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LA BORSA - Disciplina giuridica - Il PREZZO DI RIFERIMENTO

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LA BORSA


L'origine viene fatta normalmente risalire al Collegium Mercatorum (quinto secolo avanti Cristo), cioè a un settore del Foro Romano dove si svolgeva un'attività per certi versi molto simile agli odierni scambi di valori mobiliari. Tuttavia, senza andare troppo indietro nel tempo fino a scomodare la storia romana, sembra che il termine Borsa (ma su questo non tutti gli storici concordano) derivi dal nome di una antica famiglia di banchieri fiamminghi, i Van der Burse. I quali avevano come stemma di casato tre borse e il curioso marchio era scolpito sul frontale del loro palazzo, nel quale si radunavano spesso gli uomini d'affari del tempo per trattare le lettere di credito. C'è anche chi vorrebbe questa famiglia di origine italiana, per l'esattezza veneta. Il cognome, in sostanza, sarebbe stato proprio Borsa. Diventato Van der Borse quando un ramo di questa famiglia si trasferì stabilmente in Olanda. Un fatto è comunque certo: la Borsa è nata e si è sviluppata con il commercio. La prima Borsa con caratteristiche abbastanza vicine a quelle odierne è quella di Anversa, sorta nel 1531. Quella di Milano, che è sempre stata considerata la più importante del nostro paese risale al 1808. Le altre, invece, sono nate secondo il seguente ordine cronologico : 1600 Venezia; 1775 Trieste; 1801 Roma; 1810 Napoli; 1850 Torino; 1855 Genova; 1861 Bologna; 1862 Palermo. Oggi tutte queste borse non sono più operative. Quella di Milano nella centralissima piazza degli Affari (un indirizzo diventato sinonimo di mercato mobiliare, come Wall Street a New York) ospita vari uffici. A partire da quello del Consiglio di Borsa, l'ente che si è trasformato in società privata a cui è demandata la gestione amministrativa del mercato. L'antico salone delle grida, invece, è oggi adibito a manifestazioni e mostre.




La Borsa valori


Disciplina giuridica

Il termine borsa valori indica oggi un mercato per la compra-vendita di titoli di società, strumenti finanziari e valute estere. Le borse valori, originariamente erano accessibili a tutti coloro che volessero comprare o vendere ma ben presto si capì che per rendere eseguibili le contrattazioni era necessaria una organizzazione formale e di conseguenza l’accesso alla borsa e le sue attività vennero regolate con apposite norme. L’attuale impianto giuridico della borsa italiana è stabilito dal TUF, il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, nel quale sono state inserite diverse disposizioni europee contenute nella direttiva europea sui servizi di investimento (direttiva EuroSim). L’attuale disciplina prevede che l’organizzazione della borsa e degli altri mercati abbia carattere di impresa e sia affidata a società per azioni, anche senza scopo di lucro; queste società di gestione, sottoposte alla sorveglianza della Consob, deliberano il regolamento del mercato; inoltre precisa il ruolo delle società di gestione e cosa il regolamento del mercato deve determinare. Sempre secondo il TUF è la Consob che deve rilasciare l’autorizzazione all’esercizio dei mercati regolamentati una volta accertata la sussistenza dei requisiti e appurata la conformità del regolamento di borsa con le discipline europee.



Assetto dei mercati mobiliari italiani dopo la privatizzazione

L’organo istituzionale al vertice del mercato mobiliare è il Ministero del tesoro, che esercita la sua competenza generale con l’emanazione di decreti; mentre la funzione di vigilanza è affidata alla Consob la Banca d’Italia ha compiti di controllo. Le società di gestione che sono state costituite in questi anni sono: la Borsa Italiana s.p.a., MTS s.p.a., MIF s.p.a.; ma l’attuale disciplina prevede la possibile creazione di altre società che volessero entrare in competizione.

La Borsa Italiana s.p.a. gestisce la borsa valori, il mercato ristretto (che negozia titoli che aspirano a essere quotati in borsa) e l’IDEM (Italian Derivates Market) dove vengono negoziati i futures e le option. La borsa valori a sua volta è divisa i diversi mercati: MTA è il mercato telematico azionario, MOT è il mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato a cui si è affiancato l’EuroMOT, MCW è il mercato dei Coverd Warrant, MPR è il mercato dei contratti a premio ed infine l’ultimo mercato creato è il TAH (Trading After Hours) che dal 15 maggio consente contrattazioni di titoli fino alle 20 e successivamente fino alle 22 in modo da continuare le contrattazioni fino alla chiusura del NASDAQ.










I principali mercati della Borsa Italiana


Il mercato telematico MTA

Quando si parla di circuito telematico, si intende la rete di computer su cui si scambiano le azioni delle società quotate sul listino ufficiale di Borsa. Si tratta del mercato principale di Piazza Affari, dove il tipo di negoziazione che si svolge è detto “in continua”. Ciò significa che, per tutte le ore in cui la borsa è aperta, in qualunque momento la domanda e l’offerta di azioni si possono incrociare per concludere compravendite. Gli intermediari inseriscono nei loro computer le proposte di negoziazione, cioè manifestano la loro disponibilità a comprare o vendere un determinato quantitativo di azioni a un determinato prezzo.

Nel mercato telematico azionario si negoziano, per quantitativi minimi (lotti minimi) o loro multipli, contratti di compravendita, relativi ad azioni, obbligazioni convertibili, diritti di opzione, warrant e covered warrant. I quantitativi minimi sono stabiliti dalla Borsa Italiana.

La giornata sul circuito telematico è scandita da una serie di fasi:

preapertura: gli intermediari inseriscono gli ordini di compravendita ricevuti dalla clientela;

validazione: in questa fase avviene un controllo prima dell’inizio delle contrattazioni;

apertura: i titoli vengono trattati a un prezzo prefissato (prezzo di apertura);

negoziazione: gli intermediari continuano a inserire proposte di negoziazione e concludono scambi di azioni;

chiusura: è la fase conclusiva, a questo punto si calcola per ciascuna azione il prezzo ufficiale che verrà pubblicato sui quotidiani.

Il mercato Ristretto

Il mercato Ristretto è una nicchia della Borsa i cui viene trattato un gruppo sempre meno consistente di azioni. In passato era considerato una sorta di anticamera del mercato principale, ma oggi sembra destinato a sire: molti dei titoli che vi erano quotati sono passati al mercato principale, è nato così il Nuovo Mercato per le piccole e medie imprese, e i requisiti per l’accesso al mercato principale sono oggi meno severi di un tempo. Nel Mercato Ristretto non esiste la fase di negoziazione; ci sono solo la preapertura (gli intermediari immettono le loro proposte), la validazione (il computer controlla e convalida) e l’apertura in cui si incrociano domanda e offerta. Il prezzo così fissato è il prezzo della giornata.


Idem

Sull’Idem (Italian Derivates Market), il mercato italiano dei derivati, si scambiano contratti di future sull’indice di borsa Mib30 e Midex, contratti di opzione sempre sul Mib30 e i contratti di opzione su singoli titoli quotati.



Titoli quotati

A seconda dell’emittente, i titoli quotati nel mercato mobiliare si possono distinguere in titoli pubblici e titoli privati: i titoli pubblici sono buoni del debito pubblico emessi dallo Stato (BOT, BTP, CCT, CTZ . ) mentre i titoli privati possono consistere in azioni od obbligazioni di società quotate in borsa.

I titoli di Stato o pubblici sono emessi dallo stato per finanziare il proprio fabbisogno e rappresentano il vero debito che lo Stato contrae nei confronti dei sottoscrittori. Le quantità e la tipologia delle emissioni vengono stabilite dal ministero del Tesoro mentre il collocamento avviene tramite un sistema di asta, effettuato dalla Banca d’Italia; all’asta partecipano direttamente banche Sim mentre i risparmiatori partecipano in modo indiretto tramite gli intermediatori finanziari egli uffici postali. A partire dal 4 gennaio 1999 tutte le emissioni sono denominate in euro e i titoli quotati precedentemente sono stati convertiti in euro. Il passaggio dei titoli da Lire in Euro a portato un modifica rilevante per quanto riguarda la quantità minima di titoli che si possono vendere o comprare: da 5 milioni è passata a 1000 euro (quasi 2 milioni) dal 4 gennaio 1999.


Strumenti derivati


Future

Il future è uno strumento comunemente considerato atipico, in quanto nessuna norma del nostro ordinamento fornisce una precisa definizione di tale prodotto. Solo la Banca d’Italia, con l’emanazione delle istruzioni per la compilazione dei bilanci degli enti creditizi e finanziari, ha fornito il significato e la definizione da attribuire a questo strumento.

Il future è uno strumento derivato standardizzato con cui una parte si impegna a ricevere o a consegnare ad una data futura determinate attività, oppure a versare o riscuotere un importo determinata, a un prezzo prefissato sulla base di un indicatore di riferimento, definito strumento finanziario sottostante.

I contratti future vengono quotati presso borse specializzate. L’introduzione di questi prodotti nell’ambito del sistema di contrattazione nei mercati regolamentati ha determinato l’esigenza di standardizzare e rendere omogenei gli accordi bilaterali. Pertanto oggi si parla di prodotto standardizzato, in quanto un qualsiasi future viene contratto fra due parti, secondo condizioni prefissate in ordine a quantitativi minimi delle contrattazioni, modalità di contrattazione dei titoli, modalità di quotazione, calcolo delle variazioni giornaliere e scadenze. Conseguenza di questo processo di standardizzazione è il notevole grado di liquidità intrinseco a tali prodotti, reso possibile dal facile acquisto o dalla facile vendita dei contratti medesimi, che vengono quotati giornalmente.

I contratti future sono schematicamente riconducibili a due grandi categorie:

commodities futures: rappresentano impegni di acquisto o di vendita di merci a largo mercato;

financial futures: rappresentano impegni sui valori mobiliari. Fra questa tipologia di prodotti rientrano:

interest rate future: sono contratti che contengono l’impegno di acquistare o vendere a termine titoli a reddito fisso;

currency future: sono contratti che contengono l’impegno di acquistare o vendere a termine valuta estera;

stock index future: sono contratti che contengono l’impegno a consegnare o ritirare a termine il differenziale tra il valore dell’indice di borsa alla stipula del contratto e il valore dello stesso indice alla scadenza prestabilita.


Option

Sono contratti che attribuiscono ad una parte, dietro amento di corrispettivo, il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare o di vendere una determinata attività, o strumento sottostante, ad un certo prezzo ed a una determinata scadenza, oppure di riscuotere un importo determinato in base all’andamento di un indicatore di riferimento. Nella transazione intervengono due parti denominate holder e writer; si dice holder il venditore e writer l’acquirente.

L’oggetto del contratto può essere rappresentato da merci, titoli, future, valute, tassi di interesse o indici di borsa. Con l’opzione gli operatori formulano ipotesi in ordine all’evoluzione futura dei prezzi di un determinato prodotto finanziario; l’oggetto della contrattazione è il diritto ad esercitare una data facoltà di acquisto o di vendita. L’utilizzo di questi strumenti ha natura prettamente speculativa, infatti la posizione fra l’acquirente e il venditore dell’opzione è del tutto asimmetrica. La parte acquirente dell’opzione ha il diritto di esercitare o meno l’opzione; per lui il rischio finanziario è limitato ad un ammontare massimo prestabilito che è dato dal prezzo dell’opzione; se l’esercizio dell’opzione si rivela conveniente e sufficiente non esercitarla, rimanendo esposti solo per il costo dell’opzione. Il suo guadagno per contro è potenzialmente illimitato. Viceversa, chi vende l’opzione, nel caso di esercizio della medesima da parte dell’acquirente, è obbligato a eseguire la prestazione; pertanto è teoricamente esposto ad un rischio illimitato e a un guadagno che trova un limite nel valore convenuto dell’opzione.

Le opzioni sono di due tipi:

call option: è il contratto in base al quale all’acquirente, a fronte di un premio, è attribuito un diritto, ma non l’obbligo, di acquistare un ammontare predefinito di un’attività finanziaria ad una certa data;

put option: all’acquirente è attribuita la facoltà, a fronte della corresponsione di un premio, di dichiarasi venditore di una data attività finanziaria ad una scadenza prefissata.

Le option si possono dividere in base la natura dello strumento sottostante in:

currency option: attribuiscono il diritto di vendere o comprare valuta estera;

stock index option: sono opzioni su indici azionari;

option su titoli di stato: che, come dice il nome, hanno per oggetto titoli di stato.




Warrant

I warrant sono strumenti finanziari che conferiscono ai detentori la facoltà di sottoscrivere o di acquistare o di vendere, alla o entro la data di scadenza, un certo quantitativo di azioni contro versamento di un importo prestabilito o da stabilire, secondo criteri prefissati nel caso di warrant per sottoscrivere o per acquistare e, viceversa, incassando un importo prestabilito o da stabilire nel caso di warrant per vendere.

Generalmente i warrant sono usati come strumenti accessori per rendere più interessanti emissioni di prestiti obbligazionari convertibili e operazioni di aumento di capitale della società emittente.

Pur essendo sempre collegato a un’operazione principale, il warrant può avere vita autonoma e un suo mercato, qualora sia previsto dal regolamento di emissione o sia ritenuto implicitamente ammissibile. Infatti il regolamento di emissione può prevedere che il warrant circoli separatamente dal titolo principale, con possibilità di autonoma negoziazione.

Il warrant ha un largo mercato soprattutto nei casi in cui esso sia riferito a società primarie e con buone prospettive economico-reddituali. Il prezzo del warrant sul mercato secondario è essenzialmente funzione dei seguenti parametri:

prezzo di esercizio e quotazione di mercato dell’azione di compendio;

periodo previsto per l’esercizio della facoltà;

aspettative sull’andamento della Borsa e soprattutto dell’azione di compendio.


Covered warrant

Verso la fine degli anni Ottanta il warrant fu presentato sul mercato svizzero e tedesco, utilizzando però come sottostante di riferimento indici di Borsa e valute; era quindi possibile assumere una posizione ribassista (put) oltre a quella tradizionalmente rialzista (call).

Al 1992 risale la prima emissione di covered warrant destinata agli investitori istituzionali del mercato italiano: la Citybank aveva quotato warrants call e put sul cambio dollaro/lira. Da allora il mercato secondario interbancario, estendendosi progressivamente anche verso investitori individuali, si è sviluppato con ritmi di crescita talmente elevati che nel 1998 il mercato italiano dei derivati (Idem) è arrivato a quotare nel listino ufficiale della borsa di Milano i covered warrant, negoziati sul mercato telematico azionaria (MTA). Per il gran numero di emissioni i principali quotidiani finanziari pubblicano una selezione dei titoli più scambiati nell’ultima seduta di Borsa.

La negoziazione è analoga a quella di qualunque titolo quotato sul mercato telematico, il che garantisce una maggiore trasparenza e facilità di accesso al prodotto, con conseguente aumento dei volumi trattati. Di fatto il warrant è un’opzione cartolarizzata, cioè incorporata in un titolo negoziabile ufficialmente quotato che attribuisce il diritto ma non l’obbligo a comprare (warrant call) o vendere (warrant put) una certa di quantità di una attività finanziaria o di una merce (sottostante9 a un prezzo prefissato (base o strike price) entro una certa data (americano) o a una certa data (europeo). La quantità di sottostante che si ha diritto di acquistare o vendere è determinata dal multiplo. Rispetto a quelli tradizionali, i covered warrant hanno la caratteristica di essere emessi da intermediari finanziari e non dalle stesse società che emettono i corrispondenti titoli azionari.



Gli indici di borsa

Gli indici di Borsa servono per misurare ogni giorno l’andamento dei prezzi delle azioni; sono strumenti più o meno sofisticati che registrano il rialzo o il ribasso delle quotazioni di Piazza Affari. In Borsa esistono diversi indici, ciascuno dei quali misura l’andamento dei prezzi a modo suo; per questo, capita spesso che l’andamento di un indice sia diverso da quello di tutti gli altri.

Gli indici di Borsa sono ponderati, cioè tengono conto delle dimensioni delle singole società quotate; la misura borsistica delle dimensioni di una società quotata è la capitalizzazione, che si ottiene moltiplicando il numero di azioni in circolazione di una società per il loro prezzo di mercato.


Mibtel

Il Mibtel è nato all’inizio del 1994, ma è diventato l’indice più importante di Borsa, preso da tutti come punto di riferimento per misurare l’andamento dei prezzi. È un indice continuo, viene cioè calcolato una volta al minuto, tenendo conto della continua variazione dei prezzi delle azioni, in modo che se ne possa seguire l’andamento durante tutta la seduta di Borsa.


Mib30

Il Mib30 è simile a un altro indice, il Comit30, e misura i prezzi delle azioni dal 31 dicembre 1992. Il Mib30 non misura però l’andamento di tutta la borsa, ma soltanto quello delle trenta azioni più importanti in termini di valore di mercato (capitalizzazione) e di scambi. Anche il Mib30 come il Mibtel è un indice continuo, e, alla fine della giornata l’indice è calcolato sull’ultimo prezzo di ciascun titolo che compone il paniere.

Il paniere dei 30 titoli che compongono l’indice Mib30 viene generalmente rivisto due volte all’anno (nei mesi di marzo e settembre), escludendo le tre società con il valore più basso in termini di scambio e capitalizzazione e aggiungendone tre nuove che presentino scambi e capitalizzazione superiori a quelli delle tre escluse. Viene anche aggiornato in occasione di operazioni straordinarie sulle società facenti parte dell’indice (es. scissioni).

Midex

L’indice Midex è formato da un paniere di titoli rappresentativi delle 25 società italiane che presentano scambi e capitalizzazione immediatamente inferiori a quelli inclusi nel Mib30; pertanto nella sua composizione possono essere presenti anche società che provengono dal Mib30, il cui tasso di capitalizzazione sia sceso; viceversa se un titolo del Midex si attesta su valori di capitalizzazione abbastanza elevati può entrare a far parte del paniere delle 30 blue chips.


Comit

L’indice Comit è analogo al Mib, cambiano i dettagli, qualche accorgimento, ma nella sostanza è un indice basato sui prezzi ufficiali della giornata, e dunque viene calcolato una volta al giorno.

L’indice Comit è il più “anziano” tra gli indici correntemente utilizzati dagli esperti: la sua serie storica risale al 1972. Per questo motivo è ancora molto utilizzato dagli analisti tecnici, cioè coloro che studiano i grafici per capire quale sarà la futura evoluzione della Borsa.


Gli indici settoriali

Gli indici settoriali misurano l’andamento dei prezzi delle azioni appartenenti a un ben definito to del listino, come per esempio quello assicurativo o quello bancario. Gli indici settoriali sono divisi in 6 macrosettori:

materie prime ( risorse di base e petrolio);

beni di consumo ( auto, beni di consumo durevoli, media, tessili e beni di lusso, trasporto e turismo);

beni di consumo non ciclici (alimentari e farmaceutico);

finanziari (banche assicurazioni e altri servizi);

industriali (chimici, costruzioni, elettromeccanici e altri);

servizi di pubblica utilità (telecomunicazioni, energia).


Le Borse estere

Le famiglie italiane storicamente hanno sempre investito sempre molto poco all’estero, anche sono stati sciolti i vincoli della normativa valutaria, l’impiego del risparmio oltre frontiera è rimasto ai minimi termini. Dal 1990, anno in cui è stata recepita la direttiva comunitaria volta alla liberalizzazione dei movimenti di capitali, ci si è avviati verso la piena libertà valutaria; in pratica da allora ciascun residente può trasferire i propri soldi in un altro Paese.

A questa scarsa propensione all’investimento estero bisogna aggiungere la resistenza delle famiglie italiane all’impiego in azioni, complici gli elevati rendimenti dei titoli di Stato che, fino al 1996, hanno disincentivato l’impiego del risparmio in capitale di rischio. Così anche negli anni della crisi valutaria e della svalutazione della lira, la maggior parte dei flussi di capitali che le famiglie dirottavano all’estero sono stati impiegati in obbligazioni, o altre forme di investimento a reddito fisso, mentre era scarsissima la quota del portafoglio destinata alle azioni estere.

Ma è ragionevole presumere che la scala delle preferenze di investimento dell’italiano medio stia cambiando notevolmente per diverse ragioni:


La globalizzazione

La prima ragione di questa inversione di tendenza è l’ormai compiuto processo di globalizzazione, ovvero la creazione di un unico, grande mercato finanziario su scala mondiale. A questo processo hanno contribuito diversi fattori, come il cambiamento della mentalità operativa, la caduta dei vincoli normativi valutari e la tecnologia, potente veicolo in grado di consentire una diffusione globale delle informazioni e una omogeneizzazione delle tecniche d’investimento.

Gli effetti della globalizzazione sono molteplici; tra i più evidenti vi è il fenomeno della quotazione degli stessi titoli su più mercati (come l’Eni, trattata sia a Milano sia a New York) e quello della quotazione di società su mercati stranieri (come Fila e Natuzzi a Wall Street).


L’evoluzione degli strumenti

La seconda ragione è l’evoluzione degli strumenti di investimento e in particolar modo dei prodotti del risparmio gestito. I fondi comuni sui mercati esteri hanno reso accessibile una molteplicità di opportunità di investimento anche ai risparmiatori che non investirebbero mai al di fuori dei confini nazionali. Questi prodotti in Italia hanno avuto finora un discreto successo, ed è presumibile una loro ulteriore espansione in futuro. Il perché è da ricercare nella caduta dei rendimenti delle obbligazioni nel 1996, discesa accomnata dal calo dell’inflazione e dal cammino verso l’Unione monetaria europea. In regime di tassi di interesse basso è normale che aumenti la propensione delle famiglie a diversificare le forme finanziario di impiego dei risparmi.


