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CINQUE MINUTI DEL TUO TEMPO
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Alzi la mano chi non ha mai pensato che “forse prima il mondo era migliore”


Ci siamo ormai abituati, e forse anche assuefatti, a parole ed espressioni fino a pochi anni fa pressoché ignote. Nuovi lemmi e nuove locuzioni si sono introdotti prepotentemente nel lessico comune. Termini e definizioni come “encefalopatia spongiforme bovina”, “afta epizootica”, “organismi geneticamente modificati” (OGM), “allevamenti intensivi”, 'pollo alla diossina', 'morbo della mucca pazza', 'uova agli antibiotici', “animali dopati”, “steroidi anabolizzanti”, “fettine al boldenone”, prione (particella infettiva proteica), acrilammide, policlorobifenili (PCB diossinosimili), “cromo esavalente”, “buco di ozono”, diossina, “effetto serra”, “impatto ambientale”, desertificazione, “allarme biodiversità”, “ecosistemi a rischio”, “scioglimento dei ghiacciai, “inquinamento elettromagnetico”, “contaminazione ambientale”, “sviluppo eco-sostenibile”, “indice di biodegradabilità”, ricorrono ordinariamente.

Parimenti negli ultimi anni ci siamo altrettanto (dolorosamente) abituati ai gravi scandali legati alla sicurezza sanitaria e alimentare (connessi soprattutto ai mangimi contaminati, agli allevamenti intensivi delle catene produttive, all'uso di OGM e alla micidiale negligenza farmaceutica) alla sicurezza ambientale (legata soprattutto alla scriteriata deviazione dei corsi d'acqua, all'alterazione e modifica d'uso dei terreni, al disboscamento sregolato e all'esorbitante produzione e accumulo di scorie e rifiuti tossici) e in ultimo alle sempre più frequenti pazzie meteorologiche (nubifragi, straripamenti, smottamenti, inondazioni, annientamento di interi centri abitati; ricollegabili principalmente all'effetto serra e al conseguente innalzamento della temperatura, con inevitabile disordine atmosferico)



Solo per fare qualche esempio:

  •   centinaia di migliaia di bovini abbattuti in mezzo mondo
  •   decine di migliaia di polli (venduti come biologici ma risultati contaminati da pericolosissimi erbicidi) abbattuti nello scorso 2002 in mezza Europa (Germania in testa)
  •   in Belgio ormoni con temibili effetti sulla fertilità maschile, conseguenza del riciclo di farmaci, rinvenuti in molte bibite analcoliche
  •   in Olanda altre pericolosissime sostanze (soprattutto MPA, una sostanza contraccettiva + estradiolo, ormone steroideo) sono state ritrovate in numerose partite di mangimi che hanno contaminato centinaia di suini, destinati soprattutto alla esportazione
  •   centinaia di stock di bevande in lattina ritirati dai magazzini e dagli scaffali di molti supermercati perché infettate dall'urina dei topi
  •   alti contenuti di Pcb rinvenuti nel burro e nei cavoli italiani, ma anche in molti campioni di salmone provenienti da allevamenti in acquicoltura di Sna e Portogallo.

decine di città sommerse a causa delle abbondanti precipitazioni, foreste-polmone che si assottigliano sempre più, la maggior parte di fiumi laghi e mari inquinati o contaminati, le riserve di acqua potabile insufficienti e in drastico calo (una sciagurata spia di guerre future per l'accaparramento), foreste e intere regioni montuose barbaramente spogliate, migliaia di specie animali e vegetali destinate all'estinzione, minacciose nuvole gialle di smog che si spostano e coprono interi continenti
ma che sta accadendo? e cosa c'entra il consumismo con tutto questo?


      Ognuno di noi si è gradualmente convinto nel corso degli anni che il consumo sia un esercizio ordinario, convenzionale, quasi banale, a cui non è necessario destinare particolare attenzione.

