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Nel quadro della situazione storica, politica ed economico-sociale del 1600, analizza i tre ordini di motivazioni che sono all'origine della Rivoluzio



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"Nel quadro della situazione storica, politica ed economico-sociale del 1600, analizza i tre ordini di motivazioni che sono all'origine della Rivoluzione Inglese e discuti il dibattito storiografico sullo scontro di classe che, secondo alcuni storici, è la vera causa della guerra civile"


Il Seicento fu un secolo segnato da una crisi che si estendeva a tutti i campi (economico, sociale, politico, religioso) e che interessò gran parte degli stati europei, fatta eccezione per l'Olanda e l'Inghilterra, paesi che a partire da questo momento, conobbero un periodo d'espansione e crescita economica e di cambiamenti socio-culturali.

E' possibile ricondurre la crisi del Seicento ad alcuni fenomeni molto importanti: la stagnazione demografica ed economica e la nascita di uno "spirito rivoluzionario" che interessò tutta l'Europa.

La grande crescita demografica del 1500 viene contrastata dalla diminuzione della popolazione soprattutto nella prima metà del 1600. Il calo o per meglio dire la stabilità demografica interessò principalmente gli stati affacciati sul Mediterraneo; diversamente, le regioni settentrionali conobbero una fase di crescita più o meno rilevante.

La stagnazione demografica trova le sue cause nelle guerre, nelle carestie e nelle epidemie di peste. Un esempio significativo è dato dalla Guerra dei Trent'anni (1618-l648), dalla quale la popolazione tedesca uscì dimezzata.



Per quanto riguarda l'economia seicentesca si può notare un notevole contrasto tra la realtà della maggior parte degli stati, che dovettero affrontare un arretramento e una situazione di generale malessere economico e quella di Inghilterra e Olanda; quest'ultima, in particolare, raggiunse nel Seicento l'apice della sua ricchezza e della sua potenza.

Analizzando in generale la situazione economica europea, è comunque possibile parlare di una crisi, che si manifestò con una riduzione della produzione e degli investimenti in campo agricolo e industriale, un calo degli scambi commerciali e una diminuzione dei prezzi dei prodotti.

Alla base di questa crisi è possibile collocare il crollo quasi contemporaneo dei mercati snoli e tedeschi, unitamente al processo di rifeudalizzazione del mondo rurale che interessò Sna, Portogallo e Italia ma non avvenne in Inghilterra e Olanda.

A questo punto, è possibile affermare che il quadro economico europeo fu caratterizzato da elementi di diversità nelle vicende dei vari paesi, differenze che favorirono l'emergere delle potenze atlantiche a discapito di quelle mediterranee.

Il commercio nell'area atlantica e la fondazione di nuove colonie furono ad appannaggio di Inghilterra ed Olanda, potenze che, già dalla fine del 1500, assunsero il controllo dei commerci anche all'interno del Mediterraneo. In Italia, per esempio, il cattivo andamento della produzione agricola, obbligò il paese a rifornirsi di cereali provenienti dall'Olanda.

Le due potenze emergenti, inoltre, operarono una forte concorrenza (es. new draperies) che garantì loro di ottenere l'egemonia economica.

Il contesto economico, sfavorevole alla maggior parte dei paesi, e la Guerra dei Trent'anni provocarono una crisi sociale che colpì quasi la totalità dell'Europa.

La guerra obbligò gli stati ad operare una forte pressione fiscale per ampliare l'esercito e, quest'iniziativa si scontrò con il malcontento dei cittadini, già in difficoltà per la crisi agraria, e con i dissensi dei ceti privilegiati che erano contrari al rafforzamento dell'autorità dello Stato.

Per contrastare l'esplosione delle rivolte, i sovrani europei adottarono il modello dell'assolutismo nel tentativo di riportare l'ordine. In questo modo lo Stato riuscì a superare la crisi sociale.

Il rappresentante più autorevole di questo modello di stato fu Luigi XIV, il quale riuscì a ristabilire un provvisorio equilibrio fra le classi sociali (nobiltà e borghesia). Egli, infatti, al fine di controllare i nobili, fece costruire la reggia di Versailles e vi attirò con pensioni ed uffici la nobiltà in decadenza.

Nello stesso tempo, il ministro Colbert, proseguendo l'opera di Sully, favorì in ogni modo la borghesia promovendo nuove industrie e manifatture, che diedero alla borghesia la possibilità di affermarsi e progredire, e creando una Comnia delle Indie orientali e una Comnia delle Indie occidentali, che risvegliarono l'interesse francese per le conquiste coloniali.

Diversa fu la situazione vissuta in Inghilterra, dove non si formò un forte stato assoluto ma, pur conservando la monarchia, si affermò un'istituzione parlamentare che garantì alla borghesia la partecipazione diretta al potere.

