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Jacques-Louis David

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Jacques-Louis David

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Autoritratto, 1794, Parigi, Museo del Louvre

Jacques-Louis David (Parigi, 30 agosto 1748 - 29 dicembre 1825) è stato un pittore francese.

Biografia

Formazione

David nacque a Parigi il 30 agosto 1748, suo padre era un commerciante di ferro all'ingrosso, mentre la madre proveniva da una stirpe di architetti. Una famiglia agiata e solida che venne improvvisamente sconvolta nel 1757 dalla morte del padre, ucciso in un duello. Fu quello il primo dei numerosi tragici avvenimenti che lo avrebbero accomnato per tutta la vita. Il giovane David fu affidato alla cure di due zii, Jacques Buron e Pierre Desmaison, entrambi architetti, che gli assicurarono una solida educazione classica iscrivendolo al prestigioso collegio Dormans-Beauvais. Gli zii ovviamente avrebbero voluto che David intraprendesse la loro stessa professione, ma il giovane, che aveva già sviluppato la passione per il disegno ed era determinato a diventare un artista, non si fece condizionare. Per assecondare il nipote, Buron consultò un lontano cugino, il pittore François Boucher (1703-l770), che suggerì di affidare il giovane a Joseph Marie Vien, allora all'apice del successo. Vien, artista neoclassico della prima generazione, oltre a far lavorare David nel suo atelier lo fece iscrivere ai corsi dell'Académie, dove studiò storia antica e prospettiva.



Grand Prix

L'artista nel 1771, contro il parere del suo maestro, decise di partecipare al Prix de Rome, il prestigioso premio riservato ai giovani artisti che gli avrebbe consentito di completare gli studi in Italia. David si impegnò con grande determinazione in questo progetto. Al primo tentativo ottenne un buon secondo posto con un quadro modesto, l'anno successivo, in seguito ad un risultato sconfortante tentò il suicidio decidendo di lasciarsi morire di fame, come racconta lui stesso in una frammmentaria autobiografia, redatta negli anni della maturità, convinto a desistere dai suoi tutori, l'artista bocciato ancora nel '73, dove presentò la tela con La morte di Seneca (Parigi, Musée du Petit Palais), intrepretando il tema in un tono melodrammatico e patetico. Nel 1774 finalmente si aggiudicò il premio con il dipinto Antioco e Stratonice, di maggior saldezza compositiva data dai personaggi disposti a fregio su piani paralleli e poco profondi.

In Italia

Grazie alla vittoria l'ottobre dell'anno successivo partì per Roma, in comnia del suo maestro Vien, dove rimase per cinque anni. Nei primi tempi del suo soggiorno, l'artista attraversò un momento di sconforto davanti alla magnificenza dei monumenti, allo splendore delle opere d'arte e alle innumerevoli occasioni culturali che la città offriva. Su suggerimento del Vien si reco nel '79 a Napoli, dove incontrò Quatremère de Quincy, studioso dell'antichità classica, architetto, storico dell'arte ed erudito, autoproclamatosi seguace e continuatore del Winckelman, aiutoò David a superare il suo momento di crisi insegnadogni a vedere e a interpretare l'antico, secondo la teoria dell'imitazione e i precetti del bello ideale. Tornato a Roma, si rimise a copiare statue e bassorilievi antichi, acquistando quel segno scabro e duro che sarebbe diventato tipico della sua pittura, oltre all'antico, l'artista copiò anche i grandi maestri del Rinascimento (Michelangelo, e soprattutto Raffaello) e i pittori classicisti e del '600. Ma David si interressò anche alla pittura caravaggesca e del Caravaggio stesso, interessandosi all'efficacia drammatica dei contrasti di luce e ombra e al ruolo espressivo del vuoto e del buio, come si può notare nella tela con l'Accademia virile, detta Il Patroclo, ispirata alla Galata morente, ma che presenta evidenti rimande all'arte caravaggesca.

