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Storia - ROMA



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Storia - ROMA


La storia di Roma antica - tradizionalmente suddivisa in età monarchica (dal 753, data leggendaria di fondazione, al 509 a.C.), repubblicana (fino al 27 a.C., quando Ottaviano venne insignito del titolo di Augusto) e imperiale (fino al 476, anno di cessazione dell'Impero d'Occidente) - fu fino al III secolo essenzialmente una storia di successi, che trasformarono un insieme di villaggi, formatisi sul Palatino e sui colli circostanti, nella capitale politica e culturale del mondo civile.

Dopo questo periodo cominciò una lenta e inarrestabile decadenza che continuò nel VI e VII secolo, sotto il potere bizantino, per invertirsi poi, nell'VIII secolo, grazie alla protezione dei re franchi che diede il via alla formazione di uno Stato Pontificio nell'Italia centrale. Coinvolta nella lotta per le investiture e saccheggiata nel 1084 dai normanni di Roberto il Guiscardo, la città si riprese dopo l'accordo del 1188 fra Clemente III e il comune sulla divisione dei poteri, ma durante l'esilio avignonese dei papi ricadde in una situazione di precarietà segnata dagli scontri fra le maggiori famiglie nobiliari.



Con i pontificati di Martino V (1417-l431) e di Niccolò V (1447-l455) la rinascita di Roma assunse caratteri di stabilità; e nel secolo successivo, nonostante il 'sacco' operato nel 1527 dalle truppe imperiali di Carlo V, la città di Giulio II, di Leone X, di Paolo III, di Sisto V gareggiò con i maggiori centri d'arte e di cultura d'Europa, mentre l'autorità dei pontefici si consolidava grazie anche alla Controriforma e al crescente appoggio della monarchia snola. Stabilità politica e magnificenza urbana non si interruppero nel Seicento e nella prima metà del Settecento, un secolo e mezzo che diede a Roma l'impronta scenografica barocca tuttora avvertibile nel suo centro storico. Ne furono i maggiori protagonisti Paolo V Borghese (1605-l621), Urbano VIII Barberini (1623-l644), Innocenzo IX Pamphilij (1644-l655), Alessandro VII Chigi (1655-l657) e, in campo architettonico, Carlo Maderno, Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini, Carlo Rainaldi, Carlo Fontana.

Le condizioni mutarono con la crisi di fine secolo. Scosso dalle parentesi napoleoniche del 1798-99 e del 1809-l814, l'assetto politico-sociale pontificio si trascinò stancamente fino al 1849, l'anno della Repubblica romana di Mazzini e Garibaldi, per riprendere poi, privato dal 1860 di gran parte dei suoi territori, fino al 1870, l'anno della breccia di Porta Pia.

La storia di Roma capitale d'Italia (dal 1871) è la storia di una notevole crescita demografica (dai 273.952 abitanti del 1881 ai 2.840.259 del 1981), dei tentativi di contenimento della speculazione edilizia compiuti dal sindaco Ernesto Nathan (1907-l913), dell'avvento del fascismo dopo la 'marcia su Roma' nel 1922, degli sventramenti degli anni Trenta voluti per celebrarne il carattere imperiale, dell'eccidio perpetrato dai tedeschi alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944, delle Olimpiadi del 1960 e della 'Legge per Roma Capitale', approvata nel 1990.

Abitanti (romani): 2.649.765 (1996)


Roma antica (età imperiale) Periodo della storia di Roma antica compreso tra il 27 a.C. (proclamazione di Ottaviano come augusto) e il 476 d.C. (deposizione di Romolo Augustolo e fine dell'impero romano d'Occidente), durante il quale si costituì e si affermò l'impero romano.

Augusto e la natura del potere imperiale


L'età imperiale, successiva al periodo della repubblica, iniziò con Augusto, considerato il primo imperatore di Roma, anche se già con Giulio Cesare e - se pur parzialmente - ancor prima con Silla, si era affermata una gestione di natura monarchica delle istituzioni repubblicane.

