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ENERGIA NUCLEARE, FISSIONE, FUSIONE E REATTORI NUCLEARI - La radioattività, Il tempo di dimezzamento, Scissione o fissione nucleare, Fusione nu



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ENERGIA NUCLEARE, FISSIONE, FUSIONE E REATTORI NUCLEARI


La radioattività


Il nucleo di un atomo contiene neutroni (carica neutra) e protoni (carica positiva); i protoni, essendo ammassati tutti insieme, per natura si dovrebbero respingere, ma non sfuggono al nucleo perché esiste una forza, detta energia di legame, che tiene insieme il nucleo.

Non tutti gli atomi però hanno energia a sufficienza per tenere insieme i nuclei: tali atomi sono detti instabili. Questi atomi possono trasformarsi per diventare più stabili, e per questo sono radioattivi.

Per diventare stabili i nuclei possono decadere in vari modi:

  • Il decadimento alfa determina l'emissione di una particella alfa ad alta velocità che rallenta con l'urto di altri atomi. Questa particella è composta da due protoni e due neutroni, vale a dire un nucleo di elio He senza elettroni (elione). Quel che rimane è diverso in massa e numero atomico dall'originale, quindi un altro elemento.
  • Il decadimento beta determina l'emissione di un elettrone ad alta velocità, detto in questo caso particella beta. L'elettrone è derivato dalla scissione di un neutrone. Nel nucleo la massa rimane uguale, ma al posto del neutrone scomposto rimane un protone, che fa cambiare numero atomico all'elemento, trasformandolo in un altro.
  • Il decadimento gamma non determina l'emissione di alcuna particella, ma di raggi: i raggi gamma.

Questi sono onde elettromagnetiche emesse solitamente anche durante il decadimento alfa e beta. A differenza degli altri due decadimenti, il gamma non determina perdita di massa, ma i raggi possono penetrare e oltrepassare i materiali.



Tutti i tipi di decadimento sono altamente nocivi:

  • Il decadimento alfa provoca un intenso calore che può bruciare la pelle.
  • Il beta ha controindicazioni simili all'alfa, soltanto i segni sono più evidenti. Gli elettroni ad alta velocità provocano la cosiddetta abbronzatura nucleare; la pelle si scurisce e brucia velocemente.
  • Il decadimento gamma è il più pericoloso dei tre; i raggi penetrano i tessuti e riescono a modificare il DNA cellula - STRUTTURA DELLE CELLULE EUCARIOTE" class="text">delle cellule, provocando il cancro.

Il tempo di dimezzamento


Gli atomi instabili hanno bisogno di un certo tempo per stabilizzarsi: questo è detto tempo di dimezzamento. Il tempo di dimezzamento indica il tempo in cui si stabilizza metà della massa di un aggregato di atomi instabili.

Il tempo di dimezzamento varia per ogni elemento.


Scissione o fissione nucleare


La scissione o fissione nucleare è un fenomeno che si verifica quando un nucleo più grande, diventato instabile, si spezza generando due elementi più piccoli.

La fissione più facile e più utilizzata al mondo è quella dell'uranio 235, l'isotopo più instabile dell'uranio 238. Per raggiungere la massa critica, cioè quando l'energia di legame del nucleo non tiene più la massa, l'uranio 235 ha bisogno di assorbire solo un neutrone, quindi è l'elemento più facile da scindere. Alla fine della fissione, però, non rimangono sempre gli stessi elementi più piccoli e lo stesso numero di neutroni, ma ci sono tre casi differenti illustrati dalle seguenti equazioni.



Fusione nucleare


La fusione nucleare è l'inverso della fissione; avviene quando due nuclei più piccoli si uniscono formandone uno più grande. La fusione atomica ha bisogno di un'elevata temperatura per avvenire: per questo motivo, fino ad ora, non è stato possibile usarla per la produzione di energia elettrica, infatti l'energia utilizzata per generare il campo magnetico che contiene la reazione, l'unica cosa che può resistere alle elevate temperature della fusione, è maggiore di quella prodotta dalla reazione stessa. La fusione usata nelle bombe H, e nel sole è quella fra Deuterio e Trizio, proprio per il fatto che sono i più piccoli elementi con neutroni e quindi hanno bisogno di meno calore per accelerare fino alla velocità necessaria per la fusione. L'equazione sottostante riporta la fusione fra deuterio e trizio.