    Molte persone vivono l'atto del consumare come una cosa che riguarda solo se stessi, i propri gusti, le proprie voglie, il proprio portafoglio oppure il diritto, come consumatori, a non essere imbrogliati.
Per contro la realtà insegna che il consumo è tutt'altro che un fatto privato e pone l'accento sul fatto che non può essere affrontato solo come attenzione ai prezzi e alla qualità delle merci di scambio.
Il nostro consumo nel quotidiano non è un semplice “atto individuale” ma piuttosto un fattore che riguarda tutto il pianeta, l'intera umanità, ad ogni livello. Il consumismo produce una miriade di effetti e si ripercuote rovinosamente sugli equilibri geopolitici, favorendo congiunture egemoniche, oppressioni, sfruttamento, guerre, imbarbarimento e annichilimento culturale.
Dietro a questo nostro gesto apparentemente spontaneo, vissuto ormai dai più come mera consuetudine del proprio agire quotidiano, si nascondono gravissimi problemi, di portata etaria, di natura sociale, politica ed ambientale che nessuno può più permettersi di ignorare.

Obiettivo status

La pazza corsa
Efficienza, consumi, rendimento, produttivita'
richiami irrefrenabili, impetuosi turbinii, in cui
l'uomo è fatalmente travolto, suo malgrado

In un recente convegno sui giovani e il consumismo dal titolo “Trash Generation, nihilistic plague pathology” [generazione spazzatura, patologia della peste nichilista] gli stessi giovani, consumatori benestanti occidentali, hanno rivelato e denunciato un profondo malessere interiore che gli esperti hanno prontamente denominato harakiri psichico. Molti adolescenti interpellati (provenienti da diversi paesi in prevalenza europei e nordamericani) hanno descritto la propria vita come “puro consumismo — essenzialmente indotto dalle tecniche pubblicitarie — che si unisce alla frustrazione che deriva dal non poter consumare quanto si vorrebbe”, la propria cultura come un “caos disperato di status e proanda che genera una miscela esplosiva di repulsione contro i valori di condivisione e risentimenti contro il mondo, dove il confine fra reale e virtuale è celato in maniera insanabile” e la propria libertà “limitata alla scelta della squadra da tifare, al canale televisivo da vedere o alla merce da comprare al supermercato”.

Alle spalle degli oratori un sectiunello riprendeva una frase della scrittrice Dorota Maslowska “
è una generazione perduta, allevata su un terreno inaridito di materiale sintetico, e germoglierà di fiori ostentatamente di plastica”.

Sta di fatto che questo tipo di globalizzazione ci sta suicidando e che le persone cominciano a essere stanche di non avere le idee chiare sulla genesi di questa follia collettiva, sulla fonte del propellente e sui meccanismi del propulsore che incessantemente la alimenta. Ma se da una parte questi elementi risultano ad alcuni incomprensibili dall'altra moltissimi iniziano a capire che questa incessante abbondanza di novità da conoscere e usare ha un unico obiettivo, moltiplicare i bisogni inutili per obbligarci a spendere oltre ogni limite ma si sta giocando con le tragedie del mondo! Le regole cambiano con velocità impressionante e insieme a loro i prodotti da consumare voracemente: automobili, computer, telefoni cellulari, play-station, palmari, pay-TV ed elettrodomestici di ogni specie, sono solo facili esempi di omologazione strategica, di sollecitazione alla cupidigia. I benestanti occidentali che strana gente siamo una generazione di insaziabili bulimici, malati di possesso, che ingoiano ogni cosa che trovano (o che gli impongono) e poi la vomitano su ciclopiche montagne di rifiuti!
Pianeta Terra, che amaro destino mentre i quattro quinti dell'umanità soffre fame e sete, l'altro quinto, affetto dal morbo dell'ingordigia, impone regole, influenza attitudini e ne bolla l'epilogo. Massificazione degli interessi, induzione di mode e tendenze, strangolamento intellettuale, spersonalizzazione, appiattimento culturale dove condurranno? La maggioranza delle persone vive le proprie passioni in modo del tutto inconsapevole, crede di esserne fautore e padrone, gli altri, una ristretta minoranza, sa bene che sono indotte per due precisi scopi: controllo esclusivo e gestione dei consumi, ma non può quasi nulla per contrastarle, soltanto una piccola formica contro l'indomito elefante.
Per questi e per altri motivi è necessario che ognuno si assuma le proprie responsabilità senza demandare ai pubblici poteri la disposizione di comportamenti “virtuosi”. È necessario che ciascuno, in ogni parte del pianeta (o almeno nella parte cosiddetta civilizzata) comprenda che i rapporti non sono circoscritti, che non si limitano al proprio spicchio di società e di mondo, bensí interdipendenti, e che il comportamento di ogni singolo individuo si ripercuote su tutta l'umanità.
Gli effetti del mio comportamento, sia positivi che negativi, si diffondono, si proano, a tutto il globo terrestre.