Le grandi piazze finanziarie

Soltanto pochi anni fa grandi piazze finanziarie per l’investitore individuale erano irraggiungibili. Oggi, invece, grazie all’integrazione dei mercati, questi importanti centri finanziari sono sempre più a portata di mano, e il progressivo utilizzo di strumenti elettronici di contrattazione e di comunicazione degli ordini consente di abbassare commissioni e costi operativi per un investimento all’estero. Ecco, allora, che l’attenzione dei risparmiatori si rivolge sempre più spesso al di fuori di un orizzonte domestico alla ricerca delle opportunità più vantaggiose, delle condizioni migliori di efficienza e di liquidità del mercato. Inoltre, la scelta di collocare all’estero una quota del proprio portafoglio finanziario rappresenta l’elemento centrale di una strategia volta a ripartire i rischi e a migliorare la performance dei propri investimenti. Investendo sui mercati esteri si ha la possibilità di scegliere le blue chips del mercato, ovvero i titoli delle società leader nel mondo per capitalizzazione borsistica.


New York

New York è la più grande piazza finanziaria del mondo. Le due maggiori Borse valori, il New York Stock Exchange (Nyse) e il NASDAQ, che da anni si contendono la supremazia, hanno una capitalizzazione complessiva pari a 16.000 miliardi di dollari. Tali dimensioni è pari circa 30 volte quella raggiunta dal mercato azionario italiano. La caratteristica principale del mercato statunitense è di essere fortemente internazionalizzato. Nel listino del Nyse sono quotate circa 500 società straniere di cui 11 italiane. Una presenza simile caratterizza gli scambi del NASDAQ e dell’Amex, la terza borsa statunitense. In pratica, attraverso il mercato nordamericano è possibile investire nelle principali azioni di tutto il mondo. Normalmente i titoli esteri sono quotati anche nelle rispettive Borse domestiche, e i prezzi sono del tutto allineati nelle diverse piazze finanziarie, con le oscillazioni dovute soltanto al diverso fuso orario che caratterizza le contrattazioni. Gli scambi si chiudono a New York quando in Italia sono le ore 22. l’equilibro nei prezzi delle azioni, indipendentemente dal mercato nel quale vengono quotate, dipende dal fatto che eventuali dislivelli sono immediatamente pareggiati dagli intermediari con operazioni di arbitraggio. Tali operazioni, generalmente eseguite a fini di copertura dagli investitori istituzionali, o speculativi. Una specificità della Borsa statunitense consiste nel fatto che, nel caso delle società estere, non vengano normalmente quotate azioni, ma una sorte di certificati sostitutivi di queste chiamati ADR (American depositary receipt ). Gli ADR rappresentano la proprietà di un singolo titolo o di un numero determinato di titoli e sono emessi da banche che normalmente hanno in deposto fiduciario i titoli sottostanti.

Il ricorso agli ADR si spiega con la necessità di uniformare i titoli alla normativa del mercato statunitense, spesso più rigida di quelle adottate negli altri Paesi.

Occorre considerare, a questo proposito, che i bilanci della società Usa sono classificati con regole contabili specifiche diverse da quelle in vigore nei Paesi europei, Italia compresa. È   possibile che un’aziende risulti in attivo se classificata con i criteri americani, e mostri invece bilanci in deficit adottando gli standard continentali (o viceversa).

Anche le regole di trasparenza americane sono differenti; una differenza che va a vantaggio degli investitori, poiché le società quotate sono obbligate a rendere periodicamente pubblici numerosi dati sulla proprio attività. Ad esempio, è obbligatorio pubblicare bilanci trimestrali; tale regola è entrata in vigore in Italia nel 2000.


Tokyo

Quella di Tokyo è la maggiore delle otto Borse valori giapponesi. Le contrattazioni hanno preso avviò nell’aprile del 1948, con la rinascita dell’attività economica nipponica dalle macerie della seconda guerra mondiale. Il listino iniziale comprendeva 485 azioni, con una capitalizzazione totale di 122 milioni di yen. Alla fine del 1997 erano diventate 1.805 azioni con una capitalizzazione totale di 281 trilioni di yen.

Le azioni domestiche sono distinte in due sezioni. Nel listino principale sono comprese le società che quotano più di 20 milioni di azioni, hanno un numero minimo di azionisti e possono vantare requisiti minimi riguardanti scambi e capitalizzazione, devono inoltre possedere bilanci in utili. Nel listino secondario, gli standard sul capitale e sulla platea degli azionisti sono meno rigidi e il vincolo della redditività è assente. Ogni anno la Borsa valuta le società ed effettua nel caso trasferimenti dalla prima alla seconda sezione, o viceversa.

Londra

Non si può parlare di Borsa senza citare Londra, dove la borsa come strumento moderno di finanziamento delle attività economiche, è nata con la rivoluzione industriale del XVIII secolo. Le sue origini si rintracciano nelle contrattazioni organizzate nelle caffetterie da quanti raccoglievano le “scommesse” di investimento in società anonime di capitale. L’incremento di queste negoziazioni informali spinse i brokers a concentrare le proprie attività in un luogo fisico chiamato Stock Exchange. Avveniva nel 1773. Da allora è stata una crescita continua fino ai giorni nostri, in cui la piazza finanziaria londinese è per importanza la terza al mondo dopo New York e Tokyo. Londra dopo New York è anche la piazza finanziaria più internazionalizzata al mondo con 516 comnie estere quotate.

Le azioni straniere sono trattate in un circuito ad hoc, il Seaq international, in cui operano 50 intermediari (market makers), che espongono le quotazioni di circa 1.000 strumenti finanziari.


Francoforte

L’avvio dell’unione monetaria ha promosso la Borsa tedesca come piazza finanziaria di primaria importanza su scala continentale, al punto di mettere in discussione , in alcuni segmenti del mercato, la consolidata leadership di Londra. Ma quello che ha rappresentato il vero punto di svolta nella crescita del mercato tedesco è stata la privatizzazione di Deutsche Telekom e la fusione, avvenuta nel 1998, tra le due case automobilistiche Daimler e Chrysler, che ha trasferito a Francoforte il nuovo ponte di comando del nuovo aggregato societario.

Attualmente a Francoforte sono quotate 3.576 società, con una capitalizzazione complessiva di 1.046 miliardi di euro. Le contrattazioni vanno dalle 8 alle 17; il principale indice della Borsa tedesca è il Dax, un paniere che include le 30 principali azioni del listino.

Nuovo Mercato e New Economy

Il nuovo mercato è il mercato regolamentato destinato alla negoziazione di azioni ordinarie di emittenti nazionali ed esteri ad alto potenziale di sviluppo.

Anche in Italia le piccole e medie imprese ad alto tasso di crescita hanno finalmente accesso ai mercati finanziari; a partire dal 29 gennaio 1999, infatti, è divenuto operativo in nuovo mercato che è entrato a far parte del circuito europeo EURO.NM, che già comprendeva i nuovi mercati di Francoforte, di Parigi, di Bruxelles e di Amsterdam.

Gli obbiettivi di tale mercato sono di:

creare un canale di finanziamento appositamente progettato per rispondere ai bisogni di imprese giovani e dinamiche con elevati tassi di crescita e ambiziosi progetti di sviluppo;

fornire una visibilità europea alle società italiane ad alto tasso di crescita, con tutti i vantaggi connessi a una quotazione domestica.

Il nuovo mercato si rivolge pertanto a:

società operanti in settori innovativi e ad alta tecnologia con fabbisogni finanziari legati a un progetto o ad un programma di sviluppo;

società operanti in settori tradizionali con innovazioni di prodotto, di processo o distributive che comportano una crescita significativa;

società gestite da manager – imprenditori che cercano partnership per programmi ambiziosi di sviluppo;

società già quotate su altri mercati che desiderano allargare la loro base azionaria domestica.


Il nuovo mercato è organizzato e gestito dalla Borsa Italiana S.p.A. secondo le norme previste nel regolamento deliberato dall’assemblea ordinaria della stessa società il 4 dicembre 1998 e ritenuto dalla Consob idoneo ad assicurare la trasparenza del mercato, l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori.

Alla negoziazione del nuovo mercato possono essere ammessi, su domanda dell’emittente, e sempre che siano soddisfatte determinate condizioni, le azioni ordinarie emesse da società nazionali o estere.

Possono essere ammesse alle negoziazioni le azioni ordinarie rappresentative del capitale di emittenti che abbiano pubblicato e depositato, conformemente al proprio diritto nazionale almeno un bilancio di esercizio, eventualmente anche consolidato, relativo ad almeno un esercizio annuale. Gli emittenti devono avere sottoposto il bilancio a revisione contabile a sensi dell’art. 156 del TUF o della corrispondente disciplina di diritto estero applicabile. L’ammissione alle negoziazioni non può essere disposta se la società di revisione ha espresso un giudizio negativo o si è dichiarata impossibilitata a esprimere un giudizio.

Il patrimonio netto contabile dell’emittente al momento della presentazione della domanda di ammissione alle negoziazioni deve essere di ammontare pari ad almeno 3 miliardi di lire o importo equivalente in euro. Ai fini dell’ammissione alle negoziazioni, le azioni devono soddisfare il requisito della sufficiente diffusione che si presume realizzata quando le azioni siano ripartite tra il pubblico o presso investitori professionali per almeno il 20% del capitale, rappresentato da azioni ordinarie.


Trading online

Il trading online consente di effettuare l’acquisto e la vendita di titoli di Borsa in tempo reale, attraverso una semplice connessione al Web. L’idea di trading online ebbe origine nel 1982 per opera di un fisico americano, Bill Porter – fondatore di E-trade (https://www.etrade.com) il più grande operatore di mercato della rete - che la sperimentò sui primi servizi telematici ben prima della diffusine di internet. L,obbiettivo di Porter era dare possibilità a tutti gli investitori di operare autonomamente in Borsa, facoltà che fino a quel momento era prerogativa dei soli mediatori professionali. Negli Stati uniti e in atri paesi d’Europa è già un fenomeno, in Italia lo sta diventando velocemente; sono sempre più numerosi gli Istituti di Credito e le Società di Intermediazione Mobiliare che mettono a disposizione degli utenti della Rete i propri servizi online, dal controllo del proprio conto corrente all’opportunità di “giocare in borsa”.

Per operare direttamente da casa o dall’ufficio con il proprio computer ed effettuare la compravendita di titoli online sulla piazza italiana è necessaria la preventiva autorizzazione dei gestori del servizio. L’attivazione del servizio presso una banca richiede l’apertura di un conto corrente presso uno degli istituti che hanno già attivato il servizio di trading online (se però la banca presso la quale l’utente possieda già un conto corrente è abilitata ai servizi online, è sufficiente richiedere il modulo apposito. Questo conto fungerà da riferimento per le operazioni di trading online ma potrà essere utilizzato dall’utente anche per le operazioni tradizionali. Attualmente, la maggior parte dei gestori (società o banche) non richiede un importo minimo per la fruizione del servizio e la somma del investimento rimane a discrezione dell’utente. L’attivazione del servizio presso una Società di Intermediazione Mobiliare si effettua invece tramite un bonifico bancario indirizzato alla SIM stessa; il versamento comporta l’istituzione di un proprio dossier titoli nel quale vengono prelevati e versati i proventi delle transazioni effettuate. Nel caso in cui il cliente avesse attivati il servizio di home banking nella banca dove effettua il bonifico potrà effettuare l’operazione completamente online. In entrambi i casi, all’utente vengono fornite una user ID (nome in codice del cliente) e una password con le quali operare online sui mercati italiani, e anche in mercati internazionali se la SIM scelta lo permette.

A seconda della società scelta, l’utente potrà avere a disposizione due soluzioni diverse per cominciare a operare. Alcuni gestori distribuiscono ai loro clienti una soluzione software, composta da un Cd contenente il programma che l’utente dovrà installare sul proprio computer per attivare e gestire il servizio. Altre mettono a disposizione dei loro clienti una soluzione browser, vale a dire l’indirizzo della ina internet (URL) alla quale gli utenti potranno accedere unicamente digitando i dati identificativi dei quali sono stati forniti. Il servizio di trading online abilita l’utente a effettuare transazioni su azioni e obbligazioni del mercato italiano e sta progressivamente allargando l’offerta anche a mercati europei come quello francese o quello tedesco, sino ad arrivare a quello statunitense. L’utente che effettua un’operazione di compravendita agisce in pochi secondi direttamente sul mercato azionario. La funzione della banca o della società che offre il servizio è limitata al passaggio dell’ordine sul mercato borsistico e non implica alcuna altra attività; naturalmente l’utente online non potrà trarre vantaggio dalla esperienza di chi svolge professionalmente attività di consulenza. Il trading online offre inoltre alcuni vantaggi non immediatamente evidenti rispetto al servizio tradizionale, come la possibilità di attaccare il prezzo (aggiudicarsi l’azione al prezzo migliore) nel momento stesso in cui è possibile farlo ed è vantaggioso farlo.

La riduzione al minimo delle attività di intermediazione comporta una consistente riduzione dei costi sugli ordini effettuati; attualmente le banche chiedono in media dal 4 al 7 per mille sulle operazioni effettuate, contro l’1,95 per mille per le corrispondenti operazioni effettuate online.




La ripresa economica dopo il primo dopoguerra   

Alla fine degli anni ’20 i traumi prodotti dalla prima guerra mondiale sembravano essere superati: l’indebitamento pubblico e l’inflazione andavano riassorbendosi, la distensione franco-tedesca apriva una prospettiva di pace e di relazioni stabili, e il sistema produttivo statunitense continuava ad espandersi in modo sostenuto


Il boom economico statunitense

L’economia americana aveva tratto molti vantaggi dalla guerra:

era stata favorita la sua posizione di primo paese produttore e “banchiere” del mondo

superata la fase recessiva dell’immediato dopoguerra il sistema produttivo americano aveva saputo riconvertirsi alla domanda dei mercati internazionali, al contrario di quelli europei, che si erano quasi esclusivamente concentrati a produzioni belliche


Ciò avvenne in presenza di numerosi fattori positivi

forte mercato interno

razionalizzazione dei processi produttivi e innovazioni tecnologiche che hanno portato a un incremento enorme della produttività oraria

I settori industriali trainanti furono quelli automobilistico, degli elettrodomestici, delle fibre sintetiche.

La produzione ottenuta era diffusa su larga scala, anche grazie ai sistemi di vendita rateale.

La bilancia commerciale era in forte attivo: l’economia americana era infatti molto legata a quella europea, in quanto gli ingenti prestiti che gli USA concedevano all’Europa stimolavano la sua ripresa economica, e quindi la sua domanda di beni; la produzione statunitense era perciò molto superiore alla capacità di assorbimento interno.

Dal punto di vista politico, gli USA erano guidati dal partito repubblicano. La linea politica di questo partito era rivolta al protezionismo e all’isolazionismo: il governo adottava una politica economica decisamente liberista sul piano interno, in modo da favorire l’iniziativa privata, e protezionistica sul piano internazionale, in modo da difendere la produzione nazionale.



Il boom diventa crisi

L’euforia e l’ottimismo derivati da boom economico misero in moto comportamenti che ebbero come risultato il crollo del mercato borsistico americano.

La grande crescita del sistema industriale fece aumentare grandemente non solo i profitti, ma anche il valore delle azioni, e l’aspettativa di poter realizzare grandi guadagni con la compravendita azionaria; da ciò derivò una corsa sfrenata alla speculazione azionaria, cioè all’acquisto di azioni per lucrare sul loro incremento di prezzo. Ma questo incremento era sempre di più legato al gioco della domanda borsistica che agli effettivi risultati delle imprese.

Nel 1929 maturò la crisi: la saturazione del mercato interno statunitense si intrecciò con la decisione delle maggiori banche di distogliere finanziamenti dall’Europa per concentrarli sulla speculazione di borsa.Ciò ha portato ad una contemporanea caduta della domanda interna ed esterna, compromessa sia dalla caduta dei finanziamenti americani, sia dalle misure protezionistiche che molti paesi adottavano come risposta a quelle statunitensi.



Il “giovedì nero” e la “grande crisi”

La crisi finanziaria causata dal crollo della borsa di New York, esplose il 24 ottobre del 1929, il celebre “giovedì nero”, quando a fronte dei primi sintomi di recessione del sistema industriale, si verificò una frenetica corsa alla vendita di azioni, cosa che, secondo il gioco della domanda e dell’offerta, causò lo sgretolamento dei prezzi delle azioni. Questo shock produsse un effetto a catena su tutti i settori economici e tutte le classi sociali: la rovina economica di molti finanzieri causò la chiusura di migliaia di aziende industriali e commerciali, e il licenziamento di milioni di lavoratori dipendenti.

Le misure politiche adottate dal governo repubblicano, furono poche e inefficaci: vennero poste barriere d’ingresso alle importazioni e vennero bloccati i finanziamenti all’estero, e ciò provocò il tracollo del commercio internazionale e la crisi finanziaria di molti Stati, soprattutto europei.

La “grande crisi” andò quindi a colpire anche l’Europa.



L’esportazione della crisi in Europa

La ripresa delle economie europee fu immediatamente arrestata dalla crisi americana, e il sistema produttivo venne messo in ginocchio dal collasso del sistema bancario e dei sistemi monetari. L’esportazione della crisi avvenne quando le banche statunitensi chiesero il amento dei crediti che avevano concesso all’estero. Grandi banche tedesche ed austriache fallirono, e ciò provocò una contrazione del credito, e molte industrie, non potendo più ricevere finanziamenti, furono costrette a chiudere. I Paesi più colpiti furono quelli che avevano avuto maggiore necessità dell’aiuto delle banche statunitensi, in particolare la Germania, che aveva fatto ampio ricorso al credito americano, dopo il piano Dawes.

La sterlina inglese era sull’orlo del collasso (le riserve auree della Banca d’Inghilterra erano esaurite) e venne svalutata; ciò destò grande sensazione in quanto era sancita la decadenza commerciale della Gran Bretagna. Per la Gran Bretagna le conseguenze della crisi furono comunque attenuate dall’esistenza di un mercato protetto, costituito dall’impero britannico.


Le conseguenze per gli altri Paesi furono meno gravi:

La Francia non aveva avuto bisogno di finanziamenti e aveva un commercio interno in grado di sopperire alla contrazione di quello internazionale


In Italia l’industria era poco sviluppata, così come i suoi rapporti con il mercato mondiale


Roosvelt e il “New Deal”

In piena crisi, le misure adottate dal governo repubblicano (contrazione della spesa pubblica, riduzione del numero di dipendenti pubblici, delle prestazioni sociali e degli investimenti in opere pubbliche), non furono assolutamente efficaci. Alle elezioni del 1932 viene eletto presidente il democratico Franklin Delano Roosvelt, che fin da subito dichiarò di voler inaugurare un “nuovo corso”, una nuova strategia fondata sull’intervento diretto dello Stato nell’economia, con l’obiettivo di sostenere la ripresa economica e l’aumento dell’occupazione.

I punti fondamentali del “New Deal”

supporto all’azione sindacale per cercare di indurre un aumento dei livelli salariali, allo scopo di ridare fiato ai consumi

grandioso programma di investimenti in opere pubbliche, per assorbire occupazione

riforme di carattere sociale, finalizzate a una redistribuzione del reddito

leggi a tutela dei lavoratori

riduzione dell’orario di lavoro

incentivi agli agricoltori per ridurre la produzione e salvaguardare i prezzi, e crediti per riscattare le proprietà ipotecate

il mercato borsistico e il sistema bancario furono sottoposti a controlli

abbassate le tariffe doganali e per sostenere le esportazioni, svalutato il dollaro

I risultati ottenuti dal “new Deal” furono notevoli; tuttavia una piena ripresa economica si verificò solo con l’aumento della produzione dovuto alle produzioni belliche, verificatosi nell’imminenza della seconda guerra mondiale.


Il nuovo ruolo dello Stato nell’economia

Il verificarsi della grande crisi ha provocato un ripensamento delle teorie economiche, con una decisa critica al liberismo assoluto, il laissez-faire. L’economia, abbandonata a se stessa, era precipitata in un baratro da cui occorreva farla uscire attraverso una diversa linea di politica economica. Fu soprattutto l’economista inglese John Maynard Keynes a sostenerne la necessità.

Keynes sosteneva che lo Stato non doveva intervenire solo per alleviare la disoccupazione attraverso lavori pubblici, ma anche concedendo crediti a basso interesse e favorendo una politica di alti salari, intesa ad accrescere il consumo, e quindi ad allargare il mercato interno. Allo stesso modo, occorreva favorire una redistribuzione del reddito, introducendo imposte progressive, che colpissero le rendite improduttive.

Per Keynes, comunque, lo Stato non doveva assumere le funzioni dei capitalisti privati, ma solo correggere gli squilibri e le distorsioni di un’economia priva di regole.


Titoli privati


Le Azioni

L’Azione è un documento e in particolare un titolo di Credito che rappresenta o “ incorpora” la qualità di socio, ossia la posizione di parte nel contratto di Società. La divisione del capitale sociale in Azioni è elemento caratterizzante del tipo della Società per Azioni.

L’Azione corrisponde alla frazione minima di capitale sociale che occorre sottoscrivere per acquistare la qualità di Socio: essa è perciò INDIVISIBILE.

Se più persone sono comproprietarie di una stessa azione, esse debbono esercitare i diritti inerenti al titolo mediante un rappresentante comune, mentre sono solidalmente responsabili delle obbligazioni derivanti da esso. L’Azione deve, a norma dell’Articolo2354 c.c., necessariamente contenere:

La denominazione, la sede e la durata della società

La data dell’atto costitutivo e della sua inscrizione, e l’ufficio del registro delle imprese dove la Società è inscritta

Il suo valore nominale e l’ammontare del capitale sociale

L’ammontare dei versamenti eseguiti se si tratta di azione non interamente liberata

I diritti e gli obblighi particolari ad essa inerenti.


Nel sistema del Codice Civile, le Azioni possono essere nominative oppure al portatore, a scelta dell’azionista, salvo che all’atto costitutivo non ne esiga la nominatività o questa sia imposta dalla circostanza che le azioni non siano interamente liberate, se non che ragioni di ordine fiscale hanno suggerito il principio della nominatività obbligatoria dei titoli azionari: L’articolo 1 della Legge 9 Feb. 1942 n° 96, stabilisce che “ Le Azioni delle Società aventi sede nello stato devono essere nominative”. La regola della nominatività obbligatorio non vige però per quella nuova categoria di Azioni introdotta con la riforma del ’74, che sono le Azioni di risparmio prive del diritto di voto, che la Società può emettere sia come Azioni nominative, sia come Azioni al portatore.

