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DIRITTI SOGGETTIVI

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DIRITTI SOGGETTIVI


Ambiguità di "diritto"

Il vocabolo "diritto" può assumere, in diversi contesti, diversi significati; su due di essi occorre richiamare l'attenzione:

a) In espressioni del tipo "IL diritto italiano vieta l'omicidio", il vocabolo "diritto" - in inglese si direbbe "law" - si riferisce ad un insieme di regole o norme: precisamente quel complesso di regole o norme che, nel loro insieme, costituiscono l'ordinamento giuridico italiano, e che si usa chiamare "diritto oggettivo".

b)    In espressioni del tipo "Ho diritto di dire quello che penso", il vocabolo "diritto" - in inglese si direbbe non "law", ma "right" - designa un "attributo" ascritto da una norma ad un soggetto: come si usa dire un "diritto soggettivo".



Gli attributi - diritti soggettivi, obblighi, competenze, e quant'altro - che il diritto oggettivo conferisce a soggetti sono comunemente detti: situazioni giuridiche soggettive.


Ambiguità di "diritto soggettivo"

L'espressione "diritto soggettivo" è usata sia nel linguaggio del legislatore, sia nel linguaggio della scienza giuridica; nel linguaggio del legislatore, l'espressione in questione è, ovviamente, uno strumento per formulare norme, nel linguaggio della scienza giuridica, è uno strumento per descrivere il contenuto di norme.

Senonchè, l'espressione "diritto soggettivo" può assumere significati nei diversi contesti, così da denotare una grande varietà di situazioni giuridiche soggettive distinte.


Il diritto soggettivo come libertà

In un primo tipo di contesti, "diritto soggettivo" denota una libertà (una facoltà, un permesso): la libertà di agire, come pure di astenersi dall'agire, in un dato modo.

"Libertà" a sua volta significa assenza di obblighi. Una libertà è un "diritto" il cui contenuto è un comportamento del suo stesso titolare: è il diritto di tenere un certo comportamento.

1. Nel discorso del legislatore, ascrivere un diritto così intenso ("negare" che vi siano obblighi) è cosa che può adempiere almeno due distinte funzioni.

i) Talvolta, il legislatore ascrive "un diritto" - beninteso: nel senso di libertà - allo scopo:

a) di "negare", ossia cancellare, un obbligo preesistente, abrogando la norma che lo statuisce, ovvero

b) di circoscriverlo, derogando (facendo eccezione) alla norma che lo statuisce.

Ad esempio una prima norma, N1, dispone che a certi soggetti è vietato tenere un dato comportamento; una norma successiva, N2, dispone al contrario che quegli stessi soggetti hanno il diritto di tenere il comportamento in questione: N2 produce l'effetto di abrogare N1.

ii) Talaltra, il legislatore ascrive "un diritto" allo scopo di inibire ad un'autorità normativa subordinata di vietare il comportamento in questione, ossia il comportamento che costituisce il "contenuto" del diritto stesso.

Ad esempio, in regime di costituzione rigida, la costituzione conferisce ai cittadini il diritto di tenere un certo comportamento; con la conseguenza che una eventuale legge ordinaria, la quale pretendesse di vietare quel medesimo comportamento, sarebbe invalida (costituzionalmente illegittima).

2. Nel discorso della scienza giuridica, asserire che un certo soggetto "ha un diritto", inteso nel senso di libertà, può significare due cose radicalmente distinte.

i) Libertà in senso forte. Un certo soggetto ha un diritto per affermare che vi è una norma positiva, la quale - espressamente glielo conferisce. Si tratta qui di una libertà "in senso forte": una libertà conferita da una norma.

ii) Libertà in senso debole. Un certo soggetto ha un diritto per affermare non già che vi sia una norma positiva che espressamente glielo conferisca, ma invece per negare che vi sia una norma che gli imponga un obbligo. Si tratta qui di una libertà "in senso debole": assenza di norme che impongano obblighi.


Il diritto soggettivo come pretesa

In un secondo tipo di contesti, "diritto soggettivo" denota una pretesa. "Pretesa", significa:capacità di esigere qualcosa da qualcuno. "Pretesa", denota non una proprietà, ma una relazione.

Una  pretesa è dunque sempre correlata ad un obbligo altrui. "Correlata" in che senso? Nel senso seguente: dire che un certo soggetto A ha una pretesa nei confronti di un altro soggetto B non è cosa diversa dal dire che B ha un obbligo nei confronti di A (esempio paradigmatico: il diritto di credito).

Una pretesa, a differenza di una libertà, è dunque un "diritto" il cui contenuto è non già un comportamento del suo stesso titolare, bensì un comportamento di un altro soggetto: è il diritto di ottenere che altri tengano un certo comportamento.

