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Mario Luzi

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Non esiste un poeta di così lungo corso e sempre in ascolto come è Mario Luzi(al battesimo Mario Egidio Vincenzo Luzi), il cui itinerario poetico non ha mai comportato una pigra amministrazione delle proprie ricchezze, ma si è sempre prodigalmente speso, e tuttora si spende, in diverse avventure dell'immaginazione con un esito di molteplicità che non ha eguali nel nostro secolo. È in questo modo che voglio introdurre questo grande poeta, il maggiore contemporaneo italiano. Mario Luzi è nato a Castello (allora frazione di Sesto Fiorentino) e diversamente da altri importanti poeti della sua generazione come Bertolucci, Caproni e Sereni, Luzi è stato pressoché, subito riconosciuto: la sua era un'immagine esemplare già nel 1940, quando il poeta non ancora ventiseienne viveva in quella capitale della letteratura italiana che era la Firenze degli anni trenta, la città allora di Montale, Gatto, e tanti altri. Il precoce riconoscimento comportò anche un'etichetta - Luzi poeta ermetico, anzi il poeta ermetico per antonomasia - che, mai respinta dal poeta fedele alla propria giovinezza, si è sempre più mostrata limitante e inadeguata. La vastità dell'opera luziana fa sì che egli sia un poeta plurimo come pochi e che sia emblematico di stagioni tra loro diverse: il primo Luzi (fino agli anni cinquanta) è significativo rappresentante di una lirica esistenziale di derivazione ben più montaliana di quanto l'appariscente orfismo di alcune sue punte ermetiche faccia supporre. Però poi si apre la svolta: il punto di vista non è più tra l'io e la realtà, non c'è più giudizio (o pregiudizio): l'io come tutti e tutto è nel flusso, è attraversato dalla vita, come è attraversato dalla parola: il poeta assume per sé, il ruolo umile e superbo di scriba, in un rinnovamento degli istituti del dire poetico e delle prospettive fondamentale per il tardo Novecento, affine, per quanto diversissimo, all'altro prediletto comno di poesia, Giorgio Caproni. È la stagione poetica che, dopo la svolta di Nel magma, fa la grandezza del Luzi di tardo Novecento, poeta della «pienezza». E va riconosciuto il coraggio di una poesia che, per quanto allarmata dal nefando della storia, dice un raro (o forse unico) 'sì' a una vita naturale.




Il poeta e senatore a vita Mario Luzi è morto nella sua Firenze. Aveva 90 anni, era nato nell'ottobre del 1914. Era stato nominato da Ciampi l'anno scorso, pochi giorni prima del suo compleanno.
Secondo il racconto dei familiari, la morte è sopraggiunta mentre era ancora nel suo letto, prima di alzarsi, forse per infarto.
 Uomo da sempre più impegnato a lavorare sulle parole che a occuparsi di politica, Luzi finì al centro di violente polemiche all'inizio di gennaio per un'intervista in cui fece un parallelo tra Silvio Berlusconi e Benito Mussolini. Erano i giorni successivi all'incidente del lancio del treppiede di cui fu vittima il premier: il poeta sottolineò come Berlusconi, proprio come il Duce fosse 'molto bravo a fare la vittima'. Luzi subì attacchi violentissimi da governo e maggioranza e qualcuno arrivò anche a dire che era una vergogna quella nomina a senatore a vita. Non era la prima volta che il poeta entrava in rotta di collisione con il centrodestra. Il giorno in cui ricevette l'onorificenza criticò le riforme istituzionali della Casa delle libertà e si attirò nuovi nemici.
Quella nomina a senatore Luzi l'aveva guadagnata per i suoi 'altissimi meriti nel campo letterario e artistico', come scrisse il presidente della Repubblica nella motivazione. Ma fu anche, quel riconoscimento, una sorta di risarcimento morale per quel premio Nobel che il poeta toscano inseguì tutta la vita (fu il candidato italiano per sette anni) e che sembrò a portata di mano nel 1997 prima che l'Accademia di Sa lo consegnasse al suo connazionale Dario Fo. Lo stesso Luzi , dopo aver appreso della designazione dell'autore di Mistero Buffo, non esitò a parlare di un premio Nobel screditato. Ma anche gli accademici dei Lincei non gradirono la scelta di Fo e così, dopo aver per tanti anni caldeggiato Luzi, presero una decisione polemica nei confronti dei giurati di Stoccolma: si astennero da ulteriori segnalazioni. Luzi resta una delle ure chiave della poesia italiana del Novecento. Considerato l'ultimo grande protagonista della stagione dell'Ermetismo, tra le sue raccolte più importanti Avvento notturno (1940), Primizie del deserto (1952), Il giusto della vita (1960), Al fuoco della controversia (1978), Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1994) e Ceneri e ardori (1997). Luzi ha anche tradotto Shakespeare, Coleridge e Racine. Tutta la sua opera poetica è stata raccolta in un volume dei Meridiani, la prestigiosa collana di letteratura della casa editrice Mondadori.



