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LEONARDO SCIASCIA - CANDIDO OVVERO UN SOGNO FATTO IN SICILIA

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LEONARDO SCIASCIA  

CANDIDO OVVERO UN SOGNO FATTO IN SICILIA


CAPITOLO I

Del luogo e della notte in cui nacque Candido Munafò e della ragione per cui si ebbe il nome di Candido.

Candido nacque in una grotta nella notte del 9 luglio 1943 quando ci fu lo sbarco degli americani in Sicilia

Gli fu dato il nome Candido perché ricordava una ina bianca sulla quale, cancellato il fascismo, si scriveva una vita nuova

Questo nome era venuto alla mente del padre, l'avvocato Munafò, una volta cessate le esplosioni del 1° bombardamento della Sicilia




CAPITOLO II

Di come l'avvocato Munafò cominciò a dubitare di essere il padre di Candido e dei guai che ne seguirono.

Il generale, nonno di Candido, temeva di essere deportato come fascista pericoloso ma la lia gli costruì una nuova carriera politica come candidato del partito della Democrazia Cristiana

Gli americani diedero un sostentamento economico alla famiglia di Candido e Maria Grazia, sua madre, instaurò buoni rapporti con il capitano John H. Dykes chiamato da lei semplicemente Amleto.

Candido crescendo mostrava sempre più somiglianza con Amleto tanto che l'avvocato dubitò della sua paternità e partì per la camna.


CAPITOLO III

Della partenza e del ritorno di Amleto e di quel che meritatamente toccò all'avvocato Munafò e immeritatamente a Candido.

Amleto partì e ciò tranquillizzò l'avvocato che però non sopportava la vista di Candido.

Maria Grazia avviò le procedure per l'annullamento del matrimonio mentre il marito si trovava ancora in camna.

Amleto tornò, Maria Grazia se ne invaghì e innamorata decise di stare con lui.


CAPITOLO IV

Della solitudine dell'avvocato Munafò e di quella di Candido.

Il processo per l'annullamento era molto lungo e si trattava anche di discutere dell'affidamento del lio.

L'avvocato ottenne l'affidamento di Candido che cresceva in salute, tranquillo ed educato.

Candido trascorreva il suo tempo con l'allevatrice: Concetta. Il giovinetto aveva un'innata gentilezza, bastava a se stesso, era molto tollerante e non si legava sentimentalmente a nessuna delle persone che lo circondavano.








CAPITOLO V

Di come Candido pervenne alla quasi piena condizione di orfano e del rischio che corse di trasmigrare a Helena, nel Montana.

Candido di nascosto si recava quotidianamente nell'ufficio del padre dove ci rimaneva silenzioso e nascosto ad osservare il soffitto dipinto.

Ma a 5 anni incominciò a comprendere gli affari del padre e si ritrovò ad ascoltare la confessione di un omicidio.

L'indomani all'asilo pieno di orgogli raccontò ai comni ciò che aveva udito. I carabinieri si precipitarono all'asilo e si fecero raccontare tutto da Candido.

Il padre intimorito dalle possibili conseguenze si suicidò con la scusa di essere malato di cancro.

La madre tornò in Italia per prendere il lio ma poiché questo insisteva a rimanere con Concetta, Maria Grazia lo affidò all'allevatrice.


CAPITOLO VI

Del pietoso biasimo di cui Candido fu oggetto da parte del generale, dei parenti e di quasi tutta la città e del suo comportamento quando ne prese coscienza.

Il generale, nonno di Candido, venne eletto al parlamento nazionale nella lista della D.C. Al comizio partecipò anche Candido annoiato e disgustato e Concetta.

Tutti gli amici dei genitori di Candido lo guardavano con commiserazione perché era stato la causa del suicidio del padre e con biasimo.

Concetta cambiò sentimento nei riguardi dell'avvocato che prima chiamava cornuto e della madre Maria Grazia che ora chiamava puttana. L'avvocato le apparve in sogno e le chiese di celebrare alcune messe per lui.

Verso i 10 anni Candido si rivelò un mostro, il diavolo. Non provava sentimento per alcuna persona e diceva cose che facevano rabbrividire.


CAPITOLO VII

Della preoccupazione del generale e di Concetta per l'educazione di Candido e della decisione del generale di dargli, come in antico, un precettore.

Concetta intimorita dalla diabolicità di Candido ne parlò all'arciprete che riferì la sua opinione al generale.