La Francia monarchica

Tornato a Parigi, nel 1778, al Salon dell'anno successivo, presentò la pala d'altare conSan Rocco intercede presso la Madonna in favoro degli appestati (Marsiglia, Musée des Beaux-Arts), un Ritratto del conte Stanislas Potocki (Varsavia, Museo Nazionale) e la tela che gli frutto l'agrément all'Académie Royale: Bellisario riceve l'elemosina (Lilla, Musée des Beaux-Arts), in cui rappresenta il vecchio generale bizantino, oramai cieco e vecchio, in comnia di un bambino, che protende l'antico elmo, per ricevere l'elemosina da una passante, trasformando il soggetto, reso con una sorprendente sobrietà interpretativa, da anedotto a insegnamento morale sulla caducità della gloria umana e sulla desolazione della vecchiaia. David si indirizzerà verso un'arte capace di stimolare, attraverso l'esempio dello storia passata, virtù morali e civiche. Nel 1783 trionfò al Salon con il quadro Compianto di Andromaca sul corpo di Ettore, il suo morceau de réception per l'Académie. L'anno prima (1782) aveva sposato Charlotte Pécoul lia di un facoltoso imprenditore, uno tra i primi ad intuire le enormi possibilità del genero.

Il giuramento degli Orazi

Nel 1785 espose al Salon la grande tela, alta tre metri e lunga più di quattro, con Il giuramento degli Orazi, dipinto a Roma in due anni e mezzo dall'autunno 1783 all'estate 1785. Esposto per la prima volta nel mese di luglio nel suo studio romano a Palazzo Costanzi, presso piazza del Popolo. Il quadro visto da tutti i maggiori artisti e critici, venne commentato dalle riviste specializzate ed esaltato dai più, ma non mancarono critiche, specie negli ambienti più conservatori, che crearono un clima di attesa a Parigi, dove il quadro giunse a fine agosto e restò esposto solo negli ultimi giorni di apertura del Salon, in pieno settembre. Definito dal direttore dell'Accademia 'un attacco al buon gusto', ma acclamato dai più come 'il più bel quadro del secolo', il dipinto, commissionato dal conte d'Angivilier per conto della Corona, rappresenta il momento in cui i tre fratelli Orazi giurano di sacrificare la propia vita per la patria, inserendo la scena davanti ad un semplice portico con archi a tutto sesto, ognuno dei quali racchiude uno dei gruppi dei personaggi, allineate su uno stesso piano scena: i tre fratelli, il padre che unisce le tre spade e le spose piangenti, quest'ultimo gruppo fa da contrappeso emozionale ai due precedenti. Nella sua semplicità e gravità, la tela può essere accostata sia ai bassorilievi antichi, che alle opere del primo Rinascimento, allora al centro di una nuova riscoperta. Il dipinto assunse grande importanza soprattutto perché riuscì a rappresentare lo stato d'animo di quel delicato periodo. A Roma, dove venne eseguita (1784) ed esposta per la prima volta presso lo studio dell'artista, venne accolta in modo trionfale leggendo nel quadro l'esaltazione dei valori di rigore morale e spartana semplicità. In Francia, venne letta come un'opera in grado di trasmettere messaggi educativi e patriottici, ma non rivoluzionari. Solo successicvamente la rivoluzione si impossessò dell'opera, leggendovi l'esaltazione della fede repubblicana, infatti lo stesso David in una lettera del 1789, descrivendo il dipinto non accenna ad alcun significato rivoluzionario.

I littori riportano a Bruto i corpi dei suoi li

Di quest'ultimo anno è il dipinto con I littori riportano a Bruto i corpi dei suoi li, commissionata dal re Luigi XVI, che descrive la storia della condanna da parte di Bruto, dei propri li, perché colpevoli di tradimento verso la patria. Molti lessero la tela come un'esaltazione dei rigorosi valori morali e civili, che ogni cittadino deve avere verso la sua patria, che a quel tempo, fino alla rivoluzione, si identificava con la monarchia.