L'energia prodotta dalla fissione e dalla fusione


Gli elementi rimanenti dopo una reazione di fissione o fusione dimostrano una massa leggerissimamente minore (0,09% in meno della massa totale nella fissione e 0,7% nella fusione), questa massa si è trasformata in energia. Per sapere quanta energia si è prodotta bisogna inserire la massa trasformata al posto di m nell'equazione E=m·c², dove E indica l'energia in Erg e indica una costante, la velocità della luce alla seconda. L'energia sviluppata è moltissima, soprattutto nella fusione nucleare, e quindi una centrale nucleare produce più energia di una centrale di qualsiasi altro tipo.




Lo sfruttamento dell'energia nucleare: Il reattore a fissione nucleare


Per produrre e sfruttare l'energia nucleare a scopi civili, vengono usati i reattori nucleari, questi hanno, ovviamente, dei pregi e dei difetti.

Ma perché si cominciò a sfruttare l'energia nucleare?

Negli anni Cinquanta e Sessanta l'energia nucleare era considerata una forma di energia economica, disponibile e poco inquinante. La possibilità di trovare una fonte alternativa all'uso dei combustibili fossili suscitò l'interesse sia dell'industria energetica, attenta alla riduzione del costo dell'elettricità, sia degli ecologisti, che vedevano in essa un'opportunità di salvaguardare l'ambiente dal rischio di inquinamento atmosferico causato dall'attività delle comuni centrali elettriche. Però nell'opinione pubblica, cessato l'entusiasmo iniziale, maturarono le prime riserve sull'energia nucleare prodotta nei reattori a fissione e nel corso di pochi anni si verificò un brusco rallentamento dei progetti di realizzazione di nuove centrali. I movimenti contro lo sfruttamento delle reazioni nucleari che si diffusero su scala mondiale sensibilizzarono l'opinione pubblica sugli effettivi problemi di sicurezza connessi all'alto livello di radioattività presente a vari stadi del ciclo nucleare e sul rischio di proliferazione di armi nucleari

L'Italia, in seguito al referendum del novembre 1987, ha bloccato la realizzazione e l'installazione di nuove centrali nucleari sul suolo nazionale e ha sospeso l'attività di quelle già funzionanti; per contro, Gran Bretagna, Francia, Germania e Giappone stanno procedendo con notevole impulso nel potenziamento degli impianti nucleari.

La diffusione dei reattori nucleari

Nei primi anni Cinquanta, quando iniziò lo sfruttamento dell'energia nucleare, l'uranio arricchito era disponibile solo negli Stati Uniti e nell'allora Unione Sovietica; di conseguenza i primi programmi di produzione di energia nucleare di Canada, Francia e Gran Bretagna prevedevano l'impiego di uranio naturale. Questo tipo di combustibile, meno efficace dell'uranio arricchito, richiede l'uso di ossido di deuterio (D O), o acqua pesante, come refrigerante; l'acqua naturale, infatti, ha la caratteristica di catturare un numero eccessivo di neutroni che d'altra parte sono necessari in elevate quantità a causa del basso rendimento del combustibile. I primi reattori, alimentati con barre di uranio naturale, moderati a grafite e refrigerati con ossido di deuterio, furono in seguito soppiantati da reattori a uranio arricchito, e dai più avanzati AGR (Advanced Gas-cooled Reactor, Reattore avanzato raffreddato a gas). In Francia, in seguito alla costruzione di impianti per l'arricchimento di uranio, sono stati costruiti reattori del tipo PWR.

Gia all'inizio degli anni Ottanta erano operanti negli Stati Uniti più di 100 impianti per la produzione di energia nucleare, ma, in seguito all'incidente di Three Miles Island (28 marzo 1979), le preoccupazioni per la sicurezza e vari fattori di tipo economico hanno bloccato ogni ulteriore sviluppo nel campo dell'energia nucleare. Dal 1978 in poi non sono stati messi in cantiere altri impianti nucleari, e alcuni di quelli completati dopo quella data non sono stati resi operativi. Nel 1990 circa un quinto dell'energia elettrica prodotta negli Stati Uniti e ben i tre quarti di quella prodotta in Francia veniva da impianti nucleari. La Russia e gli altri stati dell'ex Unione Sovietica hanno un programma molto ampio di sfruttamento dell'energia nucleare, che prevede sia il sistema PWR (Pressurized Water Reactor) sia quello moderato a grafite.



