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IL FASCISMO - LA NASCITA DEL FASCISMO



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IL FASCISMO


LA NASCITA DEL FASCISMO


Anzitutto occorre dare uno sguardo d'insieme alla situazione politica, sociale ed economica italiana alla fine del primo conflitto mondiale che condusse all'avvento del regime fascista.



Sul piano economico, i problemi italiani che si manifestarono alla fine della prima guerra mondiale, sono dovuti alla necessaria riconversione delle industrie di guerra a industrie di pace. Non meno importante, è il fenomeno della svalutazione della lira, provocata in particolar modo dall'aumento della quantità di moneta cartacea circolante, accomnata dall'aumento dell'inflazione in quanto. Infatti, per riare le spese di guerra e per ripristinare l'equilibrio, lo stato necessitava di finanziamenti: chi ne faceva le spese era il popolo sottoposto a nuove tasse.

Di fronte a un repentino cambiamento della struttura economica e sociale, lo stato liberale non seppe far fronte alle trasformazioni. Possiamo perciò ritenere la crisi economica finanziaria una tra le cause storiche che permisero il sorgere di una dittatura in Italia e affermare, in conclusione, che il bilancio dello stato era in deficit.

Nel mondo civile, al ritorno dal fronte gli ex-combattenti furono profondamente delusi a causa della mancata soluzione dei loro problemi, in quanto, a loro, erano state promesse terre e ricchezze, mai distribuite. Inoltre le difficoltà economiche che scaturirono dalla guerra si riversarono soprattutto sui contadini e sul proletariato. Furono queste due classi sociali a scatenare nel periodo del dopoguerra acute lotte sociali (1919): i contadini occupavano le terre e gli operai, attraverso l'occupazione delle fabbriche, manifestavano il loro malessere e rivendicavano la gestione delle fabbriche. Anche la piccola borghesia rifiutava la sua condizione. La crisi sociale era anche alimentata dalla crescente disoccupazione che colpiva soprattutto i reduci dalla Grande guerra.

La crisi a livello politico è caratterizzata dalla crisi dello stato liberale, il quale non riesce più a guidare il paese e a mediare i conflitti sempre più gravi all'interno delle varie classi sociali. All'interno della situazione politica italiana vi era una lotta tra i partiti di destra (nazionalisti) e tra i partiti di sinistra (socialisti) che si erano opposti all'entrata in guerra dell'Italia..

All'interno dello scenario politico italiano, particolarmente amareggiata era la destra "imperialista", la quale rivendicava la sovranità anche sulla Dalmazia e Fiume. Proprio a causa di questi due territori non annessi all'Italia, nacque il mito della "vittoria mutilata". Quest'espressione era stata coniata dal poeta Gabriele D'Annunzio, il quale, il 12 settembre 1919, a capo di un esercito composto da militari ed ex-militari alimentati da un forte sentimento nazionalista, occupò la città di Fiume. Il governo non seppe impedire questo atto di forza, che minava gravemente l'autorità dello stato italiano e la sua credibilità internazionale. Contemporaneamente, all'interno del paese, le forze antidemocratiche esaltavano l'impresa di D'Annunzio, che incontrava crescente favore presso gli ambienti militari. La questione fiumana non fu risolta dal governo Nitti, bisognerà infatti, aspettare che Giolitti, un anno dopo, firmi il trattato di Rapallo con la Iugoslavia, il quale sanciva l'assegnazione dell'Istria all'Italia, della Dalmazia alla Iugoslavia e rendeva Fiume una città libera e indipendente sotto la tutela della società delle nazioni. Tuttavia questo accordo non fu accolto da D'Annunzio e dai nazionalisti, e Giolitti fu costretto a liberare Fiume con la forza. Si avvicina inarrestabile il regime fascista.

La prima origine di questo movimento risaliva al marzo del 1919, quando Benito Mussolini, un ex leader del partito socialista espulso per le sue posizioni interventiste, fondava i fasci a Milano, un movimento che riuniva ex-combattenti, ex-sindacalisti rivoluzionari ed ex-repubblicani.

In base al programma di San Sepolcro, i fasci si presentarono alle elezioni del novembre del 1919 ottenendo 5000 voti e senza conseguire alcun seggio.