I littori riportano a Bruto i corpi dei suoi li, Parigi, Louvre

[modifica] La Francia rivoluzionaria

Nel 1789 scoppiò la Rivoluzione francese e David si trovò coinvolto nella sommossa, e, non certo casualmente, sembra che fosse già presente al Jeu de Paume, il Giuramento della Pallacorda, nel giugno 1789, quando l'Assemblea giurò per darsi una nuova Costituzione, David, 'il pittore di Bruto e degli Orazi' vennne incaricato, nel 1790, di eseguirne un dipinto commemorativo, di questo lavoro conserviamo un disegno preparatorio ed un bozzetto al Musée National di Versailles.

L'artista, giacobino e amico di Maximilien de Robespierre e Jean-Paul Marat; divenne un fedele traduttore dei nuovi ideali. Nel 1792 fu eletto deputato di Parigi nell'Assemblea Costituente e la sua preoccupazione principale quella di sopprime l'antica Accademia, per sostituirla, nella sua funzione di istituto di promozione dalla Comune des Arts e successivamente dalla Societé populaire et repubblicaine des Arts, che divenne l'organo ufficiale degli artisti. David può essere definito il «dittatore» artistico della rivoluzione, infatti da lui dipese la propanga artistica, l'organizzazione delle feste, la didattica delle scuole d'arte e l'organizzzione di esposizioni e musei.


Marat assassinato, Bruxelles, Musée des Beaux-Arts

Del 1793 è il Marat assassinato, di scottante attualità politica, commissionato subito dopo l'assassinio dell'Amico del popolo, accorso nel luglio dello stesso anno. La tela di scarna essenzialità, per conferire all'evento una dimensione universale, presenta la ura, abbandonata alla morte, di Marat che emerge dalla vasca, come da un sarcofago, accanto è il semplice scrittoio con penna e calamaio. La composizione costruita su un ritmo orizzontale è spezzata dal braccio del morto che cade vertcalmente.

Imprigionato nell'agosto del 1794, dopo la caduta del Robespierre, rimase in bilico per alcuni mesi tra la condanna a morte e l'assoluzione, finché sua moglie riuscì a farlo rilasciare. A quel tempo il matrimonio era andato in frantumi lacerato dalla Rivoluzione (Charlotte Pécoul era una convinta monarchica), e nel febbraio del 1794 i due si separarono. Dopo che David uscì dal carcere le incomprensioni svero si risposarono nel 1796.

Ratto delle Sabine

Durante i mesi di prigionia l'artista iniziò i primi schizzi per la grande tela col Ratto delle Sabine, terminata sul finire del 1799 e ora conservata al Musée du Louvre, in essa, che può essere letta come un inno alla pace e alla riconciliazione, frutto della revisione politica, accorsa dopo il 9 termidoro, che portò l'artista ad abbamdonare le posizioni poltiche più estremiste, e a farsi portavoce di una generale riappacificazione della Francia, indifesa davanti alle nazioni europee coalizzate. Il soggeto viene ripreso da Tito Livio e dal Plutuarco della Vita di Romolo, è quello svoltosi tre anni dopo il ratto: Tazio, alla testa dei Sabini, affronta i Romani cappeggiati da Romolo per vendicare l'offesa subita e ottenere la restituzione delle loro donne, ma i due schieramenti sono separati da Ersilia, moglie di Romolo, e dalle altre donne sabine che mostrano i li, nati dai Romani, in modo da convincere i Sabini a deporre le armi e a formare un unico popolo. Al contrario dei suoi quadri precendeti qui è lo spirito familiare a trionfare su quello patriottico, il mondo delle donne, diventato soggetto attivo impone la sua legge a quello degli uomini. I personaggi, dalle membra levigate ed efebiche, di una bellezza idealizzata, danno vita ad un'azione incruenta e meccannica, l'artista infatti si concentrò nella resa accurata di ogni particolare evitando ogni contrasto chiaroscurale e cromatico.

