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IL PROBLEMA DELLA PACE

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IL PROBLEMA DELLA PACE


Il problema di un ordine atto a determinare la pacifica convivenza tra gli esseri umani si può ritenere fondamentalmente impostato in quanto ovunque è incriminato l'atto di violenza. Infatti la legge dei vari stati ha il compito di intervenire per rendere giustizia ovvero per prevenire o modificare in favore della pacifica coesistenza le eventuali cause di lotta. La soluzione di tale problema, che basa sul concetto acquisito di socialità (concetto che si attinge dall'esame delle naturali necessità pratiche e morali e delle naturali possibilità di soddisfarle) e si concreta in imposizione di doveri e tutela dei conseguenti diritti proprio con l'interessato consenso degli associati, è quanto suggerisce la fiducia nella possibilità di risolvere il problema della pace mondiale ovvero il problema del rapporto pacifico ed ordinato dei gruppi etnico-politici di comune tradizione morale, culturale e spirituale definitisi in nazione. E' a tale fiducia che si ricorre e si deve largamente ricorrere perché lo spirito non soccomba al cospetto della realtà attuale. La realtà politica attuale è purtroppo questa: la guerra mondiale è già in atto in quanto le nazioni più potenti hanno accettate l'incompatibilità e l'irremovibilità dei singolari modi di esistere per cui il modo dell'una è considerato dannoso alla esistenza dell'altra; è dichiarata la ribellione dei popoli che sono ad altri soggetti; è dichiarata la diffidenza e la necessità di potenza da parte dei popoli che hanno ragione di temere l'asservimento; ogni soggezione pacifica tale è soltanto in apparenza ed è quindi condizione di ribellione futura; a pro di una più vitale condizione pratica e morale dei cittadini lo spirito di rivolta agita le nazioni stesse nel loro interno. Se tale è la situazione mondiale, e se si vuole escludere che una nazione od una massa di uomini vogliano fare guerra o rivoluzione semplicemente per fare la guerra o la rivoluzione, ciò significa che la nazione o la massa che s'apprestano a tali avvenimenti sentono di dover compiere quest'atto per semplice ragione di vita. Ciò, sempre escludendo il caso di deliberata aggressione compiuta per pura pazzia, corrisponde alla condizione di quelle persone singole le quali, venendo a subire una situazione tale che comunque costituisca una rinuncia a se stesse ed una impossibilità di vivere e continuare a vivere, naturalmente lottano in propria difesa, cioè rischiano la propria vita nel tentativo di evitarne l'altrimenti sicura perdita. Si può quindi asserire che tra le nazioni, come tra gli uomini, la lotta sanguinosa fatalmente è originata dalla necessità di assolvere il naturale dovere di difendere se stessi e garantire vieppiù la propria esistenza. E si può concludere che tra le nazioni, come tra gli uomini, la lotta sanguinosa è evitata ove ogni individuale esistenza è garantita, difesa, confortata. Tale realtà attuale è quindi da ritenersi giustificata proprio nel suo stesso limite in quanto essa è tale relativamente ad una situazione che è quella di oggi e relativamente alla quale noi pensiamo di poter offrire una data soluzione che ne risolva il problema. Poiché, in realtà, ogni situazione si presenta ad una coscienza pensante e valutante, la soluzione del problema mondiale è determinabile da uno stato di coscienza che diventi condizione di realizzazione, per cui il problema della pace mondiale si presenta oggi, quale problema di un comune orientamento di coscienza affinché gli uomini e le loro associazioni siano condotti ad agire in conformità ad esso in funzione della realizzazione progressiva della migliore condizione di esistenza per l'umanità. Tale orientamento non può essere motivato che da una verità, la quale possa pretendere il mondiale apprezzamento e rispetto così da poter inconfutabilmente imporre quel principio di giustizia che la soddisfa. Tale verità deve trovare naturale risonanza nella coscienza degli uomini in quanto corrispondente alla loro naturale costituzione e deve quindi essere espressione della naturale insopprimibile necessità di vita da cui sono animati. Deve essere quella stessa che ogni uomo insopprimibilmente in sé e per sé apprezza. Il principio di giustizia che può soddisfare gli uomini e divenire norma morale e legge di esistenza non può essere che quello stesso che naturalmente scaturisce dal rapporto tra la verità e la realtà che l'uomo vuole produrre e cioè il pacifico ordine mondiale. Questo manifesto intende appunto promuovere lo stato di coscienza che sia confacente alta pace essendo questo l'unica realtà che possa realizzarla ed intende promuoverlo proponendo alla coscienza del singolo una soluzione del problema del comune orientamento quale dalla coscienza stessa è concepibile solché si soffermi sull'esame e l'apprezzamento del fine essendo infatti la chiara conoscenza del fine ciò che si risolve in principio orientativo. E' per esso stato di coscienza, è per l'educazione progressiva al principio, che devesi pervenire alla graduale trasformazione della struttura politica dall'attuale a quella alla pace conveniente.