Mario Luzi, una delle ure chiave della poesia italiana del Novecento, doveva compiere 90 anni il prossimo 20 ottobre. L'autore fiorentino, nato nel 1914, è considerato l'ultimo grande protagonista della stagione dell'Ermetismo. Al 1935 risale la sua prima raccolta, «La barca», cui è seguito «Avvento notturno» (1940), testo esemplare dell'Ermetismo fiorentino. Foltissima la produzione successiva, che scandisce le tappe e gli sviluppi di un itinerario poetico fra i più ricchi e coerenti del Novecento italiano: «Un brindisi» (1946), «Quaderno gotico» (1947), «Primizie del deserto» (1952), «Onore del vero» (1957), confluiti con altri versi sparsi in «Il giusto della vita» (1960), «Nel magma» (1963), «Dal fondo delle camne» (1965), «Su fondamenti invisibili» (1971), «Al fuoco della controversia» (1978, premio Viareggio), «Per il battesimo dei nostri frammenti» (1985), «Frasi e incisi di un canto salutare» (1990), «Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini» (1994), cui vanno aggiunti i poemetti drammatici inclusi in «Teatro» (1993) e i testi teatrali «Pontormo» (1995), «Io, Paola, la commediante» (1992) e «Ceneri e ardori» (1997).


vita e opere

Mario Luzi è nato a Firenze nel 1914. Nel 1926 si trasferisce con la famiglia a Siena, ma vi rimane solo tre anni. Nel '29 è di nuovo a Firenze dove compie gli studi liceali e universitari, laureandosi in letteratura francese. Per qualche anno insegna nella scuole superiori; poi, dal '55, assume la cattedra di letteratura francese presso la facoltà di Scienze Politiche di Firenze.
E' considerato uno dei fondatori dell'ermetismo nonché uno dei maggiori poeti italiani contemporanei. I suoi esordi letterari risalgono agli anni prima della guerra (la prima raccolta, La barca, è pubblicata nel 1935), quando comincia a frequentare altri giovani poeti della scuola ermetica (Bigongiari, Parronchi, Bo) e collabora a riviste d'avanguardia come 'Frontespizio' e 'Campo di Marte'. E' questa la fase, che durerà oltre un decennio, più propriamente ermetica della poesia di Luzi; scelta, questa dell'ermetismo, che verrà non abbandonata ma ampliata e approfondita negli anni successivi. E' già presente, tuttavia, un aspetto che perdurerà in tutte le stagioni poetiche di Luzi. Franco Fortini, critico e poeta cui si è dedicata una scheda, l'ha definita 'certezza dell'essenza spirituale dell'universo', dalla quale consegue la 'possibilità di conoscere tale essenza per via intuitiva, indipendentemente dalla storia umana'. Non è strano che Fortini apra un suo saggio su Luzi proprio con questa premessa; a lui, poeta immerso nella storia e impegnato politicamente e civilmente, questo volontario astrarsi dal mondo appare probabilmente passivo, rinunciatario; il che, d'altro canto, non lo porta certo a sottovalutare l'importanza dell'opera del poeta fiorentino. Nel concreto, questo fondamentale aspetto della poesia di Luzi si traduce, almeno inizialmente, in liriche che si rifanno al simbolismo e al suo maestro Mallarmé per il linguaggio prezioso e cifrato, per l'assenza totale della realtà contingente e della storia. Un critico ha parlato, non a torto, di 'schifiltosità spirituale', riassumendo così il predominante atteggiamento intellettualizzato e di maniera delle prime raccolte di Luzi. Nelle quali, d'altra parte, il poeta appare stilisticamente già assai maturo e perfettamente padrone di una tecnica che usa con rara maestria un endecasillabo 'sublime ed eloquente'.

Il periodo migliore della poesia di Luzi è, secondo alcuni critici, quello che si apre con la raccolta Primizie del deserto dei primi anni Cinquanta. Ciò che prima era posa, languore forse un po' snobistico, diventa esperienza esistenziale. L'assenza e l' 'immobilità fachiresca' degli anni precedenti lasciano il posto a un'inquietudine profonda che si traduce, da un lato, in paesaggi tetri, aspri, perennamente scossi dal vento; dall'altro nella costante ricerca di un ponte tra essere e divenire, mutamento e identità, tempo ed eternità, nell'incerta speranza che questo possa in qualche modo lenire la penosa insensatezza del vivere.
Più di recente Luzi ha modificato alquanto lo stile e in parte i contenuti. Il verso é diventato prosastico, il lessico 'di nobile estrazione saggistica'; i contenuti, infine, si sono aperti a memorie di adolescenza, ambienti della quotidianità urbana, financo a paesaggi esotici di paesi stranieri. La sua resta comunque una poesia d'elezione, intesa come pratica salvifica da una vita apparentemente priva di senso; in fondo alla quale, tuttavia, resta forse la speranza di una sopravvivenza dell'anima alla morte del corpo. Risposta, questa, essenzialmente religiosa che si rifà a un cristianesimo profondamente sentito, anche se in modo tormentato, che e nelle liriche del poeta fin dai suoi esordi.

Un'ultima conferma della sua grande attività poetica, intellettuale e sociale è arrivata dallo stesso Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che il 14 ottobre 2004 ha nominato Mario Luzi Senatore a vita. Il poeta muore a Firenze il 28 febbraio 2005.





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