Reattori con raffreddamento ad acqua

Nel reattore ad acqua pressurizzata (PWR), l'acqua viene portata a una pressione di circa 150 atm, pompata nel nocciolo del reattore, quindi immessa in un generatore di vapore per mezzo di un circuito secondario. Il vapore così prodotto aziona uno o più generatori a turbina e poi viene pompato nuovamente nel generatore di vapore. Il circuito secondario è isolato dal nucleo del reattore, perciò non è radioattivo. Un terzo circuito di acqua, proveniente da un fiume, un lago o una torre di raffreddamento, serve per condensare il vapore.

Nel reattore ad acqua bollente (Boiling Water Reactor, BWR), l'acqua refrigerante è mantenuta a una pressione inferiore, e portata all'ebollizione nel nocciolo. Il vapore prodotto viene mandato direttamente nel generatore a turbina, condensato, e quindi ripompato nel reattore. Sebbene il vapore sia radioattivo, non c'è bisogno di alcuno scambiatore di calore intermedio tra reattore e turbina, con il conseguente guadagno in efficienza. Come nel PWR, l'acqua di raffreddamento del condensatore proviene da un'altra fonte, come un fiume o un lago.

Reattori autofertilizzanti (o veloci)

L'uranio, la risorsa naturale da cui dipende la produzione di energia nucleare, si trova in giacimenti diffusi in tutto il mondo; non se ne conosce con precisione la disponibilità, ma essa sembra essere molto limitata. La caratteristica fondamentale di un reattore veloce sta nel fatto che esso può produrre, a partire da sostanze dette 'fertili', combustibile fissile superiore a quello che consuma. L'elemento fertile più usato nel mondo è l'uranio 238. L'assorbimento di un neutrone da parte di un nucleo di uranio 238 produce un decadimento ß (beta), durante il quale il nucleo si trasforma in un isotopo del plutonio, che è fissile. Il decadimento è illustrato nell'equazione qui sotto.


Il reattore veloce più avanzato è l'LMFBR (Liquid Metal Fast Breeder Reactor, Reattore autofertilizzante rapido a metallo liquido), in cui la velocità dei neutroni destinati alla produzione di plutonio viene mantenuta alta, per velocizzare la produzione di plutonio 239. In questo tipo di reattore non è presente alcun tipo di materiale moderatore, come ad esempio l'acqua, che rallenterebbe i neutroni. Come refrigerante viene usato, come dice il nome, un metallo liquido, normalmente sodio. Il tempo di raddoppiamento, cioè il tempo in cui il reattore produce una quantità di combustibile doppia rispetto a quella originaria, è di circa 10 anni. In un grosso impianto LMFBR, il nucleo del reattore è formato da tubi sottili di acciaio inossidabile contenenti il combustibile (Ossido di plutonio per il 15-20% e per il resto ossido di uranio). Tutto l'apparato centrale contenente il nucleo del reattore misura circa 3 m di altezza e 5 m di diametro ed è sospeso in un grosso contenitore di sodio liquido che, grazie a un sistema di pompe e scambiatori di calore, mantiene il reattore a una temperatura di circa 500 °C. Il vapore viene prodotto in un altro circuito di sodio, separato dal circuito di raffreddamento dagli scambiatori di calore intermedi. Tutto il sistema è contenuto in un blocco di contenimento di calcestruzzo e acciaio. Il primo importante impianto di questo tipo per la generazione di elettricità, chiamato Super-Phénix, è entrato in funzione in Francia nel 1984. Un impianto di medie dimensioni, il BN-600, è stato costruito sulle coste del mar Caspio per la produzione di energia e la desalinizzazione dell'acqua. Lo sviluppo del sistema LMFBR è iniziato negli Stati Uniti prima del 1950, con la costruzione del primo reattore autofertilizzante sperimentale, EBR-l. Sono stati poi installati reattori autofertilizzanti operativi in Gran Bretagna, Francia, Russia e altri paesi dell'ex Unione Sovietica; procede inoltre il lavoro a scopo sperimentale in Giappone e in Germania.