VERITA:

Individuo - L'esistenza, nel suo aspetto più immediato, si presenta all'uomo come problema della propria esistenza il quale s'impone come immediata conseguenza del naturale ed imperativo bisogno, esistendo, di conservarsi in vita e di usarne il più piacevolmente possibile per la propria felicità. Tale bisogno è quanto motiva l'azione dell'uomo, perché è nell'intento di soddisfarlo che egli fa uso di sé e del proprio ambiente naturale. Tale umana azione consiste anzitutto in azione di cognizione delle necessità e possibilità proprie ed ambientali, ed in secondo tempo in azione di realizzazione in base all'indirizzo dalla cognizione imposto. Questa subordinazione dell'azione realizzatrice al risultato dell'azione di conoscenza è quanto limita, ovvero orienta, la libertà dell'uomo che in questa situazione va intesa come possibilità di compiere quelle azioni che si rendono di tempo in tempo da parte sua doverose nei riguardi del proprio fine di conservazione e migliore conservazione. Infine, in armonia con lo scopo vitale che persegue, l'uomo tende a spendere le sue possibilità preoccupato di provocarne il rinnovamento ed il miglioramento e preoccupato mira, nel fare uso di sé e dell'ambiente naturale, a compiere il dovuto perché in se stesso e nell'ambiente siano maturate, migliorate e perpetuate quelle possibilità naturali di cui egli fa uso per vivere. La necessità di soddisfare il bisogno così dalla vita impostogli è quanto giustifica l'azione dell'uomo; ma la necessità di agire accortamente è quanto moralizza l'azione. L'uomo cioè gradatamente si orienta a quel modo di comportarsi che, a seguito di cognizione, risulta favorevole alla soddisfazione del suo egoistico fine di conservazione e migliore conservazione. La necessità di agire accortamente è quanto giustifica l'umana naturale necessità di miglioramento, d'ordine, di progresso, di sapere e di pace per cui anche l'immediata propria esistenza viene accettata e voluta come funzione della prosecuzione dell'esistenza della specie. Ma già la considerazione dell'uomo come individuo implica una situazione di socialità. Infatti in quell'ambiente naturale di cui deve prendersi attenta cura, proprio per non tradire il proprio egoistico fine di lunga e sempre migliore esistenza, l'uomo trova anche il proprio simile; e perciò il problema dell'orientamento della propria azione si arricchisce del particolare aspetto detto sociale. Che l'uomo intenda vivere in pace è decretato dal suo naturale bisogno di vivere a lungo e di non soffrire malanni; che egli tenda a trovare nei simili possibilità di vita e di miglioramento per sé è similmente decretato dal suo atteggiamento di ricerca e di appropriazione di qualunque elemento il quale abbia qualità sfruttabili a pro del suo fine; che egli tenda a conoscere e valutare e con ciò limitare la sua libertà secondo il suggerimento della cognizione è già stato reso evidente. Tra le necessità vitali dell'uomo v'è quindi quella di esistere pacificamente col simile; di trovare in esso elemento utile alla propria esistenza ed al miglioramento progressivo di essa; di rendere il simile, alla stregua di qualunque elemento ambientale utilizzabile, sempre più utile, più amico e più vitale nel proprio confronto. Il problema sociale dell'uomo è quindi problema di azione morale verso gli esseri umani, cioè problema di comportamento tale per cui la convivenza divenga elemento favorevole al suo egoistico programma di esistenza nel quale è contemplata la possibilità di sempre meno dover ricorrere a quell'atto di offesa o difesa per i quali vita e beni sono gravemente esposti al pericolo. Questa la realtà della vita dell'uomo. Questi i termini reali del suo problema d'esistenza: problema di chiara cognizione dalla quale trarre giusta norma d'azione verso la propria persona, il simile e l'ambiente naturale al fine di procacciarsi e garantirsi le migliori condizioni di esistenza.