Ottaviano, dopo aver sconfitto Marco Antonio nella battaglia di Azio (31 a.C.), assunse un controllo pressoché assoluto sulla vita politica romana. Nel 27 a.C. il senato gli attribuì il titolo onorifico di 'augusto' (che significa 'colui che ha l'autorità morale'), in seguito divenuto sinonimo di imperatore. Fu proprio attraverso la propria autorità morale (auctoritas) che egli accentrò nella propria persona titoli e poteri un tempo attribuiti esclusivamente ai magistrati repubblicani, senza giungere mai a una formale modifica di carattere costituzionale; assunse anzi il ruolo di difensore delle istituzioni repubblicane, dando vita così a una vera e propria finzione, poiché di nome continuava a esistere la repubblica, mentre di fatto vi era una gestione del potere di tipo monarchico.



Nel 23 a.C. Augusto ricevette la tribunicia potestas, cioè l'insieme dei poteri dei tribuni della plebe, che comportava l'inviolabilità personale (sacrosanctitas) e il possibile diritto di veto nei confronti di provvedimenti legislativi (intercessio); tale era l'importanza di questa funzione, che egli si premurò che fosse costantemente rinnovata. Il senato lo investì a vita anche della dignità proconsolare, conferendogli poteri superiori (il cosiddetto imperium maius) a quelli degli altri proconsoli. L'insieme di queste prerogative, sommate alla carica di console che assunse ben tredici volte, conferì ad Augusto un potere che non poteva più avere alcun elemento di 'bilanciamento' nella vita dello stato: un potere che faceva di lui il princeps - come amava essere definito - e cioè 'il primo' dei cittadini di Roma.

Oltre all'auctoritas, di cui si è detto, deteneva infatti la potestas (cioè l'autorità civile), conseguita proprio attraverso l'assunzione della tribunicia potestas, e l'imperium (cioè il potere di comandare gli eserciti), implicito nelle funzioni consolari e proconsolari. Si fece dunque chiamare Imperator ('colui che ha l'imperium'), Caesar ('il successore di Giulio Cesare', divenuto cesare lui stesso), Divi Caesaris filius ('il lio del divo Cesare'), Octavianus (quel che restava del suo vero nome), Augustus ('colui che ha l'autorità morale'), ideando uno schema di titolatura che sarà fatta propria dai suoi successori. Nel 12 a.C. venne inoltre proclamato pontefice massimo (pontifex maximus), la più alta carica sacerdotale dello stato, controllando così anche la sfera religiosa; e nel 2 a.C. assunse quel titolo di 'padre della patria' (pater patriae) che la tradizione aveva fino ad allora assegnato solo a Romolo e a Marco Furio Camillo.

Il senato conservò un controllo sempre più formale su Roma, sull'Italia e sulle province, escluse quelle di frontiera, in cui era necessario stanziare le legioni: tali province erano governate da legati nominati e controllati dall'imperatore stesso. Augusto promosse numerose riforme allo scopo di restaurare l'ordine sociale, e impose l'osservanza delle tradizioni morali, religiose e del costume romano (il mos maiorum); creò inoltre una solida ed efficiente burocrazia imperiale e abbellì Roma con templi, basiliche e portici, trasformandola - come lui stesso dichiarò - da una città di mattoni in una città di marmo. Il periodo augusteo rappresentò il momento di massimo splendore della letteratura latina, con l'opera poetica di Virgilio, Orazio e Ovidio, e la prosa della monumentale Storia di Roma di Tito Livio.

Il vero nodo da risolvere del principato augusteo era però quello della successione. Non solo decidere 'chi' dovesse assumere su di sé una tale quantità di poteri alla morte di Augusto - problema già esso non semplice, dato che il princeps non ebbe li maschi, e i generi e nipoti su cui aveva puntato gli premorirono -, ma, soprattutto, legittimare il fatto che una situazione apparentemente straordinaria, dovuta alla presenza di un uomo investito per consenso generale di un'unica e irripetibile autorità morale, dovesse perpetuarsi dinasticamente.







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