Tra la fine del 1500 e l'inizio del 1600 si ebbe in Inghilterra un forte sviluppo economico che fu generato da un elevato incremento demografico e dalla formazione di un modello capitalista che favorì lo sviluppo dell'agricoltura, del commercio, dell'artigianato.

Intorno al 1520 si ebbe l'inizio di un incremento consistente della popolazione, grazie ad uno sviluppo agricolo che permise di sfamare un numero raddoppiato di persone. Questo sviluppo fu favorito dall'espansione delle aree coltivate, dall'utilizzo delle foreste e dalle bonifiche delle paludi.

Il commercio estero con le colonie era divenuto fondamentale per l'economia nazionale.



Si sviluppò anche il commercio interno favorito da una buona organizzazione delle strade principali, dalla nascita di mercati specializzati e dalla proliferazione di venditori ambulanti. Lo sviluppo del commercio interno fu facilitato dall'assenza quasi totale di pedaggi su strade o fiumi, o all'ingresso delle città.

Le attività industriali più importanti di questo periodo erano la manifattura e il trattamento delle stoffe, che rifornivano sia il mercato interno sia quello estero. In questo campo iniziò ad affermarsi il metodo di lavorazione "a domicilio": per evadere il severo controllo che le corporazioni esercitavano in città, i mercanti affidavano la stoffa da filare a contadini che, nei periodi in cui non dovevano effettuare raccolte, la lavoravano a bassi costi come secondo lavoro.

Oltre a queste attività, importanti erano anche quelle di estrazione del carbone, del lavoro del ferro e della produzione di sapone.

Di questa crescita economica beneficiarono oltre che i ceti mercantili e imprenditoriali, anche la piccola nobiltà terriera (gentry) e i piccoli proprietari terrieri (yeomen). Queste ultime due classi, inoltre, furono favorite dal "movimento delle enclosures", pratica che permetteva di espropriare e recintare i terreni comunali a danno, però, di contadini e braccianti.

A questo sviluppo economico si accomnò una politica regia sbagliata, che non riuscì a dominare i cambiamenti che stavano verificandosi poiché ancora legata ad un'economia di stampo medievale e feudale. Carlo I Stuart, nel tentativo di imporre l'assolutismo monarchico, pretese di mantenere sotto controllo l'industria e il commercio ed inevitabilmente incontrò l'opposizione dei nuovi ceti.

Dal punto di vista politico, venne a determinarsi un'instabilità causata dall'incapacità del re di far fronte all'opposizione del parlamento e dei ceti emergenti (city, gentry).

Carlo I, come già in precedenza Giacomo I, tentò di affermare l'assolutismo ma trovò la ferma opposizione d'istituzioni, come il parlamento, che deteneva un potere molto forte ed aveva interessi opposti.

Un'altra forte resistenza si presentava a Carlo I da parte dei puritani, che vennero perseguitati dallo stesso re.

Il Puritanesimo era un movimento religioso sorto all'interno dell'anglicanesimo, con l'intento di riformare la Chiesa d'Inghilterra secondo il modello calvinista. Considerandosi investiti direttamente da Dio per l'attuazione di un disegno di salvezza dell'Inghilterra e del mondo intero, i puritani predicavano in particolare la necessità di svincolare la chiesa dal potere politico e ne rifiutavano la struttura gerarchica.

Carlo continuò a governare dispoticamente deciso a reprimere ogni forma di opposizione ma, nel 1628, trovandosi in difficoltà finanziarie originate da una serie di sconfitte (caduta della Rochelle), fu costretto a convocare il Parlamento che presentò al re la Petition of Rights per richiamare il sovrano ad osservare le libertà sancite dalla Magna Charta (inviolabilità personale e divieto di imporre tasse non approvate da Parlamento).

Per imporre l'assolutismo e per limitare la partecipazione di gentry e proprietari terrieri al governo nel 1629 sciolse il Parlamento, con la presunzione di governare senza di esso. Da questo momento fino al 1640, il re regnò come un monarca assoluto.

Nel 1637, Carlo si propose di introdurre in Scozia la religione anglicana, provocando un'insurrezione generale (1640). Per far fronte alla rivolta, che minacciava di estendersi anche all'Inghilterra, il re fu costretto a convocare il Parlamento per chiedere ad esso i mezzi necessari. Strappato il voto alla Camera, egli non esitò a scioglierla, tre settimane dopo la sua convocazione.(Corto Parlamento). Pochi mesi dopo, il re dovette convocare nuovamente il Parlamento ma questa volta si trovò di fronte un'assemblea rivoluzionaria (Lungo Parlamento 1640-l653).