Nazione - Gli uomini costituendo una associazione o comunque esistendo uniti in raggruppamenti aventi finalità che richiedono l'attività del gruppo e dei cui frutti pratici e morali ogni appartenente vive, vengono a costituire un elemento che assume la struttura dell'individuo; un essere cioè che, trovando corpo negli associati, affronta giornalmente un problema individuale di esistenza che è fondamentalmente identico a quello di ogni uomo per cui, di qualunque raggruppamento si tratti (famiglia, impresa, società in genere), gli uomini ottengono sempre un individuo attivo il quale vive un imperioso bisogno, esistendo, di conservarsi in vita e di usarne il più piacevolmente possibile per la propria felicità. Ogni nazione è uno di tali individui ed anzi uno dei più chiaramente definiti ed anche giustificati se si tiene conto di quel suo fatale costituirsi che si può dire abbia sempre trasceso il volere immediato dello uomo. Le nazioni esistono vive, volitive, ben distinte l'una dall'altra per nome, linguaggio, usi, costumi, cultura, tradizioni, necessità particolari, possibilità, storia, etc. Esistono (inutilmente anzi dannosamente avversate nella propria individualità) e, consce di sé, giornalmente si comportano per soddisfare un impellente bisogno di vita individuale, ordinata, proficua. La nazione, come l'uomo, tende a risolvere il proprio problema vitale anzitutto attraverso una azione di cognizione di ogni possibilità e necessità propria ed in secondo tempo in azione di realizzazione cioè uso di se stessa nell'ambiente in base al dettame della conoscenza. Si deve quindi concludere che l'azione della nazione, come quella dell'uomo, è morale in quanto mira alla soddisfazione delle proprie particolari esigenze conscia della propria individualità e responsabilità e quindi compiente consciamente quel dovere che renda soddisfatti, migliorati e valorizzati sia la propria sostanza umana che il proprio ambiente naturale. Inoltre, poiché ogni nazione distingue nell'ambiente naturale (la terra) i propri simili (le nazioni), essa vive il suo problema sociale (internazionale) che, in apprezzamento del desiderio fondamentale dei cittadini di non subire oneri di guerra, è problema di azione morale verso le altre nazioni, cioè problema di comportamento tale per cui la convivenza divenga elemento favorevole al proprio egoistico programma di esistenza e sempre minori siano le necessità di ricorrere all'azione di difesa o di offesa durante le quali la vita ed i beni dei cittadini corrono grave pericolo. Infatti le nazioni vivono la necessità vitale di esistere pacificamente; di trovare nelle altre nazioni elementi utili alla propria esistenza ed al miglioramento di essa; di rendere le altre nazioni sempre più utili, più amiche, più vitali nei proprio confronti. Questa la realtà della vita della nazione, questi i termini reali del suo problema di esistenza: problema di chiara cognizione dalla quale trarre giusta norma di azione verso se stessa, le altre nazioni e l'ambiente naturale al fine di procacciarsi e garantirsi le migliori condizioni di esistenza. Per concludere diremo che uomini ed associazioni d'uomini, uniti nella necessità di pace, tendono ad associarsi in funzione di quel bisogno e con ciò tendono a costituire la società umana la quale si può considerare come quell'individuo che già si dimostra animato dall'imperativo bisogno, esistendo, di conservarsi in vita e di usarne il più piacevolmente possibile per la propria felicità; individuo che, alla stregua di ogni altro, prima di iniziare l'azione di realizzazione deve affrontare l'azione di cognizione. Questa allora la realtà dell'esistenza dell'umanità, questi i termini reali del suo problema: problema di chiara cognizione (apprezzamento della semplice verità vitale che accomuna uomini ed associazioni) dalla quale trarre norma giusta di azione verso se stessa (ordine tra uomini ed associazioni di uomini) verso l'ambiente naturale (ordine scientifico del lavoro, ovvero dell'impiego delle possibilità e della soddisfazione delle necessità) al fine di procacciarsi e garantirsi le migliori condizioni di esistenza.