In questo periodo, accanto alla sua produzione «pubblica», l'artista realizzò anche quadri destinati all'ambito privato, soprattutto ritratti, tra cui i due Ritratti dei cognati Sérizaiat, 1795. In quest'ultime due tele , entrambe conservate al Louvre e realizzate con colori chiari e sobri, inserì i suoi personaggi, simbolo di un'eleganza tutta borghese, in un'ambientazione imprecisata.

La Francia di Napoleone



Napoleone nel suo studio, 1812, Washington, National Gallery of Art

Nel 1797 restò affascinato dall'entrata trionfale di Napoleone Bonaparte a Parigi e, lasciata ogni cautela, si votò immediatamente alla sua causa con lo stesso fervore che aveva provato per la Rivoluzione, diventando il prémiere peintre di Napoleone, da parte sua, incoraggiò questo atto di devozione, anche se non fu sempre entusiasta dei risultati artistici. Del 1800 è il Napoleone al passo del Gran San Bernardo, ora conservato alla parigina Malmaison, in cui il corso è raprresentato in groppa ad un cavallo rampante mentre si appresta a superare le Alpi, come prima di lui aveva fatto il generale cartaginese Annibale, avviluppato in un turgido mantello.

David, che era sempre considerato il più grande artista di Francia, fu scelto da Napoleone perché immortalasse la gloria del suo dominio imperiale, dipingendo tra il 1805-07, l'enorme tela con L'incoronazione di Napoleone e Giuseppina, ora conservata al Louvre, che fissa sulla tela l'incoronazione avvenuta a Notre-Dame nel 1804, consegnando un quadro apologettico che trasuda un'aurea quasi sacrale. L'artista, consapevole del significato proandistico della tela, decise di rinunciare all'essenzialità compositiva tipica delle sue opere precedenti, indugiando nella descrizione di ogni dettaglio. Del 1812, invece è un altro ritratto dell'imperatore, sempre celebrativo ma che si distacca dall'iconografia militare, presentandolo come un pacifico governatore di gran forza e calma serenità, infatti nel Napoleone nel suo studio, ora conservato alla National Gallery of Art di Washington, lo presenta in piedi accanto alla scrivania su cui ha lavorato tutta la notte, come dimostra l'orologio fermo sulle 4 di notte e le candele, che rischiarono l'ambiente, oramai consunte.

Ma a David, come a molti artisti già maturi e ancora legati a temi tratti dall'antico, veniva ora richiesto di dipingere eventi contemporanei in un tono epico e quasi sacrale, che nulla aveva a che fare con le serene e severe impostazioni iconografiche precendeti, per questo il suo lavoro ne risentì, al punto che lasciò il campo ad un giovane allievo, Antoine-Jean Gros che divenne il pittore delle camne napoleoniche.

Rimase fedele a Napoleone fino alla fine firmando i cosiddetti acts additionels, un giuramento che ripudiava la monarchia, e per questo suo atto fu costretto a fuggire quando Napoleone venne sconfitto a Waterloo (1815).

Ultimi anni

Si rifugiò in Svizzera prima di stabilirsi a Bruxelles, nel 1816, dove trascorse gli ultimi dieci anni di vita.

Ricevette una generosa offerta dal re di Prussia, che lo invitò ad assumere la carica di direttore delle Belle Arti a Berlino, con un ottimo salario, ma rifiutò non avendo più alcuna ambizione artistica o di carriera. Venne anche a sapere che le autorità francesi sarebbero state felici di porgergli le scuse se si fosse unito a loro, ma non accettò, troppo orgoglioso per recedere dalle sue scelte.

David trascorse gli ultimi anni dipingendo ritratti o dipinti di soggetto mitologico, un'arte deliberatamente evasiva e consolatoria, concepita come antidoto alla tagicità della storia, l'ultima sua grande tela fu Marte disarmato da Venere e le Grazie(Bruxelles, Musée Royaux des Beaux-Arts). Nel 1824 venne investito da una carrozza mentre tornava a casa da teatro e, ormai sessantaseienne, non riuscì più a riprendersi. L'anno successivo fu vittima di un attacco apoplettico che lo condusse alla morte il 29 dicembre.

