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Teatro Greco

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Le prime testimonianze di letteratura drammatica in Occidente provengono dalla Grecia del VI secolo a.C.

Aristotele nella sua Poetica (330 .) sostiene che la tragedia si sviluppò dai ditirambi, inni corali in onore del dio Dioniso.

Del genere, fiorito tra il VI e il V secolo, sono giunte fino a noi 33 tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euripide.

Scritte in versi, consistono di dialoghi fra due o tre personaggi, alternati con canti corali, secondo una struttura fissa.



I soggetti sono ricavati dal patrimonio mitico. Le azioni cruente, come le battaglie, non erano rappresentate sulla scena,

ma venivano narrate. Durante le feste in onore di Dioniso venivano allestite le opere di tre poeti, selezionati in un concorso.

Ogni autore presentava una trilogia di tragedie e un dramma satiresco, cioè una sorta di farsa.

Accanto alla tragedia si sviluppò il genere comico. Gli esempi più antichi sono costituiti dalle commedie di Aristofane, rappresentante della cosiddetta commedia antica, che fu seguita dalla commedia di mezzo e dalla commedia nuova, il cui maggior esponente fu Menandro.

Tutti i ruoli erano interpretati da uomini, che indossavano maschere e recitavano con l'accomnamento di musica.

L'ingresso a teatro era gratuito; gli spettacoli, infatti, erano sovvenzionati, a turno, dai cittadini delle classi abbienti.

La scena greca, situata in un luogo all'aperto, era sobria, le maschere per la tragedia espressive, quelle per la commedia grottesche.

Il tipo di costume indicava il personaggio e, nella commedia, comportava tra l'altro un ventre imbottito e un fallo.

Tra i pochi congegni scenici c'erano la macchina del volo e un praticabile (enciclema).

La struttura del teatro si compone di un nucleo essenziale (identico in ogni teatro) a forma di semicerchio con ampie gradinate, la càvea, dove occupavano posto gli spettatori.

Lo spazio più basso, disposto in piano e abbracciato dalle gradinate, forma l'orchéstra (dal greco orchèisthai, danzare), luogo destinato al coro che accomnava l'azione teatrale con movimenti e recitazioni.

Dietro è la scèna (dal greco skenè, tènda fondale), un fondale architettonico indispensabile all'organizzazione e allo svolgimento della rappresentazione.

Perché la voce degli attori e del coro si udisse chiaramente dappertutto, anche i posti più lontani dalla scena (nel loggione, diremmo oggi), lungo le gradinate venivano posti dei vasi di terracotta o di rame che amplificavano il suono.

Le gradinate venivano addossate ad alture naturali in quanto i Greci non erano a conoscenza dell'arco.

Coro Nel teatro, un gruppo di cantanti e danzatori che prendono parte a un dramma e vengono accomnati dalla musica. Il termine 'coro' in origine venne usato dagli antichi greci nelle tragedie e nelle commedie del VI e V secolo a.C. per indicare un insieme di attori che cantavano e danzavano. Sulla scena, il coro greco aveva un suo preciso spazio lirico tra un episodio e il successivo: in Eschilo poteva anche costituire un personaggio della trama.

Funzioni e caratteristiche del teatro: Nel corso dei secoli, la rappresentazione teatrale è stata rito sacro, insegnamento morale, persuasione politica o puro intrattenimento. La produzione richiede l'uso di scenografie, attrezzeria, costumi, luci, trucco o maschere, uno spazio per l'azione scenica e per il pubblico. È un complesso di arte e architettura, letteratura, musica e danza.

In particolare nell'antica Grecia lo scopo era prevalentemente educativo.

Particolari rappresentazioni erano le tragedie greche i cui protagonisti erano eroi e dei che avevano caratteristiche antropomorfe (simili agli uomini reali).La morale di questo genere di spettacoli era di trovare soluzioni ai problemi diffusi al tempo.

Il ruolo delle donne era recitato da attori uomini adeguatamente abbigliati, in quanto il ruolo della donna non era adatto al teatro.

Gli antichi scrittori greci avevano narrato di un''età degli eroi' che aveva preceduto la loro epoca, ma della civiltà Egea non si seppe niente di sicuro fino alla fine del XIX secolo, quando cominciarono gli scavi archeologici nei siti delle leggendarie città di Troia, Micene, Cnosso e in altri centri dell'età del Bronzo.

La tragedia, così com'è concepita oggi, risale all'opera di Eschilo (VI secolo a.C.), il quale introdusse il ruolo di un secondo attore indipendente dal coro. Le circa settanta tragedie, a lui attribuite dalla tradizione, sviluppano i temi della natura della divinità e del rapporto che gli uomini hanno con gli dei. Solo sette delle sue tragedie si sono conservate, fra le quali il Prometeo incatenato, storia della punizione inferta a Prometeo, uno dei Titani, dal dio Zeus, e l'Orestea, una trilogia che racconta la storia dell'omicidio dell'eroe greco Agamennone compiuto dalla moglie, l'uccisione di questa per mano del lio Oreste e il conseguente tragico destino cui questi va incontro.

Il secondo grande tragediografo greco fu Sofocle. La sapiente costruzione delle sue trame, e il modo in cui i suoi temi e i suoi personaggi generavano sentimenti di pietà e paura nel pubblico, indussero Aristotele e altri critici greci a considerarlo il maggiore tragediografo. Il suo Edipo re è uno dei grandi capolavori del genere tragico. Sofocle scrisse più di cento opere, delle quali rimangono solo sette tragedie, 400 versi di un dramma satiresco, che metteva in scena storie mitiche in una trattazione burlesca, e più di mille frammenti. Suo contributo particolare alla struttura della tragedia fu l'introduzione del terzo attore, un'innovazione adottata in seguito da Eschilo.

Euripide, più giovane di Sofocle, fu il terzo grande drammaturgo greco, autore di circa novanta opere, delle quali rimangono solo diciotto tragedie (una è di dubbia attribuzione) e Il Ciclope, l'unico dramma satiresco giunto a noi. Le sue opere sono considerate più realistiche di quelle dei suoi predecessori, soprattutto per l'accuratezza psicologica delle caratterizzazioni; per questa ragione è considerato da alcuni critici il più moderno dei tragediografi greci. Fra i suoi drammi maggiori vi sono Medea, la cui trama ruota attorno alla vendetta della maga Medea contro il marito Giasone e Ippolito, sull'amore di Fedra per il liastro Ippolito e il destino cui questi va incontro dopo averla respinta.








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