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PETROLIO PER 50 ANNI E CARBONE PER 3 SECOLI, Il Petrolio, FONTI NON RINNOVABILI, FONTI RINNOVABILI



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Le fonti di energia si dividono in due categorie: fonti rinnovabili e fonti non rinnovabili. Per molti anni le fonti non rinnovabili sono state sfruttate in modo maggiore di quelle non rinnovabili. Le fonti di energia rinnovabili principalmente presentano due vantaggi: non si esauriscono col tempo e sono decisamente meno inquinanti.

Un recente problema si è presentato col petrolio. Dato il gran numero di macchine presenti sulla terra



PETROLIO PER 50 ANNI E CARBONE PER 3 SECOLI



Quasi l'87% dell'energia che attualmente consumiamo deriva da fonti non  rinnovabili, e cioè dal petrolio (37%), dal carbone (24,9%) e dal gas naturale (19%). Fortunatamente le previsioni che assicuravano l'imminente  esaurimento delle scorte di idrocarburi sono state in buona parte smentite.



Nel mondo esistono immensi giacimenti di carbone che, ai ritmi attuali di  consumo, potrebbero durare anche 3-4 secoli. Ma il carbone è il principale  responsabile  dell'effetto serra e  delle piogge acide, dunque    poco  conveniente dal punto di vista ambientale. A meno che non si trovi un  sistema conveniente per eliminare totalmente i fumi inquinanti che esso produce bruciando. Qualche passo in questa direzione è stato fatto, ma è ancora prematuro parlarne.

Riguardo il petrolio ci  sono opinioni discordanti, ma chi  andava  affermando che sarebbe finito entro il 2010-2015 ha dovuto rimangiarsi le proprie parole: dovrebbe bastare almeno per mezzo secolo. Senza contare  che il  rendimento  dei    motori e  delle centrali elettriche migliora  costantemente (e dunque ogni anno si risparmia qualcosa) e che nei fondali oceanici possono ancora esistere giacimenti sconosciuti. Stesso  discorso per il metano, il combustibile meno inquinante tra gli idrocarburi.

Le riserve sono stimate per una ventina d'anni, ma potrebbero esserci liete  sorprese dall'esplorazione dei mari. Tuttavia le previsioni sono più rosee di  quel che si pensasse una decina di anni fa.







Il Petrolio


Il petrolio è un idrocarburo ed è tra i più diffusi del mondo. Gli idrocarburi sono composti di C e H e altri elementi tra cui N, O e S, si possono distinguere in:

a) Idrocarburi solidi e semisolidi (asfalto, bitume, ecc.)

b) Idrocarburi liquidi (petrolio grezzo)

c) Idrocarburi gassosi (metano, butano, etano ecc.)


Il petrolio deriva essenzialmente da fonti organiche vegetali e animali. L'azione della temperatura, pressione abbinata all'attività catalitica dell'argilla e all'azione batterica sono i fattori determinanti nella genesi del petrolio.






FONTI NON RINNOVABILI

    La maggior parte dell'energia oggi utilizzata è ottenuta da combustibili fossili (petrolio, gas naturale, carbone) e dall'uranio, che è un materiale fissile. Queste sono le cosidette fonti di energia non rinnovabili, destinate in periodi più o meno lunghi ad esaurirsi. Si tratta di fonti di energia primaria, che vengono trasformate soprattutto in energia  elettrica dopo processi di conversione.  


IL PETROLIO

Il petrolio è il principale combustibile fossile liquido. E' costituito da una miscela di idrocarburi (molecole costituite da carbonio e idrogeno) che derivano dalla decomposizione in ambiente marino, al di sotto delle coperture sedimentarie, di organismi animali e vegetali. Poiché i tempi naturali di formazione del petrolio sono di decine di milioni di anni, e lo sfruttamento è invece rapidissimo, questa fonte, al pari degli altri combustibili fossili, è da considerarsi praticamente non rinnovabile.
    La maggiore o minore facilità di estrazione dipende dal grado di fluidità del greggio e dalla permeabilità della roccia porosa che lo racchiude. La pressione che permette al greggio di risalire in superficie è data dalla presenza in soluzione di idrocarburi gassosi: una volta effettuata la trivellazione della roccia
, la spinta si distribuisce in tutte le direzioni e non solo verso l'alto, determinando la cosidetta perdita di carico, che è inevitabile. Una volta esaurito il giacimento, resta una roccia spugnosa vuota.
    Un tempo si recuperava solo il petrolio che usciva dal sottosuolo spontaneamente, invece oggi si procede al recupero secondario mediante i sistemi di gas injection oppure di water injection che consistono nel pomgio sotto terra di gas o acqua, allo scopo di spingere verso l'alto il greggio rimasto nella roccia spugnosa e ormai privo di pressione.

