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Terrorismo - IL TERRORISMO MODERNO, IL FENOMENO TERRORISTICO IN ITALIA

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Terrorismo

Metodo di lotta politica basato sul ricorso alla violenza, volto a generare un diffuso sentimento di insicurezza e di panico e quindi a creare un clima favorevole alla realizzazione di obiettivi di natura politica o militare. Azioni terroristiche possono aver luogo in situazioni di gestione autoritaria del potere (dove risulta impossibile, o comunque difficile e rischioso, condurre pubblicamente e pacificamente una lotta politica al gruppo o al partito al potere); o anche in situazioni i cui viga un sistema democratico, quando minoranze, che non possono far conto sulla presa del potere attraverso libere elezioni, vogliano con la violenza attuare un radicale cambiamento politico; o quando si intenda perseguire la liberazione di territori occupati da un esercito o da una forza nemica.

Il termine può anche essere riferito alla violenza, più o meno illegale e più o meno nascosta, attuata dai gruppi al potere contro le opposizioni o dallo stato stesso contro i propri cittadini (Vedi Terrorismo di stato).




IL TERRORISMO MODERNO Il terrorismo moderno si sviluppa a partire dai primi decenni del XIX secolo sull'onda della diffusione dei fermenti nazionalistici e dei movimenti politici rivoluzionari. In Europa, seguaci dell'anarchismo si resero responsabili di numerosi attentati, tra i quali l'assassinio dell'imperatrice Elisabetta, moglie di Francesco Giuseppe I d'Asburgo, nel 1898, e quello di Umberto I di Savoia nel 1900. Anche il movimento rivoluzionario russo, nel periodo che precedette la prima guerra mondiale, ricorse spesso al terrorismo. Il terrorismo nazionalista di matrice serba fu responsabile dell'attentato contro Francesco Ferdinando nel 1914 a Sarajevo, che fu tra le cause dello scoppio della prima guerra mondiale.

A partire dal secondo dopoguerra il fenomeno, a causa dei conflitti generati volta per volta dalle politiche coloniali o postcoloniali, da questioni nazionali, religiose ed etniche, dalla Guerra Fredda, ha vissuto un'estesa diffusione ed è diventato, oltre che strettamente connesso alla lotta politica (anche nei paesi democratici) e al fenomeno della criminalità, una delle maggiori minacce del nuovo sistema politico internazionale.

Una delle zone più calde è stata il Medio Oriente, dove il complicato conflitto interno ai paesi arabi e tra questi e Israele ha visto il ricorso continuo a questo tipo di lotta politica e militare sia da parte degli israeliani (ad esempio con la banda Stern e l'Irgun Zvai Leumi, uno dei cui leader fu Menahem Begin), sia da parte dei palestinesi. Il violento scontro con lo stato israeliano e la repressione subita in Giordania dai palestinesi nel settembre del 1970 furono all'origine della nascita di un gruppo terroristico chiamato Settembre nero, autore di vari attentati in Israele e del sequestro e dell'uccisione di diversi atleti israeliani durante le Olimpiadi di Monaco del 1972. Il terrorismo palestinese si andò attenuando negli anni Ottanta, quando l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), nell'intento di ottenere un maggior consenso internazionale attorno alla sua causa, abbandonò quasi del tutto la pratica terroristica a favore di altre forme di lotta, tra le quali l'Intifada, costringendo infine lo stato israeliano ad avviare una trattativa di pace. Tra le formazioni palestinesi, però, non tutte hanno abbandonato la pratica terroristica, soprattutto quelle ispirate al movimento islamista.

Al fondamentalismo islamico si attribuiscono sanguinose azioni terroristiche, tra cui l'attentato al Boeing 747 della Pan American, che nel 1988 provocò lo schianto al suolo del velivolo nei pressi di Lockerbie, in Scozia, e la morte di 270 persone, e l'attentato dinamitardo al World Trade Center di New York, che nel 1993 causò la morte di sei persone e danni per 600 milioni di dollari.

Il paese dove il terrorismo fondamentalista ha assunto una dimensione tragicamente ampia è l'Algeria, dove da anni è in atto un violentissimo scontro caratterizzato da un susseguirsi di azioni sanguinarie dirette prima contro intellettuali e personalità politiche e militari e in seguito estese in un drammatico crescendo a tutta la popolazione civile. Si ritiene che negli ultimi cinque anni il conflitto algerino abbia provocato più di 100.000 morti.

La diffusione del terrorismo ha coinvolto anche paesi democratici come la Germania, l'Irlanda, il Giappone, l'Italia, la Sna (nei Paesi Baschi), la Francia (in Corsica).

Ad esempio in Germania, durante gli anni Settanta, la Rote Armee Fraktion condusse una cruenta guerriglia urbana, per scongere la quale il governo tedesco prese dei provvedimenti fortemente restrittivi della libertà individuale e introdusse il divieto per i membri di partiti o organizzazioni di sinistra di prestare servizio presso uffici pubblici.

Lo sviluppo dell'attività terroristica dell'IRA è legato invece all'annosa questione irlandese e alla repressione subita alla fine degli anni Sessanta dal Movimento per i diritti civili, impegnato in una lotta contro la discriminazione nei confronti dei cattolici nell'Irlanda del Nord. Lo scontro tra gruppi armati cattolici e protestanti portò a una vera divisione tra le due comunità e dal 1968 provocò più di 3000 morti.