È solo di pochi mesi fa l'ultimo allarme lanciato a proposito della “nube gialla” denominata “Asian Brown Cloud”, un enorme ammasso di gas inquinanti e particelle carboniose partito dall'Asia che ha lentamente raggiunto i cieli sopra il Mediterraneo e lì si è accomodata. Un gigante tossico che crescerà di un ulteriore 70% entro il 2025. Un mostro atmosferico che si estende su 16 milioni di kilometri quadrati che sta alterando tragicamente i cicli delle piogge e i filtri solari. Una creatura fantascientifica e incontrollabile che non conosce confini. Una stupefacente potenza malefica creata da certuni che si sta abbattendo su altri, ma che questi ultimi non mancano di rispedire al mittente in forme diverse. La negligenza del tale in qualche punto del mondo collide con l'indifferenza di tizio con l'ignoranza di caio e con l'impotenza di sempronio, il risultato è un lento inarrestabile disfacimento. Fatale per tutti! Verrebbe da pensare che sia mero catastrofismo, invece no, è la via che tutti insieme abbiamo intrapreso, nostro malgrado. Di fatto nessuno di noi può chiamarsi fuori da questo ciclo vizioso e ha un solo dovere dettato dall'etica: interromperlo. Prima di puntare il dito occorre che ogni singolo individuo instauri per se stesso nuove abitudini basate sulla consapevolezza dell'interdipendenza e sulla sobrietà. Essere consapevoli, riconoscere i limiti oltre i quali non è possibile tendere e assumere una condotta che rispetti risolutamente tali limiti: è la ricetta per dare un seguito alla vita su questo meraviglioso pianeta.

Il cosiddetto consumismo è molto più complesso di quanto non sembri e non è limitato alle tematiche affrontate sin qui. I danni, enormi, si hanno già a cominciare dalla fasa produttiva di molti prodotti di consumo.

In agricoltura ad esempio, in ogni parte del mondo, l'uso massiccio di fertilizzanti e pesticidi, sta progressivamente avvelenando le falde acquifere e rende sterili vastissimi territori.
I copiosi liquami emessi dalle stalle industriali e da molti stabilimenti di produzione alterano pericolosamente fiumi, laghi, mari e terreni, incredibili meraviglie che la natura ha prodotto in milioni di anni e perfettamente incontaminati fino a pochissimi anni fa.
I prodotti chimici venduti anche per tenere le nostre case linde e scintillanti avvelenano con sostanze tossiche di ogni tipo, e spesso irrimediabilmente, non solo le circostanti zone di produzione ma anche quelle dove vengono scaricate dopo il loro utilizzo.
È stato stimato che prima dello sviluppo delle attività umane (fine del Paleolitico) le foreste coprivano almeno il 74% delle terre emerse mentre oggi coprono non più del 10%.
Lo smodato utilizzo della carta, ormai largamente impiegata in ogni settore, sta provocando spaventosi depauperamenti di boschi e foreste a livello etario. Perfino la carta riciclata, simbolo dell'attenzione ecologica, è una vera maledizione ambientale per le zone che ospitano le industrie di riciclaggio.
I gas emessi dalle centrali elettriche nel produrre l'energia necessaria a far funzionare l'imponente macchina industriale della nostra insaziabile società dei consumi, sono in gran parte responsabili della continua estensione del famigerato buco di ozono, il quale continua ad allargarsi in misura direttamente proporzionale all'aumento di un'altra delittuosa complicazione chiamata 'effetto serra'.

Ma il vero dramma, la vera tragedia,
è che facciamo are il prezzo del nostro
diritto all'alto tenore di vita
anche, e soprattutto, ai popoli che non
partecipano al nostro imponente banchetto!

    Solo per fare un esempio: gli strani tumori della pelle che da alcuni anni colpiscono la popolazione del Cile meridionale, con buona probabilità possono essere associabili al buco nello strato di ozono formatosi, a cagione nostra, sopra l'Antartide (noi tutti sappiamo bene che i gas responsabili dell'infausto buco provengono dalla nostra parte di mondo e che spessissimo a arne le conseguenze sono poi le popolazioni estromesse dal 'fastoso convivio', ma preferiamo non fermarci troppo a rifletterci sopra).

