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Rivoluzione Francese - LA FASE MONARCHICO-COSTITUZIONALE

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Rivoluzione Francese

LA FASE MONARCHICO-COSTITUZIONALE


Il dibattito sulla Costituzione.

Per i deputati di orientamento più moderato (i monarchiens), la rivoluzione aveva già esaurito il suo compito. Essi proponevano di creare una monarchia costituzionale sul modello inglese, con parlamento bicamerale.

Opposta era invece la posizione dei deputati che sostenevano la sovranità della nazione. Essi interpretavano la rivoluzione come la creazione di un nuovo ordine. La Costituzione, doveva derivare dal popolo, non dal sovrano. Proponevano quindi un'unica assemblea legislativa, elettiva, sovrana, senza diritto di veto da parte del re.


La costituzione della nuova Francia.



Nel settembre 1789 la maggioranza dei deputati approvò una Costituzione (entrata in vigore nel 1791) che prevedeva:

-un sistema monocamerale

-un'Assemblea, titolare del potere legislativo, eletta con suffragio censitario (diritto di voto a chi ha un certo reddito)

-il re esercitava il potere esecutivo, sotto controllo parlamentare, ma deteneva il diritto di veto sospensivo (di respingere per due volte deliberati dell'Assemblea)


L'attività legislativa dell'Assemblea.

In attesa che entrasse in vigore la nuova Costituzione, continuò a operare l'Assemblea nazionale. Al suo interno le prime discussioni identificarono un'area di orientamento moderato, i cui deputati sedevano alla destra, e un'area più radicale, alla sinistra: da allora i termini 'destra' e 'sinistra' sono entrati nel linguaggio politico come sinonimi di tali ideologie.

In campo amministrativo, il territorio fu diviso in 83 dipartimenti.

In campo giudiziario, vennero soppressi i parlamenti (una sorta di tribunali): la giustizia venne affidata a diversi gradi di tribunali elettivi e resa completamente gratuita.

In campo economico, furono abolite le corporazioni, le dogane interne e ogni tipo di esenzione fiscale, istituendo una imposta fondiaria unica (che colpisce il reddito derivante da terreni), il libero commercio e la libertà di uso individuale della terra.


La vendita dei beni del clero.

Queste riforme economiche non potevano risolvere il problema immediato e gravissimo di risanare il deficit del bilancio statale. L'Assemblea decise così di nazionalizzare (quando un bene privato diviene proprietà dello stato) e mettere in vendita i beni del Clero. Questo significava affermare che la religione e la chiesa dovevano avere una funzione pubblica (significato politico). Non potendo procedere immediatamente alla vendita dei beni della Chiesa, l'Assemblea decise un'emissione di titoli fruttiferi (interesse 5 %annuo) garantiti dai beni nazionali, i cosiddetti assegnati.


La costituzione civile del clero.

Un altro provvedimento fu la costituzione civile del clero che stabiliva che i vescovi e i parroci fossero designati dal corpo elettorale e fossero stipendiati dallo Stato. Un successivo provvedimento impose agli ecclesiastici di giurare fedeltà alla costituzione, ciò stava a simboleggiare quanto il potere religioso dovesse essere subordinato a quello politico. Sia il basso che l'altro clero vi si oppose, così papa Pio VI condannò qst provvedimento. Quasi tutto gli ecclesiastici rifiutarono il giuramento, vennero perciò chiamati 'refrattari'.


Il difficile rapporto con il sovrano.

I rapporti tra le autorità rivoluzionarie ed il re si facevano smpr più tesi. Il diritto di veto sospensivo (il re poteva respingere per due volte le leggi votate dall'Assemblea) dava al sovrano uno strumento per condizionare le decisioni dell'Assemblea. Questo suscitò vari malcontenti, ed il re di tutta risposta partecipò alle trame (con il partito di corte e aristocratici) per scongere le istituzioni rivoluzionarie.

La crisi della monarchia.