Il Lungo Parlamento, composto in maggioranza da puritani e indipendenti, riaffermò i suoi diritti; fece condannare i più fedeli ministri del re (Strafford e Laud); e infine, per incitamento di O. Cromwell, capo degli indipendenti, si mise dalla parte dei ribelli scozzesi.

Carlo I tentò il colpo di stato ma fu costretto a fuggire e nel 1642 iniziò la battaglia. L'esercito del re fu definitivamente sconfitto dall'esercito del Parlamento nelle battaglie di Marston-Moor (1644) e Naseby (1645). Nel 1648, Cromwell affrontò e vinse gli schieramenti scozzesi alleati del re ed occupò Londra, allontanando i presbiteriani ed i moderati dal parlamento (Rump Parliament). Nel gennaio 1649 il re fu legalmente condannato a morte e venne abolita la camera dei Lords: da questo momento aveva inizio il Commonwealth, la Repubblica inglese.

Il governo di Cromwell, sempre più criticato dai parlamentari, assunse le caratteristiche di una dittatura militare. Alla morte di Cromwell nel 1658 il suo instabile governo passò nelle mani del lio Richard, che fu costretto ad abbandonarlo per incapacità personale: la repubblica stava finendo. Seguì, infatti, una serie di conflitti, che si concluse con l'occupazione di Londra e con la risalita al trono di Carlo II Stuart (1660-l685). La restaurazione degli Stuart ripristinò la Chiesa anglicana, le persecuzioni religiose, la camera dei Lords e i privilegi nobiliari.

Alla morte di Carlo II, nel 1685, Giacomo II (che regnò dal 1685 al 1688) poté salire al trono senza difficoltà. Giacomo II era però cattolico, e poteva dare inizio ad una dinastia cattolica. Questi fatti preoccuparono Tories e Whigs, che decisero di accordarsi e si rivolsero a Guglielmo III d'Orange perché intervenisse a favore del protestantesimo.

La seconda rivoluzione (1688-l689) consentì il cambio di dinastia senza spargimento di sangue e per questo fu definita Glorious Revolution. Tale rivoluzione permise inoltre l'instaurarsi di una monarchia costituzionale basata sul Bill of Rights, secondo cui la sovranità veniva riposta nel popolo e, da questo momento, la monarchia inglese assunse l'aspetto di una monarchia costituzionale.

Nell'interpretazione degli storici, la Rivoluzione Inglese fu causata principalmente da questi motivi: politico e religioso, secondo gli storici liberali (Travelyan) ed economico-sociale, secondo gli storici marxisti (Hill e Morton).

Secondo Travelyan la Rivoluzione fu soprattutto una lotta di idee riguardanti la Chiesa (Anglicani opposti ai Puritani) e lo Stato (Assolutismo contro il Parlamento/Moderatismo) e, di conseguenza, ognuno prese posizione basandosi sulle proprie convinzioni politiche e religiose. Dal momento che gran parte della popolazione viveva in condizioni economiche e sociali favorevoli ognuno poteva decidere in piena libertà.

In generale, la Chiesa e il Sovrano ottennero maggiori consensi nelle camne e nelle città in cui si erano avvertiti meno i cambiamenti a livello economico; i Puritani e il Parlamento furono appoggiati da quelle città totalmente immerse nello spirito portato dalla rivoluzione economica.

Hill e Morton, invece, considerano la Rivoluzione Inglese una lotta di classe, che si manifestò con lo scontro fra la nuova classe emergente della borghesia e l'aristocrazia in declino.

Hill prende in considerazione la vivacità economica (abbondanza di capitale, classe emergente che desidera investire nell'industria, nell'agricoltura e nel commercio) presente nella società inglese del Seicento e la contrappone all'economia feudale, ancora presente in Inghilterra, e alla politica di Carlo I Stuart, il quale favoriva la classe fondiaria. Questo profondo contrasto fra le due classi sociali, secondo Hill, sta alla base dello scoppio della rivoluzione.

Morton segue la stessa linea di pensiero di Hill. Egli considera la rivoluzione una "rivoluzione borghese", al seguito della quale la nuova classe dei capitalisti si affermò come classe dominante.

Il Parlamento aveva dalla sua parte la parte progressista della borghesia terriera, mentre il re poteva contare sull'appoggio della nobiltà e di quella parte della borghesia terriera, che non aveva saputo sfruttare le nuove occasioni offerte dal mercato.

Morton cita la crisi dei primi anni del Seicento, periodo di transizione dal feudalesimo al capitalismo. Da una parte, è presente la vecchia classe aristocratica dirigente, la quale è incapace di governare e si appoggia all'ideale di assolutismo del re per rimanere al potere, dall'altro lato sta emergendo la borghesia, che, consapevole della sua forza, sostiene con entusiasmo il Parlamento, il quale sconge il re e a trasforma definitivamente la monarchia feudale in monarchia borghese.






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