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Relazione di Utopia

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Relazione di


Utopia



L'opera il cui titolo completo è "Libellus vere aureus nec minus salutaris quam festivus de optimo reipublicae statu neque nova insula Utopia", fu scritta, in latino, ad Anversa a partire dal 1515 e pubblicata nel 1516, la seconda edizione nel 1517 e quella definitiva a Basilea nel 1518.

Nell'opera il pensiero di Moro emerge attraverso le parole di un filosofo-viaggiatore di nome Raffaele il quale racconta il suo approdo su un'isola, Utopia appunto, durante uno dei viaggi con Amerigo Vespucci.

Il romanzo si articola in due libri: nel primo libro Moro critica le condizioni sociali dell'Inghilterra del suo tempo, e  nel secondo arriva a formulare una riforma radicale da attuare, esponendo un tipo di governo vigente nell'immaginaria Utopia.

In quel periodo nel regno inglese l'aristocrazia terriera si stava appropriando di un gran numero di terre (con gli enclosure acts) e stava sostituendo con vasti pascoli i campi predisposti alla cerealicoltura; con la lana dei montoni si ricavava, infatti, un reddito maggiore. I contadini venivano cacciati dalle loro case e non potevano fare altro che vagabondare, elemosinare, e darsi al brigantaggio.

Per contrapposizione nell'isola di Utopia la proprietà privata è abolita. La terra viene coltivata a turno dagli abitanti che si danno il cambio ogni due anni. Tutti hanno un proprio mestiere e nessuno può redimersi dal lavorare poiché i sifogranti (magistrati) controllano che ciò avvenga con impegno. I metalli più preziosi, quali l'oro e l'argento, non hanno alcun valore e vengono usati per forgiare gli utensili più umili. Ogni cittadino lavora sei ore mentre ha il resto della giornata libera da qualsiasi impegno e dedita quindi allo svago. Nella cultura non c'è una disciplina privilegiata ma sono tutte subordinate all'interesse comune; vanno quindi di pari passo la logica con le scienze positive e la filosofia e vengono integrate la conoscenze razionali con la religione. Nella religione non ce n'è una prevalente e ognuna ha pari dignità rispetto alle altre purché non degradi l'uomo non riconoscendo l'immortalità dell'anima e la provvidenza divina. . Ci sono 13 sacerdoti per ciascuna città; non vengono tollerate immagini nei templi, affinché ognuno possa liberamente concepire Dio nella forma che vuole.



Questo romanzo scritto da Tommaso Moro inaugura un genere letterario che è appunto l'Utopia (da  ou-topia, luogo che non è in nessun luogo e da eu-topia, luogo felice) nel quale avviene una costruzione immaginaria di un luogo dove si presenta un accostamento di aspetti più o meno desiderabili della realtà. Ma l'opera non si limita ad essere solo questo poiché Utopia rappresenta una comunità contrapposta polemicamente a quelle esistenti, essendo essa un'alternativa critica alla realtà presente, il risultato di una progettazione sapiente, meditata.

Molti degli aspetti che emergono nell'opera rimangono poi come topoi del genere utopico: le opere non vengono presentate come trattazioni di un modello ideale ma sotto forma di racconto di un posto lontano, che risulta sempre distaccato dal resto del mondo, in un luogo a parte come è un'isola appunto; la popolazione viene ripartita nelle varie città per evitare squilibri e causare disordini dal punto di vista sociale ma anche dal punto di vista politico-economico; la vita di ogni cittadino viene organizzata nei minimi dettagli e per una integrazione completa di ogni individuo vengono promosse forme comunitarie di vita come pasti in comune; la famiglia viene controllata tramite un rinnovamento stesso del concetto e in molti casi viene addirittura abolita; l'educazione dei fanciulli viene guidata al fine di garantire una stabilità degli ordinamenti; viene abolita la proprietà privata e viene predicata la comunanza dei beni.

Sono due i temi principali svolti nel libro di Moro:

il primo di carattere politico-sociale è legato alla situazione inglese prima citata. Moro crede che <<dovunque vige la proprietà privata, dove il denaro è la misura di tutte le cose, sia ben difficile che mai si riesca a porre in atto un regime politico fondato sulla giustizia e sulla prosperità>>. A Utopia infatti, le leggi sono poche ma efficaci e finalizzate all'uguaglianza; esiste però il riconoscimento del merito e c'è il vivere nell'abbondanza da parte di tutti; ciò vuol dire che il livellamento economico non è né il non riconoscimento delle differenze né l'appiattimento a livelli bassi; la giustizia e la prosperità caratterizzano Utopia, perché tutto è finalizzato al comune benessere. Quest'ultimo è identificato dall'eguaglianza dei beni e questo è verificabile solo con l'abolizione della proprietà privata perché così si evita che tutto sia in mano a pochi, poiché essi sarebbero sicuramente i peggiori. E peraltro non è ammissibile neanche un contenimento della proprietà privata perché qualunque metodo al di fuori dell'abolizione non sarebbe sufficiente ad evitare l'ingiustizia.

Il secondo tema riguarda invece la religione poiché Moro predica la tolleranza. Sull'isola è stato Utopo in persona ad emanare una legge che stabile la libertà di ognuno di praticare la religione che più gli aggrada e può anche cercare di convertire gli altri alla propria religione purché si limiti ad avvalorare i proprie tesi senza demolire quelle degli altri, senza predicare con arroganza, pena l'esilio o la schiavitù; Moro crede infatti che Dio stesso voglia essere venerato in modo vario e multiforme, e se anche non fosse così allora prima o poi la verità verrà alla luce e quindi nessuno deve cercare di convertire qualcun altro con la forza perché la religione vera si prevarrà per virtù e la prepotenza sarebbe soltanto nociva ad essa. La tolleranza religiosa ha un limite quindi solo nel metodo (rifiuto della violenza) ma anche nel contenuto poiché viene fatta la proibizione di negare l'immortalità dell'anima e la provvidenza divina. Questa proibizione viene fatta in nome della dignità della natura umana; non credervi significa infatti abbassare l'uomo a livello animalesco e perciò chi sostiene queste tesi non viene considerato uomo. Quindi chi nega l'anima e Dio va emarginato. Ma, coerentemente, non gli viene fatta violenza e non viene costretto a cambiare visione. Gli viene però vietata la possibilità di avvicinarsi agli onori e agli uffici pubblici e, soprattutto, gli viene proibito di parlare al popolo, che può essere fuorviato. Deve invece parlare con i sacerdoti che, essendo dotti, posso aiutarlo a ricredersi.

Spunta una nota satirica nei confronti della Chiesa quando uno dei viaggiatori approdati sull'isola riesce a convertire alcuni al cristianesimo, ma non essendoci un sacerdote nessuno può impartire i sacramenti. Si decide che bisognerà eleggere degli ambasciatori da inviare al Papa. A questo punto maliziosamente il narratore sottolinea come il cristianesimo sia riuscito a portare la discordia e la litigiosità degli occidentali tra i buoni utopiani.





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