L'arciprete si rese disponibile ad occuparsi di Candido e ne divenne il precettore.

I due si analizzavano reciprocamente ma nessuno riusciva a risolvere il problema dell'altro. Per anni si ritrovarono di fronte ad un tavolo a parlare di varie cose.


CAPITOLO VIII

Delle cose di cui Candido e l'arciprete discorrevano e del fastidio che ne ebbe il generale.

Dopo aver fatto i compiti, Candido andava dal generale a parlare di varie cose quali: Concetta, il generale, della madre lontana e dell'arciprete stesso.

Scrisse una lettera a sua madre ma alla fine Candido ottenne il favore di non parlarne più.

Pararono quindi del generale che, secondo Candido, viveva per metà ancora nel suo passato. Ciò era dimostrato da tutte le reliquie che teneva in camera da letto.

L'arciprete mostrò a Candido la soluzione del problema: il generale in gioventù aveva sbagliato e ciò gli era costato sacrificio, per questo motivo conservava le reliquie.





CAPITOLO IX

Del potere che Candido non sapeva di avere sul prossimo delle sue impressioni e azioni quando seppe di averlo.

Candido scoprì di aver ereditato molto dal padre e dalla madre e si rese conto che il denaro era il suo potere sul prossimo.

Il generale non poté impedire a Candido di frequentare l'arciprete Lepanto. Nelle elezioni del 1953 il generale venne eletto ma al 10° posto perché gli erano venuti a mancare i voti dell'arciprete.

Candido andò da Lepanto e gli rivelò la sua ricchezza.


CAPITOLO X

Del misterioso delitto di cui Candido e l'arciprete si trovano a scoprire l'autore e della condanna che entrambi ne ebbero da tutta la città e l'arciprete anche dalla gerarchia.

Un parroco della chiesa più nuova del paese venne ucciso nella sacrestia. Un commissario di polizia si recò dall'arciprete e raccontò la dinamica dei fatti in presenza di Candido.

La sera della sua morte il parroco aveva incontrato un avvocato e il sacrestano li aveva sentiti parlare ma l'avvocato aveva negato tutto.

Candido affermò che " le voci sono quasi sempre vere e le cose sono quasi sempre semplici". Il commissario rinterrogò l'avvocato il quale confessò di essere l'artefice dell'omicidio.

Candido e l'arciprete vennero accusati dal popolo e dalla gerarchia ecclesiastica di essere i responsabili dell'arresto dell'avvocato. Il dotto teologo gli disse:" non che la verità non sia bella: ma a volte fa tanto di quel danno che il tacerla non è colpa ma merito".

L'arciprete presentò le sue dimissioni senza provare dispiacere anzi, allegria.


CAPITOLO XI

Del tentativo che l'ex arciprete fece di dedicarsi a coltivare il proprio orto e Candido le proprie terre e delle delusioni che ne ebbero.

Il generale scrisse alla madre di Candido la quale non accettò di riprendersi il lio e di portarlo con se in America.

L'ex arciprete ora chiamato don Antonio si trasferì nella casa ereditata da suo padre e si mise a coltivare il suo orto anche se con scarsi risultati.

Candido si ricordò delle terre che possedeva e decise di andarci a lavorare. Coloro che lavoravano nei suoi campi lo detestavano pensando che lui fosse lì per controllarli.

Accortosi del disagio offrì ai contadini parte delle terre da condividere con i li ma costoro rifiutarono con disprezzo. Ne parlò quindi con don Antonio e decisero di fare un pellegrinaggio a Lourdes.


CAPITOLO XII

Del viaggio a Lourdes di Candido di don Antonio e del bene che entrambi ne ebbero.

Don Antonio e Candido partirono per Lourdes come barellieri su un treno di sofferenti.

Una notte una ragazza si concesse a lui e lo baciò. Poi se ne andò ignorandolo per tutto il viaggio.

Don Antonio prese il viaggio come un saluto, un addio al suo servizio di arciprete.





CAPITOLO XIII

Dell'amore per le donne e per una donna, da cui Candido fu preso e dei discorsi che in proposito gli faceva don Antonio.

Antonio, una volta tornati, ricominciò a coltivare il suo orto con passione ottenendo ottimi risultati.

Candido voleva ripetere quell'esperienza amorosa. Un giorno leggendo Marx ricordò un viso, quello della governante di suo nonno e se ne innamorò.

