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STRUTTURA ATOMICA - La scoperta delle particelle subatomiche, Radiazione elettromagnetica e spettri atomici; livelli energetici negli atomi, Il modell

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STRUTTURA ATOMICA


La scoperta delle particelle subatomiche

Il primo indizio circa il fatto che la materia fosse formata da cariche elettriche si ebbe nel 1834 quando Michael Faraday scoprì che una corrente elettrica, attraversando determinate soluzioni, provocava trasformazioni chimiche.

In seguito alcuni studi furono condotti su tubi pieni di gas rarefatti attraverso i quali venivano fatte passare scariche elettriche. Si scoprì, a questo punto, che nel momento in cui veniva fatta passare la scarica, si produceva un raggio, detto raggio catodico che dal catodo, il polo negativo del tubo, andava all'anodo, il polo positivo.

Esperimenti successivi dimostrarono che il raggio catodico era formato da particelle cariche negativamente ed ancora in seguito venne determinato che tali particelle dovevano trovarsi in ogni entità materiale e dovevano essere particelle fondamentali della materia. Tali particelle erano gli elettroni.




Analoghi esperimenti permisero di individuare anche particelle cariche positivamente che però, questa volta, non rimanevano sempre costanti per ogni elemento, come gli elettroni, ma che variavano a seconda dell'elemento considerato.

Poiché la più piccola delle particelle positive proveniva dall'idrogeno, questa sembrava essere una particella fondamentale della materia e per questo motivo venne chiamata protone.

Altri esperimenti permisero, invece, di scoprire il nucleo dell'atomo, che si presentava come una grande massa a carica positiva capace di deviare raggi di tipo α. Solo alcuni raggi, però, venivano deviati; per tale motivo si arrivò a dire che questa grande massa positiva doveva essere concentrata in un sol punto, mentre, essenzialmente, gli atomi dovevano essere costituiti da vuoto. Tale esperimento ebbe due fondamentali conseguenze: per prima cosa venne individuato il nucleo dell'atomo, per seconda cosa, si scoprì che la materia era sostanzialmente vuota.


La scoperta del nucleo e la sua carica positiva, portarono a pensare che nel nucleo fossero presenti protoni. Ma nel momento in cui si valutava il numero di tali cariche positive non si aveva mai una netta corrispondenza fra numero, e quindi massa, dei protoni e massa dell'atomo. Ciò portò quindi a pensare che all'interno del nucleo dovevano essere presenti altre particelle che avevano massa simile a quella del protone, ma che erano prive di carica elettrica. Questa deduzione portò alla scoperta del neutrone.


Radiazione elettromagnetica e spettri atomici; livelli energetici negli atomi

Un ruolo fondamentale nelle reazioni chimiche, effettivamente, è dato solo dagli elettroni più esterni dell'atomo, dal momento che sostanzialmente solo essi vanno ad interagire con gli elettroni più esterni degli altri atomi. Da ciò si deduce quindi che le proprietà degli elementi sono determinate dagli elettroni e dalla distribuzione di questi all'interno dell'atomo. Di norma, tale distribuzione viene chiamata struttura elettronica dell'atomo.


Una fondamentale scoperta che portò alla determinazione di tale distribuzione si ebbe considerando gli spettri atomici: eccitando con corrente elettrica un gas, gli atomi che lo compongono aumentano la loro energia, che successivamente viene rilasciata sotto forma di onde luminose con frequenze ben determinate nel momento in cui l'atomo ritorna al suo stato di base. Si notò in seguito che gli atomi potevano assumere e rilasciare solamente determinate quantità di energia e ciò spiegava quindi la costanza degli spettri atomici.

Si arrivò quindi a capire che chi era eccitato non era tutto l'atomo, ma solamente l'elettrone, che a questo punto doveva essere limitato solamente ad alcuni livelli energetici "quantizzati", che potevano possedere solamente alcune quantità di energia e non altre.

Concludendo, l'elettrone può avere solo quantità di energia corrispondenti a quelle dei livelli energetici presenti nell'atomo. Quando all'atomo viene fornita energia, un elettrone passa dal suo livello di base, ad un livello a più alta energia che dovrà essere quantizzata. Successivamente, quando l'elettrone perde quella ben definita quantità di energia necessaria per rimanere in quel preciso livello energetico, ricade all'indietro in un livello ad energia minore liberando quindi l'energia come onda luminosa che, ovviamente, essendo l'elettrone dotato di quanti di energia ben definiti, dovrà sempre avere frequenze ben definite.