Reattori per la propulsione

Impianti nucleari vengono utilizzati anche nella propulsione di grandi navi militari, come la portaerei statunitense Nimitz, o di sottomarini. In genere i sottomarini a energia nucleare sfruttano uranio molto arricchito così da permettere una sensibile riduzione delle dimensioni del reattore.

Tre navi nucleari, su iniziativa di Stati Uniti, Germania e Giappone, hanno operato per periodi limitati a scopo di sperimentazione ma, nonostante il successo ottenuto dal punto di vista tecnico, le regolamentazioni portuali restrittive e altri motivi di carattere economico hanno imposto la fine di questi progetti. All'ex Unione Sovietica spetta il merito di aver realizzato la prima rompighiaccio a energia nucleare, la Lenin, impiegata per liberare i canali del mare Artico.

Tutti i reattori nucleari descritti fino ad ora servono a produrre energia cinetica attraverso delle turbine, questa energia può essere utilizzata per la propulsione o, per mezzo di un alternatore, può essere trasformata in energia elettrica.


Reattori per la ricerca

I reattori nucleari adibiti alla ricerca hanno come scopo principale la produzione di radiazioni o isotopi radioattivi. Essi operano generalmente a livelli di potenza prossimi a 1 Mw, e il loro funzionamento può essere iniziato o interrotto più facilmente che nei grossi reattori per la produzione di energia.

Uno dei più usati in questo settore è il cosiddetto reattore a piscina. Il nocciolo consiste di uranio parzialmente o totalmente arricchito, contenuto in piastre di un'opportuna lega di alluminio immerse in una grande vasca d'acqua, che svolge la doppia funzione di moderatore e refrigerante. I materiali da irraggiare con neutroni possono essere collocati all'interno del nocciolo o nei suoi pressi. Diversi tipi di isotopi radioattivi vengono prodotti a scopi medicinali, per la ricerca e per l'industria.


Controllo dei reattori

Il livello di potenza di un reattore in funzione viene costantemente controllato da una serie di strumenti di vario genere. La potenza in uscita viene regolata mediante l'inserimento o la rimozione dal nocciolo del reattore di barre di controllo, cioè di elementi costituiti da un materiale capace di assorbire neutroni molto efficientemente. La posizione delle barre viene determinata in modo che la reazione a catena proceda a ritmo costante.

Durante il funzionamento, e anche dopo l'interruzione, un grosso reattore da 1000 Mw ha una radioattività di miliardi di curie. Le radiazioni emesse dal materiale radioattivo vengono assorbite da opportune schermature poste intorno al reattore e al circuito di raffreddamento primario. Altre strutture di sicurezza sono un sistema di raffreddamento del nucleo, che evita che quest'ultimo raggiunga temperature pericolosamente elevate in caso di avaria dei sistemi di raffreddamento principali, e, nella maggior parte dei casi, una struttura di contenimento di tutto il materiale radioattivo che eviti qualunque fuga radioattiva in caso di rottura.

Sistemi di sicurezza dei reattori

Gli impianti nucleari sono provvisti di diverse strutture di sicurezza atte a controllare le possibili fughe radioattive e a ridurre il rischio e l'effetto di eventuali incidenti o mal funzionamenti del reattore. Nella maggior parte dei casi, un sistema di schermature impedisce che i prodotti di fissione si liberino nella biosfera: il combustibile è rivestito di materiale anticorrosivo, solitamente zirconio; le pareti del sistema di raffreddamento primario del PWR sono realizzate in acciaio per formare una seconda barriera; l'acqua refrigerante stessa assorbe alcuni degli isotopi radioattivi biologicamente pericolosi, come lo iodio; infine l'edificio di contenimento, fatto di acciaio e calcestruzzo, rappresenta una terza barriera.



Durante il normale funzionamento di un reattore sfuggono inevitabilmente piccole quantità di sostanze radioattive; esse fanno salire la dose annua assorbita dalla popolazione residente nei pressi di un reattore di qualche punto percentuale rispetto a quella dovuta al fondo di radioattività naturale. Ben più preoccupante è il rilascio imprevisto di sostanze radioattive in caso di incidenti; il maggior pericolo è costituito da una perdita del refrigerante, poiché in questo caso la temperatura può raggiungere addirittura il punto di fusione del combustibile.