Nelle nazioni latinoamericane la violenza, radicata nelle tradizioni di lotta politica del continente, si è manifestata in questi anni nell'attività di formazioni guerrigliere come Sendero Luminoso in Perù, o di gruppi legati al traffico internazionale degli stupefacenti in Colombia. In America Latina l'arma del terrorismo è stata anche sistematicamente usata dai regimi militari, come ad esempio nel Cile di Pinochet e nel regime militare argentino tra il 1976 e il 1983.

Il caso dell'attentato dinamitardo al Rainbow Warrior, la nave ammiraglia dell'associazione pacifista Greenpeace, affondata dal servizio segreto francese nel porto di Auckland nel 1985, che causò la morte di una persona, è uno dei casi in cui un regime repubblicano e democratico sostiene azioni terroristiche, alle quali di solito fanno ricorso i regimi totalitari.


IL FENOMENO TERRORISTICO IN ITALIA Alla fine degli anni Sessanta si inaugura in Italia quella che verrà chiamata 'strategia della tensione', in cui opererà una manovalanza di solito proveniente dai movimenti neofascisti (Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale, Ordine Nero ecc.), mentre si sospetta, e con buon fondamento, anche il coinvolgimento di servizi segreti deviati e di organizzazioni straniere.

Tante sono le stragi che colpiscono il paese in quegli anni: quella di piazza Fontana a Milano, dove nel 1969 muoiono 16 persone per l'esplosione di una bomba collocata all'interno della Banca Nazionale dell'Agricoltura; quella di piazza della Loggia a Brescia, dove nel 1974 muoiono 11 persone per lo scoppio di un ordigno durante una manifestazione sindacale; quella del treno Italicus, su cui, sempre nel 1974, un'esplosione uccide 12 passeggeri; quella della stazione ferroviaria di Bologna, dove nel 1980 scoppia un ordigno collocato nella sala d'aspetto causando 82 morti; quella del treno 904 su cui, nel 1984, a San Benedetto Val di Sambro una bomba provoca la morte di 14 persone.

Agli inizi degli anni Settanta, una parte minoritaria di quella cospicua area di sinistra uscita dalle lotte studentesche e operaie del Sessantotto, in parte perché suggestionata da tematiche resistenziali e rivoluzionarie, in parte perché spinta da una situazione politica ritenuta bloccata, individuò nella lotta armata contro le istituzioni dello stato l'unica via praticabile per le classi popolari per conquistare la rappresentatività loro negata. La strategia terroristica condotta da una miriade di organizzazioni armate di sinistra (Brigate Rosse in primo luogo, poi Prima Linea, Nuclei armati proletari, Nuclei comunisti combattenti ecc.) costerà al paese un drammatico conflitto sociale, molte vite umane e una ferita ancora lontana dal rimarginarsi.

L'atto più eclatante di quella strategia è certamente il sequestro e l'uccisione nel 1978 di Aldo Moro; ma la sequenza delle uccisioni e dei ferimenti di uomini politici, magistrati, giornalisti, rappresentanti delle forze dell'ordine è lunga.

Nei primi anni Novanta la criminalità di stampo mafioso si è impadronita di tecniche e obiettivi propri dell'eversione politica, come dimostrano, tra gli altri, gli attentati a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino nel 1992 o quelli che nel 1993 colpirono la galleria degli Uffizi a Firenze e il Padiglione di arte contemporanea di Milano.


Nonostante la divisione del fronte di opposizione, i taliban non sono ancora riusciti a stabilire il controllo su tutto il paese. Nel 1998 si sono susseguiti gli scontri nell'ovest tra i taliban e gli sciiti azari del partito filoiraniano Hezb-i-Wadat, che hanno coinvolto anche l'Iran, il cui esercito è stato per mesi schierato al confine con l'Afghanistan. Al nord una consistente porzione di territorio è tuttora controllata dalle milizie di Ahmed Shah Massud (uno dei maggiori protagonisti della resistenza antisovietica), che più volte hanno minacciato da vicino la stessa Kabul.

Restii ad avviare trattative di pace (un cessate il fuoco proclamato in primavera è durato solo qualche giorno), i taliban hanno rafforzato la loro autorità, istituendo la shariah, la legge islamica, e prendendo una serie di severi provvedimenti intesi a salvaguardare la cultura tradizionale dall'influenza occidentale e moderna: divieto di proiezione di film e distruzione di tutte le pellicole cinematografiche; divieto di trasmettere musica alla radio; divieto assoluto per le donne di lavorare (anche negli ospedali, da dove sono state cacciate peggiorando una situazione già di per sé critica), di frequentare qualsiasi tipo di scuola, di vestirsi all'occidentale; divieto di radersi la barba per gli uomini.

La durezza delle condizioni imposte alla popolazione, i ripetuti incidenti con le organizzazioni non governative (infine espulse da Kabul), la violazione dei diritti civili e politici, hanno provocato in più di un'occasione la condanna del regime da parte di molti paesi e infine anche la presa di distanza degli Stati Uniti, che il 20 agosto hanno lanciato alcuni missili contro il supposto quartier generale afghano di Osama Bin Laden, uno dei capi della galassia fondamentalista islamica, accusato di essere il mandante degli attentati contro le ambasciate statunitensi di Kenya e Tanzania. Sempre più isolato a livello internazionale, il regime dei taliban gode oggi solo del sostegno del Pakistan. Dopo vent'anni di guerra ininterrotta, l'economia afghana è oggi devastata; non esiste praticamente alcuna industria e l'agricoltura è impraticabile a causa della diffusione delle mine antiuomo sul territorio: secondo stime dell'ONU, l'Afghanistan è oggi con l'Angola il paese maggiormente afflitto da questo problema.



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