GIUSTIZIA

Il predicato principio di verità implica di per se stesso la giusta (cioè equilibrata, morale, opportuna) norma d'azione da praticarsi da parte di ogni individuo (uomo, famiglia, azienda, nazione) il quale in conseguenza dell'apprezzamento della propria sovrana individualità e della propria vitale necessità, perviene a rendersi conto della propria responsabilità verso sé stesso e per conseguenza del suo potere ed interesse effettivi ed immediati di contribuire alla realizzazione della pace.

Socialità - L'uomo, parlando di pace, si riferisce ad un particolare clima di convivenza con quell'aspetto particolare dello ambiente naturale che è costituito dai propri simili. Di conseguenza la sua imperiosità di vita è sempre quel bisogno, esistendo, di conservarsi in vita e di usarne il più piacevolmente possibile per la propria felicità, ma da realizzare adesso in clima d'accordo con gli altri. Avviene quindi che l'uomo, per soddisfare il desiderio di pace, pensa già di assoggettare il proprio libero arbitrio (come fa per soddisfarsi di ogni altra necessità) a quelli che saranno i doveri logici imposti dalla verità in vista della pace; e cioè accetta la soggezione a tali doveri in quanto essi si dimostrino confacenti alla sua essenziale necessità di conservarsi in vita e di usarne il più piacevolmente possibile per la propria felicità. L'uomo non solo accetta ma si autoimpone la limitazione della propria libertà per godere della individuale liberazione dal rischio della guerra, liberazione che è nel suo naturale programma di vita e che non è negazione bensì soddisfazione del suo tendere a vivere per la propria felicità. L'uomo quindi fa, del suo problema di vita, problema contemporaneamente ed inscindibilmente individuale e sociale per un proprio egoistico interesse il che non avviene solamente per quegli ignari che non sanno giustamente servire se stessi. La giusta soluzione di questo problema sta semplicemente nell'apprezzamento attivo della predicata verità, cioè basa sul riconoscimento che ogni uomo tende a vivere per la propria felicità il più a lungo ed il meglio possibile e che il non aver occasioni per compiere o subire atti di guerra fa parte della sua felicità in quanto a ben altre sazietà tende per sé e le cose e le persone che gli sono care. Questo apprezzamento è possibile in quanto un tale riconoscimento diventa principio di reciprocità secondo il quale ad ogni individuo è comune quel bisogno fondamentale che abbiamo già definito come il motivo determinante l'azione di ogni individuo. Senza questo apprezzamento non v'è comprensione né v'è rispetto dell'uomo verso se stesso; non v'è concezione giusta di quale sia l'azione che corrisponde alla realtà umana; non v'è giustificazione ad un principio di giustizia che possa far distinguere ciò che è umanamente vitale da ciò che è letale. L'accettazione del principio di reciprocità si concreta nel pratico rispetto di questi doveri liberamente e spontaneamente pra­ticati in virtù di coscienza promossa dall'educazione:

Rispetto di ogni singolo quale entità sovrana.