I possessori di Azioni al Portatore, si legittimano all’esercizio dei diritti sociali, con la semplice presentazione del titolo, mentre i possessori di Azioni nominative, si legittima, mediante l’intestazione a loro favore contenuta nel titolo e nel registro dell’emittente.

Il trasferimento delle Azioni si attua per volontà, esclusivamente dell’alienante e dell’acquirente: La qualità di parte nel contratto di Società, si trasmette da un soggetto all’altro, senza necessità del consenso della Società. E’ ciò che fa della quota di SPA un valore di scambio destinato ad una rapida circolazione. L’annotazione del trasferimento nel libro dei soci richiesta per la legittimazione dell’acquirente delle Azioni all’esercizio dei diritti sociali è un atto dovuto da parte della società. A questi principi, tuttavia, l’atto costitutivo può derogare: ai sensi dell’ art. 2355 c.c. comma 3°, esso “ può sottoporre a particolari condizioni l’alienazione delle azioni nominative”. Dalla norma emerge anzitutto, come l’atto costitutivo possa limitare, ma non vietare l’alienazione delle azioni: La Azione è per valutazione legislativa, un titolo necessariamente destinato alla circolazione.

Le “ particolari condizioni “ cui l’atto costitutivo può sottoporre l’alienazione delle Azioni nominative possono consistere in primo luogo nella previsione di determinate condizioni personali per l’appartenenza alla società: così l’atto costitutivo può richiedere quale condizione per l’appartenenza alla Società una data cittadinanza o la residenza in un dato luogo etc .

Le “ particolari condizioni” potevano in passato consistere nella necessità che l’acquirente delle Azioni conseguisse il gradimento della Società.

La clausola di gradimento era molto diffusa soprattutto nelle Società di Assicurazioni e in quelle Bancarie. La validità della clausola di gradimento è stata vivacemente contestata perché vista come un ostacolo alla libera disponibilità delle proprie azioni da parte degli Azionisti. La riforma del ’85 ha introdotto all’articolo 22, il principio secondo cui “ sono inefficaci le clausole degli atti costitutivi di SPA, le quali subordinano gli effetti del trasferimento delle Azioni al mero gradimento di Organi Sociali”. Le Azioni possono essere validamente alienate, con effetto tra le parti, anche a favore di persone che non rivestano le condizioni richieste dall’atto costitutivo.

Il mancato rispetto delle << particolari condizioni>> di cui all’articolo 2355 comma 3° c.c. vale solo ad impedire che l’acquirente delle Azioni ottenga l’inscrizione nel libro dei soci, e quindi la legittimazione ad esercitare i diritti sociali. Si preoccuperà perciò delle clausole in esame solo chi abbia acquistato le azioni, al fine di esercitare i relativi diritti, non se ne preoccuperà invece chi comperi Azioni in borsa al solo scopo di speculare sulle oscillazioni della quotazione dei titoli.

Diverso discorso vale per un’altra clausola che viene fatta rientrare tra quelle consentite dall’articolo 2355 comma 3°: è la clausola di prelazione, con la quale l’atto costitutivo impone al socio che voglia cedere le proprie Azioni di offrirle prima in vendita agli altri soci, indicando le condizioni di vendita e il nome del terzo disposto ad acquistare a quelle condizioni, in quanto consentita dall’Art. 2355 comma 3°, la prelazioni tra soci, viene considerata come prelazione legale, e dunque reale; la vendita delle Azioni a terzi in violazione della clausola è nulla.




I DIRITTI E GLI OBBLIGHI INERENTE ALL’AZIONE

Si suole distinguere fra diritti patrimoniali e diritti amministrativi dell’Azionista: i primi sono il diritto agli utili e alla quota di liquidazione, il diritto di opzione il diritto di recesso, gli altri sono il diritto di intervento in assemblea e di voto, il diritto, limitatamente agli azionisti assenti o dissenzienti di impugnare le deliberazioni assembleari invalide, il diritto di denuncia al collegio sindacale, di fatti censurabili, il diritto di prendere visione del progetto di bilancio di consultare il libro dei soci e il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea, altri diritti appartenenti a questa seconda categoria, sono riconosciuti all’azionista solo in quanto rappresenti da solo o con altri azionisti una data percentuale del capitale sociale: così il diritto di chiedere la convocazione dell’assemblea, il diritto di ottenere che il collegio sindacale indaghi su fatti denunciati, il diritto di denuncia al tribunale delle gravi irregolarità commesse dagli amministratori e dai sindaci.

Si debbono poi aggiungere alla facoltà di disporre dell’azione stessa: il diritto di alienare l’Azione, il diritto darla in pegno, o in usufrutto. Unico obbligo inerente all’Azione è quello di eseguire il conferimento, nei modi e nei tempi stabiliti. Il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di voto; non gli è invece, interdetto l’esercizio, degli altri diritti sociali.


LE SPECIALI CATEGORIE DI AZIONI

L’articolo 2348 c.c. recita : “ le Azioni devono essere di eguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti. Si possono tuttavia creare categorie di azioni fornite di diritti diversi con l’atto costitutivo o con successive modifiche di questo”.

Una di queste speciali categorie di Azioni è quella delle categorie privilegiate: ai loro possessori è riconosciuta una più elevata partecipazione agli utili annuali e alle ripartizione del patrimonio netto risultante dalla liquidazione.

Queste Azioni hanno diritto di voto normalmente soltanto nelle assemblee straordinarie ( quelle in cui si discutono le modificazioni dell’atto costitutivo) mentre non hanno diritto di voto nelle assemblee ordinarie e quindi non partecipano alla gestione sociale . I loro possessori hanno comunque il diritto di impugnare anche le deliberazioni d’assemblea ordinaria . Un altra categoria è quella delle azioni di risparmio, emesse da società con azioni ordinarie quotate in borsa.

Sono privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale ma prive del diritto di voto e, anzi, dello stesso diritto di intervenire in assemblea e di chiederne la convocazione. Il “ privilegio “ delle azioni di risparmio è regolato da specifiche disposizioni di legge :

a)    in sede di ripartizione degli utili, la legge assicura, a titolari un dividendo minimo pari al 5% del valore nominale nella distribuzione annuale degli utili, prima della ripartizione degli utili netti alle altre azioni. Il dividendo deve superare del 2% l’interesse delle azioni ordinarie rispetto al valore nominale.

b)   In sede di liquidazione della società è riconosciuto il diritto di prelazione sul rimborso del valore nominale dell’Azione: l’attivo potrà essere ripartito tra gli altri soci solo dopo che siano stati integralmente rimborsati gli azionisti di risparmio.

c)     La riduzione del capitale sociale, per perdite non importa riduzione del valore nominale delle Azioni di risparmio, se non per la parte che eccede il valore nominale complessivo delle altre Azioni. L’Azione di risparmio presenta determinate caratteristiche: - è priva del diritto di voto, di intervento in assemblea; - viene emessa al portatore a meno che non sia interamente liberata, nel qual caso l’emissione nominativa è obbligatoria; - il possessore ha diritto di ricevere in opzione altre azioni di risparmio di nuova emissione nel caso di aumento di capitale sociale.

Le Azioni di risparmio, unitamente alle azioni a voto limitato non possono superare la metà del capitale sociale dell’ente. Oltre alle Azioni di cui sopra abbiamo anche le Azioni di godimento che sono emesse in seguito ad una riduzione di capitale sociale; esse non attribuiscono il diritto di voto nelle assemblee e conferiscono all’azionista il diritto d’intervento in assemblea, il diritto d’opzione e quello di impugnazione delle deliberazioni assembleari. L Azioni di godimento attribuiscono a termine dell’articolo 2353 c.c. , il diritto di partecipare agli eventuale utili – che residuano dopo il amento delle azioni non rimborsate – con un dividendo pari all’interesse legale, in caso di liquidazione della società, le Azioni di godimento concorrono nella ripartizione del patrimonio sociale residuo, ossia dopo che siano state rimborsate le altre azioni al loro valore nominale. Le Azioni a favore dei lavoratori, costituiscono una forma di “ risparmio forzato” e vengono assegnate ai prestatori di lavoro, sotto forma di gratificazione ( per un valore corrispondente agli utili che l’ente intende distribuire). Ultima categoria di Azioni speciali da considerare è quella delle Azioni con “ Prestazioni accessorie” che impongono oltre che all’obbligo dei conferimenti , anche quello di prestazioni non consistenti in denaro ( come cose, lavoro, o finanziamenti) esse hanno il requisito delle inalienabilità, ossia non possono essere trasferite senza il consenso dei soci amministratori; in oltre, esse nascono con la stipulazione del contratto sociale.






LE OBBLIGAZIONI


NATURA E FUNZIONI

Le obbligazioni sono, come le azioni, titoli di credito: titoli nominativi o al portatore; e sono come le azioni titoli di massa ossia titoli emessi in serie, identici fra loro e destinati al grande pubblico degli investitori.

L’emissione delle obbligazioni, è una forma di etero-finanziamento caratteristica delle società per azioni e delle società in accomandita per azioni. La differenza tra obbligazione e azione è giuridicamente nettissima.

L’azione dà al soggetto che la sottoscrive la posizione di socio. L’obbligazione pone invece il suo possessore nelle posizione di creditore della società.

Il contratto la cui posizione attiva, viene incorporata nel titolo è un contratto di credito in sostanza un muto. L’obbligazionista non è un membro della società, e non è partecipe dei risultati di questa.

Questi schemi generali hanno però una portata limitata. La distinzione tra obbligazionista e azionisti appare già molto meno netta se si fa riferimento ai portatori di azioni di risparmio. Vi sono poi delle

Obbligazioni che invece, si avvicinano alle azioni: ad es. le obbligazioni in cui si dà un interesse proporzionato ai risultati della società, le C.D. obbligazioni parametrate. Si è poi creata con la legge 216, una ura economicamente intermedia, cioè le obbligazioni convertibili in Azioni.

L’obbligazionista acquista delle obbligazioni e quindi ha un diritto di credito nei confronti della società, però in base ad un programma determinato ha diritto ad una certa scadenza, di convertire queste obbligazioni in azioni, cioè di cessare di essere creditore e di diventare socio.


LE MODALITA’ DEL PRESTITO OBBLIGAZIONARIO

La possibilità di emettere obbligazioni è un “ privilegio” riservato alle SPA e in accomandita per azioni, è anzi l’estensione a queste ultime di un privilegio spettante originariamente allo stato e tuttora largamente esercitate da quest’ultimo, con l’emissione di titoli del debito pubblico o da altri enti pubblici. In questa più vasta categoria dei titoli di debito, le obbligazioni di società si distinguono, quali titoli di debito privati. La loro emissione è subordinata ad una serie di garanzie, imposte a protezione del pubblico degli investitori:

a) Le obbligazioni non possono essere emesse per somma eccedenti il capitale versato ed esistente secondo l’ultimo bilancio approvato, ed il capitale sociale non può successivamente all’emissione di obbligazioni, essere ridotto se non in proporzione delle obbligazioni già rimborsate.

Il limite del capitale versato ed esistente può essere superato, solo le obbligazioni sono garantite da ipoteca su immobili di proprietà sociale, sino a 2/3 del valore di questi, o quando l’eccedenza dell’importo delle obbligazioni rispetto al capitale è garantita da titoli nominativi o garantiti dallo stato.

b) L’emissione di obbligazioni deve essere deliberata dall’assemblea straordinaria; la relativa deliberazione deve essere depositata entro 30 gg presso l’ufficio del registro delle imprese con le eventuali autorizzazioni richieste. L’atto costitutivo o una sua successiva modificazione può attribuire agli amministratori per un periodo massimo di 5 anni la facoltà di mettere in una o più volte e fino ad un ammontare predeterminato, obbligazioni anche convertibili. Per l’emissione di obbligazione superiore a 100 MDL ( anche se deliberata o effettuata a più riprese) è necessaria l’autorizzazione del Ministro del tesoro sentita la Banca D’Italia. Ciascuna obbligazione deve a norma dell’art. 2413 indicare:


La denominazione, l’oggetto e la sede della società, con l’indicazione dell’ufficio del registro delle imprese, presso il quale la società è inscritta.

Il Capitale sociale versato ed esistente al momento dell’emissione

La data della deliberazione dell’assemblea e della sua inscrizione nel registro

L’ammontare complessivo delle obbligazioni emesse, il valore nominale di ciascuna, il saggio degli interessi, e il modo di amento e di rimborso.



L’ORGANIZZAZIONE DEGLI OBBLIGAZIONISTI

L’obbligazionista non è solo un creditore della società, egli diventa nel momento stesso in cui sottoscrive l’obbligazione , membro di un gruppo organizzato la cui disciplina è determinata dal codice civile.

L’organizzazione del gruppo si articola in una assemblea degli obbligazionisti che a sua volta nomina di triennio in triennio un rappresentante comune, anche non obbligazionista.

All’assemblea degli obbligazionisti spetta, in particolare di deliberare sulle modificazioni delle condizioni del prestito; sulla proposta di amministrazione controllata e di concordato; e più in generale sugli altri oggetti di interesse comune degli obbligazionisti. Il che significa che l’obbligazionista non può individualmente opporsi alla modificazione delle condizioni contrattuali originariamente pattuite: egli può solo dare in assemblea il suo voto contrario, ma sarà poi vincolato dalla deliberazione presa dalla maggioranza. Al singolo obbligazionista non è solo impedito di agire individualmente nei confronti della società a tutela dei propri diritti. Gli sono, tuttavia consentite solo quelle azioni individuali che siano compatibili con le deliberazioni prese dall’assemblea. L’assemblea degli obbligazionisti è regolata con rinvio alle norme sulla assemblea straordinaria delle SPA. Alla società mittente è assicurata la possibilità di una certa ingerenza, nell’assemblea degli obbligazionisti: l’assemblea può essere convocata oltre che dal rappresentante comune degli obbligazionisti anche dagli amministratori della società, quando l’uno o gli altri lo ritengono necessario o quando ne è fatto richiesta da tanti obbligazionisti che rappresentino il 20° dei titoli.

All’assemblea possono assistere gli amministratore e i sindaci con facoltà di parola, non è invece consentito di portare per le obbligazioni eventualmente possedute dalla società.


NATURA GIURIDICA DEI TITOLI AZIONARI

L’Azione è nella sua materialità un bene mobile, che può formare oggetto di diritti e del quale si può disporre come di qualsiasi altro bene mobile, del quale si può essere proprietari o possessori, Proprietari singoli o comproprietari, che si può vendere, permutare, donare, costituire in pegno, o in usufrutto etc.

E’ un bene a sé stante, distinto dai beni che compongono il patrimonio sociale, ma è un bene a sé stante che, pur tuttavia “ rappresenta” una frazione del capitale sociale. L’Azione ha un proprio valore nominale pari al quoziente della divisione del capitale sociale delle azioni, ma assume anche, nel corso della vita della società un valore reale, che può essere maggiore o minore di quello nominale e che si ricollega al maggiore o minor valore acquistato rispetto al capitale dal patrimonio sociale e più in generale all’andamento economico della società.

Nella sua funzione “ rappresentativa “ di quote di partecipazione alla società l’azione è un titolo di credito: essa rappresenta o “ incorpora “ la quota di partecipazione del socio, allo stesso modo con cui la cambiale e l’assegno “ incorporano” un diritto di credito. Dagli altri titoli di credito l’azione differisce per la particolare complessità della situazione giuridica che essa incorpora, non si tratta come nella cambiale o nell’assegno, di un singolo diritto di credito destinato ad essere esercitato con un unico atto, ma si tratta di una posizione contrattuale della posizione di parte nel contratto di società, implicante una pluralità di diritti ( il diritto di voto, agli utili etc.) suscettibili di ripetuti atti di esercizio, implicante oltre che diritti anche obbligazioni ( come l’obbligazione di eseguire il conferimento promesso). L’azione è un titolo di credito e ad essa si applicano perciò tutte le norme sui titoli di credito, ma è un titolo di credito causale e perciò privo del requisito della “ letteralità” ad esso non si applica la norma secondo la quale “ il debitore può opporre al possessore del titolo soltanto le eccezioni fondate sul contesto letterale del titolo” ( art. 1993 comma 1° C.C.) Si ritiene che la società emittente possa esigere dal compratore dell’azione i versamenti ancora dovuti, anche se sull’azione non è fatta menzione del fatto che essa non è interamente liberata.


SEGUE: L’ORGANIZZAZIONE DEGLI OBBLIGAZIONISTI

Al rappresentante comune spetta di dare esecuzione alle deliberazioni dell’assemblea di tutelare gli interessi comuni degli obbligazionisti nei rapporti con la società, di rappresentare gli obbligazionisti nelle procedure concorsuali della società. E gli è organo necessario dell’organizzazione degli obbligazionisti ( tant’è che, se non lo nomina l’assemblea degli obbligazionisti provvede a nominarlo il presidente del tribunale su domanda di uno o più obbligazionisti o degli amministratori della società) e la sua necessarietà si spiega per l’esigenza della società di avere sempre dinanzi a se un interlocutore abilitato a trattare per conto degli obbligazionisti.



IL DEBITO PUBBLICO


Generalità: Il debito pubblico è la risultante cumulativa dei prestiti (al netto dei rimborsi ) che lo Stato e gli altri Enti, che appartengono al settore pubblico contraggono periodicamente per far fronte ai saldi negativi di Bilancio (Deficit).

Il saldo di Bilancio del settore Pubblico è costituito dalla differenza tra le somme che affluiscono al settore Pubblico in un dato periodo di tempo a titolo di Imposte e Tasse e le Spese Pubbliche.

Un Saldo negativo significa che altri settori dell’economia hanno acquisito Titoli di Credito, nei confronti del Settore Pubblico o che esso è stato finanziato mediante ricorso a creazioni di mezzi monetari, di solito nella Forma di Assunzione di Debito nei confronti dell’Istituto di emissione.

Un Saldo Negativo(o Positivo), comporta un peggioramento ( o un miglioramento) delle pre-esistente posizione Finanziaria del Settore Pubblico nei confronti degli altri settori dell’economia, posizione che si può definire come la Somma Algebrica, nel tempo dei Saldi di Bilancio del Settore.

L’ammontare del debito Pubblico in un dato istante coincide con la posizione Finanziaria del Settore ora definita, che è di solito Negativa,.


TITOLI DEL DEBITO PUBBLICO.

VARIE CLASSIFICAZIONI:

I Titoli Rappresentativi del Debito Pubblico si differenzia per la diversa scadenza. Se hanno infatti forme di debito liquide per eccellenza come la creazione di base monetaria, che può essere infatti pensata come un debito non gravato da interessi, Titoli a breve scadenza, come i buoni ordinari del Tesoro, Titoli Obbligazioni a più lunga scadenza e infine Titoli Obbligazionari irredimibili.

Dal punto di vista dei sottoscrittori dei Titoli del debito il Prestito Pubblico può essere assorbito da settori dell’ economia Nazionale, oppure può essere emesso all’estero.

Il debito Pubblico Estero, non ha oggi tuttavia un rilievo notevole. Tra i Sottoscrittori Interni le Categorie più rilevanti sono la Banca Centrale, le Aziende di Credito, Le Famiglie e le Imprese. Il Debito Pubblico dello Stato, viene classificato in Debito consolidato, Redimibile e fluttuante.

Il Debito consolidato è costituito da Titoli Obbligazionari per i quali la data del rimborso, non è prefissata al momento dell’emissione, ma è lasciata alla discrezionalità dello Stato. Il debito Redimibile è costituito da Titoli a Medio e Lungo Termine, per i quali è prevista una data di scadenza e il cui Servizio è distribuito nel tempo secondo prefissati piani di ammortamento. Appartengono a questa categoria i Buoni Poliennali del Tesoro e i Certificati di Credito. Il Debito Fluttuante è costituito da Titoli di credito a breve scadenza ( i Buoni Ordinari del Tesoro a 3-6-l2 mesi) o anche semplicemente da debiti nei confronti di istituzioni monetarie e finanziarie ai quali non corrisponde una emissione di Titoli ( e fra questi il Canale principale è il conto di Tesoreria aperto presso la Banca d’Italia). Esaminiamo brevemente le varie specie di Titoli del debito pubblico:

I Buoni Ordinari del Tesoro rappresentano i cosiddetti Titoli a breve (a 3-6-l2 mesi) emessi dallo Stato. Questi Titoli fruttano un interesse che viene calcolato come differenza fra il prezzo di emissione e il prezzo di rimborso.

I Certificati di Credito del Tesoro hanno una scadenza Pluriennale (sono quindi Titoli a lungo Termine) e il tasso d’interesse varia ogni 6 mesi secondo a come varia il Tasso dei BOT Semestrali, maggiorato di un Tot chiamato SPREAD ( divario); l’interesse viene ato ogni 6 mesi.

I Certificati del Tesoro a cedola zero, sono così chiamati, non perché ano un interesse zero;nello stile BOT , l’interesse sta nella differenza fra il prezzo a cui sono emessi e il prezzi a cui saranno rimborsati dopo 18 o 24 mesi.

I Buoni del Tesoro Poliennali, sono Titoli a Tasso fisso, la cui durata và da 3 a 30 anni. Per tutta la durata heranno un cedola (es. 4%, fissata all’inizio, quando il Titolo viene emesso).

I Certificati del Tesoro, con opzione danno al risparmiatore la possibilità dopo un certo numero di anni ( di solito alla metà della vita del titolo) di trasformare il titola a tasso fisso in un altro, a tasso fisso più basso predeterminato al momento dell’emissione; oppure, se vede che l’operazione non gli conviene, gli si dà la possibilità di chiedere il rimborso anticipato.