Il modello dell'atomo di Bohr

La scoperta dei quanti di energia portò alla necessità di individuare un modello con il quale giustificare il comportamento di tali elettroni.

Bohr propose, a tale proposito un possibile modello di atomo di idrogeno, scelto in quanto era l'elemento più semplice. Nel suo modello Bohr immaginò che l'elettrone si muovesse attorno al nucleo dell'atomo seguendo percorsi fissati, o orbite, esattamente come facevano i pianeti

Bohr stabilì inoltre la grandezza di queste orbite, mediante un'equazione che conteneva alcune costanti fra cui n, ovvero il numero quantico, che poteva variare da 1 a + ∞.

L'atomo di Bohr fu però sia un successo, sia un fallimento. Fallimento perché riuscì a spiegare solamente l'atomo di idrogeno ma non tutti gli altri atomi; successo perché fu comunque un primo tentativo di rappresentare i livelli energetici determinati dai quanti di energia.


La natura ondulatoria della materia

Ben presto si comprese che le leggi della fisica classica non potevano essere applicate alle particelle subatomiche, dal momento che si arrivò a capire che particelle come l'elettrone non si comportano come particelle solide, ma come onde.


Onde associate agli elettroni negli atomi

Nell'atomo si ritrovano onde stazionarie (onde in cui le creste ed i nodi, punti fissi, non cambiano mai la loro posizione) associate agli elettroni, i quali possono avere forme o pacchetti di onde molto diversi. Ognuna di queste onde, dotate di una ben precisa energia, vengono definite orbitali.

Da ciò si avrà quindi che nell'atomo le variazioni energetiche sono semplicemente il risultato del passaggio dell'elettrone da un pacchetto d'onda con una certa energia ad uno con un'energia differente.

Gli orbitali hanno due importanti proprietà: l'energia e la forma. Le energie sono importanti perché di norma l'elettrone va a localizzarsi nel punto a minore energia; le forme invece sono importanti perché ad esse è correlata la probabilità di trovare l'elettrone.

Le onde associate agli elettroni possono essere associate a tre numeri interi detti numeri quantici: n, l, m.


Il numero quantico principale, ovvero n, serve per determinare la grandezza dell'onda, ovverosia sino a che punto, effettivamente, l'onda dell'elettrone si allontana dal nucleo. Questo numero è inoltre correlato anche con l'energia dell'orbitale.

Concludendo, all'aumentare di n aumentano la distanza dell'elettrone dal nucleo e l'energia dell'orbitale stesso.

I valori di n possono variare da n = 1 sino a n = ∞, anche se effettivamente, per gli elementi sino ad ora conosciuti, n non supera il valore di 7.

Il numero quantico secondario, ovvero l, divide i livelli elettronici determinati da n in sottolivelli.

Tale numero quantico può assumere valori variabili da l = 0 sino a l = (n-l) e normalmente ad ogni valore è associato un codice letterale:

A l = 0 si riferisce la designazione letterale s, per l = 1 si ha p, per l = 2 d, per l = 3 f, per l = 4 g e per l = 5 h.

Per designare un particolare sottolivello, si scrive il valore del suo numero quantico principale, seguito poi dal codice letterale del sottolivello da indicare.


Il terzo numero quantico, m, è noto come numero quantico magnetico e può assumere valori variabili da -l a +l. questo numero quantico è necessario per stabilire quale sia l'orientamento di un orbitale rispetto agli altri.

Per l = 0, si avrà m nullo e quindi non si avrà che un solo orbitale, per l = 1, si avranno tre possibili posizioni, per l = 2 cinque e per l = 3 sette.