Considerazione dell'ambiente naturale quale elemento di sfruttamento e quindi considerazione del singolo quale elemento a buon diritto partecipante alla produzione ed al consumo dei beni destinati a soddisfare in naturale misura le immediate necessità di vita.

Rispetto nei confronti dell'altro, di quel principio di miglioramento, valorizzazione e vitalizzazione che già si rispetta nei riguardi dell'ambiente naturale perché sia vieppiù utile, amico, sicuro. Il che è quanto dire che ogni uomo deve richiedere per sé e praticare verso gli altri il rispetto della persona, il rispetto del diritto di partecipare al lavoro ed ai frutti, il rispetto del diritto di partecipare alla produzione ed al consumo d'ogni maggior frutto, e ciò in funzione del proprio singolare interesse. Il tutto nella misura indispensabile per cui la possibilità di esercitare tale diritto sia garantita, ovvero in rispetto di una norma che derivi dalla valutazione costante di ogni reale possibilità e necessità.

Mondialismo - Il problema così vissuto dall'individuo si propone similmente per le nazioni; infatti ogni nazione parlando di pace si riferisce ad un particolare clima di convivenza con le altre nazioni. Aspirano ad un clima in cui esse possano lavorare per soddisfare il loro imperativo bisogno di vivere senza però essere aggredite, oppresse, avvilite, sfruttate, distrutte né costrette a tali azioni verso le altre. Va da sé che, in armonia col predetto principio di verità che caratterizza uomini e nazioni, nessuna nazione può giustamente concepire un ordine di pace se non assoggettandosi alla necessità di riconoscere che ogni altra nazione vive fatalmente, al pari di sé, la naturale imperiosa necessità di conservarsi e meglio conservarsi. Avviene così che, ove si voglia pace, occorre la nazione ammetta e rispetti il principio di reciprocità; occorre usi proprio del suo libero arbitrio, cioè eserciti il suo sovrano potere, per praticamente osservarlo al servizio del proprio interesse ed indirettamente di quello dell'umanità. L'accettazione del principio di reciprocità si concreta nel compimento di questi doveri liberamente e spontaneamente praticati in virtù di coscienza:

Rispettare l'indipendenza d'ogni nazione.

Considerare che la terra è l'elemento naturale di sfruttamento e che le nazioni a buon diritto debbono partecipare alla produzione ed al consumo dei beni destinati a soddisfare in naturale misura le immediate necessità di vita.

Rispettare nei riguardi d'ogni nazione il principio di miglioramento, di valorizzazione, di vitalizzazione, sia nella sua realtà umana (morale e fisica) che in quella ambientale.

Il che è quanto dire che ogni nazione deve chiedere per sé e deve praticare verso le altre il rispetto dell'indipendenza, il rispetto del diritto di partecipazione al lavoro di sfruttamento della terra, il rispetto del diritto di partecipare alla produzione ed al consumo del maggiore frutto, e ciò in funzione del proprio singolare interesse. Il tutto nella misura indispensabile per cui la possibilità dell'esercizio di tali diritti sia garantita, ovvero in rispetto di una norma che, mirando a servire il principio di ordine voluto dal principio di verità, derivi dalla valutazione costante d'ogni reale possibilità e necessità. Per concludere diremo che, se, come sopra vedemmo, il problema dell'esistenza dell'umanità è problema di chiara cognizione dalla quale trarre giusta norma di azione verso se stessa (ordine nell'uomo e tra gli uomini e tra associazioni di uomini) e verso l'ambiente naturale (ordine scientifico del lavoro) al fine di procacciarsi e garantirsi le migliori condizioni di esistenza, allora il problema della pace dell'umanità è: problema di apprezzamento della verità e di apprezzamento della conseguente necessità di individualmente rispettare il principio di reciprocità soddisfacendolo entro le delimitazioni ideali dalla verità imposte e le delimitazioni pratiche che derivano dalla valutazione delle reali attuali possibilità umane, quelle stesse possibilità nel cui aumento e miglioramento l'umanità vede la propria meta di progresso. Ciò è quanto sostanzia l'azione di cognizione. L'indicazione dei limiti pratici (formulazione della legge e sua operosità) e la creazione delle possibilità (concezione del piano di lavoro e suo concretamento) sostanzieranno, come conseguenza dell'avvenuta azione di cognizione, l'azione di realizzazione.