Tutti questi Titoli sono Denominati in Euro dal 1° Gennaio 1999. Il Debito Pubblico Italiano è uno dei più grandi del mondo. Il rapporto tra debito pubblico e Prodotto interno lordo (PIL) è cresciuto notevolmente negli ultimi anni in un ottica di lungo periodo,. Che abbraccia tutto l’arco temporale successivo alla Storia d’Italia post-unitaria, possiamo osservare che la crescita del Rapporto Debito - PIL ha assunto proporzioni analoghe solo in altre 3 fasi, che hanno coinciso rispettivamente, la prima con l’impetuosa crescita della spesa Pubblica che ha contrassegnato i primi 35 anni di storia unitaria, le altre due con gli anni delle guerre Mondiali.

Pertanto l’attuale fase di grande espansione di Debito Pubblico assume carattere del tutto atipico, proprio perché non riconducibile a vicende eccezionali.

Oggi oltre il 50% del Debito Pubblico è costituito da Titoli a tasso fisso e a lunga scadenza.


SISTEMI E MODALITA’ DI EMISSIONE

Lo Stato può emettere il debito pubblico offrendo direttamente ai Sottoscrittori i Titoli ( Emissioni Diretta ) o collocandoli presso intermediari ( Emissione indiretta), oppure può seguire un Sistema Misto per cui un consorzio di Banche colloca i Titoli presso il pubblico per conto dello Stato, ne garantisce un minimo di sottoscrizione. Con l’emissione diretta lo Stato corre il rischio ove non calcoli esattamente il tasso effettivo di interesse e le condizioni offerte ai sottoscrittori siamo peggiori di quelle del mercato, di non riuscire di coprire interamente l’ammontare richiesto al mercato.

Con l’emissione indiretta cioè collocando l’intero ammontare del debito preso una Banca ad un consorzio di Banche che lo sottoscrivono interamente ed in proprio, salvo a collocarlo successivamente a poco sul mercato, lo Stato ricopre contro il rischio ricordato, ma naturalmente deve corrispondere un “ aggio”alle Banche.

Tale aggio consiste nella differenza tra il prezzo di acquisto dei titoli da parte delle Banche ed il prezzo superiore al quale essi vengono successivamente collocati sul mercato.Il sistema misto è quello che viene generalmente seguito.

Consiste nell’offerta diretta ala pubblico da parte dello Stato attraverso gli sportelli Bancari, mentre un consorzio di Banche garantisce il collocamento dell’intero ammontare dei titoli, assumendosi in proprio l’eventuale somma non sottoscritta dal pubblico.


CONVERSIONE DEI PRESTITI

Quando si parla di conversione, in un termine generale, si allude ad una operazione con cui lo Stato muta ( facoltativamente ed obbligatoriamente ) le condizioni del proprio debito. Una prima conversione può riguardarvela scadenza dei Titoli ( rinnovo). Lo Stato che alla scadenza o prima ancora della scadenza di un prestito non sia in grado di procedere alla sua estinzione, offre ai vecchi sottoscrittori un prestito nuovo a scadenza più lunga, contro versamento non di una somma di denaro, ma dei vecchi titoli che in tal modo rimangono estinti.

Talvolta, per l’accumularsi di prestiti a scadenza brevissima, lo Stato può fare un’operazione di consolidamento di portata molto ampia e non limitata ad un solo tipo di titolo. Una seconda conversione concerne il “ Tasso di Interesse “. Se il tasso di Interesse sul mercato, scende al di sotto di quello esistente, nel momento in cui il prestito viene emesso, lo Stato può offrire al possessore del titolo un’alternativa: o accettare il rimborso del prestito ( se si tratta di consolidato irredimibile) o il rimborso anticipato ( se si tratta di debito a scadenza fissa) oppure accettare una riduzione dell’interesse


AMMORTAMENTO DEL DEBITO

Salvo la forma ormai superata, del debito irredimibile, nelle altre formule il debito deve essere rimborsato. Da questo punto di vista, si possono avere prestiti a scadenza fissa, prestiti ad annualità temporanee e prestiti ammortizzabili. Con i primi lo stato si obbliga a rimborsare il capitale alla data convenuta al momento dell’emissione.

Con le annualità temporanee, che assumono forme che si avvicinano al mutuo vero e proprio, lo Stato procede al rimborso del capitale gradatamente.

Secondo un piano di ammortamento prestabilito assieme agli interessi annui, lo Stato rimborsa a ciascun sottoscrittore anche una quota di capitale, cioè ciascun sottoscrittore ogni anno, percepisce oltre l’ interesse anche una quota annua d’ammortamento del capitale. E’ un sistema che aumentando l’onere del Bilancio Pubblico, consente però di garantire l’estinzione del debito nel termine previsto. Nei Prestiti ammortizzabili le obbligazioni emesse vengono estinte per sorteggio annuo, al loro valore nominale, analogamente a quanto avviene per le obbligazioni private. Anche qui si procede secondo un piano di ammortamento prestabilito, normalmente con annualità costanti


La storia racconta che la prima vera e propria compravendita di titoli sia avvenuta intorno al 1500 nella città fiamminga di Bruges: i mercanti si davano appuntamento tra i canali (la cittadina belga di Bruges era considerata all’epoca la Venezia del nord) per vendere o acquistare titoli rappresentativi di un credito o di merce in viaggio da paesi lontani e che non poteva materialmente essere oggetto di scambio o di acquisto. Questa sorta di mercato organizzato avveniva in una piazza, e più precisamente le contrattazioni si effettuavano in un palazzo sulla cui facciata erano scolpite tre borse, stemma di famiglia dei Van De Bourse, e da cui deriverebbe il nome attuale di 'borsa'.


All’epoca quelli che acquistavano offrivano DANARO, mentre quelli che vendevano offrivano la LETTERA ossia il documento cartaceo, e da qui la diffusione dei due termini DANARO e LETTERA ancora oggi diffusi. Il danaro rappresenta quello che siamo disposti a are per acquistare titoli, la lettera è, invece, la richiesta di danaro da parte del venditore. Esempio: se la migliore offerta di acquisto è 15 €, si dice che il danaro è 15, mentre la lettera si rifà alla richiesta del venditore ed è di 15,02.


Da allora le Borse nel mondo si moltiplicarono: il 17 maggio 1792 nasce il mercato azionario più importante del mondo il NYSE (New York Stock Exchange), grazie ad un prestito di otto milioni di dollari contratto per finanziare la guerra di indipendenza contro la Gran Bretagna. Ancora oggi la NYSE si trova nella strada di Wall Street.


Molte altre città seguirono l’esempio americano, tra cui anche Milano che istituisce, con decreto napoleonico, la sua Borsa il 16 gennaio del 1808. In realtà all’epoca erano cinque le Borse italiane, oltre a Milano, c’erano Genova, Trieste, Livorno e Napoli. Originariamente nelle Borse erano scambiate sia merci che valute e titoli: la separazione avvenne nei primi del novecento ad opera di una legge organica del 1913 che per oltre ottant’anni sarà l’unica legge che detterà le regole di funzionamento.


Da allora e fino al 1991 la Borsa valori è stato un mercato organizzato, regolamentato e pubblico, in cui le regole operative erano fissate dalla legge e dagli organi di controllo come la CONSOB; da quell’anno scattarono le direttive della Comunità Europea sull’intermediazione mobiliare e i servizi di investimento, ponendo le premesse per la 'privatizzazione' dei mercati finanziari.


Attualmente la gestione del mercato azionario spetta ad una società per azioni, Borsa Italiana S.p.A., società privata con azionariato composto da Banche, SIM e da altri attori del mercato, ed è la sola responsabile dell’organizzazione e della gestione dei mercati mobiliari italiani e del Mercato Ristretto.



La Borsa è il mercato regolamentato dove si realizzano gli affari di compravendita finanziaria, ossia è il mercato organizzato per la negoziazione e lo scambio degli strumenti finanziari (azioni, obbligazioni e derivati) ad un determinato prezzo, che scaturisce dall’incontro effettivo tra domanda ed offerta.


Un mercato regolamentato è l’insieme di tutte le emissioni e delle negoziazioni di titoli rappresentativi di prestiti monetari e di finanziamenti: è un mercato mobiliare basato su una determinata regolamentazione relativa all’organizzazione e al funzionamento del mercato stesso. Secondo la disciplina comunitaria, un mercato può essere considerato regolamentato se possiede specifici requisiti:


  • La regolarità di funzionamento, ossia gli scambi devono avvenire secondo modalità predefinite, sia riguardo la fissazione del prezzo, sia riguardo il amento e/o il trasferimento del bene oggetto dello scambio.

  • Il rispetto degli obblighi di trasparenza definiti dalla direttiva 93/22/CEE, oltre all’iscrizione, da parte dell’autorità di vigilanza, dello stesso in un apposito albo (come stabilito dalla disciplina comunitaria).

  • L’approvazione, da parte dell’organo di vigilanza, delle regole e delle condizioni di accesso alle modalità di funzionamento.


La regolamentazione del mercato riguardo gli operatori ammessi alle transazioni, gli strumenti trattati, gli obblighi informativi a cui sono sottoposti i soggetti operanti, il meccanismo di determinazione del prezzo, le modalità di negoziazione, le procedure di liquidazione, hanno come obiettivo fondamentale quello di assicurare un’uniformità organizzativa e la standardizzazione degli strumenti utilizzati.


Il mercato regolamentato italiano per eccellenza è la Borsa Italiana S.p.A.




EVOLUZIONE DEI MERCATI REGOLAMENTATI IN ITALIA E COSTITUZIONE DELLA BORSA ITALIANA S.P.A.



Attraverso la legge n.1 del 2 gennaio 1991 è stato istituito il Consiglio di Borsa (divenuto operativo nel febbraio 1993) con il compito di gestire il MERCATO MOBILIARE nel suo complesso; tutte le competenze organizzative, tecniche e consultive dei precedenti organi locali sono state accentrate nell’unico organo di 'autogoverno pubblicistico' creato, mentre l’attività di vigilanza, gestione e organizzazione dei mercati è rimasta in capo alla CONSOB.


Con il Decreto Legislativo EUROSIM, n.415 del 23 luglio 1996, l’attività di organizzazione e gestione dei mercati regolamentati è passata dal controllo di organismi pubblici, ad attività d’impresa privata esercitata da società per azioni (art. 46): questo è stato il segnale della trasformazione dei mercati regolamentati da pubblici a privati. La gestione dei mercati regolamentati già esistenti (Borsa valori, il Mercato Ristretto, l’IDEM, l’MTS, e il MIF) è stata affidata a due società di gestione opportunamente costituite e controllate da intermediari finanziari: BORSA ITALIANA S.p.A., MTS S.p.A.


Il 7 febbraio 1997 il Consiglio di Borsa ha costituito, dopo approvazione della CONSOB, una società per azioni denominata BORSA ITALIANA S.p.A. il cui azionariato è composto da Banche, SIM, associazioni di emittenti ed altri attori del mercato, e contemporaneamente sono state chiuse le preesistenti Borse valori sul territorio nazionale italiano e tutti gli scambi sono stati concentrati presso la sede di Milano, diventata Borsa valori italiana.


A partire dal 1° gennaio 1998 la Borsa Italiana S.p.A. è divenuta una società di gestione dei mercati operativa a tutti gli effetti dal 1° settembre 1998 e retta da uno specifico regolamento (Regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.).


Attualmente la Borsa Italiana S.p.A. gestisce i mercati mobiliari italiani, svolgendo attività organizzative, produttive, commerciali e promozionali per assicurare la competitività e lo sviluppo dei mercati da essa gestiti, con l’obiettivo di massimizzare nel tempo la possibilità per i vari soggetti di negoziare alle migliori condizioni di liquidità, trasparenza e competitività e di sviluppare servizi per la comunità finanziaria, perseguendo la massima efficienza e redditività. In particolare, svolge le seguenti funzioni:


  • Definizione dell’organizzazione e del funzionamento dei mercati, delle modalità di accesso degli intermediari, nonché attività di vigilanza e di gestione delle situazioni di crisi;

  • Definizione della disciplina dei requisiti per l’ammissione a quotazione, della sospensione degli operatori e degli strumenti finanziari e revoca della stessa;

  • Gestione delle procedure e dei rapporti con gli emittenti per i contratti di quotazione;

  • Definizione dei profili organizzativi e stesura del codice di comportamento dei soggetti operanti sui mercati.


Fino al 1991 l’attività di negoziazione è stata esercitata esclusivamente dagli agenti di cambio, anno in cui sono state istituite le Società di Intermediazione Immobiliare (SIM). Oggi, in base all’articolo 3.1.1 del Regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A. 'possono partecipare alle negoziazioni nei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa italiana:


a.  gli agenti di cambio;


b. le banche nazionali, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate allo svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o di terzi ai sensi del Testo Unico della finanza;


c. le imprese di investimento nazionali, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate allo svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o per conto di terzi ai sensi del Testo Unico della finanza;


d. i locals (soggetti che svolgono esclusivamente attività di negoziazione per conto proprio e che aderiscono indirettamente agli organismi di compensazione e di liquidazione, nonché di compensazione e garanzia) con sede legale in uno stato comunitario ed autorizzati a negoziare su un mercato comunitario'.



Sempre nel 1991 (il 25 novembre) è stato creato il sistema di contrattazione telematico esteso, nel febbraio 1996, a tutti gli strumenti finanziari quotati. In tale data è stato definitivamente abbandonato il tradizionale meccanismo di contrattazione 'alle grida' (o a chiamata): la contrattazione di un titolo avveniva in un determinato momento della seduta di Borsa, durante la quale gli intermediari, intorno ad un recinto (corbeille) gridavano i prezzi ai quali erano disposti a vendere o ad acquistare finché non si trovava una controparte che accettasse la vendita o l’acquisto a quel determinato prezzo. Oggi tutti gli strumenti finanziari vengono negoziati attraverso il sistema telematico della Borsa valori, costituito da una rete di elaboratori e terminali, che permette di gestire automaticamente l’incrocio tra la domanda e l’offerta. Per vendere ed acquistare non è più necessario recarsi in un luogo specifico: lo scambio si perfeziona nel momento in cui una proposta di acquisto, immessa nel sistema telematico tramite un programma elettronico particolare, combaci con una proposta di vendita, anch’essa immessa con lo stesso sistema. In Borsa, oggi, le transazioni si realizzano senza che i venditori e gli acquirenti si parlino o si conoscano e visto che non ci si trova più in un luogo fisico, è possibile riversare nello stesso istante nel sistema borsistico telematico molteplici offerte di vendita e di acquisto, ciascuna relativa ad uno qualsiasi degli strumenti finanziari trattati sul mercato: il programma elettronico provvede a mettere in ordine tutte le proposte, distinguendo quelle di acquisto da quelle di vendita e incrociando quelle coincidenti di segno opposto.


Il singolo investitore non può acquistare o vendere strumenti finanziari direttamente in Borsa, ma per le sue transazioni deve affidarsi ad un intermediario autorizzato (banca o SIM) al quale dovrà espressamente indicare di volta in volta, l’esatto strumento finanziario su quale deve essere eseguito l’ordine, la quantità ed eventualmente il prezzo.


Nel momento in cui si vuole effettuare una compravendita, la prima decisione da prendere riguarda la scelta tra le diverse alternative di un ordine:


  • Ordine al meglio (market): sono disponibile ad acquistare o a vendere una determinata quantità di titoli al prezzo in quel momento in vigore sul mercato. Questo può essere considerato un ordine rischioso in quanto non si è mai sicuri del prezzo al quale viene conclusa la transazione.

  • Ordine con limite di prezzo (limit): sono disponibile ad acquistare un titolo ad un prezzo non superiore ad un determinato valore o a vendere ad un prezzo non inferiore ad un determinato valore.

  • Ordine curando: ossia per le mie transazioni mi affido all’esperienza dell’intermediario, sarà lui a scegliere per me le migliori proposte che si presenteranno nella giornata.

  • All or none (tutto o nulla): sono disponibile a vendere e ad acquistare solo esclusivamente ad un certo prezzo e per una determinata quantità, se così non avviene l’operazione viene annullata.

  • Stop: l’odine di vendere o comprare parte solo dal momento in cui il prezzo del titolo raggiunge una soglia prestabilita; da quel momento in poi l’ordine si trasforma in un ordine al meglio.

  • Day (giornaliero): sono disponibile ad acquistare e a vendere ad un certo prezzo ma se tale prezzo non è raggiunto alla fine della giornata borsistica l’ordine viene cancellato.

  • Open (good till cancelled, valido finché non cancellato): sono disponibile a vendere o ad acquistare senza nessun nessun limite temporale fino a quando l’ordine non è eseguito o cancellato (viene cancellato automaticamente se non eseguito alla fine del mese).

  • Fill or kill: sono disponibile a concludere la transazione ad un dato prezzo (o prezzo migliore), ma se l'’ntermediario non riesce a concludere lo deve cancellare.

Il singolo investitore non può acquistare o vendere strumenti finanziari direttamente in Borsa, ma per le sue transazioni deve affidarsi ad un intermediario autorizzato (banca o SIM) al quale dovrà espressamente indicare di volta in volta, l’esatto strumento finanziario su quale deve essere eseguito l’ordine, la quantità ed eventualmente il prezzo.


Nel momento in cui si vuole effettuare una compravendita, la prima decisione da prendere riguarda la scelta tra le diverse alternative di un ordine:


  • Ordine al meglio (market): sono disponibile ad acquistare o a vendere una determinata quantità di titoli al prezzo in quel momento in vigore sul mercato. Questo può essere considerato un ordine rischioso in quanto non si è mai sicuri del prezzo al quale viene conclusa la transazione.

  • Ordine con limite di prezzo (limit): sono disponibile ad acquistare un titolo ad un prezzo non superiore ad un determinato valore o a vendere ad un prezzo non inferiore ad un determinato valore.

  • Ordine curando: ossia per le mie transazioni mi affido all’esperienza dell’intermediario, sarà lui a scegliere per me le migliori proposte che si presenteranno nella giornata.

  • All or none (tutto o nulla): sono disponibile a vendere e ad acquistare solo esclusivamente ad un certo prezzo e per una determinata quantità, se così non avviene l’operazione viene annullata.

  • Stop: l’odine di vendere o comprare parte solo dal momento in cui il prezzo del titolo raggiunge una soglia prestabilita; da quel momento in poi l’ordine si trasforma in un ordine al meglio.

  • Day (giornaliero): sono disponibile ad acquistare e a vendere ad un certo prezzo ma se tale prezzo non è raggiunto alla fine della giornata borsistica l’ordine viene cancellato.

  • Open (good till cancelled, valido finché non cancellato): sono disponibile a vendere o ad acquistare senza nessun nessun limite temporale fino a quando l’ordine non è eseguito o cancellato (viene cancellato automaticamente se non eseguito alla fine del mese).

  • Fill or kill: sono disponibile a concludere la transazione ad un dato prezzo (o prezzo migliore), ma se l'’ntermediario non riesce a concludere lo deve cancellare.

Nei mercati regolamentati come quello azionario italiano non esiste un unico prezzo a cui i vari titoli vengono scambiati durante una giornata di Borsa, ma ve ne sono molteplici. I principali tre sono: il prezzo di apertura, il prezzo di riferimento, il prezzo ufficiale.


Il PREZZO DI APERTURA: è calcolato in base ad una complessa procedura di calcolo e serve per aprire la giornata di Borsa; a questo prezzo, diverso per ogni titolo, sono eseguiti tutti gli ordini di vendita e di acquisto immessi nel sistema telematico prima dell’inizio della giornata e che possono essere accopiati con un ordine complementare di vendita su uno stesso titolo.


Il PREZZO DI RIFERIMENTO: è calcolato per avere un quadro della situazione sui rapporti tra domanda ed offerta a fine giornata, esso è pari alla media ponderata dei prezzi cui è stato eseguito l’ultimo 10% delle transazioni di ciascun titolo. I pesi di ponderazione sono dati dalle quantità di titoli scanbiati in ogni singola transazione che rientra nell’ultimo 10% della giornata. Esso per essere più significativo può essere confrontato con il prezzo di apertura.


Il PREZZO UFFICIALE : fornisce un punto di rferimento per valutare l’andamento delle contrattazioni nell’arco dell’intera giornata, esso è pari alla media ponderata dei prezzi ai quali sono stati eseguiti tutti gli scambi durante una seduta di Borsa. Si può desumere l’andamento delle quotazioni di un titolo dalla variazione del suo prezzo ufficiale nell’arco di un determinato periodo.


Il meccanismo di formazione dei prezzi in Borsa si basa sulla presenza degli ordini con limiti di prezzo. Tali ordini, infatti, se non trovano immediata esecuzione si accumulano formando il cosiddetto 'book' (libro) di negoziazione, in cui sul lato sinistro ci sono tutte le proposte di acquisto (danaro) in ordine decrescente di convenienza di prezzo e sul lato destro ci sono tutte le proposte di vendita (lettera) in ordine decrescente di convenienza. Ad ogni prezzo sono associate anche le rispettive quantità. A parità di prezzo saranno eseguiti gli ordini secondo priorità cronologica, quelli cioè inseriti prima sul mercato. Queste regole di negoziazione valgono nella cosiddetta fase in 'continua', perché nella fase di apertura, viene fissato un solo prezzo considerando tutti gli ordini con limite di prezzo presenti sul mercato: esso sarà quello che soddisfa il maggior numero di ordini con limiti di prezzo presenti sul mercato stesso. Prima saranno soddisfatti tutti gli ordini che saranno eseguibili al prezzo di apertura, poi tutti gli ordini al meglio e tutti gli ordini di acquisto con limite di prezzo superiore a quello di apertura o quelli di vendita con limite di prezzo inferiore a quello di apertura: con questo sistema un ordine al meglio verrà sempre eseguito, l’unica incertezza riguarderà il prezzo a cui sarà eseguito.


Le Offerte Pubbliche di Vendita (OPV) o Initial Pubblic Offering (IPO), secondo la terminologia inglese, sono quelle operazioni finanziarie con cui delle società collocano quote più o meno grandi del capitale sociale (azioni), accedendo in questo modo alla quotazione in Borsa. Tali offerte prevedono la pubblicazione di un prospetto informativo, approvato dalla CONSOB, che riporta le principali informazioni sul titolo e sull’offerta; generalmente le OPV riguardano la collocazione sul mercato delle azioni già esistenti e che erano nelle mani di precedenti azionisti. Esse in Italia negli ultimi anni sono aumentate notevolmente, grazie anche alla spinta verso la privatizzazione di numerose aziende da parte dello Stato ed all’ingresso di numerose piccole e medie aziende in Borsa, soprattutto nel Nuovo Mercato.