Tra i diritti intesi come pretese occupa una posizione tutt'affatto peculiare il cosiddetto "interesse legittimo": grosso modo, il diritto a che la pubblica amministrazione eserciti i suoi poteri in modo conforme alla legge.

Nel discorso del legislatore, conferire ad un soggetto A "un diritto", nel senso di pretesa, non è che un modo di imporre ad un soggetto B un obbligo verso A: un obbligo di cui A può esigere l'adempimento.

Nel discorso della scienza giuridica, affermare che un soggetto A "ha un diritto" (nel senso di pretesa) verso un altro soggetto B non è che un modo per descrivere il contenuto di una norma che impone un obbligo a B: si intende, un obbligo di cui A può esigere l'adempimento.

Si osservi: c'è un senso debole di "libertà" ma non c'è un senso debole di "pretesa".

Il vocabolo "libertà" può essere usato sia (in senso forte) per riferirsi al contenuto di una norma, sia (in senso debole) per riferirsi all'assenza di una norma. Il vocabolo "pretesa", per contro, non può essere usato per riferirsi all'assenza di una norma.

Il diritto soggettivo come potere

In un terzo tipo di contesti, "diritto soggettivo" denota un potere: un potere nei confronti di qualcuno, giacchè anche "potere", come "pretesa", è un concetto che fa senso solo in riferimento ad una relazione tra due soggetti. Anche "potere" denota non una proprietà, ma una relazione.

"Potere" denota la capacità di modificare la "situazione giuridica" altrui, cioè la capacità di creare obblighi e diritti in capo ad altri. Un potere è correlato non ad un obbligo, ma ad una "soggezione": soggezione ad un potere è appunto la possibilità di vedere modificata la propria situazione giuridica da altri.

Nel discorso del legislatore, conferire "un diritto", inteso come potere, non è che un modo per attribuire un potere nel senso ora specificato.

Nel discorso della scienza giuridica asserire che un soggetto A "ha un diritto" (nel senso di potere) nei confronti di un altro soggetto B non è che un modo per descrivere il contenuto di una norma che conferisce ad A la capacità di modificare la situazione giuridica di B.

Non vi è un senso debole di "potere". Non si danno poteri (giuridici) "in natura": anche i poteri, come le pretese, possono solo essere conferiti da norme. In assenza di norme che li conferiscano, non vi sono poteri (giuridici).


Il diritto soggettivo come immunità

In un quarto tipo di contesti, "diritto soggettivo" denota una "immunità". Significa non-soggezione ad un potere. Un'immunità è dunque correlata alla mancanza di potere.

Nel discorso del legislatore, ascrivere un diritto così inteso ("negare" che vi sia un potere) è cosa che può adempiere almeno due distinte funzioni:

- Può accadere che il legislatore ascriva "un diritto" allo scopo:

a) di cancellare un potere preesistente, abrogando la norma che lo conferisce;

b) di circoscrivere un potere preesistente, derogando (facendo eccezione) alla norma che lo statuisce.

- Come può accadere che il legislatore ascriva "un diritto" a certi soggetti allo scopo di inibire ad una autorità normativa subordinata di conferire a chicchessia poteri nei confronti di quei soggetti.

2. Nel discorso della scienza giuridica, asserire che un certo soggetto "ha un diritto", inteso nel senso di immunità, può significare due cose ben distinte:

a) Immunità in senso forte. Un certo soggetto abbia un diritto per affermare che vi è una norma positiva che espressamente glielo conferisce. Si tratta qui di una immunità "in senso forte": una immunità conferita da una norma.

b) Immunità in senso debole. Un certo soggetto abbia un diritto per affermare non già che vi sia una norma positiva che espressamente glielo conferisca, ma invece per negare che vi sia una norma che attribuisca ad altri un potere nei suoi confronti. Si tratta qui di una immunità "in senso debole": assenza di norme che conferiscano poteri.



Il diritto soggettivo come situazione giuridica complessa

In un quinto tipo di contesti "diritto soggettivo" denota infine una situazione giuridica complessa  nel senso che esse possono essere tra loro variamente combinate. È complessa ("molecolare"), una situazione giuridica soggettiva che per l'appunto consta di una pluralità di situazioni elementari aggregate o combinate.

Ad esempio, il cosiddetto "diritto" di proprietà è, a ben vedere, non già un "diritto", ma un insieme di "diritti": l'insieme dei " diritti" del proprietario, cioè una combinazione di libertà (di fare e di omettere), poteri (di disporre), immunità (da atti di disposizioni altrui), e pretese (a comportamenti omissivi altrui). Un diritto costituzionale di libertà, non è, propriamente parlando, un "diritto", bensì una combinazione di "diritti" distinti: libertà (di tenere un certo comportamento), immunità (il legislatore non ha il potere di vietare il comportamento in questione), pretese (è vietato all'esecutivo impedire materialmente il comportamento in questione).