In ogni reattore è prevista un'elaborata strumentazione di controllo che esamina il buon funzionamento del reattore stesso e dei sistemi di sicurezza. Nei PWR uno di questi sistemi consiste nell'immissione di boro all'interno del refrigerante in caso di emergenza; questo elemento assorbe i neutroni interrompendo così le reazioni a catena e spegnendo il reattore. Per i reattori ad acqua leggera, in cui il refrigerante è tenuto ad alta pressione, una rottura del condotto principale causerebbe la perdita totale del refrigerante. Questi reattori sono quindi dotati di un sistema di raffreddamento di emergenza, che entra in funzione automaticamente quando si abbassa la pressione all'interno del circuito primario. Nell'eventualità di una perdita di vapore all'interno della struttura di contenimento, intervengono

automaticamente refrigeranti spray che condensano il vapore evitando che la pressione all'interno dell'edificio aumenti fino a raggiungere livelli pericolosi.

Il ciclo del combustibile nucleare

Il ciclo del combustibile consiste di tre stadi fondamentali: il trattamento di preparazione degli elementi combustibili di un reattore, la fase di sfruttamento, e l'immagazzinamento o il riciclaggio del combustibile usato. Nei reattori ad acqua leggera l'uranio naturale, che contiene circa lo 0,7% di uranio 235, viene estratto da giacimenti superficiali o sotterranei. Il minerale viene concentrato per macinazione e poi trasportato in un impianto di conversione, in cui viene trasformato in esafluoruro di uranio gassoso (UF ). Nell'impianto di arricchimento isotopico, questo gas viene indirizzato contro una barriera porosa che funge da setaccio: l'uranio 235, più leggero, vi penetra più facilmente dell'uranio 238. Il prodotto arricchito viene mandato a un impianto di fabbricazione del combustibile, dove il gas di UF viene trasformato in polvere di ossido di uranio, e quindi nelle pastiglie di cui sono composte le barre di combustibile. Queste ultime vengono assemblate e trasportate al reattore, pronte per essere utilizzate.

Parte del combustibile deve essere sostituito ogni anno a causa dell'impoverimento in uranio 235 e dell'accumulo di prodotti di fissione che assorbono neutroni. Il combustibile usato viene generalmente conservato entro un tubo pressurizzato per circa un mese e mantenuto per circa un anno all'interno di vasche di raffreddamento presso il reattore.

Al termine del periodo di raffreddamento le barre vengono trasportate, all'interno di barili fortemente schermati, in strutture di immagazzinamento permanenti o in impianti di riprocessamento chimico; in questi ultimi l'uranio e il plutonio vengono separati dal resto delle scorie radioattive e in parte recuperati per la produzione di nuovo combustibile.

In alcuni paesi non è consentito il riprocessamento del combustibile, per timore che il plutonio 239 venga utilizzato illegalmente per la fabbricazione di armi nucleari.

Nel ciclo del combustibile dell'LMFBR, il plutonio prodotto nel reattore viene sistematicamente riciclato. Per la fabbricazione degli elementi combustibili si usa uranio 238 riciclato, uranio impoverito dalla separazione isotopica, e parte del plutonio 239 recuperato dalle barre usate. Il processo di recupero e riciclaggio fornisce quantitativi sufficienti di combustibile senza che siano necessarie ulteriori attività di estrazione.

Lo stadio finale di qualunque ciclo di combustibile è l'immagazzinamento a lungo termine delle scorie altamente radioattive, che rimangono biologicamente pericolose per migliaia di anni. Gli elementi combustibili possono essere immagazzinati in depositi adeguatamente schermati e sorvegliati, in attesa di ulteriori disposizioni, oppure possono essere convertiti in composti stabili, inglobati in vetri o ceramiche, incapsulati in contenitori di acciaio inossidabile, e infine seppelliti sottoterra a profondità opportune, in formazioni geologiche particolarmente stabili.


