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Impero bizantino - Arte bizantina, Letteratura bizantina, Rito bizantino, Teatro bizantino

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Impero bizantino


Nome assunto dall'Impero romano d'Oriente alla caduta dell'Impero d'Occidente (476); il nome dell'Impero bizantino deriva dalla sua capitale Bisanzio (Costantinopoli). Sotto Giustiniano (527-565) l'Impero bizantino assunse i propri tratti caratteristici: fusione della tradizione giuridico-amministrativa romana, culturale ellenistica e religiosa cristiana in un sistema fortemente centralizzato con al vertice la ura sacra del basiléus (imperatore), unica autorità politica e religiosa; articolato corpo burocratico, militare e diplomatico sorretto da un efficiente sistema fiscale e da un minuzioso ordinamento giuridico (Corpus iuris). Riconquistato a Vandali e Goti il controllo dei territori mediterranei occidentali (sec. VI), nel corso dei secc. VII-IX Bisanzio dovette però cedere alla pressione araba perdendo Siria, Egitto e coste nordafricane, mentre in Italia si imponevano i Longobardi e gli Slavi in ampie zone dei Balcani; la debolezza militare trovava in parte ragione nelle lotte iconoclaste avviate nel 726 da Leone III, risoltesi in forti contrasti sociali e religiosi interni e con la chiesa di Roma (poi sfociati nello scisma del 1054). Nei secc. X e XI, congiuntamente all'espandersi della religione greco-ortodossa, l'Impero bizantino si assicurò il dominio dei Balcani piegando i Bulgari e da lì influenzando anche le popolazioni russe, mentre riotteneva anche il controllo del Mediterraneo orientale (dalla Siria alla Palestina, oltre a Creta e Cipro). La pressione contemporanea dei Normanni a occidente e dei Turchi a oriente, avviò a metà dell'XI sec. la decadenza dell'Impero bizantino (presa di Costantinopoli ad opera dei crociati, 1204), che anche formalmente sve per buona parte del XIII sec., sostituito dall'impero latino d'oriente. L'avvenuta restaurazione nel 1261 non frenò il processo di decomposizione, compiutosi nel 1453 con la caduta di Costantinopoli nelle mani del sultano ottomano Maometto II.





Arte bizantina.

Termine con cui si indica l'arte cristiana fiorita a Costantinopoli durante il IV-V sec. e di là diffusa, dal V al XV sec., in quasi tutte le regioni dell'Impero romano e caratterizzata da formule iconografiche e stilistiche derivanti dalla fusione di elementi ellenistico-romani e orientali (armeni, siriaci, persiani). L'architettura bizantina, a differenza di quella occidentale, usa effetti di luce e di ombra ottenuti sia con la rotondità delle volte e delle calotte, sia con lo sfarzo della decorazione musiva sul fondo oro. Le chiese possono essere di tipo basilicale, a tre o cinque navate, con tre absidi incorporate e il presbiterio separato dal resto dell'edificio mediante l'iconostasi (S. Apollinare Nuovo e S. Apollinare in Classe a Ravenna, S. Demetrio a Salonicco), o a schema accentrato (quadrato, poligonale, circolare, a croce greca libera o inscritta), con volte a botte e cupole su cui si aprono numerose finestre (S. Vitale a Ravenna, S. Sofia a Salonicco, S. Marco a Venezia). La scultura, subordinata all'architettura, fu usata con scopi prevalentemente decorativi e coloristici; raro esempio di scultura a tutto tondo è la bellissima testa di Teodora (Milano, Castello Sforzesco). Notevoli gli oggetti in avorio, lavorati ad Alessandria e a Costantinopoli. Tra questi un vero capolavoro è la cattedra di Massimiano di Ravenna. La pittura, quasi esclusivamente musiva, si valse di tessere policrome alternate ad altre d'oro. I mosaici più famosi si trovano a Ravenna (S. Vitale, S. Apollinare in Classe, S. Apollinare Nuovo), a Venezia (S. Marco), in Sicilia (duomo di Cefalù e di Monreale), a Parenzo, in Croazia (Basilica Eufrasiana), a Roma (S. Agnese, S. Lorenzo). Esempi di pitture a fresco sono a Hosios Lukas in Focide, nelle catacombe romane di Commodilla, di Ponziano, di Callisto e in S. Demetrio di Salonicco. Espressioni notevoli dell'arte bizantina furono anche la pittura di icone (come quella dell'Arcangelo Michele nel Museo Nazionale di Pisa), la miniatura, l'oreficeria, la scultura in legno, la ceramica e la tessitura di tessuti di seta, lavorati nelle fabbriche imperiali di Costantinopoli e in Sicilia.