    Il petrolio greggio estratto non è immediatamente utilizzabile: deve essere deacquificato mediante riscaldamento, purificato per centrifugazione, separato nei suoi componenti principali (gas, benzina, gasolio, nafta, oli pesanti) mediante distillazione frazionata (topping) e trattato chimicamente per aumentarne il pregio (processi di cracking, di reforming e di alchilazione). Tutte queste pratiche costituiscono il processo di raffinazione del petrolio.
    Sino agli anni Ottanta le raffinerie erano localizzate in prevalenza nei paesi economicamente sviluppati che importano il greggio. Infatti, i paesi esportatori non disponevano della tecnologia necessaria alla raffinazione. Nell'ultimo decennio, invece, si è assistito ad un processo di redistribuzione delle raffinerie su scala mondiale. I paesi ricchi, meno attratti da un settore la cui tecnologia non è più così importante ed interessante, lo abbandonano, anche perché si tratta di un to ad elevato rischio ecologico; preferiscono quindi importare prodotti petroliferi già raffinati.

IL GAS NATURALE


    Il gas naturale si trova nel sottosuolo, normalmente negli stessi giacimenti in cui giace il petrolio, o associato ad esso, disciolto o raccolto in sacche o tasche superficiali (gas di copertura), oppure il giacimento è costituito esclusivamente da gas naturale, qualche volta come metano quasi puro (dry gas) o più spesso unito ai vapori di idrocarburi condensabili (wet gas).
    Il gas naturale 
presenta un indubbio vantaggio rispetto alle altre fonti energetiche non rinnovabili: è la risorsa meno dannosa per l'ambiente, poiché la sua combustione non comporta il rilascio di impurità nell'atmosfera. Rispetto al petrolio, inoltre, gode il vantaggio di riserve più consistenti. A sfavore del gas naturale stanno, però, gli elevati costi di trasporto, che impongono la realizzazione di complesse reti di metanodotti.
    Il trasporto, la liquefazione quando necessario, lo stoccaggio, la distanza tra luogo di produzione e di utilizzo finale incidono in maniera tale da rendere poco elastico il prezzo finale del metano.
    La Csi dispone del 40% circa delle riserve mondiali e ne produce un'analoga percentuale, collocandosi al primo posto anche sul mercato dell'esportazione.
Gli Stati Uniti sono il secondo produttore, ma consumano quanto ottengono dal sottosuolo. Dopo la Csi è il Medio Oriente a detenere le riserve maggiori, ma oggi solo l'Arabia le sfrutta in maniera contenuta. Ai fini dell'esportazione, più che la produzione annua, contano le riserve, le sole in grado di giustificare i forti investimenti connessi con la realizzazione di lunghe reti di metanodotti.


























IL CARBONE


    Il carbone è il combustibile fossile più diffuso nel mondo. E' una roccia sedimentaria costituita da materiale organico composto di carbonio, idrogeno, ossigeno, piccole quantità di azoto e zolfo e materiale inorganico.
    Si è originato dalla decomposizione, in ambiente anaerobico, di grandi masse vegetali. Il processo di carbonizzazione consiste in un progressivo arricchimento in carbonio della materia organica.
    La combustione del carbone è responsabile di un grave inquinamento ambientale (provoca il fenomeno delle piogge acide) che solo negli ultimi anni si è riusciti a contenere entro limiti accettabili, ricorrendo a sofisticate tecnologie, ma non sempre applicate per gli elevati costi. Nel Sud del mondo se ne fa abbondante impiego ancora nei modi tradizionali. A sfavore del carbone giocano anche i forti costi di trasporto. I principali paesi esportatori di carbone sono: Australia, Polonia, Colombia, Canada e Sudafrica.
    Il settore siderurgico è stato sempre il maggiore assorbitore di carbone, il cui impiego come materia prima per la produzione dell'acciaio si è dilatato nel tempo, in sintonia con l'espansione dell'industria pesante di base, in atto oggi nei paesi in via di sviluppo.
   