Energia nucleare e sicurezza

Pericoli radiologici

I pericoli della radioattività derivano dal fatto che le cosiddette sostanze radioattive emettono radiazioni ionizzanti molto penetranti che possono danneggiare i tessuti biologici, in particolare quelli in rapido sviluppo. L'unità di misura per la dose di radiazione assorbita dal corpo è il millisievert (1 Sv = 100 rem); essa viene corretta e adattata al grado di dannosità dei diversi tipi di radiazione.

Per chi lavora all'interno di industrie nucleari sono calcolati in media 4,5 millisievert annui e questa stessa dose vale anche per il personale degli aerei, costantemente esposto alla radioattività dei raggi cosmici. L'esposizione a una dose di 5 sievert è da considerarsi fatale.

I rischi radiologici possono insorgere a diversi stadi del ciclo del combustibile nucleare. Il gas radon è un comune inquinante delle miniere di uranio sotterranee. Le operazioni di estrazione e di macinazione lasciano nel suolo una gran quantità di scorie, contenenti piccole concentrazioni di uranio, che vanno tenute in bacini impermeabili e coperte da uno spesso strato di terra per evitare che rilascino radioattività nella biosfera

Gli impianti di arricchimento dell'uranio e di fabbricazione degli elementi combustibili contengono grandi quantità del gas corrosivo UF . Il rischio radiologico però è basso: le normali misure adottate nell'ambito di rischi di natura chimica sono infatti sufficienti a garantire la sicurezza.

I più gravi incidenti nucleari

I più gravi incidenti nucleari avvenuti nella storia, fino ad ora, sono stati quelli di Three Mile Island (1979) e di Cernobyl (1986).

L'incidente di Three Mile Island

Il primo si verificò vicino ad Harrisburg, Pennsylvania, nel secondo blocco (TMI-2) della centrale elettronucleare TMI, situata sull'isola di Three Mile, sul fiume Susquehanna.. La centrale TMI era di tipo PWR.

L'incidente, cominciò il 28 marzo 1979, alle ore 4, quando alcune pompe d'acqua destinate ad erogare acqua ad i generatori di vapore della TMI-2 andarono fuori uso (trip), a quel punto l'impianto di sicurezza bloccò la turbina e l'alternatore.

La produzione di vapore, in una centrale PWR, non serve solo a azionare la turbina, ma anche a asportare una parte del calore trasportato dall'acqua di raffreddamento. Essendosi fermata l'acqua del generatore di vapore, l'acqua di raffreddamento si riscaldò di colpo, facendo aumentare la pressione nel serbatoio del refrigerante. A quel punto, per consentire il deflusso del vapore e dell'acqua in eccesso, si aprì la valvola PORV (Pilot- Operated Relief Valve). Purtroppo la pressione continuò a salire e, otto secondi dopo il blocco delle pompe, le barre di controllo caddero nel reattore, fermando la fissione(scram). Un secondo dopo lo scram il calore generato dalla fissione si era ridotto a 0, ma gli elementi di combustibile, ancora in decadimento, continuavano a riscaldare il refrigerante. Allo scopo di raffreddare il combustibile, dopo il trip, erano entrate in funzione le pompe d'emergenza, ma l'acqua pompata da queste non poteva raggiungere il nocciolo perché usciva dalla PORV, bloccata in apertura. La PORV inoltre si sarebbe dovuta chiudere da se dopo 13 secondi, ma così non fece e rimase aperta per ben due ore, disperdendo migliaia di litri di refrigerante. Dopo un minuto e quarantacinque secondi dall'inizio dell'incidente il generatore di vapore si svuotò completamente, ed il refrigerante riprese calore. A quel punto il carico del sistema di raffreddamento diminuì sensibilmente, mettendo in azione due pompe HPI (High Pressure Ignetion) che pompavano un migliaio di litri al minuto. Il livello di pressurizzazione cominciò a risalire e, arrivato a livelli alti, fece credere al personale che ci fosse un'abbondante quantità d'acqua nel serbatoio del refrigerante. Perciò una pompa venne spenta e a un'altra venne ridotto a un decimo il carico.