LA DELIMITAZIONE IDEALE DELL'AZIONE' INDIVIDUALE:

Tutto quanto sopra esposto evidentemente altro non è che la descrizione di quel sempiterno, reale ed uniforme bisogno vitale che anima il problema quotidiano degli uomini e ne provoca l'azione. Problema che, di tempo in tempo, fatalmente torna ad imporsi quale problema di intere associazioni d'uomini tanto da ripresentarsi oggi quale problema mondiale. Quindi sempiterno bisogno, da parte di ogni individuo, di sentirsi amato dall'altro così come ogni altro ama ed apprezza se stesso (egoistica necessità di non sentirsi valutato da men che pari dagli altri, logica conseguenza questa del naturale bisogno di garantirsi vieppiù la esistenza; inoltre principio della progressiva affermazione dell'indipendenza individuale che sfocerà in individuale responsabilità) ed altresì bisogno, da parte di ogni individuo, di godere praticamente e realmente di detto apprezzamento in conseguenza di azione condotta con metodo impegnativo e scientifico per netto apprezzamento di principio vitale e netta imposizione di legge (egoistica necessità di partecipare realmente ad ogni possibilità di esistenza almeno quanto ogni altro ed inoltre principio della progressiva trasformazione della disordinata convivenza in ordinata associazione). Per natura gli uomini vivono dominati dal bisogno fin qui predicato e ciò è quanto prova la naturale esattezza ed opportunità dell'esposto principio di verità e di quella idea di giustizia che è relativa alla verità ed al protestato umano bisogno di pace. Per tutto questo dunque, ed in questa situazione, anche quello che si definisce lo amore del prossimo va in realtà inteso come necessità di rispetto della propria individualità da parte di tutte le altre e corrisponde ad un bisogno insopprimibile e vitale dalla vita imposto. Tale bisogno è servito soltanto dalla azione sociale che è intesa come rispetto pratico, attivo, equilibrato, vigile, delle proprie pratiche necessità di vita da parte di tutti gli uomini. Cioè l'azione sociale traduce e deve tradurre in pratica quel sentimento di rispetto tra gli uomini di cui il singolo uomo abbisogna e su cui basa la pacificità dell'esistenza dell'umanità. Ove detto individuale bisogno di pratico rispetto non è soddisfatto, vi matura lo spirito di guerra e di rivolta cioè tale assenza di motivo di ordine e di pace giustifica il compimento, da parte di uomini ed associazioni d'uomini, di quelle cruente e distruttive azioni che in realtà non sono nel loro programma di esistenza ma che, come più sopra giudicammo, sono naturalmente inevitabili allorché da esse l'uomo e le associazioni d'uomini possono trarre speranza di esistenza e giusta condizione di esistenza in confronto alla certezza di una realtà attuale che della loro esistenza e delle condizioni di esistere sia negazione. Ecco perché, se si considera che tutta l'attività del singolo è ricerca di un metodo che gli consente la soddisfazione del predicato caratteristico bisogno di vivere e meglio vivere (cioè il proprio problema di pace altro non è che il problema individuale quotidiano di vita serena, sana, garantita, gioiosamente attiva), ci si accorge che, essendo l'esistenza di ogni uomo legata alla esistenza degli altri, la soluzione del problema individuale è indissolubilmente legata alla soluzione del problema nazionale e questa, a sua volta, alla soluzione del problema dei rapporti internazionali e cioè alla soluzione del problema dell'ordine mondiale. Diremo quindi che soltanto sul piano mondiale gli uomini possono trovare soluzione al proprio problema individuale e giornaliero. E così che gli uomini fatalmente si avviano a costituire l'umanità così come costituiscono le nazioni. E' per questo che la concezione di un metodo mondiale ( contro il sistema della imposizione dei metodi concepiti in funzione di una parte) prevede l'apprezzamento pacifico di una verità la quale fondamentalmente contenga la verità vitale e naturale che anima ogni essere umano tanto da poter vantare d'essere la verità dell'umanità. E' l'azione rispettosa di soddisfacimento d'essa verità che deve risultare in pratica soddisfacimento del naturale bisogno degli esseri umani. Da ciò consegue che il metodo deve basare su questo principio: con ogni possibilità servire la necessità nel pieno rispetto della verità. L'apprezzamento della predetta verità quale reale definizione dell'umana esistenza e l'apprezzamento del principio di giustizia quale ideale metodo di servire la verità in relazione al fine di pace, danno modo di chiaramente definire quale sia l'orientamento da imprimersi alla individuale azione affinché essa risulti confacente ai vitali bisogni dell'uomo; orientamento di tutta quell'azione che l'individuo (uomo, famiglia, società, nazione), per il proprio interesse, compie verso la vita, quella vita che prende forma in questi distinti aspetti: la propria individualità, il proprio ambiente naturale, il proprio ambiente umano.