Sul versante del trasporto sono stati compiuti passi in avanti per contenere i costi. Il ricorso alle navi resta fondamentale e con questo mezzo viaggia la gran parte del commercio mondiale, ma si sono già sperimentati carbonodotti nei quali il minerale fluisce per pomgio dopo essere stato ridotto in polvere e mescolato all'acqua.
    Le tecniche di estrazione dipendono dalla profondità del filone carbonifero. Se esso si trova a non più di 50 metri di profondità si attua la coltivazione a cielo aperto mediante rimozione dello strato di copertura, per maggiori profondità l'estrazione avviene con lo scavo di cunicoli sotterranei.

L'URANIO cuore del reattore nucleare" v:shapes="_x0000_s1032">     L'energia nucleare è l'energia sprigionata dalla materia quando i nuclei degli atomi che la costituiscono subiscono una trasformazione. Due sono i processi fondamentali per ottenere energia nucleare: la fissione e la fusione nucleare.

   Solo la fissione nucleare è utilizzata finora per la produzione di energia. L'elemento fissile usato per eccellenza è l'uranio-235: il combustibile viene introdotto all'interno del reattore in un apposito alloggiamento, chiamato nocciolo, dove avviene la fissione mediante una reazione a catena, con sviluppo di una grande quantità di energia, emessa sotto forma di calore; un sistema di raffreddamento ad acqua pressurizzata asporta il calore prodotto nel reattore e il vapore surriscaldato serve a far muovere la turbina per la produzione di energia elettrica.

   In natura, l'uranio utilizzabile direttamente nei reattori nucleari è molto raro, dunque il minerale estratto deve subire il processo di arricchimento,  e cioè la separazione dell'U-235 dall'U-238.

   Nel biennio 1984-85 la produzione di energia nucleare crebbe al ritmo del 20% l'anno, ma l'incidente di Chernobyl dell'aprile 1986 interruppe la forte tendenza all'aumento. Dopo di allora, quasi ovunque nel mondo, si verificò un ripensamento. Nonostante ciò la produzione di energia elettronucleare è andata ancora aumentando. Nel 1992 si è superata la soglia dei 500 reattori.

   Il costo di produzione di un kWh elettrico di origine nucleare è inferiore a quello di ogni altra fonte rinnovabile e non rinnovabile, ma in questo modo il problema è mal posto. Il calcolo non contempla, infatti, le difficoltà e i costi connessi con lo smaltimento delle scorie radioattive, che rimangono tali per migliaia di anni. In secondo luogo, quei calcoli non prendono in considerazione i danni alla salute degli uomini e all'ambiente causati dai tanti incidenti nelle centrali nucleari.



   A favore della scelta nucleare depone il fatto che le riserve sinora accertate risultano assai cospicue e altre ne sono state individuate negli ultimi tempi. D'altra parte, non è ipotizzabile una sottovalutazione delle questioni ambientali.
















FONTI RINNOVABILI

Il 99% dell'energia presente sul nostro pianeta viene dall'esterno e soprattutto dal sole, sotto forma di radiazione, il resto è dato dall'energia derivante dall'attrazione gravitazionale della luna; il modesto 1% di energia prodotta dal nostro pianeta nasce dal suo interno e si manifesta come vulcanismo, geotermia ed energia nucleare.
 


Energia solare

L'energia derivante dall'irraggiamento del sole al suolo costituisce un serbatoio immenso di enegia pulita, rinnovabile e a costo zero come materia prima, ma non tutta la superficie terrestre risulta omogeneamente irraggiata, per cui questa fonte può essere sfruttata solo entro una fascia ristretta, corrispondente alle regioni comprese tra il 45° di latitudine nord e sud. La disomogeinità dipende  dalla nuvolosità (le nuvole assorbono una grande quantità di radiazioni), dall'incidenza dei raggi solari (maggiore è l'inclinazione dei raggi solari, minore è l'energia che giunge al suolo), dalla massa atmosferica che sovrasta la superficie terrestre. Il problema principale incontrato nel suo sfruttamento è dovuto alla sua diluizione, per cui sono necessari spazi relativamente grandi allo scopo di raccogliere questa energia, ed eventualmente concentrarla. Un altro inconveniente è dato dall'irregolarità dell'irraggiamento dovuto all'alternarsi del dì e della notte e dall'alternarsi delle stagioni (quest'ultimo aspetto diviene rilevante nelle zone temperate).