Le Offerte Pubbliche di Sottoscrizione (OPS) sono, invece, delle operazioni finanziarie attraverso cui vengono collocati sul mercato titoli di nuova emissione e la società in oggetto procede ad un aumento di capitale destinato alla quotazione: l’azienda emette nuove azioni e l’introito finisce nelle casse dell’azienda che può in questo modo finanziare i suoi progetti di espansione ed investimento.


L’Offerta Pubblica di Acquisto (OPA)
è un’operazione finanziaria in cui un soggetto chiede al mercato di acquistare tutti i titoli di una determinata società ad un prezzo predefinito e, salvo successive operazioni di nuova offerta al mercato, il titolo viene ritirato dalla vendita se l’adesione all’offerta è totalitaria. L’OPA quindi serve a mettere sullo stesso piano tutti gli azionisti che possono così decidere di cedere le loro azioni tutti alle stesse condizioni, evitando che nel caso del passaggio del controllo di una società da un’azionista ad un altro, gli unici a beneficiare fossero solo gli azionisti di controllo e non anche i piccoli azionisti.


Gli indici di Borsa svolgono un ruolo fondamentale nel panorama delle contrattazioni, in quanto permettono di avere una visione chiara dell’andamento di un determinato mercato: basta confrontare il valore assunto dal rispettivo indice di Borsa in due date differenti, oppure in tutte le giornate all’interno di un determinato periodo. Gli indici sono espressi in funzione di una base che può assumere valori diversi a seconda del tipo di indice: in centesimi oppure in millesimi. Gli indici di Borsa, calcolati perlopiù sulla base dei prezzi ufficiali, sono ottenuti come medie dei prezzi dei titoli presenti in un dato mercato o su un particolare segmento di mercato e sono uno strumento immediato per valutare in quale direzione si sta muovendo il mercato azionario e con quale intensità. I due principali indici del mercato azionario italiano sono il Mib e il Comit, che riassumo in un unico valore le quotazioni a prezzi ufficiali di tutti i titoli trattati sul mercato. Tuttavia l’unica vera e propria differenza fra i due è la base: per il Comit la base è rappresentata dalla quotazione media di mercato nel 1972 ed essa è posta uguale a 100, per il Mib la base è fissata pari a 1000, sia nella versione storica dell’indice (base 2 gennaio 1975) sia in quella corrente (capitalizzazione di mercato alla fine dell’anno precedente.



  • Il Comit tiene conto di tutti i titoli quotati alla Borsa di Milano ed è calcolato come media dei prezzi ufficiali di Borsa dei singoli titoli ponderati per le rispettive capitalizzazioni (i titoli più importanti nel listino, come ad esempio Telecom, Eni, Enel..ecc. hanno un peso maggiore nel determinare l’andamento dell’indice); esso viene calcolato solo una volta al giorno dopo la chiusura della sessione ufficiale del mercato.

  • Il Mib, calcolato in base alla capitalizzazione di mercato alla fine dell’anno precedente, è un ottimo indicatore in quanto consente di sapere immediatamente quale sia stata la performance di Borsa da inizio anno. Se, ad esempio, il Mib corrente assume valore pari a 1.100 punti, significa che la Borsa da inizio anno è cresciuta del 10%.


Infatti (1.100 – 1.000) = 100






Oltre agli indici generali, la cui funzione è quella di rappresentare in maniera sintetica l’andamento di tutto il mercato azionario, ci sono anche degli indici parziali che evidenziano la quotazione soltanto di un gruppo di titoli, classificati in base ad uno specifico criterio. Il vantaggio più evidente del calcolo di questi indici parziali è quello di dare un’indicazione dell’andamento dei titoli più richiesti dal mercato; generalmente hanno una buona rappresentatività dell’andamento generale in quanto i titoli che li compongono costituiscono di norma una quota molto elevata della capitalizzazione del mercato (dal 70% in su).


  • Mib30 ed il Midex : il primo considera i 30 titoli più importanti della Borsa Italiana, il secondo prende invece in considerazione i 25 titoli a media capitalizzazione (quelli subito successivi come importanza ai 30 titoli che fanno parte del Mib30). La Borsa Italiana rivede periodicamente la composizionej del Mib30 e del Midex in base ad alcuni indicatori statistici (criteri della liquidità e della capitalizzazione). La revisione viene effettuata semestralmente (marzo e settembre) anche se sono previste delle revisioni straordinarie in caso di fusioni tra società sui titoli che fanno parte di questi indici.

QUALI MERCATI GESTISCE


Premesso che ci sono diverse modalità per investire nel mercato di borsa:


  • Investire direttamente, prendendo le decisioni personalmente;

  • Affidarsi ad un intermediario per una gestione personalizzata dei propri risparmi;

  • Investire in fondi pensione, assicurazioni vita, affidando ai gestori tutte le scelte e le decisioni;


l’acquisto o la vendita di azioni e più in generale di tutti gli strumenti finanziari, non può essere fatta dal singolo investitore, o dalla generica impresa ma solo dagli intermediari finanziari o dalle SIM autorizzate, questo al fine di garantire la massima sicurezza e trasparenza delle transazioni.


La Borsa Italiana S.p.A. gestisce diversi mercati al fine di fornire un efficiente canale di finanziamento adatto a tutte le tipologie di valori quotati; in linea di principio per ogni strumento c’è un mercato diverso. Ad un primo livello, la Borsa Italiana può essere suddivisa in CINQUE grossi segmenti:


IL MERCATO AZIONARIO, nel quale si negoziano tutti i tipi di azioni, le obbligazioni convertibili, i diritti d’opzione, i warrant, i cover warrant e i certificati rappresentativi di quote di fondi chiusi mobiliari ed immobiliari.


IL MERCATO TELEMATICO DEI COVERED WARRANTS, nel quale si negoziano i Covered Warrant (su azioni, titoli di Stato, tassi di interesse, valute, indici e merci) e dei certificates quotati in Borsa.


IL MERCATO AFTER HOURS, nel quale si effettua la negoziazione di strumenti finanziari in orari successivi alla chiusura del mercato diurno.


IL MERCATO DEL REDDITO FISSO, ossia il mercato telematico delle obbligazioni e dei Titoli di Stato


MERCATO DEI DERIVATI, nel quale sono negoziati contratti futures e di opzione aventi come attività sottostante strumenti finanziari, tassi di interesse, valute, merci e relativi indici.



Il mercato azionario di Borsa Italiana si articola in tre mercati: il Mercato Telematico Azionario (Mta), il Mercato Ristretto e il Nuovo Mercato.


  • IL MERCATO TELEMATICO AZIONARIO (Mta): è il to della Borsa valori italiana in cui si negoziano azioni (ordinarie, privilegiate e di risparmio), obbligazioni convertibili, warrant, diritti d’opzione e certificati rappresentativi di quote di fondi mobiliari e immobiliari chiusi quotati in Borsa (art.1.3 del regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.). L’Mta è gestito dalla Borsa Italiana S.p.A. (società di gestione) secondo le norme previste nel regolamento deliberato dall’Assemblea ordinaria della stessa società il 20 dicembre 1999 e approvato dalla CONSOB con delibera n. 12324 del 19 gennaio 2000. Dal 1991 il mercato azionario è divenuto un mercato telematico, e l’adozione di tale modalità di contrattazione ha sostituito quella 'alle grida', inizialmente, per una rosa ristretta di azioni, successivamente (aprile 1994), per tutto il listino azionario. L’Mta è un mercato ad asta, in cui le negoziazione e gli scambi degli strumenti finanziari avvengono attraverso un meccanismo d’asta, che fa incontrare domanda ed offerta: lo scambio si compie tra chi offre il prezzo più basso in offerta e chi offre il prezzo più alto in domanda. I titoli sono scambiati attraverso un meccanismo a doppio lato (two side): le offerte di prezzo vengono fatte sia dagli acquirenti che dai venditori delle azioni. Il sistema telematico, gestito dalla SIA, visualizza le proposte di negoziazione all’interno di un libro (book) che e sui terminali degli operatori autorizzati. A partire dal 2 aprile 2001, con l’avvio dell’operatività del segmento STAR, il Mercato Telematico Azionario è stato suddiviso in base alla capitalizzazione degli strumenti negoziati, nei seguenti segmenti:

  • Blue Chips, è il segmento dedicato alle azioni con capitalizzazione superiore ad un livello attualmente stabilito in 800 milioni di euro, in cui sono comprese tutte le società inserite del Mib30 (i 30 principali titoli per capitalizzazione e liquidità), e le società del Midex (le 25 società successive per capitalizzazione a quelle comprese nel Mib30).

  • STAR, è il segmento che riguarda le aziende con capitalizzazione medio – piccola, inferiore a 800 milioni di euro, che operano nei settori più tradizioali dell’economia; tali aziende, per incrementare la visibilità e la qualità della propria immagine sul mercato e rientrare nel target degli investitori istituzionali, si impegnano a soddisfare requisiti più pressanti legati al flottante, alla trasparenza dell’informativa societaria, al sostegno della liquidità da parte di uno specialista.

  • Segmento di Borsa Ordinario, nel quale sono presenti società che non rientrano nei segmenti precedenti, esso è suddiviso a sua volta in due classi in funzione della loro liquidità, misurata in termini di frequenza e controvalore medio giornaliero degli scambi.

  • MTF, è il segmento su cui si negoziano ETF (Exchange – Traded Funds) e Funds (Aperti indicizzati, SICAV Indicizzate, Fondi chiusi Immobiliari e Mobiliari).

  • Il MERCATO RISTRETTO: è il mercato nel quale si negoziano contratti di compravendita relativi ad azioni, obbligazioni, warrant e diritti d’opzione con requisiti meno stringenti rispetto a quelli previsti per l’ammissione sull’Mta o comunque legati a condizioni particolari, come clausole di plelazione e gradimento. I titoli quotati su tale mercato sono emessi da società di dimensione mediamente inferiore rispetto a quelle presenti sull’Mta; esso svolge funzione di banco di prova sia per l’emittente dei titoli sia per l’investitore. E’ stato istituito nel 1977, dopo l’approvazione della legge n.° 49 del 23 febbraio 1977, che ne ha originariamente disciplinato il meccanismo di funzionamento. La sua istituzione aveva una precisa finalità: consentire la quotazione e la negoziazione di strumenti finanziari non ancora 'maturi' per essere ammessi sulla Borsa ufficiale, pur facendo registrare numerosi scambi o essendo legati a clausole particolare di prelazione e gradimento, tali da non consentire il regolare svolgimento delle negoziazioni di Borsa. In realtà oggi il Mercato Ristretto non rispecchia le finalità previste dal legislatore e dell’originale previsione mantiene solamente le regole di funzionamento e i requisiti di ammissione semplificati rispetto agli altri mercati.

  • IL NUOVO MERCATO: è il mercato regolamentato organizzato e gestito dalla Borsa Italiana S.p.A., in cui si negoziano, per qualsiasi quantitativo, azioni ordinarie, obbligazioni convertibili, warrants e diritto d’opzione di emittenti nazionali ed esteri con elevate potenzialità di crescita operanti sia in settori innovativi, sia tradizionali purchè caratterizzate da innovazioni di prodotto, servizio o processo ('high growth companies'). Il Nuovo Mercato è stato costituito nel maggio del 1999 al fine di creare un segmento borsistico per rispondere alle specifiche esigenze di finanziamento delle imprese operanti in settori molto dinamici, innovativi e ad alto potenziale di sviluppo. Si tratta di imprese operanti in settori ad alto sviluppo tecnologico, di imprese operanti in settori 'tradizionali' ma che puntano sull’innovatività dei processi e dei prodotti, società giovani (start – up) che necessitano di capitali per sviluppare i propri progetti, società già quotate su altri mercati esteri che desiderano allargare la propria base azionaria. I requisiti di ammissione al Nuovo Mercato sono meno stringenti rispetto a quelli del listino principale; basta la pubblicazione ed il deposito di un solo bilancio d’esercizio, senza nessun vincolo minimo di utile, fatturato o dimensione dell’attivo; offerta minima pari al 20% del capitale, con deroga in caso di doppia quotazione (quotazione su 2 o più mercati); l’offerta minima di azioni deve avere un controvalore di almeno 5 milioni di euro (quasi 10 miliardi di lire); patrimonio netto non inferiore a 1,5 milioni di euro. Al Nuovo Mercato generalmente si rivolgono sia società già esistenti e che hanno progetti di espansione, sia società che hanno da poco iniziato l’attività con delle idee da finanziare, ma fatturati ridotti (anche se con forti prospettive di crescita) e forti perdite (legate al sostenimento dei costi di avvio dell’attività). Dal punto di vista operativo il Nuovo Mercato segue gli stessi orari e procedure di negoziazione del segmento principale di borsa, solamente che a differenza di questo non esistono lotti minimi di negoziazione: è possibile acquistare o vendere anche una sola azione, questo allo scopo di facilitare la partecipazione agli investimenti anche al piccolo risparmiatore. In tal senso il Nuovo Mercato offre vantaggi sia alle aziende, le quali hanno una procedura di quotazione più semplice, sia agli investitori, i quali hanno la possibilità di impegnare somme di denaro anche contenute con le stesse garanzie di trasparenza che caratterizza la borsa tradizionale.


Il Mercato Telematico dei Cover Warrant è il to della Borsa valori italiana sul quale sono negoziati covered warrants (su azioni, titoli di stato, tassi d’interesse, valute, indici e merci) e Certificates quotati in Borsa, per quantitativi minimi (lotto minimo) o loro multipli. Esso è un mercato ad asta, in cui la negoziazione e lo scambio degli strumenti finanziari avvengono attraverso un meccanismo d’asta, che fa incontrare domanda ed offerta: lo scambio si effettua tra chi offre il prezzo più basso in offerta e chi offre il prezzo più alto in domanda. Con lo scopo ultimo di rendere più facilmente consultabile il listino dei covered warrant è stata introdotta una segmentazione che, pur non avendo nessuna differenza nelle modalità di negoziazione, ripartisce gli strumenti in classi omogenee per tipologia di struttura: segmento plain vanilla, benchmark, certificates e segmento strutturati/esotici. Possono essere ammessi a quotazione sul MCW (in base all’art.2.2.15 del Regolamento dei mercati organizzati) i covered warrant emessi da: società o enti nazionali o esteri sottoposti a vigilanza prudenziale; Stati o enti sovranazionali; società o enti per i quali i rapporti obbligatori connessi all’emissione siano garantiti da un soggetto (garante) che presenti i requisiti specificati nello stesso regolamento.



Dal 15 maggio 2000 la Borsa italiana ha dato vita ad una fase di negoziazione serale (Trading Afeter Hours, TAH); questa ha inizio alle ore 18.00 (30 minuti dopo la conclusione della fase diurna) e termina alle 20.30 ( a regime, vi sarà l’estensione di tale orario fino alle 22.00). Attualmente, in tale mercato sono negoziati solo una parte dei titoli quotati alla Borsa italiana e soprattutto solo quelli più liquidi, cioè quelli che fanno parte dell’indice Mib30 e del Midex, ed alcune azioni e covered warrant del Nuovo Mercato. La negoziazione degli strumenti finanziari avviene attraverso un meccanismo ad asta, che fa incontrare domanda ed offerta: lo scambio ha luogo tra chi offre il prezzo più basso in offerta e chi offre il prezzo più alto in domanda. Il progetto della Borsa serale è stato creato sulla base delle nuove esigenze espresse dagli investitori italiani e stranieri ed ha incontrato anche il consenso degli intermediari che possono così ampliare l’offerta dei servizi a risparmiatori ed investitori. Tuttavia la fase serale della Borsa italiana presenta vincoli più restrittivi rispetto a quelli in vigore durante la fase diurna: visto l’aspetto ancora sperimentale di questo mercato e i timori di illiquidità degli scambi (scarsità delle proposte di acquisto e vendita possono causare un’elevata volatilità dei prezzi) la Borsa italiana ha deciso di fissare a +/- 3,5% l’oscillazione massima dei prezzi di contrattazione al prezzo di riferimento registrato durante la fase diurna che fa scattare la sospensione del titolo. Tale vincolo, nonostante sia posto a protezione del risparmiatore, ha limitato il successo di questo mercato in quanto oscillazioni troppo limitate dei prezzi costituiscono un vero e proprio freno all’operatività dei trader.


Il Mercato Telematico delle Obbligazioni e dei Titoli di Stato (MOT) è il to della Borsa Italiana S.p.A. in cui si negoziano obbligazioni diverse dalle obbligazioni convertibili e Titoli di Stato, in quantitativi minimi (lotti minimi) o lo multipli (art.4.4.1 del regolamento dei mercati organizzati e gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.); la Borsa Italiana stabilisce i quantitativi minimi negoziabili bilanciando, le esigenze di funzionalità del mercato, l’agevolazione all’accesso al mercato stesso da parte degli investitori istituzionali e l’economicità nell’esecuzione degli ordini. Il MOT è un mercato finanziario al dettaglio, nato nel luglio del 1994 dall’unificazione in un unico mercato telematico delle 10 borse valori italiane. Esso è un mercato ad asta, in cui il sistema di negoziazione è strutturato in maniera da accoppiare gli ordini sulla base del prezzo (la priorità è data a chi è disposto a are di più) e delle quantità e, a parità di prezzo, si da la precedenza all’ordine emesso per primo. Le transazioni scaturiscono dall’incrocio di proposte di negoziazioni (PDN); le PDN sono ordinate automaticamente per ciascun strumento in ordine di prezzo, decrescente se in acquisto e crescente se in vendita. Gli strumenti finanziari negoziati sul MOT sono suddivisi in cinque segmenti di mercato, in base alla natura dell’emittente e del tipo di interesse:


  • BOT, BTP, CTE, CTZ;

  • CCT e CTO;

  • Obbligazioni denominate in lire;

  • Obbligazioni denominate in euro;

  • Obbligazioni denominate in valuta estera.


Inoltre, l’art.4.4.2 del Regolamento stabilisce una ulteriore ripartizione degli strumenti di ogni segmento sulla base di indicatori rilevati periodicamente quali il tipo, valore nominale e la liquidità. Gli orari di negoziazione sono diversi per ciascun segmento: la Borsa stabilisce limiti alle variazioni massime di prezzo e altre condizioni per assicurare il massimo ordine nello svolgimento delle negoziazioni. Inoltre queste avvengono in due fasi successive:


  • L’asta di apertura, che ha l’obiettivo di selezionare gli strumenti finanziari negoziabili e di determinare un prezzo iniziale (prezzo di apertura).

  • La negoziazione in continua, che ha il compito di rendere rapido ed efficiente lo svolgimento delle transazioni.


Ogni giorno la Borsa Italiana invia e diffonde, tramite supporto informatico, il Listino Ufficiale.



Il Mercato Italiano dei derivati si suddivide in due segmenti:


  • Il Mercato Italiano dei Derivati Azionari (IDEM – Italian Derivatives Market)

  • Il Mercato Italiano dei Derivati sui tassi di Interesse (MIF)


L’IDEM
è il mercato regolamentato gestito dalla Borsa Italiana S.p.A., in cui vengono negoziati contratti futures e contratti d’opzione che hanno come attività sottostante indici e singoli titoli azionari. L’IDEM è nato il 28 novembre 1994, con l’avvio delle negoziazioni telematiche sul FIB 30 (future sull’indice MIB30). Le modalità di negoziazione avvengono in un’unica fase 'in continua', dalle 9.15 alle 17.40, in cui avviene anche la conclusione dei contratti. Le proposte di negoziazione sono immesse nel 'book' in forma anonima e devono contenere specifiche informazioni circa lo strumento oggetto della negoziazione, la quantità , il tipo di operazione, il tipo di conto e le condizioni offerte. Caratteristica principale di questo mercato è che gli scambi possono essere effettuati attraverso la presenza di operatori chiamati 'market makers' (iscritti nell’apposito albo), al fine ultimo di garantire la liquidità degli strumenti negoziati. Essi, infatti, sono degli intermediari finanziari che si impegnano a fornire in via continuativa proposte di acquisto e vendita su uno o più strumenti finanziari, quotati sui mercati regolamentati, per un ammontare minimo fissato di tali strumenti. Un investitore che desidera operare sugli strumenti finanziari negoziati sull’IDEM deve rivolgersi ad un intermediario, che confermi la sua adesione come clearing member alla Cassa di Compensazione e Garanzia; in particolare i soggetti abilitati ad operare sull’IDEM sono:


  • Imprese d’investimento: SIM e imprese d’investimento comunitarie ed extra-comunitarie;

  • Banche, se autorizzate dalla Banca d’Italia;

  • Agenti di cambio ancora in carica, operanti solo come broker, immettendo ordini solo per i loro clienti e non propri.


I contratti conclusi sono registrati in un apposito archivio elettronico, indicando una serie di informazioni (numero progressivo del contratto, l’ora di inserimento della proposta, la quantità e il prezzo unitario ecc.): tali informazioni sono inviate automaticamente dal sistema di riscontro e rettifica giornalieri al sistema di compensazione e garanzia.



Il Mercato Italiano dei Derivati sui tassi di interesse
(MIF), è il mercato regolamentato sul quale si negoziano i futures e le opzioni aventi come attività sottostante Titoli di Stato e tassi di interesse (future sul BTP a 10 anni, future sul BTP a 30 anni, future sul tasso EURIBOR a 1 mese e opzione sul BTP future). Il MIF è stato istituito il 18 febbraio 1992 con un decreto del Ministero del Tesoro, abrogato e sostituito dal nuovo decreto del 24 febbraio 1994 con il quale si è sancita una convenzione per il funzionamento e si è costituito un Comitato di Gestione. A seguito della privatizzazione dei mercati avvenuta con il decreto legislativo del 23 luglio 1996, nell’anno 1997 è stata costituita la società per azioni MIF S.p.A. , ceduta alla Borsa Italiana S.p.A. nel maggio del 1998. Il funzionamento, l’organizzazione e la gestione del MIF sono disciplinati da un Regolamento che stabilisce:


  • Le condizioni di ammissione;

  • L’esclusione e la sospensione dei contratti e degli operatori;

  • Le modalità di svolgimento delle negoziazioni,

  • Gli obblighi degli operatori;

  • La pubblicazione e la diffusione delle informazioni.