    Gli aspetti ambientali sono i primi a porre in chiara evidenza il vergognoso squilibrio fra le aree popolate del nostro pianeta. Il nostro sistema di vita è entrato in competizione con quello della gente del Sud aggravando sempre più la loro già precaria condizione. Il Sud del Mondo abbisogna di maggiore cibo, vestiario, mezzi di trasporto, alloggi, strutture sanitarie, macchinari noi invece di 'capricci inessenziali'.

La risposta alle loro venerande esigenze richiederebbe una crescita produttiva che il Sud potrebbe attuare solo se il Nord rinunciasse a fare la parte del Leone nell'uso delle risorse, se riducesse drasticamente la produzione di rifiuti e se aumentasse la sensibilità di ogni singolo individuo verso questo tipo di problemi. È peraltro ormai ampiamente dimostrato che non si può giungere ad un equilibrio tra il Nord e il Sud portando tutta la popolazione terrestre al nostro tenore di vita, perché se tutti gli abitanti della terra consumassero quanto consumiamo noi, ci vorrebbero ben altri SEI PIANETI da utilizzare come fonti di materie prime e come discariche di rifiuti.

    Il nostro consumo danneggia i popoli del sud non solo perché corrode i loro spazi di sviluppo, contribuendo decisamente al loro isterilimento, ma anche perché non vengono rispettati i principali diritti umani. Ci troviamo costretti difatti a dover aggiungere al già massiccio elenco di crimini, il meschino sfruttamento delle maestranze travestito da soccorso caritatevole. Davvero troppe sono ormai le aziende che operano insolentemente in questa direzione e che rimpinguano le proprie casse sfruttando ignobilmente l'economicità della manodopera di quei luoghi. Ma perché stupirsi!? Sappiamo tutti che ad esse interessa solo ciò che si rivela come straordinariamente redditizio: cosa c'è di più remunerativo di una valente ed economica manovalanza connessa ad un paradiso fiscale su cui evitare abilmente le doverose imposte sui profitti?!

    Ho avuto modo di osservare negli ultimi tempi che molti italiani sono diventati oltremodo intolleranti verso quella che potrebbe sembrare a prima vista un'invasione di massa dai paesi del Sud. Ho anche notato però che fra questi pochissimi azzardano la comprensione dei reali perché di questi esodi di massa, e ancora meno sono quelli che ne intuiscono effettivamente l'origine occulta (parecchi preferiscono tranquillizzare la propria coscienza allineandosi alle farneticazioni conservatrici e giungendo spesso a magnificare i deliri di Haider o i vaneggiamenti dell'intrepido Bossi).
Fra questi 'intolleranti' quasi nessuno riesce mai a capire davvero che i paesi dai quali provengono questi fastidiosi extra-comunitari sono stati ridotti alla fame proprio da noi, dal nostro incontinente ed insaziabile consumismo, dallo sfruttamento a nostro vantaggio delle loro risorse (sia umane che di materie prime), e non ultimo dal pernicioso ideale capitalistico che tanto bene si sposa con il delirante desiderio di imperialismo che sta alle spalle di questo incredibile incubo.

Ma i fatti parlano chiaro:
nelle piantagioni Del Monte
(fonte: GUIDA AL CONSUMO CRITICO ediz. EMI) un bracciante filippino guadagna solo 0,5 € l'ora, per un totale giornaliero di € 4, ma in quei luoghi per garantire i bisogni fondamentali a una famiglia di sei persone ci vogliono almeno 6,5 € al giorno.
Una sola domanda: nell'assaporare i prodotti marchiati Del Monte quanti pensano a questo?

    In Indonesia, nelle fabbriche di produzione della multinazionale Nike, gli operai lavorano 270 ore/mese e sono ati meno di 35 €; questa somma, anche se corrisponde al salario minimo stabilito dal governo, copre appena il 31% dei bisogni vitali di una famiglia di quattro persone. Naturalmente si parla della a degli adulti, perché i bambini prendono molto meno; nelle fabbriche indonesiane la a media di un bambino che lavora otto ore al giorno per sei giorni la settimana è di 15 €/mese. Siamo coscienti di questo quando calziamo una calzatura della suddetta marca?