 Come fonte di energia diretta il calore del sole non è certo una scoperta recente, ma solo nell'ultimo ventennio, in seguito alla crisi energetica del 1973, si è incominciato a guardare con attenzione al sole come fonte alternativa per la produzione di energia elettrica.
La tecnologia più utilizzata è quella della conversione fotovoltaica. Centrali elettriche che si alimentano grazie all'energia solare sono già in funzione in diverse parti del mondo, ma la quantità di energia che esse erogano continua a rappresentare una quota irrisoria, rispetto alla produzione mondiale complessiva di energia elettrica. Il più grande impianto in esercizio è situato in California, presso Los Angeles, che, con i suoi 118 pannelli di grandi dimensioni, può generare fino a 10mila kW di elettricità. In Europa, la maggior centrale fotovoltaica sorge ai piedi del Gargano in Puglia, su un area di 4000 mq.
    Il calore del sole, invece, può essere sfruttato per produrre acqua calda:

    • a bassa temperatura, nei mini-impianti familiari;
    • ad alta temperatura, per produrre vapore che mette in funzione una turbina per la produzione di energia elettrica, nelle centrali termiche; in queste centrali i raggi vengono riflessi da numerosi specchi parabolici, fissi, o talvolta mobili, su una caldaia contenente acqua, che viene così portata allo stato di vapore.

    Gli inconvenienti derivanti dalla nuvolosità, dalla densità dell'atmosfera e dall'incidenza dei raggi solari hanno indotto i tecnici della NASA, l'ente spaziale americano, a progettare per il futuro il modo di captare l'energia solare nello spazio, sopra l'atmosfera, mediante la collocazione in orbita di un satellite geostazionario, capace di catturare l'energia della radiazione solare mediante pannelli fotovoltaici.

  Energia eolica

A partire dagli anni Settanta gli studi e le applicazioni tecnologiche legati allo sfruttamento dei venti per la produzione di energia hanno avuto un nuovo impulso.
    Tre elementi giocano, in particolare a favore di questo tipo di energia: è assolutamente pulita dal punto di vista ecologico (v. impatto ambientale), è rinnovabile  e la materia prima è a costo zero. 

    Per contro non tutti i luoghi del pianeta risultano idonei all'installazione di impianti eolici: per l'irregolarità dei venti in certe regioni, oppure per la loro debolezza, visto che per essere sfruttabili devono soffiare a una velocità non inferiore ai 4 m/s e per almeno un centinaio di giorni all'anno; a causa degli elevati costi di trasporto non sono adatti quei siti lontani dai luoghi di utilizzo; la tecnologia sinora elaborata non consente di creare stazioni eoliche in grado di fornire grandi quantitativi di energia.
    Questa forma di energia, comunque, risulta senz'altro competitiva, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista ambientale. Esistono impianti in Canada, Stati Uniti, Belgio, Olanda, Germania, Danimarca.
    La Sa, essendosi impegnata a smantellare le 12 centrali nucleari entro il 2001, ha impostato un nuovo piano che prevede la realizzazione di 300 centrali, ancorate al fondale marino, poco al largo delle coste, per sfruttare sia i movimenti delle masse d'aria di direzione nord-sud, sia le brezze di mare e di terra.
    In Italia l'installazione di generatori eolici attraversa una fase ancora sperimentale. Le zone giudicate interessanti per eventuali installazioni sono: il crinale appenninico, le fasce costiere delle regioni meridionali, le isole del basso Tirreno e Pantelleria.







Energia idrica

Grazie all'acqua si ottiene su tutta la Terra circa il 6,7% del complessivo fabbisogno energetico e oltre il 20% dell'energia consumata.
    Il terzo mondo continua a fare affidamento su questa risorsa economicamente conveniente e pulita, ma messa in discussione a causa del grave impatto ambientale. I bacini artificiali, infatti, sconvolgono i precedenti equilibri ecologici, distruggono foreste e risorse faunistiche e generano serie ripercussioni sul clima. Zambia e Zimbabwe, dopo l'inaugurazione della diga di Kariba sullo Zambesi, coprono l'intero loro fabbisogno di energia elettrica con quanto è prodotto dagli impianti che, arrestando il corso del fiume, hanno dato vita a un lago di considerevoli dimensioni.
    Nei paesi a più avanzato sviluppo economico, la preferenza per le centrali idriche non è venuta meno, ma si tende a privilegiare gli impianti piccoli, dal minor impatto ambientale. Oggi la tecnologia consente di ottenere energia a prezzi convenienti dando vita così all'installazione di impianti non solo nelle regioni di montagna ma anche in pianura. 