Letteratura bizantina.

È il periodo della letteratura greca che va dall'incoronazione di Giustiniano (527 d. C.) alla caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi (1453). La letteratura bizantina si può dividere in due periodi principali. Il primo, dal VI al IX sec., è caratterizzato, oltre che da un contenuto profondamente cristiano, da un facile assorbimento degli apporti orientali. Il secondo periodo, dal IX al XV sec., coincide col rifiorire politico dello Stato bizantino. Nel primo periodo occupa un posto di rilievo Romano il Melode, che celebrò i misteri cristiani in inni ardenti d'ispirazione, ricchi di lirismo e d'intensa potenza drammatica. Elementi prettamente orientali, come l'adattamento della teologia buddista a quella cristiana, si trovano nell'unico grande romanzo bizantino a sfondo morale e religioso, il Barlaam e Iosafat, che fu uno dei libri più letti del Medioevo. Invece la teologia ortodossa andò perdendo, nelle sottigliezze di Giovanni Damasceno, di Teodoro Studita, del patriarca Niceforo, la pienezza della gloriosa patristica del IV sec. Il VI sec. vide il sorgere della storiografia con Procopio di Cesarea, Agazia e Menandro Protettore, mentre Giovanni Malalas di Antiochia dà inizio alla cronografia. La poesia profana ha il suo fiore nell'epigramma: Paolo Silenziario e il citato Agazia sono autori di epigrammi erotici di grande suggestività. Giorgio di Pisidia, il primo a usare il dodecasillabo, scrisse epigrammi su avvenimenti del tempo. L'epigramma continua a fiorire nel secondo periodo della letteratura bizantina, con Costantino Cefala (X sec.), Massimo ude (XIV sec.) e infine con l' Antologia Palatina. Tra i poeti, si ricordano Costantino di Rodi, Giovanni Geometra, Cristoforo di Mitilene. Una fioritura di 'Canoni', poemi liturgici dell'ufficiatura dei santi, divisi in nove canti, nasce in Siria per opera di Andrea Cretese, seguito da Cosma di Maiuma, dalla monaca Casia ecc., mentre dalla Sicilia e dalla Calabria bizantina provengono Giuseppe l'Innografo e Teofane. La ricostituzione dell'Università di Costantinopoli (863) per opera di Bardas gettò le basi di un fiorente sviluppo di cultura classica: in quel seminario s'insegnò la filosofia, specialmente platonica, riportata in auge da Psello e dai suoi successori, e si coltivò la filologia, specie per opera di Giovanni Tzetze. Sotto i Comneni la storiografia raggiunse un alto livello con Anna Comnena, Niceta Acominato, Giorgio Acropolita, Niceforo Gregora (autore di una monumentale Storia bizantina), Teodoro Metochita, Leonico Calcondila, Giorgio Franze. La lingua parlata assurge tardi e timidamente a strumento d'espressione letteraria. Si crea così quella 'diglossia' che costituisce una singolare caratteristica del greco moderno. Nel IX sec. Teofane usa per primo il linguaggio parlato nelle sue cronache; nei secc. XI-XII compaiono, in lingua volgare, le poesie di Glikas e di Teodoro Prodromo e molti romanzi che appartengono già al dominio neoellenico. L'aspetto più vivo della letteratura bizantina va forse indicato nella letteratura popolare in prosa e in versi, e soprattutto nel grande poema epico Digenis Akrìtas, del X-XI sec.




Rito bizantino.

Liturgia propria delle chiese cristiano-orientali. Originaria di Antiochia, essa si diffuse, dopo aver subito numerose trasformazioni, in tutti i territori dell'Impero bizantino, con la costituzione del patriarcato di Costantinopoli (451). Fu tradotta in varie lingue tra cui il siriaco, il paleoslavo, l'armeno, l'albanese, l'ungherese, il romeno.




Teatro bizantino.

Osteggiato dalla Chiesa primitiva, il teatro fu pressoché inesistente fino al periodo iconoclastico, mentre sotto la dinastia macedone (secc. IX-XI) il dramma sacro venne accolto in chiesa. Del teatro profano poco si sa. Restano alla lettura i Versi su Adamo, di Ignazio Diacono (IX sec.), il dramma sacro, attribuito a Gregorio di Nazianzo, Christòs Paschon. Destinate forse alla recitazione furono le opere di Michele Aplúcheir e di Teodoro Prodromo.




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