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Giovanni Fattori (1825-1908)

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Giovanni Fattori (1825-l908)

Esordì nella tradizione della pittura epico - celebrativa, poi dagli anni '50 cominciò a frequentare il Caffè Michelangelo dove entra in contatto con i Macchiaioli e dei quali entra a far parte. La macchia per Fattori è lo strumento per arrivare al verismo pittorico → a differenza del suo primo e poco stimato maestro G. Bezzuoli e dai grandi accademici, i quali amavano rappresentare grandi battaglia per esaltare i sentimenti dell'amor di patria e del coraggio civile, Fattori indagò le situazioni più quotidiane, meno appariscenti e per questo spesso più dolorose.

I soggetti fondamentali sono: soldati, operai al lavoro → uomini e animali uniti da un unico destino di miseria, sofferenza e fame. La stessa attenzione che Fattori pone all'osservazione della ura umana, è data anche alla natura e agli animali.

Campo italiano alla battaglia di Magenta, non rappresenta un momento di battaglia, bensì il ritorno dei feriti: alcuni precedono a piedi, altri si trovano su di un carro assistiti da due monache. L'opera non può essere definita macchiaiola poiché il disegno e il chiaroscuro sono usati in maniera accademica, anche se è chiara la ricerca verista condotta in modo asciutto ed equilibrato, senza alcuna traccia del sentimento romantico allora molto di moda.



Soldati francesi del '59, nell'opera che rappresenta un gruppo di soldati e di un ufficiale in attesa, le regole accademiche sono contraddette dalla banale quotidianità del soggetto. Fattori abbandona il tradizionale chiaroscuro, preferendo accostare semplici macchie di colore di tonalità diversa → perfettamente riconoscibili i tratti della pittura macchiaiola. Il dipinto è organizzato per sovrapposizione di fasce di colore diverse: la prima, di colore ocra, è costituita dal terreno; la seconda, grigiastra, rappresenta un muro contro il quale sembra spezzarsi l'immensità dell'orizzonte; la terza, sottilissima e di un azzurro pallido, mostra il cielo al di là del muro dando molta profondità alla scena. I personaggi sono ritratti in modo sintetico con pennellate di colori  quasi puri e sono messi in risalto dalla predominante colorazione neutra degli sfondi.

Rotonda di Palmieri, rappresenta alcune ricche signore che prendono aria di mare sedute sotto il tendone di uno degli stabilimenti balneari più in voga di Livorno. Il dipinto si sviluppa, come consueto, in orizzontale per dare più efficacemente il senso dell'immensità dell'orizzonte. Esso è ripartito in fasce di colori sovrapposti accordati o per assonanza (colore caldo con colore caldo) o per dissonanza (colore freddo con colore caldo): partendo dal basso si vedono l'ocra dell'ombra della rotonda, il giallo della parte al sole, l'azzurro del mare con qualche tocco di bianco, il bruno rossiccio delle rocce, l'azzurro grigiastro del cielo e l'arancio dorato della tenda. Le macchie delle ure si addensano al centro e si stagliano contro un cielo bianchiccio → immagine solidamente costruita, tipica della tradizione pittorica toscana, attenta più ai volumi che ai fugaci stati d'animo.

In vedetta (o il muro bianco), la prospettiva è data dalla perfetta geometria della parete che taglia la linea dell'orizzonte, dove l'ocra della pianura si confonde con l'azzurro violaceo del cielo. Il soldato e il cavallo in primo piano si stagliano sul muro bianco-giallastro alle loro spalle; gli altri due cavalieri in lontananza equilibrano compositivamente il dipinto, proseguendo idealmente la prospettiva della parete. I forti contrasti delle macchie suscitano una sensazione di una giornata estiva afosa, immobile e sonnolenta.

Bovi al carro, → rappresenta un carro trainato da una coppia di buoi sullo sfondo di un'assoluta camna maremmana. L'orizzonte è nuovamente realizzato per campiture di colore sovrapposte in fasce: dal giallo brunastro delle stoppie, al grigio-azzurro del cielo e al verde-brunastro delle colline che degradano verso una lingua di mare turchese. La profondità prospettica è sottolineata non solo dalla preponderanza della larghezza rispetto all'altezza, ma anche dal viottolo che solca diagonalmente la camna. La composizione, squilibrata verso dx, fa risaltare la vastità degli spazi e mette in risalto la macchia compatta delle ure che, immobili sotto il sole di un pomeriggio estivo, sembrano far parte della natura aspra che fa loro da sfondo. Grande invenzione fattorina → paesaggio e ure si controbilanciano perfettamente.

Lo staffato, nella scena si osserva un cavallo, forse spaventato da uno sparo, si lancia in un galoppo forsennato trascinandosi il cavaliere che, ferito e disarcionato, è rimasto con un piede impigliato nella staffa. Il dipinto è diviso in due fasce: in basso la terra giallognola e polverosa di una strada di camna; in alto il cielo bianchiccio di una giornata senza sole, contro il quale il cavallo si staglia con violenza. Nonostante esso sia ritratto con macchie sfumate per dare il senso del movimento, la scena assume una compostezza quasi solenne → il dramma si consuma in una natura solitaria e indifferente → il dolore del singolo uomo diventa simbolo del dolore universale.





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