    Anche dal Guatemala giungono testimonianze incredibili, come mostra un rapporto apparso su The New Internationalist: 'Le donne del settore tessile sono ate meno di un dollaro al giorno e subiscono frequentemente abusi sessuali'.
Nella fabbrica Lucasan, ogni 15 giorni le operaie vengono messe in fila e colpite alla pancia per verificare se qualcuna fra loro è incinta: chi lo è viene maltrattata e licenziata in tronco.
C'è di più, se le operaie tentano di organizzarsi le fabbriche vengono chiuse e riaperte dove il sindacato non esiste ancora. Aura Marina Rodriguez, un'attivista sindacale alle dipendenze di una multinazionale è stata assassinata per cause contingenti nel vicino 1992.
Dalle piantagioni del Centro America giungono segnali di gravi intossicazioni da pesticidi perché le multinazionali della banana continuano ad usare prodotti che sono invece proibiti nei paesi industrializzati; un potente vermifugo (DBCP) ha reso già sterili migliaia di lavoratori in Costa Rica ed Honduras.

    A questo punto dobbiamo decidere, responsabilmente!

Se vogliamo sostenere il pericolo di guerre, la distruzione del pianeta, lo sfruttamento, la corruzione, l'oppressione, allora continuiamo a consumare alla cieca come facciamo oggi.
Se invece vogliamo salvare il pianeta, far crescere la giustizia, la partecipazione, la nonviolenza, allora ci dobbiamo impegnare a consumare meno, a “prendere le distanze” dalle imprese che si comportano in maniera immorale e da tutto che induce o aggiunge bisogni superflui. In altre parole dobbiamo imboccare la strada della sobrietà e del consumo critico.

    L'inseguimento spasmodico al rendimento e alla redditività ci sta strangolando. Per sostenere i nostri ritmi di consumo, noi della “parte ricca del pianeta” (che rappresentiamo appena il 21% della popolazione mondiale) consumiamo ben l'82% delle risorse dell'intera Terra. In questo modo condanniamo (alcuni, forse, inconsapevolmente) gli altri 4/5 dell'umanità a vivere in regimi di estrema povertà (¤). Dobbiamo prendere coscienza di questo se non altro perché ci apprestiamo a lasciare ai nostri stessi li un pianeta indecente ed inabitabile.

  Oltre due miliardi di persone ancora oggi (marzo 2003 ¤) vivono con meno di un €uro al giorno, con quantità esigue di acqua potabile e non hanno accesso a fonti energetiche essenziali per avviare qualsiasi processo di sviluppo. Lo squilibrio fra nord e sud del mondo è quanto mai evidente e richiede provvedimenti immediati! Ciononostante nei dieci giorni del Vertice Mondiale sulla Terra di Johannesburg (in cui ricordo che Berlusconi non accennò a nessun impegno, neanche a quello per lo sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia) non si è giunti a nulla di concreto, solita retorica e assenza di impegni concreti. E anche la ratifica del Protocollo di Kyoto — da cui George W. Bush nel marzo 2001 decise di ritirare gli Usa a motivo delle pressioni politiche esercitate dalle potenti lobby industriali — ha finito per acquisire aspetti marginali e insignificanti.

La domanda a questo punto, direbbe il buon Antonio Lubrano, sorge spontanea: “io quindi, individualmente, cosa possio fare?

  Per funzionare, il nostro sistema ha bisogno di energia, cioè di combustibili fossili, carbone, gas, petrolio e suoi derivati.
Sappiamo tutti ad esempio che il consumo pro-capite di un nordamericano è 29 volte più alto di quello di un africano?
Se improvvisamente tutti i cittadini del mondo consumassero come un nordamericano medio, le riserve mondiali di combustibile fossile si esaurirebbero in soli 8 anni anziché in 50, e, per garantire a tutti quel tenore di vita, occorrerebbero le risorse di 6 pianeti come quello su cui viviamo che si appresta al collasso.