I fatti che successero dopo provocarono la formazione di bolle di vapore nel nocciolo, che impedivano all'acqua di raffreddamento di giungere ad alcuni elementi di combustibile, che si riscaldarono e aiutarono la formazione di vapore. Con tutto quel vapore in circolazione le pompe cominciarono a vibrare e vennero spente per paura di romperle. In questo modo si bloccò completamente l'afflusso di refrigerante al nocciolo e la temperatura si alzò fino a che l'incamiciatura del combustibile cominciò a reagire col vapore formando idrogeno, una parte di questo gas rimase nel reattore ad una parte uscì dalla PORV. Intanto nell'edificio di contenimento si erano ammassati decine di migliaia di litri di acqua radioattiva, ma nessuno si chiese, ne si seppe spiegare da dove venisse; solo alle 6 e 22 la valvola PORV venne chiusa.

La radioattività della centrale cominciava a salire e, raggiunti gli 8 rem/ ora fu dato l'allarme a le autorità. Dopo quattro ore dall'inizio dell'incidente la centrale andò in isolamento totale; L'isolamento però non era completo perché le tubazioni che trasportavano il refrigerante passavano anche per l'edificio ausiliario. Queste tubazioni si erano chiuse automaticamente, ma furono riaperte per non bloccare il refrigerante al reattore e una piccola parte di materiale radioattivo si disperse nell'ambiente attraverso dei fori nelle tubature.

Alle 8 e 26 le HPI vennero rimesse in funzione ma bisognò aspettare fino alle 10 e 30 perché si riempisse di refrigerante il nocciolo. Alle 13 e 50 echeggio un tonfo nell'edificio di contenimento principale, era l'idrogeno che esplodeva, ma, nonostante si udisse perfettamente dalla sala controllo, nessuno interpretò il rumore sordo come un'esplosione, ma bensì come lo sbattimento di una saracinesca.

Verso le 14 del venerdì un gruppo di tecnici inviati alla TMI-2 verificarono che nel reattore era presente una bolla di idrogeno che potenzialmente poteva auto accendersi e deflagrare. Per fortuna nel reattore si stava producendo anche ossigeno, che si legava con l'idrogeno formando acqua.

Domenica 1 alle 18 la bolla di idrogeno si era ridotta o separata in bolle più piccole, di cui era più facile l'eliminazione. Lunedì 2 la bolla sse quasi del tutto trasformandosi in acqua, non per opera dei tecnici, ma spontaneamente, mentre il problema delle emissioni radioattive continuò a persistere per diversi anni.

Questo incidente non provocò pericoli reali, a parte delle sporadiche emissioni di gas radioattivo, ma provocò la inservibilità del reattore, che si fuse in alcuni punti. Poteva essere anche evitato se gli operatori fossero stati addestrati a dovere e se la manutenzione fosse avvenuta correttamente.



L'incidente di Cernobyl

L'incidente di Cernobyl, invece, ebbe conseguenze disastrose.

La centrale elettronucleare di Cernobyl si trova sulla riva del fiume Pripjat, affluente dello Dnepr; è divisa in quattro blocchi, ognuno dei quali è dotato di un reattore proprio. La centrale non ha alcun tipo di edificio di contenimento, che avrebbe potuto ridurre i danni dell'incidente.

Il giorno 25 aprile del 1986, alla centrale nucleare di Cernobyl, si preparavano ad arrestare il 4 blocco per una manutenzione.

L'esperimento serviva per evitare la fusione del nocciolo in un caso particolare:

quando una centrale rimane esclusa dalla rete elettrica i sistemi di raffreddamento non pompano più acqua nel nocciolo, facendone aumentare la temperatura e facendolo fondere; questo fenomeno viene definito 'Massimo Incidente Calcolato'.

Per evitare il verificarsi del Massimo Incidente Calcolato bisogna sfruttare ogni fonte d'energia all'interno della centrale per alimentare le pompe di raffreddamento. L'unica fonte di energia, in questi casi, può provenire dalla Turbina- Generatore (Turbogeneratore) che, se spinto al massimo, può continuare a ruotare per inerzia dando energia alle pompe di raffreddamento.

Prima di eseguire l'esperimento della corsa massima del Turbogeneratore il reattore doveva essere a regime stabile e con abbastanza bare da poter fermare la reazione a catena, perché l'esperimento poteva essere attuato solo a reattore spento.

Prove così erano state già attuate nella stessa centrale e in altre con successo, ma tutte queste centrali avevano spento i reattori ed avevano le misure di sicurezza accese, come del resto prevedeva l'esperimento.