Il suo allievo Gros cercò di riportare il suo corpo in Francia, ma il permesso gli venne negato, per cui venne sepolto nella chiesa di Sainte Gudule a Bruxelles. Ora la sua tomba è al cimitero Père Lachaise di Parigi.

Attività artistica

Per creare il linguaggio pittorico della Rivoluzione, David combinò la rigida moralità dell'arte classica con i principi essenziale del naturalismo. Anche se in seguito realizzò opere di stile e soggetti diversi, deve la sua fama soprattutto ai dipinti epici del Neoclassicismo.

David trattò poco i temi religiosi e la maggior parte degli esempi conosciuti sono stati realizzati nel primo periodo della sua attività. Anche in questo prima fase, lo stile del pittore mostra un'evidente fusione di tradizione ed invenzione.

Jacques-Louis fu uno dei più grandi ritrattisti dell'epoca e ricevette una serie di importanti commissioni. Questo genere di lavoro, considerato dall'artista un'attività secondaria, di scarso profitto, ne sottolinea la grande varietà dello stile.

David fu sempre molto meticoloso nella preparazione delle opere più importanti, facendo un lavoro preliminare approfondito ed uno studio dettagliato di ogni ura del dipinto.
La posa del corpo e i particolari del viso venivano spesso trattati separatamente: la prima era studiata osservando i modelli nudi del suo studio, i secondi erano rafurati in un momento successivo.
Questa pratica richiedeva molto tempo soprattutto quanto la composizione era enorme e piena di ure.

Molti suoi quadri rappresentano la storia classica, dell'antica Grecia e Roma; soprattutto i giuramenti, le scene sul letto di morte e le battaglie campali.
Ma si dedicò anche alla storia moderna, infatti operò durante il periodo più turbolento della storia francese e ne diventò quasi un cronista. Rafurò i principali protagonisti di quegli anni come la regina Maria Antonietta, i rivoluzionari Marat e Robespierre oppure Napoleone.

Trattò anche i temi mitologici durante tutta la sua carriera e in particolar modo agli inizi e nell'ultimo periodo dell'esilio.
I primi dipinti si ispirano principalmente ad episodi della guerra di Troia.
Le mitologie più tarde consistono principalmente in allegri nudi erotici, realizzati forse per compiacere alcuni dei suoi allievi, in particolare Jean-Auguste-Dominique Ingres e Anne-Louis Girodet-Trioson.


Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson

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Sonno di Endimione, 1791, Parigi, Louvre


Funerali di Atala, 1799, Parigi, Louvre



Ossian riceve nel Walhalla i generali della repubblica, 1800-02, Parigi, Mailmaison

Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson (conosciuto anche come Anne-Louis Girodet de Roucy-Triosson e Anne-Louis Girodet-Trioson) (Montargis 5 gennaio 1767 - Parigi 9 dicembre 1824), fu un pittore francese.

L'artista studiò a Parigi letteratura classica sotto il dottor Trioson, di cui diverrà lio adottivo dopo la morte del padre. Nel 1785 entrò nello studio di Jacques-Louis David. Nel 1789 vinse il Prix de Rome con la tela Giuseppe riconosciuto dai fratelli (Parigi, Louvre); dello stesso anno è anche una Deposizione, conservata nella chiesa di Montesquieu-Volvestre.

Durante il suo soggiorno italiano, svoltosi tra il 1790 e il 1795, realizzò nel 1791 il Sonno di Endimione (Parigi, Louvre), la tela occupata dal corpo sdraiato e dalle proporzioni allungate di Endimione, presenta Zefiro sulla sinistra e la dea Diana rappresentata da un raggio di luna, l'uso dello sfumato di Leonardo e degli effetti chiaroscuri di Correggio ammantano la scena di un suggestivo erotismo.