Individualità - Egoistica attenta cura di ogni propria naturale possibilità sicché l'impiego di se stesso nell'ambiente sia sempre più valido mezzo di procacciamento a sé delle possibilità di vivere e valido mezzo di creazione di ogni migliore e maggiore possibilità di vivere (principio dell'egoistico dovere di curare il fisico, educarsi, perfezionarsi, essere pronto a bastare a se stesso etc.).

Ambiente (extraumano) - egoistica attenta cura di ogni elemento ambientale (strumenti, officina, casa, risorse etc.) di cui si vive affinché le possibilità da essi elementi offerte siano conservate, migliorate, perpetuate (principio dell'egoistico dovere di agire scientemente e lavorare scientificamente).

Ambiente (umano) - Egoistica attenta cura dell'elemento umano, cura che si concreta nel maturare quelle possibilità che consentano a ciascuno di compiere verso la propria individualità ed il proprio ambiente gli stessi egoistici doveri (principio dello egoistico dovere di creare e difendere un giusto regolamento). Per quanto detto torna evidente che ogni uomo già partecipa alla giusta soluzione del problema, dell'altro proprio nel suo agire così come sopra si è detto ed in vista della soluzione del proprio problema. Cioè l'azione individuale, seppure egoisticamente svolta, in tale forma si determina secondo quel principio di reciprocità per il quale la soluzione del problema individuale è individuale soltanto nel senso che è sempre il problema di un individuo, ma talmente inerente all'individualità di ogni individuo da essere perciò stesso il problema di tutti gli individui. L'ordine gerarchico che inevitabilmente si determina in conseguenza dell'azione dei molti non può mancare neppure in questo caso; ed è evidente che tale gerarchia baserà la sua azione di strutturazione e costruzione della stessa società umana, proprio in relazione alla maggiore individuale possibilità di assolvere ai suddetti doveri e quindi alla maggiore soddisfazione che l'autosoddisfacimento egoistico dell'uno procurerà alle necessità egoistiche dei più). Tale attività individuale (in cui l'individuo è tanto l'uomo quanto la famiglia, l'azienda, la nazione), volta alla soluzione del problema dell'esistenza come problema di pace, è quella che promette la pace come inevitabile conseguenza. Tale attività corrisponde alla reale e naturale necessità dell'esame umano ed è largamente facile e possibile in quanto è da compiersi individualmente dalla posizione reale in cui ora ogni individuo si trova. Con ciò l'enorme schiacciante panorama del problema mondiale è ridotto per ciascuno alle giuste e reali proporzioni, quelle cioè che puntualmente corrispondono alla reale posizione e possibilità d'ogni individuo qualunque esso sia. La pacifica realizzazione della pace basa dunque sull'individuale compimento di tali azioni in virtù di libero impegno e di autodecisione: conseguenza essenziale e realizzazione feconda dell'avvenuto orientamento di coscienza.





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