Il programma con il quale il movimento fascista si era presentato alle elezioni era composto dai seguenti punti:

Ø Abolizione del senato di nomina regia (i deputati erano eletti dal popolo; i senatori erano scelti dal re);

Ø Giornata lavorativa di otto ore;

Ø Assegnazione di terre non coltivate a cooperative di contadini;

Ø Imposta straordinaria sul capitale;

Ø Sequestro dei beni delle corporazioni religiose;

Ø Scuola laica.

In questo programma si comprendeva l'ispirazione violentemente antisocialista e antioperaia che poi si attuò nell'azione politica.



Dopo l'insuccesso elettorale del 1919 nacque un forte fascismo 'agrario' e lo squadrismo. Gli agrari appoggiavano e finanziavano le 'squadre d'azione' fasciste che giravano per colpire e ridurre al silenzio i sindacati, le associazioni dei braccianti e le organizzazioni socialiste.

Nel 1921, con le elezioni politiche di Maggio, i liberali scelsero di allearsi con il movimento di Mussolini per riuscire a fronteggiare i due grandi partiti di massa: socialisti e cattolici. A capo del partito liberale c'era Giolitti che in realtà sperava di poter poi riassorbire il fascismo riducendone i poteri. In questo modo però viene, in sostanza, legittimato il Partito fascista. Infatti entrarono nel parlamento ben 35 deputati fascisti tra cui lo stesso Mussolini. I fascisti si presentavano come soluzione contro il 'pericolo rosso' per giustificare la loro azione e per accrescere l'area dei consensi. Il governo liberale entra, così, in crisi. Nel giugno del 1921, Giolitti si dimette dalla presidenza del consiglio, ormai immerso in una situazione di crescenti scontri di piazza, illegalità e violenza. Il movimento fascista, ormai forte, si trasformò nel novembre in Partito Nazionale Fascista.

Il re, dopo una breve crisi incaricò Luigi Facta di formare un nuovo governo. Egli, a capo di una coalizione di liberali, popolari mantenne il governo fra molte difficoltà fino all'ottobre del1922.

Poiché né i Socialisti italiani furono in grado di rimanere uniti, né i cattolici e i liberali riuscirono a trovare un punto d'accordo, nel 1922, quando era in atto il congresso di Napoli del partito nazionale fascista, fu organizzata una 'marcia su Roma' che costrinse il re e il parlamento ad accogliere le richieste fasciste.

Il presidente del consiglio chiese al re di far intervenire l'esercito, ma il re per paura che l'esercito non obbedisse o che scoppiasse una guerra civile, rifiutò e Facta, del tutto impotente a fronteggiare la situazione, si dimise.

Il 30 ottobre, infine, il re incaricò Mussolini di formare un nuovo governo. Nasceva, così, una coalizione formata da liberali, cattolico-popolari e fascisti.


IL PARTITO FASCISTA


Dall'ottobre del 1922, Mussolini iniziò un'opera di rafforzamento del potere fascista. Nel dicembre venne istituito il Gran Consiglio del fascismo, un organo di dirigenti del partito fascista, con il compito di elaborare le linee generali della politica fascista.

Nel gennaio venne fondata la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale nel tentativo di legalizzare lo squadrismo che però, rappresentava sempre una forza armata di parte.

Mussolini mirava ad ottenere l'appoggio della classe dirigente, economica e politica.

Molte furono le riforme apportate dal nuovo governo, ad iniziare da una nuova politica economica che aboliva il monopolio statale delle polizze vita, da una riduzione del carico fiscale sulle imprese ed infine Mussolini decise di salvare l'Ansaldo e il Banco di Roma attraverso il denaro pubblico. Fece attuare una nuova riforma scolastica del ministro Giovanni Gentile che diede all'istruzione una conurazione nuova e coerente con gli ideali del fascismo e che contribuì, prevedendo l'insegnamento della religione nelle scuole elementari, a migliorare i rapporti con la Chiesa cattolica. Nel 1923 i ministri popolari avevano lasciato il governo.

Nel 1923 viene introdotta una nuova legge elettorale, la legge Acerbo che prevedeva un forte premio alla lista che avesse ottenuto la maggioranza relativa dei voti.