Del 1793 è l'Ippocrate che rifiuta i doni di Artaserse (Parigi, Facoltà di medicina), concepito come un omaggio al dottor Trioson, in cui mantiene un'impostanzione classicista avvicinandosi allo stile di Nicolas Poussin. A Napoli, eseguí alcuni paesaggi di gusto neoclassico, mentre a Genova dipinse il proprio Autoritratto (1795, Versailles).

Tornato in Francia, collaborò con Pierre Didot, realizzando li illustrazioni, alla pubblicazione di molti autori classici. In questo periodo si dedicò al ritratto: lo scandaloso Ritratto satirico di mademoiselle Lange nelle vesti di Danae (1799, Minneapolis, The Minneapolis Institute of Arts), si allontana molto dai canoni neoclassici e segna piuttosto un ritorno alla tradizione manierista, in particolare nella torsione del nudo. Dell'anno successivo, è il Giovane Romainville Trioson (Parigi, Musée du Louvre), una tela venata di inquietudine e ambiguità.

Nel 1799 realizzò i Funerali di Atala (Louvre), ispirata ad un romanzo di Chateaubriand, inserì le ure in un mondo primitivo, fonte di turbamenti e sentimenti non più controllati dalla ragione.

Commissionato nel 1800, e compiuto entro il 1802, è l'Ossian riceve nel Walhalla i generali della repubblica (Mailmaison). In questa tela, Ossian, rappresentato come cantore del misterioso e del soprannaturale, accoglie gli eroi della Repubblica francese entro un turbinio di aquile e sipiriti di eroi del passato, avvolti da una luce glauca. In riferimento a quest'opera il suo maestro David dirà: 'O Girodet è matto, oppure io non so più nulla dell'arte della pittura'.

Del 1807 è la tela con Un indiano (Montargis, Musée Girodet), che riflette la coeva moda per l'esotismo. Nella Rivolta del Cairo (1810, Versailles, Musée National du Chateau), la composizione tumultuosa è arricchita da motivi ornamentali. Del 1811 è il Ritratto di giovane in abito da caccia (Parigi, Musée du Louvre), avvolto in un'atmosfera malinconica e del 1819 è la Galatea, conservata al castello di Dampierre

Jean-Auguste-Dominique Ingres

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Autoritratto a 24 anni

Jean-Auguste-Dominique Ingres, noto abitualmente come Dominique Ingres (29 agosto 1780 - 14 gennaio 1867) pittore francese.

L'artista nelle sue tele darà maggiore importanza ai valori lineari e di superficie, una pittura a cui guarderà, negli anni sessanta del XIX secolo, il giovane Edouard Manet.

Biografia

Gli inizi

Nato a Montauban, primo di cinque li, dopo un'apprendistato presso la bottega paterna, raffinò la sua formazione iscrivendosi all'Accademia di Tolosa dove, grazie agli insegnamenti del suo primo maestro, il pittore Roques, cominciò ad approcciarsi all'arte di Raffaello. Ingres fu anche un violoncellista; in gioventù fu secondo violoncello dell'orchestra di Tolosa.

Primo soggiorno a Parigi

Successivamente partì per Parigi nel 1796 per studiare nell'atelier di David, il più celebre pittore del neoclassicismo francese. In quest'ambiente, Ingres apprese gli ideali neoclassici e sviluppò la sua particolare armonia nelle linee tenui e nell'utilizzo del colore. Nell'ambiente parigino si affermò soprattutto come ritrattista dell'alta borghersia, la sua fama all'interno di quegli ambienti lo porterà a dipingere persino il ritratto dell'Imperatore Napoleone.

Gli anni romani

Nel 1801 grazie all'opera Scipione e Antioco si qualificò secondo nella graduatoria del concorso per il Prix de Rome, una borsa di studio con la quale gli studenti dell'Accademia di Belle Arti parigina svolgevano un periodo di studi presso la Città Eterna.