Nei paesi sviluppati il potenziale idroelettrico è stato fino a ora adeguatamente utilizzato, soprattutto in quelle situazioni caratterizzate da una forte dipendenza dall'estero in campo energetico. Le possibilità di sfruttamento nei paesi in via di sviluppo, invece, viste le abbondanti risorse idriche, appaiono enormi, ma con tutte le riserve derivanti dalle considerazioni ecologiche indicate.
 Nel nostro paese l'energia idroelettrica ha giocato un ruolo particolarmente rilevante dalla metà degli anni venti fino agli anni cinquanta. Negli ultimi venti anni si è registrato in sensibile calo, con un tasso che oggi tocca appena il 10%, poichè la forte crescita dei consumi energetici è stata fronteggiata per lo più con il ricorso alle centrali termoelettriche.
    Dal moto ondoso degli oceani e dai flussi di marea, teoricamente, si potrebbero recuperare grandi quantità di energia. Il primo impianto per lo sfruttamento dell'energia delle onde di marea è stato costruito in Francia , ma ha parzialmente deluso, poichè il costo di produzione dell'energia si è rivelato superiore a quello idroelettrico convenzionale.






















Energia geotermica

La temperatura della Terra aumenta di circa un grado ogni 30 metri di profondità. Nelle zone geologicamente attive, come quelle vulcaniche, il gradiente è ancora maggiore. Oggi in tutto il mondo circa 130 impianti utilizzano il vapore acqueo proveniente dal sottosuolo a fini energetici. L'Islanda è il paese dove si dà maggiore importanza alla geotermia, grazie all'abbondanza di questa risorsa. Come per altre fonti cosiddette alternative, il recupero e l'utilizzazione del calore contenuto nella crosta terrestre ha assunto maggiore importanza in seguito all'esigenza di diversificare le fonti di energia.

    Quella geotermica è una fonte energetica a erogazione continua e indipendente da condizionamenti climatici, ma essendo difficilmente trasportabile, è utilizzata per usi prevalentemente locali.
    La risorsa geotermica risulta costituita da acque sotterranee che, venendo a contatto con rocce ad alte temperature, si riscaldano e in alcuni casi vaporizzano. A causa dell'esaurimento che dopo un certo numero di anni possono subire i campi geotermici, sono stati avviati esperimenti per tentare operazioni di ricarica.
    Un interessante uso delle acque geotermiche a basse temperature è costituito dall'innaffiamento delle colture di serra o all'irrigazione a effetto climatizzante, in grado di garantire le produzioni agricole anche nei paesi freddi.


Energia dalle biomasse

La legna sotto forma di combustibile è la biomassa di gran lunga più importante. Nel Sud della Terra l'80% della popolazione se ne serve quotidianamente per la produzione di energia.

    La biomassa costituisce una risorsa rinnovabile e inesauribile, a patto che essa venga sfruttata non oltrepassando il ritmo di rinnovamento biologico. Altri limiti sono rappresentati dall'estensione delle superfici coltivate e dai vincoli climatici che condizionano la crescita delle diverse specie.
    Le biomasse hanno origini differenti:

  • da boschi e foreste naturali,
  • da piante coltivate  appositamente per scopi energetici,
  • dai residui altrimenti inutilizzabili di produzioni destinate all'alimentazione umana o animale,
  • da rifiuti organici.

    In relazione alla loro natura e composizione, le biomasse possono essere convertite in combustibili di vario tipo attraverso tre principali sistemi:

  • la gassificazione, che consiste nel sottoporre le biomasse a processi di fermentazione anaerobica, dai quali si ottiene il biogas, una miscela di metano e anidride carbonica;
  • la conversione biologica ad alcoli: l'amido viene demolito a glucosio e poi sottoposto all'azione di microrganismi, che operano la fermentazione alcolica; l'alcol è un ottimo carburante, ed è meno inquinante dei derivati del petrolio;
  • la combustione diretta: il calore prodotto può essere convertito in energia elettrica.

    Attualmente la biomassa rappresenta una fonte energetica importante solo nei paesi in via di sviluppo (v. impatto ambientale); quasi trascurabile è, invece, la funzione che essa svolge nei paesi industrializzati.



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