Nel 1924, sulle basi del nuovo sistema elettorale, si tennero le nuove elezioni politiche. I Fascisti raccolsero una schiacciante maggioranza.

Ma il deputato Giacomo Matteotti, segretario del partito socialista, venne rapito da una banda di squadristi fascisti, pochi giorni prima aveva denunciato in parlamento i sotterfugi del partito fascista.

Era chiaro a tutti chi era stato e l'unica forma di protesta fu la cosiddetta secessione dell'Aventino, cioè l'uscita dal parlamento di tutte le opposizioni, ad eccezione dei comunisti.

La crisi che seguì fu ben presto superata anche grazie all'inerzia del re di fronte all'illegalità e all'opinione pubblica.

In un discorso in parlamento pronunciato il 3 gennaio del 1925, Mussolini annunciò la svolta autoritaria assumendosi la responsabilità di quanto accaduto.

Da quel momento le opposizioni iniziarono ad essere sistematicamente colpite da provvedimenti di polizia e giudiziari, i maggiori giornali italiani divennero 'fascistizzati'.

Infine, il regime fascista prese forma di uno stato totalitario.

Da questo momento iniziarono ad essere emanate leggi che miravano a rafforzare i poteri di Mussolini; cioè leggi che proibivano lo sciopero, che imponevano lo scioglimento di tutti i partiti ad eccezione di quello fascista, che istituivano un tribunale speciale per la sicurezza dello stato e che reintroducevano la pena di morte.



Muore definitivamente così lo stato liberale.


IL REGIME


Nel 1929 la Santa Sede e il governo Italiano firmano i Patti Lateranensi. Questi patti furono unicamente un sistema, per Mussolini di potersi presentare come l'artefice di una storica riconciliazione fra lo stato e la chiesa, e, per la Chiesa, invece, rappresentava solo il legittimo riconoscimento della propria autorità sullo Stato ed, inoltre, era una garanzia di tutela della propria indipendenza.

Negli anni '30, dopo lo scoppio della grande crisi economica mondiale, la politica fascista fondò il sistema corporativo, una legge che prevedeva la nascita di 22 corporazioni cioè associazioni rappresentativa sia dei datori di lavoro che dei lavoratori, suddivise per settori produttivi che si proponeva di impedire alla radice i conflitti di lavoro e di promuovere il massimo livello di produzione. In realtà il corporativismo si tradusse in vantaggio per la classe imprenditoriale. 

Nel 1927 si realizza la rivalutazione della lira attraverso la 'quota novanta' (ossia il valore di cambio di 90 lire per una sterlina). Ovviamente tutto questo si accomnò ad una riduzione dei salari dei lavoratori. Negli anni '30 cresce, inoltre, l'intervento statale nell'economia.

Per ovviare al problema economico che causava la disoccupazione, viene attuata una politica di lavori pubblici (strade, ferrovie, edilizia . .) e di bonifica di terreni agricoli malsani ed incolti. Con l'impiego di ingenti risorse finanziarie pubbliche, buona parte della disoccupazione poté essere assorbita e migliaia di ettari di coltura vennero messi a cultura.

Le conseguenze della grave crisi economica che nel 1929 aveva colpito tutto il mondo, furono risolte dal fascismo con la nascita di alcuni istituti statali: nel 1931 fu creato L'Istituto Mobiliare Italiano (IMI), con il compito di sostituire le banche in crisi nel sostegno alle industrie in difficoltà finanziarie, nel 1933 nacque l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) con il compito di salvare le industrie malate.

Oltre che istituti economici, nacquero anche istituti di previdenza sociale come l'Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INAIL), l'Opera Nazionale Maternità e Infanzia (ONMI).

Mussolini fece tutto questo per arrivare ad avere un sempre maggiore livello di consenso pubblico che esplose, nel 1935, con la conquista dell'Etiopia e la proclamazione dell'Impero.

Nonostante le sanzioni economiche disposte dalla società delle nazioni, la politica estera di Mussolini ebbe successo e ciò contribuì alla nascita di una politica dell'autarchia (autosufficienza economica)

Nel 1936 l'Italia interviene a fianco dei nazisti tedeschi nella guerra civile Snola, in appoggio ai franchisti contro la repubblica. Si posero così le basi per un'alleanza fra Mussolini ed Hitler che, nell'arco di pochi anni avrebbe portato i due paesi alla guerra Mondiale.