Valori di n

Valori di l

Valori di m

Tipi di orbitali




1s



-l, 0, +1

2s, 2p



-2, -l, 0, +1, +2

3s, 3p, 3d



-3, -2, -l, 0, +1, +2, +3

4s, 4p, 4d, 4f




5s, 5p, 5d, 5f




6s, 6p, 6d, 6f




7s


Da ciò si possono ricavare alcune importanti informazioni: per prima cosa tutti gli orbitali di un certo sottolivello hanno la stessa energia, per seconda, salendo nella scala delle energie, le differenze fra i livelli diminuisce sino al punto che si potrà avere la sovrapposizione di alcuni sottolivelli con n differente. Perciò la sequenza di orbitali che si avrà non sarà quella sopra indicata, ma quella riportata di seguito: 1s, 2s, 2p, 3s, 3p, 4s, 3d, 4p, 5s, 4d, 5p, 6s, 4f, 5d, 6p, 7s, 5f, 6d.


Spin dell'elettrone

Un atomo è stabile nel momento in cui si localizza nell'orbitale a più bassa energia possibile. Ma quali sono le modalità con le quali gli elettroni riempiono gli orbatili? Un elemento molto influente, in questo senso, è lo spin elettronico.

Tale concetto si basa sul fatto che gli elettroni si comportano come piccoli magneti e da esso deriva un quarto numero quantico, il numero quantico di spin, ms, che determina il senso, orario od antiorario, con il quale l'elettrone ruota su stesso. Dal momento che si possono avere alternativamente solo due possibilità, il numero quantico di spin si limita ad assumere solamente valore + ½ e - ½.

L'importanza di tale numero è chiarita nel principio di esclusioni di Pauli, secondo il quale in un atomo non possono esistere due elettroni con uguali valori per tutti i quattro numeri quantici. Ciò compota che, per elettroni che si trovano nello stesso sottolivello con la stessa direzione, l'unica cosa che li potrà distinguere sarà proprio il numero quantico di spin. Da tale considerazione deriva poi un cosa molto importante e cioè che in ciascun orbitale non potranno trovarsi che due elettroni con numero quantico di spin opposto.


Nel momento in cui due elettroni si localizzano nello stesso orbitale, con spin ovviamente opposto, si dice che questi sono accoppiati.

Nel momento in cui, invece, si hanno più elettroni che ruotano in una sola direzione rispetto a quelli che ruotano nell'altra, si dice che tali elettroni sono spaiati. A questo punto i piccoli campi magnetici che gli elettroni formano ruotando non vengono eliminati del tutto e si avrà quindi che l'atomo stesso diventerà un magnete.





Conurazioni elettroniche

Basandosi sulla sequenza dell'energia degli orbitali e sul principio di Pauli, sarà possibile prevedere quale potrà essere l'arrangiamento degli elettroni in un atomo. Tale arrangiamento prende il nome di conurazione elettronica dell'atomo. Tale conurazione è fondamentale dal momento che da essa si potranno poi dedurre le proprietà dell'atomo stesso.

Per indicare il numero di elettroni presenti in un sottolivello, si scrive il numero degli elettroni come un apice accanto al sottolivello.

H (z = 1)  1s1

Un altro modo per esprimere la conurazione elettronica è quello di incare un quadratino con all'interno un freccia orirenta in un certo verso. Il quadratino indica l'orbitale, mentre la freccia simpboleggia l'elettrone che ruoterà con in un certo verso.

H (z = 1)

Per quel che riguarda l'elemento successivo, l'elio, questo avrà due elettroni che potranno occupare lo stesso orbitale, per cui in questo caso avrà il principio di esclusione.

He (z = 2)    2s2

Nel caso di atomi con più di due elettroni, nei quali si andranno a riempire anche gli orbitali p, sarà necessario applicare la regola di Hund, nella quale quando si vengono a sistemare elettroni in un orbitale con la medesima energia, questi dovranno essere distribuiti mantenedo il più basso numero di elettroni appaiati.

Ad esempio nel carbonio:

C (z = 6)


Quando però si devono considerare gli elementi in funzione delle loro conurazioni per dedurne le proprietà, non si vanno a considerare le intere conurazioni degli atomi, ma solamente quelle degli orbitali più esterni dell'atomo.

Per scrivere questo tipo di conurazioni, di solito si procede in questo modo:

Na 1s2, 2s2, 2p6, 3s1

Mg   1s2, 2s2, 2p6, 3s2

Si nota che la prima parte della conurazione è identica per entrambi gli elementi e corrisponde a quella del gas nobile che precede i due elementi, ovvero il neon. Per tale motivo, la conurazione potrà essere indicata come:

Na [Ne] 3s1

Mg [Ne] 3s2


Alcune conurazioni elettroniche inattese

A quanto è stato detto per quel che riguarda le conurazioni elettroniche esistono, però, molte eccezioni, fra le quali le più importanti sono legate ad elementi comune come il cromo, il rame, l'oro e l'argento.

