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Piero della Francesca - Morte di Adamo, Adorazione del sacro legno e incontro di Salomone con la regina di Saba, Sogno di Costantino, Vittoria di Cost



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Piero della Francesca


Opere:

decorazione della cappella maggiore nella chiesa di San Francesco ad Arezzo

La cronologia dell'impresa artistica più famosa di Piero, la decorazione della cappella maggiore nella chiesa di san Francesco ad Arezzo, è tutt'oggi controversa. L'opera è stata finanziata dalla famiglia Bacci che aveva il patronato della cappella.Nel1447 la realizzazione degli affreschi viene affidata a Bicci di Lorenzo. Alla morte di questi, nel 1452, i committenti sono costretti a cercare un sostituto. La scelta di Piero, dopo lunghe trattative, è dovuta , oltre che alla sua fama, probabilmente anche al diretto interessamento di Giovanni Bicci: questi infatti aveva contatti con la corte pontificia ed era amico di illustri umanisti come il Traversari e Leon Battista Alberti. Non stupisce quindi che potesse apprezzare le doti artistiche di Piero, anche in vista di un programma iconografico di estrema complessità come quello che si cela sotto il racconto della vera croce.

Quella della vera croce è una storia leggendaria rielaborata nel XIII secolo da Jacopo Da Varagine nella Leggenda aurea. Il tema dominante è il trionfo della croce, che, a partire dalla morte di Adamo, guida l'uomo alla salvezza. Il racconto si snoda attraverso i secoli e ha i suoi momenti salienti nella morte di Adamo, dalla cui bocca fiorirà l'albero della croce; nella visita dell'angelo all'imperatore Costantino con la predizione della vittoria sui barbari di Massenzio nel segno della croce; nel ritrovamento miracoloso del sacro legno e nell'ingresso trionfale di Eraclio a Gerusalemme. Tuttavia, l'interpretazione che Piero dà alla leggenda si discosta dalla tradizione. Egli infatti inserisce l'episodio dell'incontro tra la regina di Saba e il re Salomone e conferisce grande rilievo alle due battaglie che segnano il trionfo della Chiesa cristiana sui popoli ani. Questa scelta riflette il significato più profondo degli affreschi: Piero ha arricchito il tema sacro con precisi riferimenti agli eventi politico-religiosi che stavano sconvolgendo la Chiesa, chiamata a reagire di fronte all'avanzata turca con una crociata che ne riaffermasse l'unità e la superiorità.



Morte di Adamo

La scena è inscritta entro il lunettone superiore della parete destra della cappella maggiore. ½ sono rafurati tre momenti legati alla morte di Adamo e alla conseguente nascita dell'albero lussureggiante, origine della croce di Cristo.

Adamo appare gravemente malato. Il corpo debole è sostenuto da Eva, in cui Piero annota in modo quasi spietato i segni del decadimento fisico. Giunto in punto di morte, Adamo prega il lio Seth di chiedere all'arcangelo Michele l'olio della misericordia: Ma l'arcangelo gli nega questa grazia e gli dà invece i semi dell'albero del peccato. Alla sua morte, Seth pianta i semi nella bocca di Adamo, da cui nasce l'albero della vera croce, simbolo della salvezza dell'umanità. La numerosa discendenza di Adamo si raccoglie attorno alla sua salma in un corteo che esprime una vasta gamma di sentimenti: la disperazione lacerante raggiunge l'apice nella donna che allargando le braccia al cielo emette un urlo straziante. Da questo evento scaturisce però anche la speranza per un nuovo destino degli uomini.

Adorazione del sacro legno e incontro di Salomone con la regina di Saba

Il riquadro è sotto la Morte di Abramo , sulla parete destra. La storia, proiettata nell'epoca di re Salomone, assume un tono di aulicità inedita.

L'albero della croce è stato abbattuto e usato come ponticello su un fiume. La regina di Saba di fronte al ponte ha una premonizione: su quel legno verrà crocifisso il Redentore. Così si ferma ad adorarlo. In seguito rivela a Salomone la visione; egli comprende che ciò significa la fine del regno di Israele e fa seppellire il legno. Il corteo regale esprime un eleganza austera, amplificata dalla grazia dei gesti e dalla purezza del profilo della regina; l'incontro avviene sotto all'ampio colonnato classico del palazzo di Salomone. Nella sontuosa architettura Piero esprime per la prima volta la sua rigorosa capacità prospettica.

Il sacro legno delimita i due episodi principali. La limpida scansione dell'opera inquadra apparentemente due momenti di vita cortese, caratterizzati dall'uso di colori saturi. In realtà essa cela un significato più profondo: si tratta di un'allegoria della riconciliazione delle due chiese d'Oriente e d'Occidente, che contiene un richiamo forte all'attualità storica.

Sogno di Costantino

Questa celebre scena si trova nel registro inferiore destro, accanto alla finestra della cappella. Con essa la narrazione passa dal Vecchio al Nuovo Testamento, con uno scarto temporale che la proietta nell'era di Costantino.

Alla vigilia della battaglia contro i barbari di Massenzio, Costantino è preoccupato per la superiorità del nemico; in sonno gli appare un angelo che gli predice che vincerà se combatterà nel segno della croce. La quiete del riposo notturno dell'imperatore è squarciata dall'apparizione dell'angelo: l'intensa luce irradiata dal messaggero celeste precisa i volumi dei corpi che emergono dalla penombra. Costantino è l'unico protagonista dell'evento soprannaturale, e a conferma della natura tutta interiora della visione di Costantino, si noti come la luce non turbi affatto le guardie dell'imperatore.