Una conseguenza tragica di quest'alleanza fu, nel 1938, l'emanazione di leggi razziali antisemite che, in sostanza proclamavano l'esistenza di una 'pura razza Italiana' d'origine ariana e gli ebrei furono privati, in quanto 'razza inferiore', di tutti i fondamentali diritti civili e politici e costretti all'esilio o all'emigrazione.


IL FASCISMO DURANTE LA GUERRA


Quando nel settembre del 1939 scoppiò la guerra, Mussolini dichiarò la non belligeranza che, pochi mesi dopo, fu rotta poiché il 10 Giugno 1940, l'Italia entrò in guerra con la dichiarazione di guerra alla Francia e all'Inghilterra.

Data la debolezza economica e militare, l'Italia poteva solo condurre una guerra di appoggio alla Germania, infatti, più volte i nazisti dovettero intervenire in soccorso all'esercito italiano.

I disastri della guerra mettono in crisi il regime fascista per cui cresce il dissenso operaio e imprenditoriale, in particolar modo, il movimento perde il consenso popolare, della borghesia e dei ceti medi; nel marzo del 1943 vi furono i primi grandi scioperi operai nelle fabbriche del Nord a cominciare da Torino con la FIAT.

Gli alleati anglo-americani sbarcano in Sicilia nell'estate del 1943 e incominciarono la graduale occupazione della penisola da sud verso nord.

Il gran Consiglio del fascismo destituisce Mussolini (almeno per levarsi le maggiori responsabilità) convocato poi dal re e arrestato, fu subito, nominato il nuovo capo del governo: il maresciallo Pietro Badoglio.

Il nuovo governo Badoglio continua la guerra a fianco dei tedeschi, solo nel settembre firma l'armistizio di Cassibile accettando la resa senza condizioni alle truppe alleate.



Il re ed il governo scappano protetti dagli anglo-americani, Mussolini viene salvato dai Tedeschi e, dalla Germania, guida un nuovo stato fascista - chiamata anche repubblica di Salò controllando solo l'Italia settentrionale che era ancora in mano ai tedeschi.

Nasce il movimento partigiano, cioè la Resistenza che combatte sulla linea Gotica. La direzione politica della Resistenza era stata assunta dai rappresentanti dei sei partiti antifascisti: comunista, socialista, democristiano, (l'erede del partito popolare), liberale, d'azione (nuovo partito di sinistra, ma non marxista) e la democrazia del lavoro (una nuova formazione). Questi partiti avevano costituito il Comitato per la Liberazione Nazionale (CLN) per guidare la resistenza antifascista e condurre il paese verso la democrazia.

Nell'aprile del 1944, il governo Badoglio e CNL si alleano con la 'Svolta di Salerno' e si apre così una nuova strada per l'unità nazionale.

Nel giugno Roma veniva liberata dagli alleati, Vittorio Emanuele III abdica, Badoglio si dimise.

Le difficoltà non erano finite perché lungo la linea Gotica i tedeschi erano irremovibili, ma, il 25 Aprile del 1945 l'ordine di insurrezione del CNL portò tutte le città ad essere occupate dai Partigiani. I tedeschi si arresero o si ritirarono mentre l'esercito di Salò era ormai dissolto. Mussolini venne arrestato e fucilato dai partigiani mentre tentava di fuggire in Svizzera.

Finiva così la guerra in Italia ed era imminente la fine anche in tutta l'Europa.


L'ANTIFASCISMO: LA RESISTENZA ITALIANA


Troppe erano le violenze che gli Europei sottomessi dovettero subire dalla Germania: presto si era sviluppato ovunque un'opposizione attiva che prese il nome di Resistenza.