Cr [Ar]3d5, 4s1

Cu   [Ar]3d10, 4s1

Apparentemente, quindi, i livelli semicompleti e completi, assumono una particolare stabilità che rende quindi il passaggio dell'elettrone da un orbitale all'altro più favorevole dal punto di vista energetico.


Conurazioni elettroniche e tavola periodica

La tavola periodica è sicuramente un supporto fondamentale per determinare le proprietà degli elementi. Osservandola con attenzione si nota che alla sinistra si hanno due colonne di elementi, mentre a destra se ne hanno altre sei, al centro si hanno invece dieci colonne di elementi e sotto al corpo principale altre quattordici colonne di elementi. Questi numeri (2, 6, 10, 14) corrispondono ai numeri di elettroni previsti dalla meccanica quantistica per ciascun sottolivello.

A questo punto si possono quindi spiegare le similitudini di reattività per quegli elementi che si trovano nei gruppi: dal momento che le proprietà chimiche dipendono in massima parte dagli elettroni più esterni, è chiaro che nei gruppi si ritroveranno quegli elementi che avranno conurazioni elettroniche esterne simili.

Gli elettroni più esterni sono quelli che si localizzano nel livello energetico a maggior numero di n. questo livello maggiore prende il nome di livello di valenza e gli elettroni in esso contenuto si chiameranno elettroni di valenza.

Negli elementi più rappresentativi si può attuare un semplice meccanismo con il quale individuare la conurazione elettronica del livello di valenza:

  • Il numero del periodo nel quale l'elemento si trova corrisponde a n del livello di valenza.
  • A questo punto è sufficiente muoversi da sinistra verso destra lungo il periodo per sistemare gli elettroni dell'orbitale s, corrispondente alle due colonne a sinistra, e riempire gli orbitali p contando il numero di caselle del periodo a destra, dove si trova il gruppo di sei colonne.
  • Per gli elementi di transizione, si dovrà prima riempire l'orbitale s del periodo corrispondente e successivamente si entrerà nel blocco di dieci gruppi. Qui si riempie il sottolivello d, il cui valore di n sarà il numero del periodo meno uno.


Dove l'elettrone passa il suo tempo

La meccanica quantistica serve anche per descrivere le forme degli orbitali, riferendosi alla porzione di spazio nella quale si avrà la maggior probabilità di trovare l'elettrone.

È necessario parlare di probabilità dal momento che non ci si può riferire all'elettrone come se fosse una particella; l'elettrone è infatti un'onda! In più la necessità di riferirsi alle probabilità è stata dimostrata dal principio di indeterminazione di Heisenberg, con il quale si sostiene che non è possibile misurare contemporaneamente sia la velocità, sia la posizione dell'elettrone.

Da ciò può derivare il fatto che in effetti l'elettrone è come se fosse distribuito attorno al nucleo sotto forma di nube elettronica. In questa nube si dovrà poi considerare la densità elettronica, che indica quanto della carica dell'elettrone è presente in un dato volume. È proprio la densità elettronica a permettere la determinazione di tre importanti fattori: la forma dell'orbitale, la grandezza e l'orientamento dell'orbitale nello spazio.

Per l'orbitale s si avrà, ad una certa distanza, la probabilità di incontrare l'elettrone in un qualsiasi punto. Ciò comporta quindi che l'orbitale s sarà a forma di sfera e la grandezza di questa sfera varierà al variare di n.

Negli orbitali p la nube elettronica è distribuita in due regioni opposte rispetto al nucleo e i tre sottolivelli sono a 90° l'uno rispetto all'altro secondo gli assi di un immaginario sistema sectiunesiano xyz. Anche in questo caso, la grandezza degli orbitali p aumenta all'aumentare di n.

Le forme degli orbitali d risultano essere leggermente più complesse rispetto a quelle dell'orbitale p ed è proprio a causa di ciò che esistono cinque orbitali in ciascun sottolivello d.










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