In base all’articolo 3.1.1 del Regolamento del MIF si stabilisce che possono partecipare alle negoziazioni:


  • Gli agenti di cambio autorizzati alla negoziazione per conto terzi (Testo Unico della Finanza);

  • Le banche nazionali, comunitarie, ed extracomunitarie autorizzate allo svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o per conto terzi (Testo Unico della finanza);

  • Le imprese di investimento nazionali, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate allo svolgimento dell’attività di negoziazione per conto proprio e/o per conto terzi (Testo Unico della Finanza);

  • I locals, con sede legale in uno stato comunitario ed autorizzati a negoziare su un mercato comunitario;

  • La Banca d’Italia, ammessa di diritto alle negoziazioni.

L’azione può essere definita come l’unità minima di partecipazione di un socio al capitale sociale di una società per azioni o in accomandita per azioni. Il titolo azionario non è altro che un certificato che rende il suo possessore socio di un determinata società: esso, quindi, rappresenta una parte del capitale sociale di un’impresa e da al titolare una serie di diritti garantiti, come indivisibilità, autonomia e circolazione sotto forma di certificato cartaceo. Ogni azione ha un valore nominale (uguale per tutte le azioni emesse dalla società) che è pari al capitale sociale diviso il numero di azioni emesse dalla società, e un valore di mercato che corrisponde, in caso di quotazione in Borsa, al prezzo effettivo sul quale si accordano per la compravendita un azionista che intende vendere ed un azionista che intende comprare (prezzo al quale le azioni quotate sono scambiate sui mercati regolamentati e che risulta giornalmente sul listino ufficiale di Borsa); il valore di mercato, per tale motivo, varia notevolmente ogni giorno in funzione della domanda e dell’offerta da parte degli investitori ed è per questo che esso può discostarsi anche di molto dal valore nominale. Ogni tipologia di azione, inoltre, attribuisce al possessore specifici diritti: diritti amministrativi (diritto di voto, diritto di impugnativa delle delibere assembleari, diritto di recesso, diritto d’opzione) e diritti economico – patrimoniali ( diritti al dividendo e diritto al rimborso). Esistono tre diversi tipi di azioni: ordinarie, di risparmio e privilegiate.


Le azioni ordinarie
sono la tipologia più comune di azione e sono quelle che attribuiscono la piena qualifica di azionista. Non assegnano ai detentori nessun privilegio in relazione alla distribuzione dei dividendi o alla ripartizione dell’attivo in sede di liquidazione della società, ma danno agli azionisti il diritto a partecipare ed a votare alle assemblee convocate per prendere le decisioni più significative relative alla vita della società stessa.


Le azioni di risparmio
sono azioni che godono di privilegi patrimoniali rispetto alle azioni ordinarie: possono essere emesse solamente da società con azioni ordinarie quotate sui mercati regolamentati. Le azioni di risparmio sono state introdotte esclusivamente per incentivare l’investimento azionario da parte dei piccoli risparmiatori, i quali, non essendo interessati all’esercizio dei diritti amministrativi (diritto di voto, diritti d’opzione), potessero avere migliori diritti economico – patrimoniali rispetto agli azionisti ordinari. Tali azioni hanno diritto ad un dividendo minimo garantito (dividendo annuo minimo pari al 5% del valore nominale) e comunque maggiorato rispetto a quello dato alle azioni ordinarie (un ammontare pari al 2%). Nel caso in cui la società non distribuisca utili, i possessori delle azioni di risparmio hanno il diritto di recuperare il dividendo minimo nei due anni successivi. In caso di scioglimento della società, tali azionisti hanno diritto di prelazione nel rimborso del capitale sugli azionisti ordinari. Infine, sono prive di diritto di voto e di intervento nelle assemblee ordinarie e straordinarie.


Le azioni privilegiate
attribuiscono ai titolari una preferenza rispetto alle azioni ordinarie in sede di distribuzione degli utili (prelazione sui dividendi o dividendo maggiorato rispetto alle azioni ordinarie) e di rimborso del capitale allo scioglimento della società. Tali azioni hanno delle limitazioni dei diritti amministrativi (non hanno diritto di voto, diritto d’impugnativa delle delibere assembleari, diritto di recesso, diritto d’opzione), conferiscono all’azionista il diritto a partecipare all’assemblea straordinaria (dove gli azionisti decidono le modifiche dell’atto costitutivo, aumenti o diminuzioni del capitale sociale, emissioni di obbligazioni, nomina e poteri dei liquidatori), ma non a quella ordinaria (dove viene approvato il bilancio, decisa la distribuzione degli utili e la nomina del consiglio di amministrazione).


Sono titoli di credito emessi da una società per azioni, da una società in accomandita per azioni, da un ente pubblico o da una banca per la raccolta di capitale di debito, ossia per reperire fondi da destinare ad investimenti di medio/lungo periodo da estinguere entro una certa data e secondo un piano di ammortamento prestabilito. A tutela del pubblico risparmio, nell’art. 2410 del c.c. si stabilisce che l’ammontare massimo di un prestito obbligazionario non può eccedere, in valore nominale, il capitale versato della società in base all’ultimo bilancio approvato. Tuttavia, è possibile emettere obbligazioni per un ammontare superiore al capitale versato quando: le obbligazioni sono garantite da ipoteca su immobili di proprietà dell’emittente, sino a due terzi del valore di questi; l’eccedenza dell’importo delle obbligazioni rispetto al capitale versato è garantita da titoli nominativi emessi o garantiti dallo Stato con scadenza non anteriore a quella delle obbligazioni; per particolari ragioni di economia nazionale l’emittente è autorizzato con provvedimento governativo. Le obbligazioni sono quindi dei certificati che rappresentano una frazione, di uguale valore nominale e con identici diritti, di un’operazione di finanziamento. Esse sono emesse allo scopo di reperire capitali da investire tra i risparmiatori a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle dei prestiti bancari. Tali condizioni vantaggiose derivano dal fatto che i possessori di obbligazioni possono smobilizzare il proprio investimento sul mercato secondario, che non partecipano al rischio d’impresa, né all’attività gestionale della stessa, non avendo diritto di voto nelle assemblee. Chi sottoscrive un’obbligazione diventa un creditore della società emittente (a differenza di un azionista che diventa socio) ed ha diritto alla riscossione dell’interesse e al rimborso del capitale a scadenza o sulla base di un piano di ammortamento predefinito. L’interesse può essere fisso o variabile, abile con cedola avente periodicità trimestrale, semestrale o annuale. La cedola è l’ammontare ato dall’emittente all’investitore e viene espressa in percentuale al valore nominale del titolo, ad esempio, una cedola annuale del 6% indica il amento di 6 lire ogni 100 di valore dell’obbligazione che verrà rimborsato alla scadenza.



Le obbligazioni convertibili sono particolari titoli a reddito fisso che, in aggiunta alle normali caratteristiche delle obbligazioni, incorporano il diritto per il portatore di decidere, entro un determinato periodo di tempo, se divenire socio oppure rimanere creditore della società. Esse attribuiscono il diritto potestativo di sottoscrivere azioni della stessa società emittente, in base ad un prefissato rapporto di cambio, utilizzando come conferimento le somme già versate al momento dell’acquisto delle obbligazioni: chi esercita il diritto di conversione cessa perciò di essere obbligazionista e diventa azionista della società. Le obbligazioni convertibili


  • Non possono essere emesse sotto la pari come avviene per altri titoli a reddito fisso;

  • Partecipano proporzionalmente a successivi aumenti di capitale;

  • Devono essere emesse in occasione di un aumento di capitale che si concretizzerà in emissioni di nuove azioni nei periodi stabiliti per la conversione, l’aumento di capitale così deliberato sarà sottoscritto via via che gli obbligazionisti eserciteranno il diritto di conversione.


L’emissione di tali obbligazioni viene deliberata dall’assemblea straordinaria dei soci, che decide anche il rapporto di conversione, ossia quante azioni si riceverebbero in cambio di un’obbligazione convertita e i tempi dell’operazione. All’emissione, esse devono essere offerte in opzione agli azionisti e ai possessori di obbligazioni convertibili precedentemente emesse, proporzionalmente alla rispettiva partecipazione al capitale: viene data in questo modo la possibilità di mantenere inalterata la propria posizione attuale o potenziale all’interno della società. La sottoscrizione delle obbligazioni convertibili consente di realizzare guadagni in conto capitale (ottenibili con le obbligazioni), con un rischio minore di quello degli azionisti: fino alla conversione si possiede un titolo di credito che da diritto alla corresponsione degli interessi e del valore di rimborso. Tale vantaggio è bilanciato da un rendimento iniziale minore di quello delle obbligazioni tradizionali della stessa durata, consentendo all’emittente di finanziarsi a condizioni migliori rispetto all’emissione di obbligazioni ordinarie.

Il future è uno strumento derivato costituito da un contratto a termine standardizzato con il quale le parti si impegnano a scambiare, ad una certa data, determinate attività finanziarie, ovvero a versare o a riscuotere un importo determinato in base all’andamento di un indicatore finanziario. Si tratta di un contratto bilaterale, che stabilisce l’impegno assunto da due controparti ad adempiere a scadenza una certa obbligazione, caratterizzato dalla standardizzazione, ossia dalla definizione precisa ed uniforme di tutti i termini dell’accordo: lo strumento sottostante al contratto (underlying), la quotazione, l’oscillazione minima della quotazione (tick), il valore dell’oscillazione (valore del tick), la data di liquidazione delle posizioni. Le controparti che sottoscrivono un future si impegnano a scambiarsi, in una data stabilita e prefissata e ad un prezzo (future price) definito nel contratto, l’ammontare di uno specifico bene reale o di strumenti finanziari sottostanti al contratto, il cui prezzo si forma sul mercato regolamentato relativo (prezzo spot). Nel gergho finanziario, chi acquista il future assume una posizione lunga; deve acquistare, a scadenza, l’attività sottostante al contratto (underlying), oppure chiudere la propria posizione vendendo un future analogo a quello acquistato, prima della scadenza. Allo stesso modo, chi vende un future assume una posizione corta e si impegna a consegnare a scadenza l’attività sottostante, oppure può chiudere la propria posizione prima della scadenza acquistando un contratto analogo a quello venduto. L’aumento del prezzo del future genererà profitti, in tal caso, a chi assumerà una posizione lunga e causerà perdite a chi assumerà una posizione corta. Caratteristica fondamentale di questi contratti è data dal fatto che essi non vengono stipulati tra due contraenti, ma giuridicamente tra ciascuno di essi e la Cassa di Compensazione e Garanzia (clearing house); tale organismo è la controparte istituzionale delle transazioni che elimina il rapporto diretto tra compratore e venditore. In pratica, essendo il future uno strumento altamente speculativo e per il quale non è necessario are l’intero controvalore per acquistarlo o detenere l’intero quantitativo dell’attività sottostante per venderlo, prima dell’apertura di una posizione, gli operatori devono versare un deposito cauzionale chiamato margine di garanzia iniziale, ossia una percentuale del valore nominale del contratto future fissata dalla Cassa di Compensazione e Garanzia, al fine di garantire l’adempimento dell’obbligazione che ha dato vita alla transazione. Se l’investitore ha una perdita e l’ammontare scende al di sotto del margine di mantenimento, egli è tenuto ad una integrazione, ossia al versamento di un nuovo margine di variazione pari alla somma necessaria per riportare il valore al livello del margine iniziale. Tuttavia se l’investitore non è in grado di far fronte a tale copertura, l’intermediario può chiudere la posizione per conto del cliente, concretizzando la perdita. Attraverso il sistema dei margini di garanzia iniziali viene limitato il rischio creditizio, questo margine non può essere intaccato, quindi utili o perdite vengono calcolati e regolati quotidianamente in funzione delle variazioni intervenute nelle quotazioni, come pure viene limitato il rischio economico, monitorato attraverso la liquidazione mark to market che consente di liquidare ogni giorno i margini di variazione per tutte le posizioni in essere. Tale tecnica garantisce l’effettivo adempimento di tutti i contratti future e serve ad evitare che gli speculatori assumano posizioni per le quali non riescano a sopportare il relativo onere finanziario.


ESEMPIO:


Il Fib 30 (il contratto future sull’indice Mib 30) riguarda un contratto di circa 250.000 euro. Il compratore versa solamente il mergine di garanzia, ipotizziamo del 7,5% (18.750 euro), se l’indice Mib30, per ipotesi, perde il 10%, la perdita sarà calcolata sul valore nominale del contratto e quindi sui 250.000 €, ed essa sarà pari a 25.000 €.



Il future è un contratto estremamente rischioso di cui è necessario monitorare continuamente l’andamento, ed è utilizzato generalmente dagli investitori istituzionali per la gestione del rischio, e più precisamente: per la copertura delle posizioni, quando si intende proteggere il valore dello strumento sottostante (underlying) da varaizioni indesiderate di prezzo; per obiettivi speculativi, quando lo si rivende/riacquista ad un prezzo più alto/basso; per arbitraggio, quando si sfrutta un momentaneo disallineamento tra l’andamento del mercato future e quello dello strumento sottostante.


Le opzioni sono uno strumento derivato formato da un contratto che stabilisce la cessione, da un venditore (writer) ad un compratore (buyer), dietro amento di un premio, di un diritto all’acquisto (opzione call), o alla vendita (opzione put), in una data futura (opzione europea), o entro una scadenza (opzione americana), di una certa attività finanziaria o reale (underlying), ad un prezzo fissato dal contratto (strike price). La natura contrattuale di tale strumento finanziario è stabilita dal Codice Civile (art.1331), il quale definisce l’opzione come un contratto in cui le parti convengono che una di loro rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra abbia la facoltà di accettare o meno la dichiarazione della prima; il venditore (writer) assume un impegno circa l’acquisto o la vendita dell’attività sottostante al contratto, secondo quanto stabilito nel contratto. Il compratore (buyer), invece, può accettare o meno la proposta del venditore, solo se l’accetta il contratto si perfeziona e si conclude. E’ per questo che il compratore (buyer) deve versare un premio per acquistare il diritto all’esercizio dell’opzione. Le opzioni, sia se negoziate sui mercati ufficiali (traded), sia se negoziate tra le parti tramite intermediari (over the counter) si suddividono in:


  • CALL OPTION – Il compratore ha il diritto di acquistare l’attività finanziaria oggetto del contratto al prezzo di esercizio prestabilito al momento della transazione. In seguito all’esercizio dell’opzione, il compratore acquisisce il diritto di assumere una posizione long (lunga) sull’attività finanziaria oggetto del contratto.

  • PUT OPTION – Il compratore ha il diritto di vendere l’attività finanziaria oggetto del contratto al prezzo di esercizio prestabilito al momento della transazione. In seguito all’esercizio dell’opzione, il compratore acquisisce il diritto di assumenre una posizione short (corta) sull’attività oggetto del contratto.


Con riferimento al prezzo di esercizio le options sono definite:



  • IN THE MONEY (ITM) – Il prezzo di esercizio è inferiore (call) o superiore (put) al prezzo di mercato dell’attività finanziaria sottostante (underlying).


CALL strike price < Prezzo di mercato


PUT strike price > Prezzo di mercato



  • AT THE MONEY (ATM) - Il prezzo di esercizio cioncide (call e put) con il prezzo di mercato dell’attività finanziaria sottostante (underlying).


CALL E PUT strike price = Prezzo di mercato



  • OUT OF THE MONEY (OTM) – Il prezzo di esercizio è superiore (call) o inferiore (put) al prezzo di mercato dell’attività finanziaria sottostante (underlying).


CALL strike price > Prezzo di mercato


PUT strike price < Prezzo di mercato



Per l’acquisto dello strumento derivato dell’ opzione l’acquirente a solo un PREMIO– prezzo di acquisto della opzione- e scommette sul rialzo (call) o sulla discesa (put) del prezzo di una determinata attività. Se la scommessa risulta vincente, l’acquirente incassa la differenza tra il prezzo dell’attività finanziaria e il prezzo di esercizio. Se la scommessa risulta perdente la massima perdita in cui incorre l’acquirente è il PREMIO ato; quindi, nel caso di un andamento sfavorevole del mercato, il amento del premio da parte del buyer svolge una funzione assicurativa costituendo un limite alla perdita, viceversa, nel caso di un andamento favorevole nei prezzi dell’underlying, il premio comporta una riduzione dei guadagni.


ESEMPIO: Si ipotizzi l’acquisto dell’opzione call (si scommette sul rialzo) di un titolo ENEL con un prezzo d’esercizio (strike price) di 8 €, andola 0,5 €, con scadenza il 30/11/2002. Se il titolo ENEL resta al di sotto dei 8 €, si perderà solo 0,5 € (perdita limitata, rispetto l’intero investimento effettuato) e non importa se il titolo scenderà ulteriormente a 6 € o a 5 €, la perdita rimarrà quella del premio ato di 0,5 €. Se il titolo subirà un rialzo ed il suo prezzo andrà a 10 €, si guadagnerà la differenza tra il prezzo di ENEL (10 €) e 8 €, quindi si guadagnerà 2 € (un guadagno del 400% sull’investimento iniziale di 0,5 €).



Per il venditore di un’opzione, invece, i rischi sono molto più alti dal momento che le perdite sono potenzialmente illimitate. L’opzione è uno strumento finanziario che si contraddistingue principalmente per la sua notevole flessibilità; essa può riferirsi a molteplici strumenti sottostanti quali materie prime, azioni, obbligazioni, tassi di cambio, tassi di interesse, futures, swaps, indici, ma può riguardare anche la data di esecuzione del contratto, la qualità della merce scambiata, la localizzazione geografica dello scambio. La finalità principale della negoziazione di questi strumenti finanziari è costituita, come per gran parte dei strumenti derivati, dalla gestione dei rischi finanziari: per coprire delle posizioni, quando si intende proteggere il valore dell’underlying da variazioni indesiderate di prezzo; per fini speculativi, quando si intendono realizzare strategie di investimento; per effettuare operazioni di arbitraggio, quando si intende sfruttare un momentaneo disallineamento tra l’andamento del mercato derivato e quello dell’oggetto sottostante.



Sono obbligazioni emesse dallo Stato per finanziare le proprie attività istituzionali; con la sottoscrizione pubblica di questi titoli lo Stato reperisce capitale di debito. I titoli di stato si distinguono in titoli a breve, medio e lungo termine, a seconda della data di rimborso del capitale, e titoli del debito consolidato, per i quali non è fissata, in sede di emissione, la data di rimborso. Le tipologie di titoli di stato sono:


a.  BOT – Buoni Ordinari del Tesoro


b. CTZ – Certificati del Tesoro Zero Coupon


c. CCT - Certificati di Credito del Tesoro


d. BTP – Buoni del Tesoro Poliennali



a. BOT – Buoni Ordinari del Tesoro


I Buoni Ordinari del Tesoro sono titoli di stato a breve termine (3, 6, e 12 mesi), sono titoli al portatore ammessi alla quotazione sui mercati regolamentati e più precisamente al mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di stato (MOT), per quantitativi limitati (lotti minimi di 1.000 € o multipli), ed al mercato telematico a pronti dei titoli di stato (MTS), per scambi non inferiori a 2,5 milioni di €. Sono titoli zero coupon emessi sotto la pari e rimborsati, in un’unica soluzione, alla pari. Il rendimento (scarto di emissione) è pari alla differenza tra il valore di rimborso (valore nominale) e il prezzo di acquisto/prezzo di sottoscrizione. In regime di interesse semplice il tasso di interesse dei BOT è pari a:


i = ( ( valore nominale – prezzo di acquisto) * (1- aliquota)) / (prezzo di acquisto * (1- aliquota) + aliquota *100) * 365/giorni mancanti alla scadenza



I BOT sono soggetti ad un’aliquota fiscale del 12,50% applicata al momento della sottoscrizione, essi sono emessi ogni 15 giorni (a metà ed alla fine di ogni mese), con Decreto del Ministero del Tesoro, che ne stabilisce la scadenza, la quantità massima collocabile e la durata dell’operazione di collocamento. Il collocamento è svolto dalla Banca d’Italia attraverso un’asta competitiva sul prezzo, a cui partecipano solo ed esclusivamente gli investitori istituzionali; i singoli risparmiatori per sottoscrivere tali titoli possono rivolgersi a questi operatori o presso gli uffici postali, effettuando la prenotazione entro il giorno precedente all’asta.



b) CTZ – Certificati del Tesoro Zero Coupon


Sono titoli di Stato a tasso fisso di durata pari a 18 o 24 mesi. Essi hanno le stesse caratteristiche dei BOT ma di durata maggiore, infatti, anche i CTZ (certificati del tesoro zero coupon) sono ammessi alla quotazione sui mercati regolamentati, in particolare il mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato (MOT) per quantitativi limitati (lotti da 1000 € o multipli) ed il mercato telematico all’ingrosso dei titoli di Stato (MTS) per scambi non inferiori a 2,5 milioni di €uro. La remunerazione è interamente determinata dallo scarto di emissione, pari alla differenza tra il valore nominale ed il prezzo corrisposto al quale viene applicata una ritenuta fiscale del 12,50% al momento del rimborso. I CTZ sono collocati attraverso un’asta marginale sul prezzo riservata agli intermediari istituzionali autorizzati (decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58), e i singoli risparmiatori possono acquistare tali titoli solo presso questi intermediari o presso uffici postali, effettuando la prenotazione entro il giorno precedente all’asta. Grazie alla loro caratteristica di essere titoli zero-coupon, i CTZ hanno maggiori vantaggi in termini di gestione, poiché l’esborso finanziario richiesto per l’acquisto è inferiore al valore nominale di rimborso ed inoltre non esiste l’esigenza di reinvestire i flussi percepiti periodicamente a titolo di interessi.



c. CCT –Certificati di Credito del Tesoro


Sono titoli di Stato a medio – lungo termine emessi, dal marzo del 1991, a 7 anni. Sono titoli a tasso variabile con interessi indicizzati al rendimento dei BOT semestrali o annuali emessi nel bimestre che precede il mese antecedente allo stacco della cedola. Dal 1987 si emettono solo CCT con cedola semestrale; si considerano i rendimenti in sede di emissione dei BOT annuali collocati 8 o 9 mesi prima della data di amento della cedola. Analogalmente agli altri titoli di Stato, i CCT sono trattati sul mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato (MOT) per tagli di piccolo importo (lotti da 1000 € o multipli) e sul mercato telematico a pronti dei titoli di Stato (MTS) per scambi non inferiori a 2,5 milioni di €uro. La remunerazione, sotto forma di interessi, viene corrisposta con cedole posticipate semestrali indicizzate al rendimento dei Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) semestrali e sulla remunerazione incide anche uno scarto d’emissione, dato dalla differenza tra il valore nominale ed il prezzo ato. Il valore della cedola sarà quindi pari al rendimento dei BOT aumentato di uno spread percentuale variabile dallo 0,3% al 1% a seconda della durata del CCT. L’emissione dei CCT avviene attraverso un’asta marginale sul prezzo, generalmente con frequenza ogni 15 giorni a cui partecipano le banche e le SIM iscritte in un apposito albo tenuto dalla Consob; l’operazione di collocamento è affidata alla Banca d’Italia e sono ammessi alla quotazione di Borsa il giorno successivo all’asta.



d. BPT – Buoni Poliennali del Tesoro


I Buoni Poliennali del Tesoro (BPT) sono titoli di Stato a medio e lungo termine (3, 5, 10 e 30 anni), con una cedola fissa ata semestralmente. I BTP sono ammessi alla quotazione dei mercati regolamentati e non: prima della scadenza gli investitori istituzionali possono comprare o vendere BPT sia sul mercato secondario italiano regolamentato (MTS), per operazioni non inferiori a 2,5 milioni di €uro, che su quello non regolamentato (over - the - counter); mentre i cittadini privati possono effettuare queste transazioni sul MOT (Mercato Telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato) ossia il mercato secondario italiano regolamentato per gli investitori al dettaglio (taglio minimo 1000 €). Gli interessi sono fissi e vengono corrisposti semestralmente in via posticipata attraverso lo stacco della cedola. Gli interessi e lo scarto emissione sono soggetti ad aliquota del 12,50%, e il rimborso avviene in un’unica soluzione alla scadenza. Si tratta di titoli al portatore emessi dal Tesoro, attraverso il sistema dell’asta marginale sul prezzo, con cadenza mensile per i BTP trentennali e quindicinale per gli altri BTP. Il collocamento, come per gli altri titoli di Stato, è svolto dalla banca d’Italia ed all’asta partecipano solo gli investitori istituzionali. Tali titoli a reddito fisso sono particolarmente adatti per investitori che desiderano amenti costanti ogni sei mesi e che vogliono programmare flussi di cassa regolari durante tutto l’arco dell’anno.



