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RENZO

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RENZO


Lorenzo o, come dicevano tutti Renzo Tramaglino era un ragazzotto popolano di vent'anni non molto istruito ma abbastanza astuto. Fin dall'adolescenza era rimasto orfano sia di madre che di padre. Per tradizione ereditaria della sua famiglia esercitava la professione di filatore di seta. Questa

attività in passato era molto redditizia, ora però il lavoro andava via via diminuendo, ma l'emigrazione continua degli operai negli stati vicini attirati da vari motivi faceva si che quelli che rimanevano potessero guadagnare abbastanza per poter vivere dignitosamente. Renzo era un grande risparmiatore e oltre alla sua attività di filatore, possedeva un poderetto che gli permetteva di lavorare anche quando il filatoio rimaneva fermo, perciò economicamente si poteva definire agiato.

Quando Renzo si recò da Don Abbondio per sapere a che ora trovarsi in chiesa per il matrimonio, era elegantemente vestito, con penne di vario colore al cappello, col suo pugnale dal manico bello, nel taschino dei calzoni e nel viso un'aria festosa. Il ragazzo era un giovane pacifico, odiava la violenza, l'inganno, era credente, ma la sua impulsività poteva indurlo a perdere il controllo e a trasformarlo in una persona ingenuamente minacciosa se ferito nella sua appassionata ricerca della

Giustizia. Il giovane infatti s'insospettì subito dello strano comportamento misterioso di Don Abbondio e quando questi gli riferisce che il matrimonio non si può celebrare, i suoi modi gioviali e risoluti si tramutano immediatamente in ira e ribellione. L'ira di Renzo, una volta suscitata cresce gradualmente e provoca immagini sempre più fosche e spinge il giovane ad ingenue o affrettate conclusioni. ' . con voce più alta e stizzosa, stendendo il braccio e battendo il pugno nell'aria . . .con una smania addosso da far qualcosa di strano e di terribile . ..'. D'altra parte dimostra anche di conservare un autocontrollo e anche una certa furbizia quando estorce con astuzia la confessione a Perpetua. ' . via Perpetua; siamo amici, ditemi quel che sapete, aiutate un povero liuolo . . . 'chi è dunque che ci ha colpa?' domandò Renzo, con un cert'atto trascurato, ma col cuor sospeso e con l'orecchio all'erta'. La rabbia di Renzo si trasforma in una specie di sogno, di incubo, dal quale il pensiero della sua Lucia gli consente però di svegliarsi. L'immagine della donna non richiama in lui solo l'oggetto del suo amore, ma rappresenta anche un modello di valori morali. ' . ..e si risvegliò da quel sogno di sempre, con ispavento, con roimorso, e insieme con una specie di gioia di non aver fatto altro che immaginare . ..Si rammentò degli ultimi ricordi dei suoi parenti, si rammentò di Dio, della Madonna e dei santi . . .'.








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