La Resistenza fu innanzitutto una lotta nazionale contro l'invasore straniero tedesco, ma fu anche una lotta civile ed una lotta sociale. I centri ed i movimenti più famosi della Resistenza europea furono in Polonia, Russia, Grecia ed in Francia. Naturalmente la Resistenza Italiana emerse più tardi, dato che ancora Italia e Germania erano alleate e visto che ancora l'Italia era un paese aggressore e non occupato. Solo dal momento in cui subirà l'occupazione tedesca, si manifesterà un vero e proprio movimento di opposizione.

La Resistenza italiana fu un fenomeno complesso, al cui interno convissero e si intrecciarono tre tipi di conflitto:

Una guerra patriottica, condotta per la liberazione del paese dai Tedeschi;

Una guerra civile, che oppose partigiani e fascisti della Repubblica di Salò;

Una guerra di classe.

Vi era nel movimento partigiano una grande eterogeneità di provenienza sociale e di appartenenza politica: borghesi, contadini, operai, intellettuali, militari, studenti.

Il primo grande episodio di Resistenza italiana si ebbe a Napoli, una città che aveva subìto pesantemente le conseguenze della guerra (bombardamenti, fame, miseria): i cittadini insorsero contro i Tedeschi tra il 27 e il 30 settembre del 1943. Dopo accaniti combattimenti strada per strada, in cui il popolo napoletano diede prova di grande eroismo, gli occupanti furono costretti a ritirarsi. Nell'Italia occupata dai Tedeschi si costituirono, subito dopo l'8 settembre, i primi nuclei partigiani, formati da soldati che si rifugiavano in montagna per sfuggire alla deportazione in Germania, da giovani che non volevano arruolarsi nella milizia fascista, da militanti dei partiti antifascisti. Le più forti formazioni partigiane erano le "Garibaldi", controllate dai comunisti, che agivano in collegamento con i reparti di "Giustizia e Libertà" (Partito d'Azione) e "Matteotti" (socialisti). Altre formazioni minori raccoglievano monarchici, liberali e "democristiani" che rappresentavano la continuità con il vecchio Partito popolare di Don Sturzo. Le forti differenze ideologiche che caratterizzavano le formazioni partigiane (comunisti e socialisti, in particolare, vedevano nella Resistenza la prima fase di una lotta che avrebbe dovuto portare a una profonda rivoluzione sociale nella futura Italia liberata) non impedirono tuttavia che prevalesse una sostanziale unità nella lotta contro il nazi-fascismo. Già nel 1944 l'azione delle forze partigiane fu posta sotto il comando unificato del Corpo Volontari della Libertà (CVL), diretto dal generale Raffaele Cadorna. Dalle loro basi sulle montagne i partigiani scatenarono operazioni di guerriglia, sabotaggi, attentati e anche battaglie in campo aperto; agivano nelle città occupate e nelle camne con azioni rapide ed efficaci. La loro lotta, che durò quasi due anni (dal settembre del 1943 all'aprile del 1945) e costò più di 70.000 morti, assunse subito un duplice carattere: di guerra contro il nemico e di guerra civile, contro il nemico fascista. I risultati furono importanti, sia sul piano militare sia su quello morale. I nazi-fascisti furono tenuti costantemente sulla difensiva e si sentirono presto isolati, mentre il popolo italiano, che era stato coinvolto in una guerra odiosa, complice di un alleato feroce, poteva ora riscattarsi agli occhi del mondo. Alle azioni dei partigiani, i nazisti e i fascisti risposero con crudeli rappresaglie sulla popolazione civile: i nomi delle Fosse Ardeatine, vicino a Roma, dove furono massacrati 335 ostaggi, o di Marzabotto, vicino a Bologna, dove i nazisti in fuga massacrarono 2.000 persone inermi, ricordano solo due tra i tanti episodi della violenza nazi-fascista. Superarono il durissimo inverno 1944-l945 senza deporre le armi, la Resistenza italiana diede un contributo determinante alla liberazione del Nord Italia nella primavera del 1945. L'insurrezione nazionale dilagò il 25 e il 26 aprile del 1945. Mentre gli alleati invadevano la valle del Po, i partigiani lanciarono un attacco congiunto contro le forze nemiche: i Tedeschi fuggirono, la Repubblica sociale si sfasciò. Mussolini fu catturato dai partigiani mentre, travestito da soldato tedesco, cercava rifugio in Svizzera. Venne fucilato il 28 aprile.



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