Il warrant è uno strumento finanziario derivato, rappresentato da un 'buono' che attribuisce ai sottoscrittori il diritto e non l’obbligo all’acquisto (call warrant), o alla vendita (put warrant) di una determinata attività finanziaria o reale (underlying), entro una data di scadenza (warrant americano), o in una specifica data (warrant europeo), in quantità (valore nominale) e ad un prezzo (strike price) prefissati. In altre parole si tratta di un titolo, in particolare di un certificato al portatore, il cui contenuto finanziario è quello di un’opzione cartolarizzata, cioè immessa in un titolo negoziabile ufficialmente quotato che attribuisce il diritto e non l’obbligo di acquistare o vendere consentendo di predeterminare la perdita massima (pari, nella peggiore delle ipotesi, al premio ato per l’acquisto del warrant) e mantenendo la possibilità di rendimenti potenzialmente illimitati. Il warrant, al pari con un’opzione, non è un contratto simmetrico in cui le controparti si impegnano ad eseguire a scadenza le condizioni definite nel contratto stesso, esso offre un diritto ad una controparte ed implica l’adempimento di un obbligo per l’altra, per tale motivo chi acquista un warrant deve versare un premio per acquisire il diritto all’esercizio di tale strumento finanziario. Inoltre il warrant, come per l’opzione, in caso di andamento sfavorevole del mercato, la massima perdita che può subire è pari al premio ato. Tuttavia queste due caratteristiche sono le uniche che lo accomunano ad un’opzione, dalla quale il warrant si differenzia per la sua natura di titolo e non di contratto, per una maggiore durata, per la mancanza di un sistema di margini di garanzia, per un valore nominale più basso. I primi warrant si sui mercati finanziari furono immessi da società quotate al fine di raccogliere capitale; questi warrant, tuttora esistenti, danno diritto all’acquisto di azioni della società emittente stessa e vengono lanciati contemporaneamente a prestiti obbligazionari, aumenti di capitale oppure tramite emissioni isolate. Successivamente la ricerca da parte degli investitori di nuovi prodotti con caratteristiche diverse ed innovative spinsero le banche a creare un nuovo mercato. Prima vennero creati prodotti che erano il risultato di modifiche di warrant già esistenti emessi da società quotate sui propri titoli: venivano rinominati i warrant in valute estere o con date di esercizio diverse (covered warrant, i quali non danno origine ad azioni ma permettono di scommettere al rialzo o al ribasso su un determinato parametro). Poi, alla fine degli anni 80, furono organizzati, nel mercato tedesco e svizzero, delle emissioni di warrant ad hoc che avevano come riferimento non più singoli titoli azionari ma anche indici di borsa, valute e tassi di interesse. Da allora il mercato europeo dei covered warrant è cresciuto moltissimo fino a raggiungere gli attuali livelli di sviluppo. In Italia nel 1992 ci fu la prima emissione di covered warrant destinata agli investitori istituzionali (warrant call e put sul cambio Dollaro/Lira). L’operazione ebbe un grosso successo, l’accoglienza da parte del mercato fu superiore ad ogni aspettativa, e da allora, anche grazie alla nascita nel novembre del 1994 del Mercato Italiano dei Derivati (IDEM), il mercato dei derivati si è decisamente sviluuppato ed allargato anche agli investitori individuali. In seguito al recepimento da parte della Consob dei nuovi regolamenti della Borsa Italiana SPA, è oggi possibile quotare i covered warrant al listino ufficiale della Borsa di Milano, tali warrant sono, infatti, negoziabili sull’MTA (Mercato Telematico Azionario) dove gli scambi avvengono per via telematica con maggiore facilità di accesso allo strumento sia da parte degli investitori, sia da parte degli intermediari. Ci sono diversi tipi di warrant, ma la più importante disitnzione è quella tra warrant call e put: un warrant call da diritto e la facoltà di acquisto del titolo sottostante ad un prezzo, puntando sul rialzo, un warrant put incorpora il diritto di vendere il sottostante (underlying) alle condizioni prestabilite puntando sul ribasso. Inoltre, a seconda del momento in cui è possibile manifestare la volontà di esercitare il diritto incorporato nel warrant, si hanno warrant di tipo americano e di tipo europeo. I primi, consentono l’esercizio del diritto in qualsiasi giorno della vita del warrant, i secondi, (tipo europeo) consentono l’esercizio solo nel giorno di scadenza dello stesso. L’esercizio del warrant, cioè l’esercizio del diritto di acquistare o vendere incorporato nel warrant, può avvenire tramite la consegna fisica del sottostante (si compie una vera e propria operazione di scambio del sottostante e del controvalore in lire) oppure attraverso la liquidazione di un differenziale in €uro, pari alla differenza, se positiva, tra il valore corrente del sottostante e lo strike price (per i warrant call), viceversa per i put.


In particolare:


Lo strike price è il prezzo di esercizio, ossia il prezzo al quale si ha diritto di acquistare o vendere l’attività sottostante.


Il sottostante può essere rappesentato da un’attività finanziaria (titolo azionario, indice di borsa, titolo di Stato, tasso di cambio) oppure un bene materiale.


Il multiplo è la quantità di sottostante che il possessore del warrant ha diritto di acquistare o vendere: un multiplo 1/1 conferisce il diritto su una unità di sottostante.


Le finalità di tali strumenti finanziari sono essenzialmente due: una speculativa, non finalizzata ad esercitare il diritto relativo, ma per rivendere a breve termine il titolo ad un prezzo più alto del premio ato, e una di copertura dei rischi derivati da un portafoglio preesistente. In particolare per quest’ultimo aspetto, chi, sottoscrivendo il warrant, acquista il diritto a ricevere in una data futura una merce, una somma di denaro in valuta straniera, o titoli, si copre dal rischio di aumento nel prezzo dell’attività sottostante, e viceversa, chi, attaverso la sottoscrizione del derivato si obbliga a consegnare (vendere) a termine l’attività sottostante, si copre dal rischio di una riduzione del prezzo dell’underlying.


Per trading on line (TOL), che letteralmente significa compravendita in linea, si intende la negoziazione di valori mobiliari realizzata attraverso il proprio computer di casa collegato ad internet: si apre un conto corrente on line, si ricevono dei codici ed è già possibile operare in borsa acquistando e vendendo via internet. Le operazioni sono gestite dalle società che offrono tali servizi ormai in condizioni di elevata sicurezza come se si fosse presenti presso il mercato sul quale si sta negoziando o nella filiale della propria banca



Le origini del trading on line risalgono al 1995, anno in cui fu fondata da Massimo Segré la società DIRECTA: il trading on line incominciò l’operatività con l’implementazione di un sistema con il computer via modem e non via internet (visto che all’epoca tale strumento era ancora nelle mani di pochi). Successivamente nacquero sul mercato finanziario altre società che offrivano il servizio di trading on line: fra le Sim, MEDIOSIM, e fra le banche, CARIPLO (1997). Da allora il mercato ha conosciuto un vero e proprio boom, è cresciuto sviluppandosi principalmente in due direzioni: le banche hanno iniziato ad offrire ai propri clienti il trading on line costituendo appositamente delle SIM, mentre le SIM hanno prima iniziato ad offrire servizi di trading on line e poi, via via anche servizi bancari. In Italia, nel gennaio 1999 erano 3 le società che offrivano il servizio di trading on line: Banca Sella, Banca MPS, e FIN€CO. Ma fu grazie alla strategia di marketig aggressiva ed alla pubblicità incalzante di FIN€CO che il TOL è diventato un vero e proprio fenomeno di massa. FIN€CO fu la prima che introdusse un software americano progettato da TIBCO e che portò le commissioni sulle transazioni al 3 per mille (eliminate totalmente il 19 giugno del 1999). Nell’aprile dello stesso anno (1999) erano sei le società on line che offrivano il servizio di trading on line e divennero venti nel gennaio del 2000: proprio questo può essere considerato l’anno in cui si ebbe l’esplosione più grande del fenomeno del trading on line. Le società interessate ad offrire questo tipo di servizio passarono dalle decine alle centinaia e i servizi offerti divennero sempre più economici, più completi, più competitivi e più concorrenziali. Oggi, quasi tutte le banche, anche quelle tradizionali, si sono attrezzate per questo tipo di servizio promuovendolo anche in maniera decisa, contribuendo o adeguandosi ai cambiamenti nell’operatività finanziaria intervenuti così velocemente in questi ultimi anni. Prima il modo di operare sui mercati finanziari, almeno per gli investitori non professionali, era caratterizzato dall’esigenza di doversi recare fisicamente presso le filiali delle banche per acquistare o vendere titoli con notevole ritardo rispetto alle reali intenzioni, con informazioni scarse e non immediate e con una consistente perdita di tempo. Oggi il trading on line consente di inoltrare gli ordini di acquisto e/o vendita in tempo reale, potendo basare le proprie scelte su informazioni dettagliate riguardo i prezzi correnti e su analisi di mercato aggiornate, senza doversi muovere da casa, impegnando il tempo opportuno per la ricerca di scelte di investimento.


Il trading on line, pur avendo ottime probabilità di diffondersi anche in modo capillare, probabilmente non creerà seri ostacoli all’attività finanziaria tradizionale e nel rapporto con i clienti anche perché, autorevoli studi effettuati negli USA hanno dimostrato come nel lungo periodo sia molto più redditizio mantenere le scelte di ripartizione del proprio patrimonio con il grado di rischio già calcolato e scelto, che fare trading sempre alla ricerca della migliore performance di breve periodo. Questo fenomeno può essere considerato, invece, come una delle molle che ha spinto le banche a rivoluzionare il loro approccio al mercato e con i loro clienti, mettendole in concorrenza tra loro. Tuttavia, l’attuale situazione italiana del trading on line non permette di definire chiaramente l’evoluzione futura; l’impressione è che le banche optino per il TOL, non in base a scelte strategiche di lungo periodo, ma solo come conseguenza di strategie di imitazione dei primi comers italiani, dopo essersi accorte che i clienti erano sempre meno contenti dei servizi offerti e che volevano avere un ruolo sempre più attivo nella gestione dei propri fondi. In questo senso, il grosso merito del TOL è quello di aver dato la spinta a banche e Sim a migliorare i propri rapporti con la clientela, sempre più informata, consapevole e partecipe dei propri risparmi e sempre più autonoma nella composizione del proprio portafoglio.


vantaggi del trading on line per il privato riguardano sia la possibilità di operare su quasi tutti i mercati mondiali direttamente dal proprio ufficio o da casa, sia i costi decisamente inferiori rispetto a quelli connessi all’operatività tradizionale: le commissioni di intermediazione e di tenuta del conto sono relativamente più basse a quelle praticate nelle altre tipologie di conti, questo perché gli ordini di acquisto e di vendita vengono immessi dal cliente ed eseguiti tramite sistemi telematici, evitando così fasi che lievitano le commissioni applicate su ogni ordine (a volte vengono utilizzate delle politiche di pricing indipendenti dal volume negoziato). Inoltre esiste un evidente risparmio di tempo e, soprattutto, tempestività delle operazioni, le quali possono essere eseguite in tempo reale diminuendo il rischio di variazioni di prezzo tra il momento della decisione e la reale esecuzione dell’ordine. Infine, la grande disponibilità di informazioni, pone gli investitori e gli speculatori nelle stesse condizioni di compiere le proprie scelte con estrema parità di trattamento.


Tra i problemi più frequenti a cui si può andare incontro nell’operare nel trading on line, prima di tutto ci sono quelli tecnici; problemi al server delle banche o del broker a cui ci si affida. Mentre si sta immettendo un ordine si può ricevere un messaggio di errore di collegamento (momentaneo o per tutta la giornata) che non consente né di immettere ordini, né di eseguire altre operazioni. Spesso, inoltre, alcuni broker fanno are una commissione anche per gli ordini che a fine giornata risultano essere ineseguiti. La facilità di effettuare operazioni finanziarie anche molto rischiose (ad esempio, attraverso l’utilizzo degli strumenti derivati) pone inoltre, per alcuni risparmiatori inesperti, il problema di una adeguata formazione.


Per operare in Borsa o sul proprio conto senza l’ausilio dell’operatore è opportuno tenere presenti alcune regole di comportamento sia per la rischiosità degli investimenti finanziari, sia per la rischiosità dello strumento utilizzato, per evitare spiacevoli sorprese.


Prima di ogni scelta di investimento è fondamentale reperire informazioni; in tal senso il WEB è una fonte molto ricca di notizie e di dati, i quali devono essere suddivisi tra attendibili e certificati da quelli di provenienza e validità incerta. Per tutti, comunque, vale la regola che più è regolare e continua la lettura delle fonti informative e più sagge e mirate saranno le decisioni prese, perché prima di investire bisogna avere sempre una concreta conoscenza dell’oggetto dell’investimento. Una volta presa conoscenza delle varie opportunità d’investimento e dei diversi strumenti finanziari utilizzabili, bisogna sempre formulare una scelta di investimento all’interno di una strategia globale in cui il singolo investitore ricomprende le sue caratteristiche patrimoniali, le sue disponibilità, la sua propensione al rischio e il suo orizzonte temporale. Non esiste, infatti, una strategia d’investimento vincente in assoluto e per tutti, ma per ogni tipo di investitore esisitono diverse strategie possibili. Prima di tutto, la scelta della tipologia d’investimento non può prescindere dalle caratteristiche patrimoniali del soggetto, dalla sua situazione finanziaria e dal suo tenore di vita. La prospettiva, in tal senso, risulta essere decisamente diversa tra un investitore giovane, con un orizzonte di vita lavorativa ancora lungo, rispetto a quello di un capofamiglia, che ha la necessità di pianificare gli investimenti per garantire, ad esempio, gli studi ai li. Inoltre, la scelta della tipologia dell’investimento dipende anche dalla propensione al rischio: per il risparmiatore giovane, probabilmente, l’obiettivo prioritario sarà quello della crescita del capitale e in quanto tale questo contiene una componente di rischio molto elevata, mentre per il capofamiglia, tra i possibili obiettivi ci sarà quello della liquidità/liquidabilità dell’investimento, oltre che la crescita del capitale investito. Un tale comportamento denota una bassa propensione al rischio. Inoltre è evidente, ad esempio, che il FIB30 rischia di non essere idoneo a quanti siano fortemente avversi al rischio, così come i titoli obbligazionari a breve scadenza, come i BOT, possono non essere lo strumento più indicato a quanti vogliono massimizzare la redditività o la crescita del capitale. Infine per la scelta della tipologia di investimento è opportuno stabilire l’orizzonte temporale entro cui operare. Ad esempio, chi decide un investimento azionario deve essere preparato ad aspettare visto che le azioni riescono ad incrementare il loro valore solo nel lungo periodo.


Effettuata una scelta di investimento all’interno di una strategia globale, nella quale sono stati fissati limiti in base alle caratteristiche patrimoniali, alla propensione al rischio ed all’orizzonte temporale, sarebbe utile, al fine di effettuare un buon investimento, applicare la teoria della diversificazione: a parità di rischio, diversificare, comporta un rendimento atteso maggiore. Attraverso la diversificazione del proprio portafoglio si riduce sicuramente la possibilità di incredibili guadagni, ma soprattutto quella di eccessive perdite. La diversificazione del portafoglio è il pilastro su cui si basa la realtà del risparmio gestito; inserendo in un portafoglio un numero adeguato di attività finanziarie è possibile aumentare il rendimento atteso del portafoglio a parità di rischio. Il principio è che la presenza di attività finanziarie con caratteristiche diverse riduce la probabilità che l’intero portafoglio possa subire cadute significative di valore. La scelta migliore, quindi, sarebbe quella di trovare investimenti ottimali rispetto alle proprie caratteristiche, ossia trovare la migliore asset allocation.



Per operare on line sono necessarie le seguenti infrastrutture:


a.  un personal computer;


b. un modem o una scheda PMCCIA;


c. un contratto con un fornitore di accesso ad Internet (Internet Service Provider);


d. un contratto con una società (banca o Sim) che offre servizi di trading e banking on line, entrando tramite password alla vera e propria negoziazione.


I siti di trading on line sono le vie d’accesso per entrare via Internet in Borsa, tramite questi siti specializzati si possono vendere e comprare azioni, monitorare l’andamento dei mercati, decidere se comprare €uro o dollari senza dover telefonare.




Prima di iniziare ad investire da soli attraverso Internet ci sono delle cose che bisogna sapere, prima fra tutte, è quella che, generalmente la Banca dove ognuno di noi ha un conto corrente offre già qualche servizio di accesso alla Borsa via Internet. Tuttavia, esistono una serie di società che offrono tale servizio che si possono scegliere accedendo ad un semplice motore di ricerca ed impostando come ricerca 'trading on line'. Nel momento in cui si decide di entrare nel trading on line bisogna:


  • aprire un conto corrente presso la società di trading on line che è stata scelta per entrare in Borsa;

  • sapere che per ogni operazione in borsa che viene richiesta bisogna are delle commissioni che sono diverse da intermediario ad intermediario;

  • sapere che, vista l’impossibilità del singolo operatore di operare direttamente in Borsa (è vietato dalla legge), il sito Internet funge da intermediario autorizzato per chi vuole entrare in Borsa via computer.

Una volta deciso quale tra i siti WEB offre le condizioni più interessanti, la grafica di migliore comprensione e i servizi all’altezza di quelli a disposizione sul mercato, bisogna chiamare il numero verde che e nella home e del sito di ogni società e chiedere informazioni su cosa fare per accedere al servizio di trading on line. Dopo aver sottoscritto il contratto, dalla società di trading on line saranno forniti un nome di accesso e una password segreta, le quali, dopo essere state digitate nell’area destinata ai clienti, permetteranno l’accesso alle schermate per effettuare trading on line


Visivamente, nella parte alta dello schermo viene visualizzato il nome e il cognome e i possibili altri servizi messi a disposizione dall’intermediario. Al centro dello schermo c’è il tabellone collegato in tempo reale con la borsa e sempre in via di aggiornamento (tale aggiornamento del prezzo di un titolo, di solito, viene segnalato da un lampeggiante che invia a controllare se sta accadendo qualcosa di interessante per quel titolo). Inoltre, informazioni più dettagliate riguardano:


  • il termine 'taglio minimo' con il quale si indica la quantità minima di azioni che è obbligatorio comprare per accedere ad un titolo.

  • Il termine 'ultimo prezzo battuto', con il quale si indica la variazione percentuale rispetto a quello precedente. Di solito, per facilitare la comprensione, vicino alla variazione percentuale si può trovare una freccia verso l’alto o verso il basso, verde o rossa per segnalare, rispettivamente, un titolo in salita o in discesa.


Inoltre, a lato di ogni titolo sono generalmente indicati i migliori prezzi di vendita (lettera) e i migliori prezzi di acquisto (denaro), così come il valore massimo e il valore minimo che ha raggiunto il titolo fino a quel momento, ed anche il prezzo di apertura del mercato.