  Allora, parafrasando Giacomo Leopardi viene da chiedersi:
a chi piace o a chi giova dunque cotesta vita infelicissima?
Conviene forse a qualcuno?
Il consumo sfrenato non porta al godimento che ci si attende. A ben guardare anche noi siamo vittime del nostro stesso consumismo. Viviamo una vita convulsa, speculativa, siamo sommersi da rifiuti, da inquinamento, da malattie legate alla sovralimentazione, dal tormento dell'efficienza a tutti i costi e dall'ossessione di apparire ricchi belli e in forma come Sua Maestà La TV comanda! Il sole è malato, l'aria in moltissimi luoghi è irrespirabile e diventa sempre più difficile appartarsi e godere dei piaceri della natura, di paesaggi incontaminati e privi dell'impronta umana. Siamo affetti da centomila nevrosi a causa delle molte insoddisfazioni e della vita frenetica che conduciamo, vuoi per la brama di possesso o per la corsa affannosa all'ottenimento dei desideri indotti. Inoltre, elemento da non sottovalutare, ci siamo moltiplicati a un ritmo impressionante.
Avremmo mille motivi per ricercare una forma di vita più sobria, e questo non significherebbe certo tornare alla candela, alla carrozza o alla morte per tetano.

La sobrietà è uno stile di vita che sa distinguere tra i bisogni reali e quelli imposti o superflui. Solo un modus vivendi, organizzato a livello collettivo per garantire a tutti il soddisfacimento dei bisogni fondamentali con il minor dispendio di energia possibile. Una pacifica convivenza che dia alle esigenze materiali il giusto peso e che non trascuri le esigenze spirituali, affettive, intellettuali e sociali dell'individuo.

La sobrietà poggia sul principio delle sei R : Ridurre, Recuperare, Rigenerare, Riutilizzare, Riparare, Rispettare.

    La sfida che ci attende negli anni a venire è di saper riconoscere i bisogni fondamentali, di saperli garantire a tutti, pur disponendo di meno.

 TUTTO CIO CHE PER ME E' SUPERFLUO PER QUALCUN ALTRO E' VITALE 

Rimasi decisamente colpito dalla frase usata dall'UNICEF su alcuni inviti alla solidarietà:
'
Molti bambini senza regali non piangono, muoiono! .

La verità è che ci siamo adagiati nell'abbondanza e l'idea di essere meno ricchi ci spaventa.

    Per cominciare dovremmo provare a dare più spazio al dialogo sincero, all'amicizia, alla partecipazione, alla riflessione, alla meditazione. Riscoprire questo può davvero aiutarci a combattere le nostre smanie di godimento. Il consumo, si sa, è diventato per molti una forma di compensazione che allevia il senso di insicurezza e di insoddisfazione affettiva, umana, sociale e spirituale.

    Dobbiamo serbare ricordo comunque che chi decide, alla fine, siamo noi. Ogni volta che andiamo a fare la spesa dobbiamo rammentare che le imprese sono in una posizione di profonda dipendenza dal nostro comportamento di consumatori: siamo noi, con i nostri acquisti, che facciamo salire o scendere i loro profitti.

    Proprio perché le imprese hanno paura di noi, esse tentano di dominare la nostra volontà decisionale, dobbiamo rivalutare il potere che abbiamo fra le mani. Un potere che preso singolarmente è certamente piccolo ma che moltiplicato per milioni di persone può condizionare le più grandi multinazionali e al limite la tendenza dell'intero pianeta.
Il consumo critico poggia su due pilastri: l'esame dei singoli prodotti e l'esame delle imprese.

Ecco alcune domande da porsi rispetto ai singoli prodotti:
la tecnologia impiegata è ad alto o basso consumo energetico?
Quanti e quali veleni sono stati prodotti durante la sua fabbricazione?
Quanti ne produrrà durante il suo utilizzo e il suo smaltimento?
E' stato ottenuto da materie prime riciclate o di primo impiego?
Se si tratta di prodotti proveniente dal sud del mondo è d'obbligo chiedersi: in quale 'condizioni di lavoro' sono stati ottenuti? Etc. etc.

