del Serchio, in seguito al matrimonio di Ida.

Nel 1897 venne chiamato a Messina come ordinario di letteratura latina. Del periodo dell'insegnamento universitario sono le raccolte dei Poemetti e dei discorsi celebrativi, come L'era nuova (1899) o L'eroe italico (1901) la cui matrice è sempre una sorta di socialismo pacifista e patriottico, che non gli impedì di aderire in seguito all'espansionismo coloniale in Libia con la celebre orazione La grande proletaria si è mossa (1911).

I primi anni di questo secolo furono per la produzione di prose (Il fanciullino, 1902), gli studi danteschi e la poesia: nel 1900 e nel 1904 uscirono la seconda e la terza edizione dei Poemetti, quindi i Canti di Castelvecchio (1903 e 1905), i Poemi conviviali (1904 e 1905). Di minore significato poetico, anche se importanti per individuare le profonde radici della cultura pascoliana, sono le Canzoni di re Enzio (incompiute, 1908-l909), i Poemi italici (1911) e i Poemi del risorgimento (postumi e incompiuti, 1913).

Nel 1905 occupò dopo alcune polemiche, la attedra di letteratura italiana a Bologna, rimasta libera nel 1904 per il ritiro del Carducci. Trascorse gli ultimi anni di vita tra Bologna e Castelvecchio. Nel febbraio del 1912 si ammalò di tumore al fegato, e si spense a Bologna nell'aprile di quello stesso anno.




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