Vittoria di Costantino

La scena di battaglia occupa il riquadro inferiore della parete destra della cappella. E' il diretto proseguimento del Sogno di Costantino. La schiacciante sconfitta di Massenzio al ponte Milvio assume qui un tono epico.

Rincuorato dalla premonizione della notte precedente, Costantino impugna la croce e si getta nella battaglia contro i barbari di Massenzio. L'esercito nemico viene messo in rotta e precipita nel fiume cadendo dal ponte Milvio che Massenzio stesso aveva fatto danneggiare. In realtà qui la battaglia è del tutto incruenta e l'esercito imperiale compie una sorta di marcia trionfale nel segno della croce. Il lento incedere dei soldati è spezzato solo da un guerriero che sembra avanzare verso lo spettatore: egli brandisce una spada mentre lancia un grido di guerra, unico vero accenno alla brutalità dell'evento.

Il significato ideale della scena è racchiuso nella ura di Costantino che incede alla testa del corteo impugnando una piccola croce bianca. La sua vittoria senza spargimento di sangue mette in risalto il potere del simbolo della fede cristiana. Costantino ha qui le sembianze dell'imperatore d'Oriente Giovanni Paleologo VIII . Questo dettaglio chiarisce l'attualità dell'opera. Come Costantino aveva vinto i barbari brandendo la croce, così il moderno imperatore deve scongere gli infedeli prendendo il comando delle truppe cristiane.



Ritrovamento e prova della vera croce

Con questa scena si passa sulla parete sinistra della cappella. Essa occupa il registro mediano, di fronte all'episodio dell'Adorazione e dell'incontro , del quale condivide il tono cerimoniale. Protagonista è Elena, madre di Costantino.

Elena decide di cercare la croce di Cristo che è stata seppellita. Dopo lunghe torture, un ebreo di nome Giuda guida il corteo regale sul luogo giusto. Scavando però vengono alla luce anche le croci dei ladroni; Elena decide di aspettare un segno divino che le indichi quale sia la vera croce. Il miracolo si compie: la croce infatti, fa resuscitare un giovane. In questa scena Piero trasura Gerusalemme in un borgo medioevale, in un brano intensamente poetico ravvivato dai limpidi colori.

La prova della croce si svolge in un'architettura cittadina magistralmente costruita. La fuga prospettica della via sulla destra riproduce fedelmente uno scorcio cittadino di San Sepolcro; i palazzi moderni contrastano con il maestoso edificio classicheggiante che fa da sfondo all'episodio. L'asse della scena è la croce posta in equilibrio sopra un cataletto. La perfetta disposizione della ure attorno alla croce amplifica il miracolo: il legno ha risuscitato un giovane, che allarga le braccia in segno di meraviglia. Il suo corpo nudo appare quasi scolpito dalla luce con un naturalismo presente anche nelle ombre proiettate sul pavimento.

Sconfitta e decapitazione di Cosroe

La seconda scena di battaglia si trova nel registro inferiore della parete sinistra, di fronte alla Vittoria di Costantino. Il filo della narrazione viene ripreso tre secoli dopo all'epoca dell'espansione del regno persiano di Cosroe.

Nel 615 d.C. il re persiano Cosroe trafuga la croce da Gerusalemme per utilizzarla come ornamento del suo trono assieme a un gallo. L'imperatore romano Eraclio gli dichiara guerra e lo sconge in una memorabile battaglia, al termine della quale Cosroe viene decapitato. La massa umana appare qui molto compressa. Nonostante gli uomini siano contratti in gesti di feroce violenza, essi non dimostrano accanimento: l'uomo con il curioso copricapo che suona imperturbabile la tromba in mezzo alla battaglia conferisce alla scena un effetto straniante.

Nella mischia Piero isola dei momenti in cui il dramma si condensa in un dettaglio: la sconfitta dell'uomo riverso sul terreno è tutta contenuta nella resa espressiva del sangue gocciolante che si raggruma sotto il suo corpo spezzato.

Dalla concitazione della scena di battaglia si passa alla staticità dell'epilogo. Il baldacchino retto da pilastri a forma di candelabri, sormontato da un'alta volta decorata con stelle d'oro, ha il gusto ano del re che ha osato sfidare il dio cristiano. Alla destra di Cosroe, inginocchiato per la decapitazione, avanza Eraclio con un elmo rosso e con lo scettro dorato, suggello della vittoria.

Esaltazione della croce

Con la scena nella lunetta della parete sinistra la parabole del sacro legno, iniziata da un ramoscello piantato nella bocca di Adamo, si conclude : vi è descritto infatti l'ingresso trionfale della croce in Gerusalemme, portata da Eraclio.

L'imperatore Eraclio riconduce la croce a Gerusalemme. Ma giunto davanti alla città, essa si rivela inaccessibile. Un angelo gli ricorda che Cristo entrò in Gerusalemme umilmente: Eraclio allora si spoglia degli abiti imperiali e accede scalzo alla città santa. I cittadini si inchinano all'inedito spettacolo: nei volti finemente caratterizzati è sì impressa la devozione ma anche lo stupore alla vista dell'imperatore in abiti dimessi.

L'episodio culmina nell'esaltazione della croce di Cristo. L'estrema semplicità dell'affresco fa si che lo spettatore si concentri su un unico centro emotivo, Eraclio che porta la croce entrando trionfalmente in Gerusalemme. L'aderenza alla leggenda appare qui totale, in quanto Eraclio indossa una semplice veste blu con un manto rosa. Richiamandosi all'esempio di umiltà del Redentore egli è scalzo alla testa del suo seguito. Il portamento dignitoso degli uomini è amplificato dalle profonde pieghe dei panneggi, i gesti pacati esprimono l'ideale di nobile umanità di Piero.









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