Il 5-6 ottobre 1789 quando il re rifiutò di sanzionare alcuni decreti una gran folla invase il castello di Versailles, esigendo la firma dei decreti e il trasferimento del sovrano a Parigi. Il re cedette. La situazione precipitò con la fallita fuga di Varennes. Lasciando il palazzo reale in segreto, vennero riconosciuti e bloccati a Varennes. La carrozza venne ricondotta a Parigi, accolta da una folla silenziosa. Successivamente, Il 17 luglio 1791 una grande manifestazione popolare che chiedeva la destituzione del sovrano, venne soppressa violentemente.


La rivoluzione portò anche per le donne un inedito ruolo da protagoniste, spesso in prima fila nelle manifestazioni di piazza, sino a maturare una coscienza specifica dei propri diritti e della propria volontà di emancipazione.


I Giacobini.

La maggior parte dei gruppi politici dell'Assemblea avevano dato vita a club e società popolari dove si prendevano decisioni che sarebbero poi state sostenute dai deputati dell'Assemblea. Il circolo destinato a maggior fortuna fu quello dei Giacobini, aveva all'inizio un orientamento politico moderato che poi si divise:

I foglianti proponevano di mettere fine alla rivoluzione (orientamento moderato, 'destra')

I Giacobini sostennero che occorreva completare il processo rivoluzionario in senso democratico ricercando l'alleanza con il movimento popolare parigino guidato (orientamento più radicale, 'sinistra'). I Giacobini erano guidati da Robespierre.


Le posizioni antimonarchiche.

Più a sinistra troviamo i Cordiglieri (concezione antidemocratica), guidati da Danton. Fu proprio lui a proporre la destituzione del re nella manifestazione del 17 luglio 1791.


L'assemblea legislativa e i girondini.

Avendo concluso il suo compito, l'Assemblea decise di sciogliersi e si tennero le votazioni per l'elezione dell'Assemblea legislativa. Qui non vi erano veri e propri partiti ma schieramenti che si rifacevano agli orientamenti dei club. Emerse come leader Brissot, che coagulò intorno a sé una serie di deputati chiamati girondini, che divenne in pochi mesi il gruppo più influente dell'Assemblea.


Le potenze europee e la rivoluzione.

Le grandi potenze monarchiche europee, con la dichiarazione di Pillnitz, avevano minacciato di intervenire qualora la rivoluzione non rimanesse entro i binari moderati. Sul trono d'ustria salì Francesco II, nipote della regina di Francia, propenso ad impedire il contagio rivoluzionario.


La Francia in guerra.

A favore della guerra contro le monarchie europee si creò un alleanza tra Luigi XVI e i girondini:

Il re sperava in una sconfitta che demoralizzasse la rivoluzione

I girondini speravano in una vittoria per rilanciare la rivoluzione

In conclusione, il re affidò il governo a Brissot, la Francia dichiarò quindi guerra all'Austria (che venne affiancata dalla Prussia) il 20 aprile 1792.


La Francia in crisi.

L'esercito subì una serie di umilianti sconfitte. La guerra si tramutò in una disfatta. A questa sconfitta si sommò le difficoltà economiche date dalla svalutazione degli assegnati, che portò una conseguente inflazione.


Il movimento dei Sanculotti.

I Sanculotti erano chiamati così per la loro divisa, erano formati da i cittadini passivi (privi di diritto al voto). Le parole d'ordine erano il suffragio universale, la solidarietà popolare contro i privilegi della ricchezza. Il 20 giugno 1792 una manifestazione che invase il palazzo reale costrinse il re a bere alla salute della rivoluzione, indossando il berretto frigio che caratterizzata i sanculotti.


La caduta della monarchia.

Il 10 agosto 1792 il duca d'Austria Brunswick minacciò di sottoporre Parigi a un esecuzione militare, se il re avesse subito il minimo oltraggio. I popolani armati, presero così d'assalto il palazzo reale, il municio e istituirono un nuovo governo della capitale, la Comune rivoluzionaria. L'Assemblea legislativa sotto pressione deliberò di deporre Luigi XVI e di convocare le elezioni con suffragio universale, per una nuova assemblea costituente che si sarebbe chiamata "Convenzione".




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