Nel 1806, Ingres arrivò a Roma dove scoprì dal vivo l'eleganza di Raffaello e del Quattrocento italiano che consacrò definitivamente il suo stile. Questi furono i suoi anni di lavoro più prolifici, in cui dipinse le sue famose Bagnanti, i paesaggi, i disegni, i ritratti e gli episodi storici ispirati al Rinascimento italiano. Nonostante il successo che ebbero le sue opere in Italia, in Francia i suoi dipinti non vennero apprezzati allo stesso modo dalla critica, Ingres decise così di prolungare la sua permanenza a Roma, dove aprì uno studio privato in via Gregoriana.

Nel 1813 si sposò con Madaleine Chapelle alla quale dedicò l'opera Il fidanzamento di Raffaello in cui il pittore italiano viene rafurato insieme alla famosa Fornarina.

Nel 1814, per Carolina Murat, moglie di Gioacchino, re di Napoli imposto da Napoleone, la Grande Odalisca, una delle sue opere più conosciute, destinata a fare da pedant ad un'altra opera di Ingres, rafurante un nudo femminile. Questo dipinto fu al centro di numerose discussioni da parte dei critici dell'epoca che giudicarono quest'opera e nel complesso la sua pittura come priva di volume, profondità e piatta nella stesura dei colori. Nonostante i numerosi denigratori, l'opera ebbe un grande successo anche successivamente al periodo neoclassico, grazie anche al tocco di esotismo, dovuto all'utilizzo di oggettistica e costumi orientali, che anticipavano il gusto degli artisti della fine del XIX secolo per l'arte orientale.

Premiazioni e riconoscimenti

Alla caduta dell'Impero di Napoleone, alcune difficoltà economiche e familiari furono portatrici di un periodo di grande miseria per il pittore francese, durante il quale egli continuò a dipingere con un certo accanimento. Riuscì comunque a trovare finalmente il successo in Francia, dove partecipò nel 1824 ad all'esposizione del Salon con l'opera: Il voto di Luigi XII, dipinta per la Catterdrale di Montauban, fortemente apprezzata dalla critica.

La sua fama negli anni seguenti continuò a crescere grazie anche, oltre che ai numerosi ritratti, alle opere impegnate di chiara ispirazione classica come L'Apoteosi di Omero. La sua definitiva consacrazione fu nel 1825, quando il re Carlo X gli consegnerà la croce della Legion d'Onore. Dal 1835 fino al 1840, diventò direttore dell'Accademia di Francia a Roma.

Il ritorno a Parigi, gli ultimi anni

Tornato a Parigi nel 1841, ebbe un'accoglienza trionfale, qui ricevette nuove importanti commissioni, su tutte le vetrate della cappella di Notre Dame. Nel 1846 partecipò alla sua prima esposizione pubblica nella Galerie des Beaux-Arts, per la quale l'anno seguente divenne membro della commissione, insieme con Delacroix. Nel 1849 si dimise dall'incarico a causa della morte della moglie.

Per via di una malattia che lo colpì agli occhi, nel suo ultimo periodo Ingres fu costretto ad avvalersi di alcuni collaboratori per ultimare le parti secondarie delle sue opere del periodo maturo, caratterizzato dall'assidua ricerca di una perfezione formale.

Nel 1852 Ingres si sposò per la seconda volta con Delphine Ramel. Nel 1855 all'Esposizione Universale di Parigi vennero scelti ben quarantatré sue opere. Nel 1862 fu nominato senatore.

Il 14 gennaio del 1867 Ingres morì ad ottantotto anni, venne seppellito nel Cimitero di Père Lachaise a Parigi.

La sorprendente galleria di ritratti, estremamente realistici, che Ingres ci ha lasciato, è un vero e proprio specchio della società borghese del suo tempo, della quale il pittore ne esalta pregi e virtù, grazie alla precisione del suo disegno. Il suo apporto alla storia della pittura fu di estrema importanza, Ingres il 'campione del Neoclassicismo' inserendo il concetto nuovo di 'arte per l'arte', dando all'arte una valore assoluto, al primo posto davanti a tutto





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