Si recò alla casa del generale e data la sua assenza Candido e la governante fecero l'amore. Questo godimento proseguì per quasi un anno quando il generale li colse.


CAPITOLO XIV

Del comunismo di Candido e di don Antonio e dei discorsi che tra loro e i comni facevano.

Candido parlò con Antonio del partito comunista. Per il giovane, essere comunista era un fatto quasi di natura.

I due cercarono di entrare nel partito ma l'onorevole Sales non era ben disposto ad accoglierli a causa della loro impopolarità.

Candido invitava amici a parlare con Antonio del comunismo. Questo suscitò interesse preoccupazione nell'onorevole che accettò i due nel partito.

Le lezioni private vennero spostate nella sede del partito ma non durarono molto.


CAPITOLO XV

Del furore del generale contro Candido e Paola e dell'ingresso di Paola in casa di Candido con conseguente fuga di Concetta.

Una lettera anonima avvertì il generale della storia fra la sua governante Paola e Candido. Dopo averli sorpresi insieme li cacciò di casa.

Paola si recò a casa di Candido irritando Concetta che si trasferì a casa del generale.

Il generale e Concetta parlarono tutta la notte mentre Paola e Candido, nonostante il dispiacere, fecero l'amore.


CAPITOLO XVI

Degli ammonimenti che Candido ebbe dal partito e del processo che si cominciò ad istruire a suo carico.

Questo fu considerato dal popolo uno scandalo e provocò a Candido fastidi con il partito.

Antonio fu accusato di non aver distolto Candido dall'amoraccio e di essere lui stesso amante di Paola mentre invitarono Candido a separarsi da quella. Fu sottoposto ad una sentenza ma proprio quel giorno divenne maggiorenne e non dovette rendere conto a nessuno della propria vita.


CAPITOLO XVII

Della vita che Candido conduceva tra casa, camna e partito e della proposta che gli fu fatta e che non accettò.

Candido abbandonò gli studi regolari, si dedicò alla camna, comprò nuovi attrezzi e fece la vita da contadino. Alla sera tornava contento ad Paola e al sabato andava alla riunione del partito.

Una sera andò in visita da lui un certo Zucco, il quale gli domandò che intenzioni avesse su un terreno alle porte della città e gli propose la costruzione di un ospedale.

Candido ne fu entusiasto e fece l'atto di donazione in favore del comune.

Parlò di questa sua donazione in assemblea e chiese ai responsabili di seguire il caso.

Un mese dopo Candido seppe che il terreno destinato all'ospedale era un'altro. Reagì chiamando il segretario del partito Fomà Fomìc.


CAPITOLO XVIII

Della difficoltosa indagine che il partito condusse per identificare Fomà Fomìc e dei discorsi che su questo personaggio fecero Candido e don Antonio.

Il segretario incuriosito da questo appellativo che Candido gli aveva attribuito chiese ad amici esperti, a professori e a comni che erano stati in Russia chi fosse questo Fomà Fomìc. Un professore di letteratura slava gli disse che era un personaggio del romanzo umoristico "Il villaggio di Stepàncikovo e i suoi abitanti" di Dostoevskij.

Si procurò il libro e lo lesse poi in assemblea parlò a lungo di questo personaggio con il quale non si immedesimava per niente.

Di questo Fomà Fomìc parlarono anche don Antonio e Candido.

Candido fu minacciato di essere cacciato dal partito.


CAPITOLO XIX

Della ssa di Paola e di quel che dimenticò di portar via.

Candido fu cacciato dal partito. Egli non se la prese tanto ma Paola si riteneva responsabile di quella piccola rovina a cui ne sarebbero seguite molte.

Un giorno Candido tornò dalla camna e non trovò più Paola, se ne era andata portandosi via alcune cose: oro, denaro e argenteria.

Candido cadde in depressione, parlò con Antonio e capì che Paola aveva portato via quelle cose preziose perché lui la disprezzasse.

Si addormentò e al suo risveglio il dolore era come svanito. Provava un senso di gioia pensando ai frammenti della sua storia d'amore. Su questi pensieri cadde di nuovo nel sonno.


CAPITOLO XX

Della decisione che Candido prese di liberarsi delle terre e di viaggiare e di come i suoi parenti si adoperarono a liberarlo.

Candido decise di liberarsi delle sue terre per cominciare a viaggiare.

Offrì la terra al partito ma il segretario rifiutò in quanto i fratelli di Candido avevano avviato delle pratiche per espropriare la terra a loro favore.

