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Dalla tetrarchia alla morte di Teodosio (284-395)

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Dalla tetrarchia alla morte di Teodosio (284-395) 

Diocleziano (284-305), dopo la proclamazione imperiale, introdusse numerose riforme che diedero all'impero un volto decisamente nuovo. Per realizzare un'amministrazione unitaria dell'impero, egli provvide a una sua divisione politico-amministrativa e associò anzitutto al principato Massimiano che ricevette il titolo di augusto, anche se l'epiteto 'Giovio' (connesso con Giove) di Diocleziano rispetto a quello di 'Erculeo' (connesso con Ercole) tributato a Massimiano poneva quest'ultimo in una posizione lievemente subordinata. I loro poteri furono rafforzati dalla nomina di due collaboratori (e futuri successori) cui fu concesso il titolo di cesare: Galerio e Costanzo Cloro. Alla coppia Diocleziano-Galerio, le cui corti risiedettero rispettivamente a Nicomedia (in Bitinia) e a Sirmio (nell'Illirico), venne affidata la gestione delle province orientali; Massimiano e Costanzo Cloro governarono invece l'Occidente e l'Africa, risiedendo rispettivamente a Milano (in Italia) e a Treviri (in Germania).

Tutto ciò fu fatto nel tentativo di razionalizzare la struttura stessa dell'impero - suddiviso allora in cento province, raggruppate in dodici diocesi dipendenti da vicari del prefetto del pretorio - e di esautorare così il senato da qualunque compito di controllo sui domini imperiali. Questo sistema, conosciuto come tetrarchia (cioè 'governo dei quattro'), se creò un apparato amministrativo più forte accrebbe però la già pesante burocrazia del governo imperiale, le cui quattro corti e i rispettivi funzionari esercitavano un peso finanziario insostenibile sulle risorse economiche dell'impero. A questo proposito, Diocleziano e i suoi coreggenti cercarono di frenare l'inflazione crescente controllando i prezzi dei generi alimentari e il salario massimo dei lavoratori (edictum de maximis pretiis rerum venalium, del 301), e inasprirono la pressione fiscale anche a danno dell'Italia, omologata ormai a una qualsiasi provincia; inoltre, nella convinzione che il cristianesimo minasse la struttura dell'impero, nel 303 scatenarono contro i cristiani una violenta persecuzione.



Diocleziano e Massimiano abdicarono nel 305, lasciando i nuovi augusti e i nuovi cesari alle prese con un conflitto di successione sfociato in una lunga guerra civile, che ebbe termine soltanto con l'ascesa al trono di Costantino (306-337). Dimostrazione, questa, che qualunque riforma era insufficiente a rianimare completamente un'istituzione, quella imperiale, che se si era retta per secoli sulle armate legionarie, trovava ora nella discordia tra queste un elemento costante di destabilizzazione (anche durante il regno dei tetrarchi non erano mancati due usurpatori: Carausio e Alletto). Riassumendo brevemente la contesa per la successione, si può ricordare che vi furono coinvolti i due ex cesari e nuovi augusti Galerio e Costanzo Cloro, i loro cesari Massimino Daia e Flavio Valerio Severo, nonché il lio di Massimiano (Massenzio), il lio di Costanzo Cloro (Costantino), e Licinio, già amico e comno d'armi di Galerio.

Costantino, acclamato augusto dall'esercito in Britannia, prevalse sui suoi rivali riuscendo a unificare l'impero d'Occidente sotto la sua guida nel 312, lasciando l'Oriente a Licinio; ma, dopo avere sconfitto anche quest'ultimo, nel 324 restò solo a governare l'impero. Con lui la monarchia completava quel carattere autocratico e sacrale che già Diocleziano aveva fortemente accentuato e che culminò nel 330 quando Costantino spostò la capitale a Bisanzio, che ribattezzò con il nome di Costantinopoli (l'odierna Istanbul), e cioè 'città di Costantino'. L'imperatore si ornò del diadema e introdusse un complesso cerimoniale di corte, luogo ove si convocava il consiglio dei suoi collaboratori detto concistoro (consistorium), divenuto ormai il massimo organo dello stato, essendo il senato ridotto da tempo a una funzione puramente decorativa.

Particolarmente importante fu il ruolo che Costantino ebbe in campo religioso. Non è chiaro se egli divenne davvero cristiano, come vuole una parte della tradizione; sappiamo però che nel 313 emanò a Milano un editto che consentiva libertà religiosa nell'impero, e che, proclamatosi in gioventù protetto dal dio Sole-Apollo-Mitra, giocò poi sulla possibile identificazione di questa entità con il dio cristiano, cercando di non dispiacere né ai ani né ai cristiani. E quando nel 325 convocò egli stesso il concilio di Nicea per dirimere complesse dispute teologiche in seno alla Chiesa cristiana, mostrò la nuova interpretazione data al ruolo, da lui ricoperto, di pontefice massimo: quella di supremo e attento controllore di tutti i culti praticati nell'impero, consapevole delle enormi conseguenze politiche che questi potevano avere.

La morte di Costantino, nel 337, segnò l'inizio della guerra per la successione tra i suoi li Costantino II, Costante e Costanzo II, finché quest'ultimo non riunì l'impero sotto di sé nel 353. Gli succedette nel 361 il dottissimo genero Giuliano l'Apostata (361-363), che ripudiò il trionfante cristianesimo per ripristinare gli antichi culti ani e che morì combattendo contro i parti; dopo di lui, Flavio Gioviano regnò dal 363 al 364. Fece seguito il regno di Valentiniano I (364-375), che associò al potere il fratello Valente (364-378), lasciandogli il governo dell'Oriente; terribile sorte toccò a quest'ultimo, sconfitto e ucciso dai goti nella battaglia di Adrianopoli, uno dei segnali più chiari delle difficoltà dei romani a difendere i confini dell'impero - già minato nel suo interno dalla presenza di nuovi usurpatori - dalle incursioni delle popolazioni germaniche.

Regnarono poi sull'Occidente i li di Valentiniano I, Flavio Graziano (375-383) e Valentiniano II (375-392), che dovettero contrastare gli usurpatori Magno Massimo e Flavio Eugenio, e sull'Oriente Teodosio I (379-395), già luogotenente di Graziano, che alla morte di Valentiniano II riunificò brevemente l'impero sotto la sua autorità. Con Teodosio, nel 380, il cristianesimo divenne l'unica religione dello stato e iniziarono quindi le persecuzioni antiane. Quando egli morì, l'impero fu stabilmente diviso in due parti, affidate allora ai suoi due li, Arcadio, imperatore d'Oriente (che regnò dal 395 al 408), e Onorio, imperatore d'Occidente, che governò dal 395 al 423 e che nel 404 trasferì la capitale a Ravenna.





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