Quel giorno di aprile furono commessi due errori fatali: furono esclusi tutti i sistemi di sicurezza, inclusi i 350 metri cubi d'acqua del sistema di raffreddamento d'emergenza e fu continuato l'esperimento a reattore acceso.

Possiamo dire che questo non rispetto delle procedure standard fu dovuto alla volontà di eseguire un esperimento 'puro', ma ci sono motivi più attendibili, anche se questi non possono giustificare le azione errate. Il raffreddamento di emergenza fu escluso per evitare uno shock termico del reattore, cioè l'acqua fredda che si getta sul reattore arroventato, provocando una quantità gigantesca di vapore e rischiando di rovinare l'incamiciatura, l'esperimento fu continuato a reattore acceso perché i tecnici volevano evitare l'avvelenamento del reattore che, quando scende a basa potenza si riempie di scorie in decadimento e bisogna aspettare 24 ore prima che si sia liberato da queste sostanze, che ne impediscono il funzionamento.

Proprio per evitare lo scram del reattore in caso anche di emergenza, furono rimosse delle barre di controllo poco prima dell'inizio dell'esperimento; a questo punto, a causa di un guasto tecnico che si presentava da tempo e che non era stato aggiustato, le rimanenti barre scesero per compensare quelle estratte ma, a causa di questo problema tecnico, scesero troppo in basso, facendo diminuire la potenza del reattore a meno di 30 megawatt e cominciò l'avvelenamento del reattore: era l'inizio della fine .

A questo punto l'esperimento andava a monte, il capo ingegnere del reattore decise però che andava continuato ad ogni costo.

Ordinò di far salire la potenza, ma l'addetto e la maggior parte degli operai avevano capito che sarebbe stato un suicidio, e non lo fecero; allora l'ingegnere lo fece da solo.

Cercando di salire di potenza così velocemente la reazione non si poteva più fermare, o rallentare, con le barre di controllo, che gia erano state decimate.

Gia alle 1 e 20 minuti il reattore era stato portato a 200 Megawatt.

A quel punto, solo a quel punto, i tecnici si accorsero che le barre di controllo non avrebbero potuto fermare la reazione a catena, e decisero che dovevano fermare o rallentare subito il reattore, prima che non sarebbe stato più possibile, e il reattore andò in scram.

Ora bisogna fare una precisazione: la punta delle bare di controllo alla centrale di Cernobyl sono fatte di grafite, questo materiale, invece di assorbire neutroni, gli espelle, quindi, quando le barre entrarono la reazione a catena si incrementò, facendo aumentare sproporzionatamente la temperatura interna; ad aggravare il tutto ci si mise anche la deformazione dei tubi porta barre, che portarono queste ultime al blocco.

Negli ultimi 20 secondi prima dell'incidente si verificarono delle reazioni vapore- zirconio, come era avvenuto a Three Mile Island, con conseguente formazione di idrogeno; questo idrogeno, data l'altissima temperatura, esplose.

L'intero coperchio del reattore saltò via, la grafite si sparse tutta intorno all'edificio, che si distrusse; quella notte fu illuminata a giorno dalla luce emessa dal reattore, che bruciava di fuoco nucleare, un fuco che non si può spegnere ad acqua.

Dopo mezzora dalle esplosioni, l'ingegnere di turno fece una valutazione dei danni, che si rivelò fatale per almeno trenta persone: il reattore era integro.

Ordinò che venisse pompata acqua nell'ex reattore per raffreddarlo, ma questo era inutile perché il fuoco nucleare si spenge solo per soffocamento.

Intanto due ingegneri erano stati mandati a morire per calare manualmente le barre, incastrate a metà strada.

Molti pompieri erano gia in infermeria, con la pelle nera e senza coscienza: la maggior parte di questi morì di li a poco.

Solo il 27 aprile i tecnici si accorsero che il reattore si era disintegrato e che bisognava buttare sabbia sull'incendio nucleare: il 2 maggio le operazioni furono sospese dopo il lancio di cinquemila tonnellate di sabbia. Tutto il quarto blocco fu successivamente seppellito in una colata di cemento e dal 1988 le altre tre centrali sono rientrate in funzione.







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