    Da un punto di vista sociale non ci sono supermercati che si possono considerare totalmente soddisfacenti perché nessuno di essi mette in vendita solo i prodotti che hanno una storia sociale e ambientale completamente pulita e trasparente.
Purtroppo questo riconoscimento non si può dare a nessun distributore sia esso piccolo o facente parte delle grandi catene di distribuzione. Forse neanche la Coop lo merita pienamente nonostante la sua buona disposizione al commercio equo/solidale, al rispetto delle colture biologiche, alle garanzie sui corretti rapporti di lavoro, alla discreta politica di informazione/educazione del cosiddetto consumatore e alla qualità ambientale in genere. Nonostante questi ammirevoli e inconsueti comportamenti anche nei supermercati Coop non di rado si trovano ad esempio banane prodotte in condizioni socio-ambientali non proprio cristalline e talvolta prodotti (come scarpe, giocattoli e tappeti) provenienti da alcune notorie zone delll'Asia e realizzati, molto probabilmente, in condizioni di lavoro umilianti e oppressive.
Pur con queste contraddizioni (fonte*: 'Guida al consumo critico / Informazioni sul comportamento delle imprese per un consumo consapevole') la famosa cooperativa si dimostra nell'insieme, una dei pochi distributori davvero sensibili ai temi ambientali e sociali, in poche parole: il male minore. Forse varrebbe la pena di preferirla, almeno per alcuni prodotti, ma sarebbe anche auspicabile che ognuno facesse una costante ed energica pressione su di essa (con lettere, telefonate o segnalazioni sul posto) affinché operasse scelte di vendita più decise ed intervenisse sulle imprese produttive nel tentativo di imporre comportamenti ancor più rispettosi dell'ambiente e dei lavoratori del Sud del mondo.

Concluderei questa ina con una riflessione del Prof. Robert A. F. Thurman (Cattedra di studi Indo-Tibetani alla Columbia University nonché Presidente dell'American Institute for Buddhist Studies).

presente in:  