All’interno del sito di trading on line esiste anche la possibilità di consultare i grafici, i quali possono essere un valido strumento di aiuto per capire cosa stia succedendo ad una determinata azione. Tuttavia, questo livello di lettura è molto più complicato ed utilizzabile solo da chi ha già esperienza nei mercati in quanto, esistono delle conurazioni grafiche che preannunciano quale potrebbe essere la situazione successiva di un certo titolo: si associa una certa forma del grafico ad una ben precisa situazione (esempio: grafico a forma di spalla destra, il titolo dovrebbe scendere).


Altro elemento importante all’interno del sito sono le news, ossia notizie, annunci, comunicati delle società quotate in borsa; le notizie scorrono durante la giornata e, di solito, sulla ina principale del sito viene visualizzato solo il titolo e le prime righe dell’articolo.



Quando arriva il momento di effettuare una transazione bisogna decidere cosa, quando e quanto comprare/vendere, ed in questo senso occorre riempire di dati alcuni spazi, inserendo delle voci, necessari per dare l’ordine all’intermediario.


Nella casella NOME, va inserito il nome o la sigla dell’azione che interessa per la transazione.


Nella casella PREZZO, va inserito il prezzo minimo a cui si vuole vendere un’azione o il prezzo massimo a cui si vuole comprare un’azione (senza questo dato l’intermediario acquista o vende a qualsiasi prezzo!).


Nella casella QUANTITA’, va inserito il numero di azioni che si intende comprare/vendere.


A seconda della transazione che si vuole effettuare, una volta riempiti i contenuti delle caselle, basta fare un clic sulla casella COMPRA (Buy) se si intende comprare o VENDI (Sell) se si intende vendere. Prima di inviare l'ordine di acquisto o di vendita il sito chiede sempre la CONFERMA, la quale, una volta effettuata sarà seguita da una risposta nel giro di pochi secondi per confermare l’ordine effetuato.



Una volta effettuato un ordine di acquisto/vendita sul mercato azionario, il sito consente di visualizzare la posizione, ossia la fotografia della propria situazione sul mercato: quali e quanti titoli si possiede, il loro prezzo, il confronto fra le entrate e le uscite. Inoltre, la posizione consente di visualizzare informazioni in tempo reale anche riguardo:


QUANTITA’ POSSEDUTA: consente di visualizzare lo stato delle azioni comprate.


UTILE POSIZIONI CHIUSE: consente di visualizzare quali siano state le perdite o i guadagni dopo aver ceduto certi titoli.


UTILE POSIZIONI APERTE: consente di visualizzare e quindi sapere quanto si sta guadagnando o perdendo in quel momento con i titoli comprati.



Quando si opera in Borsa attraverso un sito di trading on line bisogna sempre essere informati sulla propria situazione di conto corrente per non rischiare di rimanere senza fondi a disposizione e mancare un eventuale buona transazione. Nel sito è possibile visualizzare alcune voci al riguardo:


DEPOSITO: visualizza il saldo del giorno precedente, perché solo dopo che il mercato è stato chiuso è possibile fare i conti di un saldo definitivo.


POTERE D’ACQUISTO: visualizza la liquidità immediatamente disponibile per effettuare ordini di acquisto sul mercato.


UTILE DELLE POSIZIONE CHIUSE: visualizza il saldo delle posizioni chiuse e da qui si evidenzia se i titoli hanno reso una volta che sono stati ceduti.



Per controllare lo stato delle azioni comprate e vendute il sito di trading on line consente di visualizzare un tabellone degli ordini che viene aggiornato in tempo reale.


Alla voce:


STATO DELL’ORDINE: consente di sapere a che punto è arrivato l’ordine, che può essere 'eseguito', 'in attesa', 'completato', 'cancellato'.


DETTAGLI: consente di sapere una serie di notizie su come è stato trattato il titolo sottoposto ad un ordine.


MOTIVO: viene riportato il motivo per cui il titolo si trova in una determinata situazione e in un certo stato.


TIPO DI NEGOZIAZIONE: dove si visualizza se i titoli in questione sono sotto ordine di acquisto o di vendita.


PREZZO: il prezzo indicato in questa sezione non è quello di mercato del titolo, ma quello che si è ottenuto dall’acquisto o dalla vendita nel momento in cui si è conclusa la transazione.


QUANTITA’ ORDINATA: in questa sezione è possibile sapere quanti titoli sono stati comprati/venduti.






TAPPE DEL MERCATO NELL'ANNO 2006


2 giugno
Borsa Italiana comincerà nei prossimi giorni colloqui con Euronext. Adviser Mediobanca, Rothschild, McKinsey, Studio Chiomenti.

23 maggio Al via a New York la Star Conference di Borsa Italiana: in programma 200 incontri one-to-one tra le 21 società STAR presenti e 60 investitori istituzionali.
Il roadshow internazionale di Borsa Italiana riprenderà il 23 di giugno a Londra con la Italian Mid Caps Conference e, successivamente, sempre Londra ospiterà il 27 e 28 settembre la STAR Conference 2006 London, giunta alla sua sesta edizione. Il 3 e il 4 di ottobre è in calendario in Giappone la Italian Investor Conference Tokyo, giunta alla sua terza edizione.

18 maggio Il CdA di Borsa Italiana dà mandato all'AD Massimo Capuano, coadiuvato da un Comitato Ristretto, di esplorare e approfondire opportunità strategiche a livello internazionale.

3 aprile Prende il via a New York il roadshow 2006 di Borsa Italiana, per promuovere presso la comunità finanziaria internazionale le società quotate italiane.
Da New York a Parigi, a Londra e infine a Tokyo: saranno queste le quattro città che ospiteranno quest’anno i sei appuntamenti del roadshow internazionale di Borsa Italiana organizzato per promuovere presso la comunità finanziaria internazionale le società italiane quotate a Milano.

14 marzo Presentato a Palazzo Mezzanotte il nuovo Codice di Autodisciplina delle società quotate.
Esso è il frutto del lavoro del Comitato per la corporate governance promosso dalla Borsa Italiana e rappresentativo dell'imprenditoria e dei partecipanti al mercato. I principi di buona governance sono stati rielaborati alla luce dell'evoluzione della best practice, tenendo conto del mutato quadro normativo a livello nazionale, comunitario ed internazionale.

1 marzo STAR Conference 2006: 66 società STAR incontrano 95 case di investimento.
Giunta alla sua quinta edizione italiana, offre l’opportunità di fare il punto sui risultati raggiunti e sulle prospettive future delle PMI italiane con alti requisiti.
Quest’anno sono più di 700 gli incontri one-to-one programmati con le 66 società STAR che partecipano alla Conference (su un totale di 71 società del segmento) e 95 le case di investimento presenti, di cui più della metà straniere.

9 febbraio Borsa Italiana ha scelto Chiomenti e Mckinsey come consulenti legale e industriale per lo studio di fattibilità del progetto di quotazione.

6 febbraio Borsa Italiana ha scelto UBS come financial adviser per lo studio di fattibilità del progetto di quotazione.

18 gennaio Il Consiglio di Amministrazione di Borsa Italiana approva l'avvio dello studio di fattibilità del progetto di quotazione.

18 gennaio Borsa Italiana e Cairo&Alexandria Stock Exchange (CASE) firmano un Memorandum of Understanding che permetterà di agevolare le attività degli investitori e gli operatori dei due mercati.
Le due Borse si consulteranno su temi di reciproco interesse quali i regolamenti, la formazione degli investitori, l’efficienza dei mercati e i programmi didattici. Le due Borse collaboreranno inoltre per lo studio dei principi di corporate governance delle società quotate, dei criteri di ammissione alla quotazione delle società, della vigilanza dei mercati, delle piattaforme tecnologiche e dell’analisi dei dati statistici.


Borsa Italiana nasce dalla privatizzazione dei mercati di borsa e dal 1998 si occupa dell’organizzazione, della gestione e del funzionamento dei mercati finanziari.

Il suo obiettivo principale è di sviluppare i mercati e di massimizzarne la liquidità, la trasparenza, la competitività e l’efficienza.

Fra le sue responsabilità, quelle principali sono: 

vigilare sul corretto svolgimento delle negoziazioni;

definire i requisiti e le procedure di ammissione e di permanenza sul mercato per le società emittenti;

definire i requisiti e le procedure di ammissione per gli intermediari;

gestire l'informativa delle società quotate. 

Borsa Italiana organizza e gestisce il mercato italiano attraverso intermediari nazionali ed internazionali (circa 130) che operano - in Italia o dall'estero - utilizzando un sistema di negoziazione completamente elettronico per l'esecuzione degli scambi in tempo reale.

Gli azionisti di Borsa Italiana sono le stesse società emittenti e gli intermediari nazionali e internazionali, tra cui i principali istituti bancari italiani.

L'attuale assetto privatistico conura Borsa Italiana come un organo di gestione del mercato dotato di autonomia e flessibilità operativa.

Tra i princìpi ispiratori, fondamentali sono il carattere imprenditoriale dell'attività di organizzazione e gestione dei mercati e la separazione delle funzioni di vigilanza (esercitate da Consob e Banca d'Italia) da quelle di regolamentazione e gestione dei mercati (esercitate da Borsa Italiana).

Oltre alla gestione dei mercati, Borsa Italiana controlla - in qualità di capogruppo - quattro società che svolgono attività organizzative, commerciali e promozionali finalizzate a sviluppare servizi ad alto valore aggiunto per la comunità finanziaria:

BIt Systems è responsabile della gestione, della manutenzione e dello sviluppo dei sistemi informativi del Gruppo. Fornisce inoltre servizi di Project Management e Systems Integration a operatori privati, pubblici, istituzioni finanziarie e società di gestione dei mercati per lo sviluppo e la gestione di applicazioni.

Piazza Affari Gestione & Servizi, costituita nel 2000 e interamente controllata da Borsa Italiana, garantisce il facility e property management per la gestione di Palazzo Mezzanotte e del suo Congress & Training Centre.

Cassa di Compensazione e Garanzia, costituita nel 1992 e della quale Borsa Italiana ha acquisito la quota di controllo nel 2000, svolge attività finalizzate ad assicurare l'integrità dei mercati, interponendosi come controparte centrale e fungendo da garante dell'esecuzione delle transazioni.

Monte Titoli è il depositario centrale e il gestore dei servizi di liquidazione e regolamento. I suoi servizi di custody, administration e settlement presentano un elevato grado di automazione e sono accessibili attraverso vari canali di comunicazione.



Regolamento dei mercati di Borsa Italiana prevede nei Principi organizzativi (art. 1.2) che:

Borsa Italiana esercita le proprie funzioni, in particolare quelle di ammissione, sospensione e revoca degli strumenti finanziari e degli operatori delle negoziazioni e quella della vigilanza sui mercati secondo modalità non discriminanti e sulla base di procedure definite in via generale.

Borsa Italiana si dota e mantiene un assetto organizzativo idoneo a prevenire potenziali conflitti di interesse. In particolare assicura completa autonomia istruttoria e propositiva ai responsabili dei servizi preposti alle funzioni indicate al comma precedente. Nell'esercizio di tali funzioni, gli stessi responsabili rispondono esclusivamente all'Amministratore Delegato, al quale spettano i poteri deliberanti.

Borsa Italiana si dota e mantiene un sistema di controllo interno che vigila sul rispetto delle leggi, dei regolamenti e delle procedure interne.

Il Consiglio di Amministrazione impartisce ai servizi di cui sopra esclusivamente direttive di carattere generale e, in casi eccezionali e solo per iscritto, su singoli atti.


Breve cronologia delle principali borse estere

La borsa di Londra, che detiene ancora il ruolo di leader nel vecchio continente, nacque nel 1802, anche se è dal 1564 che il Royal Stock Exchange ha iniziato a funzionare. In Francia, invece, dopo l’iniziale sviluppo delle borse di Lione (1546) e Tolosa(1549), nel 1724, nacque la borsa di Parigi. In Germania la prima borsa fu quella di Anversa (1531), mentre quella di Francoforte,una delle più importanti del mondo, sorse solo nel 1946. In Italia, dove peraltro nel Medioevo e nel Rinascimento si erano avuti numerosi esempi di mercati organizzati (come le fiere dei cambi), le B. vere e proprie sorsero solo nel sec. XIX e sostanzialmente in applicazione del codice di commercio francese. La più antica per anno diistituzione pare sia la B. di Trieste (1775) seguita da quella di Roma (1802). Quelle di Milanoe di Firenze risalgono al 1808, quella di Napoli al 1810, quella di Torino al 1850, quella di Genova al 1855, quella di Bologna al 1861, quella di Palermo al 1862, quella di Venezia al 1875.

La borsa di New York, Wall Street, considerata da tutti il tempio della finanza mondiale ebbe origine nel 1817.

Per quanto riguarda quelle asiatiche la prima fu quella di Tokyo nel 1878, che dopo il grande periodo di crescita registratosi soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, dal 1991 ha iniziato un periodo di declino. Infine, negli ultimi vent’anni sono nate le borse orientali di Taiwan, Honk Hong, Singapore, Filippine, Indonesia, Thailandia, Malaysia, Corea, le quali stanno assumendo sempre di più un ruolo primario a livello mondiale.


La borsa di Milano

Il 16 gennaio del 1808 attraverso un decreto napoleonico del Vicerè d'Italia Eugenio di Beauharnais, la città di Milano istituisce la propria Borsa. Oltre a Milano, nascono nello stesso periodo anche la borsa di Genova, Trieste, Livorno e Napoli gemellate con quella di Parigi. Carlo Ciani, con alle spalle una grande tradizione di banchieri e uomini d'affari, fu il primo presidente della Borsa Valori.

Il Monte di Pietà fu la prima sede della borsa di Milano. Tale sistemazione si rilevò ben presto molto scomoda e fu necessario chiedere alle autorità la facoltà di portare la Borsa e la Camera di Commercio nel Fabbricato della piazza dei Tribunali, dietro il Portico, in vicinanza della Torre dell'Orologio e del portone che conduce in Santa Margherita. Il 29 settembre 1808, venne inaugurata una nuova sede situata nel Palazzo dei Giureconsulti, fatto costruire appositamente dal Papa milanese, Pio IV dei Medici.

Enrico Terzaghi nel 1855 costruì il famoso portico al pianterreno. Nel frattempo furono completati i locali per la Gran Guardia e la struttura di proprietà dell'Erario, mentre il Comune nel 1864 decise di acquistare gran parte del Palazzo. Per le diverse ristrutturazioni del Palazzo dei Giureconsulti, la Borsa occupò tra il 1887 e il 1890 il Ridotto del Teatro alla Scala. Ben presto, per far fronte alle nuove esigenze dell’attività borsistica fu presentato sul finire del 1890 da Luca Beltrami il progetto per la nuova sede. Una anonima società acquistò il terreno e costruì a proprie spese la sede della Borsa la quale si impegnò a are l'affitto per i successivi venti anni. La nuova sede fu inaugurata alla presenza del Re, 1'8 ottobre 1901 in Piazza Cordusio, nell'edificio che nei nostri giorni ospita la sede delle Poste. Nel giro di una generazione cominciò ad essere inadeguata, così nel 1928 si dovette nuovamente ricorrere ad un architetto di chiara fama, Paolo Mezzanotte per ideare una più capiente struttura. Mezzanotte per disegnare la sede della Borsa preparò oltre 1000 disegni che mostrarono il continuo evolvere della sua geniale creatività.




La prima bozza del disegno piacque a molti osservatori e prevedeva una facciata più ampia dallo stile romaneggiante. Durante i lavori di scavo delle fondazioni del Palazzo della Borsa vennero alla luce i famosissimi ruderi del Teatro Romano, notissimo nell'età imperiale e citato dal poeta Ausonio nel IV secolo, frequentato dalla popolazione milanese almeno sino al XII secolo. I resti rinvenuti furono sistemati dal progettista Mezzanotte nei sotterranei del Palazzo. Nel 1832 il nuovo Palazzo si estendeva su un'area di quasi 6.500 mq. Ben 1008 mq. erano destinati alla galleria a portici, una vera piazza coperta per i servizi e gli operatori. Altri 270 mq. furono destinati nel piano terreno, al salone ovale delle contrattazioni. Nei due piani sotterranei c'erano il servizio telegrafico e postale, l'albergo diurno, il bar, un ristorante di 1600 mq., i servizi amministrativi, la biblioteca e la sala di lettura. Separati dal resto, i borsini e gli operatori del mercato dei grani si trovavano in comune con quelli del mercato dei titoli e valori, delle sete e dei vini. Un complesso di servizi telefonici furono installati nella galleria: cabine pubbliche per telefonate urbane, extra urbane e interurbane ed un centralino telefonico che segnalava al pubblico le chiamate evidenziando ad alta voce le comunicazioni in arrivo attraverso quattro altoparlanti elevati agli angoli del salone. Le cabine private non munite di linee dirette ricevevano le comunicazioni della borsa grani e di tutte le borse del mondo per trasmetterle successivamente ad una grande lavagna ed infine trasmetteva all'esterno le quotazioni locali. Oltre a 12 cabine telefoniche gestite per il pubblico dell'associazione granaria, altri telefoni a gettone furono collocati nei punti nevralgici del salone delle contrattazioni. In totale c'erano 35 telefoni privati, 12 riservati all'associazione granaria ed 8 per le comunicazioni. In fondo alla sala vennero inseriti gli orologi con l'indicazione del fuso orario dei principali mercati del mondo. L'architetto Mezzanotte prestò particolare attenzione al problema dell'acustica in modo che le voci di mille o duemila persone, il rumore dei passi, lo squillo penetrante dei telefoni, il grido degli altoparlanti creassero una melodia omogenea.



Numerosi personaggi hanno contribuito a formare la storia della Borsa creando intorno a sé delle ure caratteristiche ancora oggi ricordate. Erano giunti gli anni della guerra e computer e telefonini erano lontanissimi, ma il mercato non si fermava, al massimo capitava solo qualche fuga in cantina in risposta alle sirene degli allarmi aerei. I bombardamenti del 1943 distrussero una parte degli archivi della Borsa e questoavvenimento lascia ancora aperti ampi buchi nella ricerca storica. Negli anni 50 la Borsa stentava a risollevarsi dalla guerra. Luigi Palermo, detto anche “Il fuochista”, era noto per tenere caldi i titoli prestigiosi, potendo contare sull’ appoggio della grande banca di cui era un altissimo dirigente. Altrettanto famoso era Aldo Ravelli, il commissario che era arrivato in Piazza Affari con i pantaloni corti ed una parlata in stretto milanese. Egli fu uno dei pochi a passare indenne quasi cinquant' anni di buona e cattiva finanza. Ravelli non credeva nei rialzi, a meno che non li avesse innescati lui stesso, divenuto un grande maestro dei giochi di Borsa.

Quando non riusciva con le proprie capacità, era la fortuna a dargli una mano.

Un giorno un quotidiano, scambiando i due nomi di una società, pubblicò una falsa notizia, così negativa da far crollare le quotazioni di un titolo sul quale Ravelli aveva puntato al ribasso. Era andata sempre bene in Borsa a Ravelli, ma altrettanto bene è andata ai suoi allievi, come Francesco Micheli, che poi si avvicinò a Eugenio Cefis e a Giorgio Corsi. Michelangelo Virgillito è , negli anni 60, uno dei più noti rialzisti di Piazza Affari. Il dato saliente di Virgillito è che ad ogni affare concluso scaramanticamente devolveva parte dei guadagni in beneficenza, facendo spuntare in tutto il paese, asili e orfanotrofi a suo nome.

AI suo paese d'origine donò una statua della Madonna, completamente d'oro e pietre preziose. Anna BonomiBolchini fu la prima donna che si impose nel mondo maschile della Borsa italiana. La BonomiBolchini dominò a lungo le scene, specie negli anni precedenti a Schimberni e a Bi-Invest. Un altro famoso era Emilio Moar, un notissimo cronista finanziario.

Un altro personaggio eccellente era Renato Cantoni, che solitamente sapeva mettere in guardia coloro che si facevano prendere dai facili entusiasmi. Il 7 dicembre 1987 siinaugurò la sede provvisoria. Palazzo Mezzanotte fu momentaneamente messo in restauro. Il Gabbiotto, la sede provvisoria della Borsa dal 1987, è una struttura studiata per essere montata e rimontata.

Inizialmente nelle Borse venivano scambiate sia merci che valute e titoli; a Milano la separazione tra merci e titoli avviene ai primi del Novecento, precisamente nel 1913. Oggi abbiamo la Borsa Valori, ossia un mercato in cui si scambiano i titoli denominati valori mobiliari, quali azioni e obbligazioni. È un mercato organizzato in cui le regole del gioco sono fissate dalla legge e dagli organi di controllo come la “Consob”. Questo schema è rimasto in vigore fino al 1991, anno in cui scatta la direttiva della Comunità Europea sull'intermediazione mobiliare e i servizi di investimento, che ha posto le premesse per la privatizzazione dei mercati finanziari. Attualmente la gestione del mercato azionario spetta a una società per azioni, la Borsa Spa

Possono vendere e comprare in Borsa solo gli intermediari specializzati. Il risparmiatore dovrà quindi rivolgersi a una Sim (società di intermediazione mobiliare), a un agente di cambio o direttamente alla propria banca che adesso è autorizzata a operare in Borsa, così come le società di intermediazione straniere. Con la “Borsa telematica” niente più grida inoltre come avveniva qualche anno fa su tutte le dieci piazze italiane (Milano, Roma, Trieste, Venezia, Napoli, Torino, Genova, Firenze, Bologna e Palermo), quando le compravendite di azioni avvenivano a chiamata. Dal 14 aprile 1994 tutte le azioni italiane quotate in Borsa vengono scambiate su un circuito telematico: ogni transazione viene effettuata tramite un sistema di computer e ogni intermediario compra e vende titoli dal proprio ufficio. Nell'edificio che una volta nel centro di Milano raccoglieva fisicamente gli operatori delle banche e gli agenti di cambio, ora troviamo solo un computer al quale sono collegati tutti gli operatori di Borsa.













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