Don Antonio investigò su queste pratiche di esproprio delle terre. Candido era felice in quanto si sarebbe liberato delle terre di cui si era occupato con fatica fino ad allora.


CAPITOLO XXI

Del colloquio che Candido ebbe con un giudice e uno psichiatra e della sentenza di interdizione che ne seguì.

Candido si recò dal giudice per il colloquio riguardante l'esproprio delle terre. I parenti avevano mostrato al giudice la condizione di imbecillità di Candido.

Gli furono rivolte domande che secondo lo psichiatra e il giudice confermavano l'attestazione dei parenti.

Candido stette due giorni in manicomio, ben trattato e gli diedero quella patente d'imbecillità che tanto i parenti aspettavano.






CAPITOLO XXII

Della festa che i parenti fecero a Candido, a premio del suo comportamento davanti al giudice e ai medici e dei guai che ai parenti vennero da quella festa.

I familiari per mostrare riconoscenza fecero una grande festa in onore di Candido.

Durante la festa egli conobbe una cugina lontana, intelligente e determinata a intraprendere con lui quel viaggio.

Una settimana dopo partirono insieme e ciò creò scompiglio tra i parenti: i genitori di Francesca speravano nel matrimonio tre la lia e Candido e che fosse tolta al giovane l'interdizione; altri non volevano mollare la custodia dei beni.


CAPITOLO XXIII

Dei viaggi che Candido e Francesca fecero e del loro lungo soggiorno a Torino.

Candido e Francesca intrapresero i loro viaggi in Francia, Sna, Egitto, Persia, Israele e le città che più amarono furono Barcellona e Parigi. Il bello del loro viaggiare era nell'amarsi, nel fare l'amore, nell'amare gli altri e nel farsi amare.

Videro cose che sapevano potessero accadere ma che non immaginavano. Erano cose che a vederle erano semplici mentre l'uomo le complicava analizzandole.

Ritornarono in Italia e si sistemarono a Torino dove grazie a due ex preti trovarono lavoro.

Candido entrò a far parte del partito comunista ma col tempo i comni cominciarono a diffidare di lui.


CAPITOLO XXIV

Dei viaggi a Parigi di Candido e Francesca e della loro decisione di stabilirvisi.

Candido e Francesca nel fine settimana si recavano sempre a Parigi, si erano innamorati di questa città che rispecchiava la camna, qui si sentivano liberi e sciolti.

Un collega di Candido gli propose di andare a stabilirsi a Parigi, lui aveva già il lavoro. Candido e Francesca erano entusiasti ma Francesca non aveva un lavoro.

Si presentò da Einaudi chiedendo di farle tradurre un libro francese. Il testo intitolato " un sogno fatto a  Mantova" di Bonnefoy era difficile ma fece un attimo lavoro, fu assunta.

Una sera, vicini a partire per Parigi si sentirono come presi in un sogno: UN SOGNO FATTO IN SICILIA.


CAPITOLO XXV

Della corrispondenza tra Candido e don Antonio e del viaggio a Parigi di don Antonio.

1.Don Antonio scrisse molte lettere a Candido. Era molto confuso, non sapeva se sarebbe tornato a

fare il prete o se si sarebbe sposato. Non condivideva più le scelte del suo partito.

2.Candido rispondeva ad ogni sua lettera fino a che don Antonio andò a Parigi a trovarli e fu accolto 

con tanto amore.


CAPITOLO XXVI

Dell'incontro di Candido con sua madre e della serata che trascorsero assieme e di come quella sera Candido arrivò a sentirsi felice.

Un pomeriggio decisero di andare in un locale: da Lipp. Parlarono degli americani a Parigi e dei grandi scrittori di quel paese.

Accanto a loro era seduta una coppia di americani. La moglie fece conoscenza dei tre e riconobbe l'arciprete Lepanto e il lio Candido. Lei era Maria Grazia.

Si trovava lì in viaggio con il marito Amleto. Costui cominciò una lunga conversazione sulla guerra con don Antonio e li invitò a cena.


4.Terminata la cena si salutarono e Maria Grazia invitò Candido e Francesca a trasferirsi in America. 

Questi rifiutarono ma promisero di recarsi in viaggio una volta o l'altra.

5.Candido, Francesca e don Antonio decisero di trascorrere la notte camminando per Parigi. Candido

si sentiva lio della fortuna e felice.

























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