LA SCIENZA DELLA MENTE
Un dialogo Oriente-Occidente

Chiara Luce Edizioni

'Prima della scelta di quale aspetto della realtà, interiore o esteriore, sia più importante comprendere e controllare, c'è il complesso di opinioni su cosa sia la realtà, cosa sia la vita all'interno di questa realtà, cosa sia la vita umana in particolare, qual è il suo scopo e quali sono le sue necessità e prospettive. Senza conoscere le risposte a tali domande, se noi semplicemente ci mettiamo ad analizzare i vari aspetti dell'ambiente, modificando quello che ci sembra modificabile, soddisfacendo i nostri immediati bisogni senza porci in una prospettiva a lungo termine, il nostro modo di procedere non avrà successo. In realtà, proprio questo modo di agire ci ha portato a una situazione piuttosto dubbia e pericolosa. Oggi abbiamo sviluppato collettivamente una eccellente conoscenza di molti aspetti del nostro ambiente, senza ottenere una conoscenza globale di tutte le sue dimensioni. Tuttavia, basandoci su questa conoscenza parziale, siamo intervenuti profondamente sui processi della natura. Abbiamo eliminato molte malattie e migliorato alcune condizioni di vita, certamente, ma facendolo abbiamo squilibrato drasticamente il rapporto tra la popolazione, la terra e il suo ambiente. Abbiamo creato potenti macchine che possono compiere funzioni straordinarie, ma così abbiamo esaurito le nostre risorse e abbiamo inquinato e messo in pericolo l'equilibrio naturale. Abbiamo portato la guerra a un incredibile livello di efficienza distruttiva, ma l'imminente pericolo è che siamo diventati i possibili artefici della nostra stessa estinzione. In essenza, le nostre capacità di condizionare la realtà esteriore hanno superato di molto il nostro potere su noi stessi.
Questo è il punto chiave.
La consapevolezza della nostra fondamentale realtà è solo poco superiore a quella di tutti gli esseri umani che ci hanno preceduto sulla terra. La maggior parte delle nostre azioni si basa su di una penetrante e vasta idea errata di quello che stiamo facendo, mascherata da sospetti, supposizioni, titoli di studio, certificati e mutue rassicurazioni. Per la maggior parte del tempo siamo controllati dalle emozioni fondamentali della lussuria, dell'avidità, dell'orgoglio, dell'invidia e dell'odio. Perdiamo facilmente il controllo e compiamo azioni che danneggiano gli altri e anche noi stessi, a breve e a lungo termine. Se simili individui, potenzialmente in collera e avidi, come in effetti possiamo essere, inventassero armi chimiche e biologiche di una immensa potenzialità distruttiva, e le mettessero nelle mani di leader ugualmente privi di auto-controllo, pronti a provocare gli immaginabili orrori di una Terza Guerra Mondiale, rendendo impossibile la vita su questo pianeta per centinaia di migliaia di anni se questo scenario si avverasse, allora, qualunque sopravvissuto direbbe giustamente che la decisione greco-romana ed euro-americana di violentare l'ambiente, senza comprendere e senza controllare la mente umana, l'Io, il sé, è stata una conclusione fatalmente sbagliata, stupida e mostruosa, messa in atto da esseri umani che tragicamente hanno pensato, in quanto occidentali, di essere i migliori e i più intelligenti del pianeta.
Personalmente, non penso che si verificherà un simile scenario apocalittico perché credo che in questo universo vi sia una reale intelligenza, e che noi siamo più complessi di quanto pensiamo. Anche con la civilizzazione abbiamo compiuto degli sforzi per comprendere e controllare noi stessi. Sebbene i nostri sforzi occidentali in questa direzione raramente siano stati scientifici, le nostre religioni e il genere umano non sono stati totalmente inattivi. Penso che ce la faremo. Il motivo di rappresentare questo scenario, tuttavia, è di apprezzare come il Buddha e i suoi seguaci possano aver previsto la possibilità di pericolose crisi per gli esseri umani, se questi non avessero anteposto la conoscenza del sé al dominio dell'ambiente circostante. Quindi, vi presento la radicale idea secondo la quale la decisione indiana di non sviluppare le scienze esteriori, la tecnologia, la macchina industriale - tutto l'insieme che definiamo civiltà industriale - può essere stata non semplicemente il risultato di una carenza intellettuale ma piuttosto una grande vittoria dell'intelletto. Il fallimento intellettuale potrebbe essere piuttosto il nostro, che si manifesta nella decisione di interferire e di contaminare ogni cosa, dando origine a grandi poteri fisici senza alcun potere mentale in grado di controllarli. C'è una differenza importante tra semplicemente fallire nel fare qualcosa e decidere di non farlo. Comprendere bene questo aspetto potrà influenzare il modo in cui ci avviciniamo alla scienza di un'altra cultura: con un atteggiamento paternalistico, sulla base della nostra presunta superiorità, dato che abbiamo il potere di far saltare in aria il mondo, oppure con un'apertura mentale fondata sull'umiltà che deriva dalla consapevolezza di aver compiuto passi sbagliati, che ci hanno portati a un passo dalla distruzione totale. Come potete vedere, questi atteggiamenti sono molto diversi. Dobbiamo cercare di essere umili, se vogliamo trarre benefici dalla scienza e dalla tecnologia interiori del sistema psicologico indo-tibetano'

Aetòs

] Il Centro Nuovo Modello di Sviluppo è un piccolo centro di documentazione sorto nel 1985 nei pressi di Pisa. Il Centro, che affronta i temi del disagio e dell'ingiustizia, sia a livello nazionale che internazionale, è parte integrante di un'iniziativa gestita da un gruppo di famiglie che hanno scelto di dare solidarietà concreta a situazioni di disagio. Il Centro dedica una particolare attenzione a ciò che avviene nel Sud del mondo per capire quali sono le nostre responsabilità e per scoprire quali iniziative possiamo intraprendere per opporci allo scandalo dell'impoverimento. A questo scopo ha pubblicato le seguenti opere:
- Lettera ad un consumatore del Nord (EMI 1990)
- Boycott (Macroedizioni 1992)
- Nord/Sud. Predatori, predati e opportunisti (EMI1993)
- Sulla pelle dei bambini (EMI 1994)
Per maggiori dettagli o per proposte al fine di organizzare meglio, tutti insieme, la resistenza contro l'ingiustizia in modo da garantire ai nostri li una terra migliore scrivere a: Centro Nuovo Modello di Sviluppo - Via della Barra, 32 - 56019 Vecchiano (PI)

Alcuni dati sono stati estrapolati da: 'Guida al consumo critico'editrice EMI (x informazioni su come reperire il libro scrivere a: EMI Via di Corticella, 181 - 40128 Bologna)

Per saperne di più sul consumo critico e sui diritti dei consumatori
COMES - Commercio equo solidale - Altroconsumo - Citinv - Educonline





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