Il legislatore, talvolta, conferendo un "diritto", attribuisce in realtà non uno ma più "diritti" elementari congiuntamente: per esempio, non solo una libertà o una pretesa, bensì una libertà più una pretesa, o una libertà più un'immunità, o una libertà più un'immunità più un potere, e così via esplicando.

La scienza giuridica, parla talvolta di "diritti" per descrivere il contenuto di norme che conferiscono, congiuntamente, una pluralità di "diritti" elementari.


Riassumendo

Vi sono non meno di sei tipi di "diritti" in senso soggettivo (non meno di sei tipi di situazioni giuridiche soggettive che talora sono chiamate "diritti"):

libertà in senso forte;

libertà in senso debole;

pretesa;

potere;

immunità in senso debole;

immunità in senso forte;

una grande varietà di combinazioni delle situazioni giuridiche precedenti.


9. Diritti di "secondo grado"

Tra i diritti, ve ne sono alcuni che sono funzionalmente connessi ad altri diritti. Per esempio:

a)    il diritto costituzionale all'eguaglianza (art. 3, comma 1, cost.) - o il diritto ad un eguale trattamento - ha ad oggetto una eguale distribuzione dei diritti;

b)    il diritto d'azione - ossia il diritto di agire in giudizio - è funzionale alla tutela di un altro diritto, che si pretende violato;

c) il potere (ogni tipo di potere) consiste nella capacità di modificare i diritti altrui.

In questo senso il diritto all'eguale trattamento è un diritto "di secondo grado" - un meta-diritto - rispetto ai diritti che ne sono oggetto. Il diritto d'azione è, anch'esso, un diritto "di secondo grado" rispetto ai diritti alla cui tutela è funzionalmente predisposto. Il potere è un diritto "di secondo grado" rispetto ai diritti da esso eventualmente modificati.


10. I diritti come situazioni soggettive tutelate

Nel linguaggio dottrinale si dice spesso che un soggetto "ha un diritto" per intendere che il soggetto in questione è titolare di una situazione soggettiva tutelata.

Che una situazione giuridica tutelata risulta dalla congiunzione di due distinte situazioni soggettive:

a)   da un lato, una qualsivoglia situazione soggettiva tra quelle enumerate riassuntivamente al paragrafo 8 (libertà, in senso forte o debole; pretesa; potere; ecc.);

b)   dall'altro, il diritto di azione, ossia il diritto di rivolgersi ad un organo giurisdizionale per ottenere tutela della situazione soggettiva in questione e / o per ottenere riparazione alla sua violazione.

Si può dire che un soggetto abbia "un diritto", solo a condizione che vi siano non una, ma due norme: una prima norma che gli conferisce un certo "diritto" (di per sé non tutelato), ed una seconda norma che gli conferisce l'ulteriore "diritto" di agire in giudizio per la tutela del primo.

I diritti non tutelati siano non "veri" diritti, ma, per così dire, diritti "di carta".


11. La fonte dei diritti

I diritti possono essere utilmente distinti secondo il tipo di fonte da cui promanano:

1. sono diritti "costituzionali" quelli conferiti dalla costituzione;

2. sono diritti "legali" quelli conferiti dalla legge;

3. sono infine diritti "contrattuali" quelli che nascono da contratti (o da consimili atti di autonomia privata).

I diritti costituzionali sono conferiti agli individui principalmente nei confronti dello stato ("contro lo stato"), e sono diritti soggettivi "pubblici"; mentre i diritti contrattuali sono diritti conferiti ad un individuo nei confronti di un  altro privato individuo, e in tal senso possiamo chiamarli diritti soggettivi "privati".

La distinzione tra diritti legali e diritti costituzionali riveste una importanza fondamentale nei sistemi giuridici a costituzione rigida; la legge ordinaria è gerarchicamente subordinata ad essa, e pertanto non è autorizzata a toccare in alcun modo le norme costituzionali. In tali circostanze, un diritto soggettivo costituzionale non può essere limitato, sospeso, modificato, o soppresso dalle leggi ordinarie (le quali invece possono ben sopprimere un diritto legale).

In altri termini, i diritti soggettivi conferiti dalla costituzione (o da una legge formalmente costituzionale) sono caratterizzati da una particolare capacità di "resistenza", da una protezione tutt'affatto speciale. Sono diritti che il legislatore ordinario non è autorizzato a limitare, sospendere, modificare, o sopprimere.

Si osservi: altro è conferire un diritto, altro è garantirlo (proteggerlo). Per conferire un diritto è sufficiente una norma fraseggiata, appunto, come norma attributiva di diritti (ad esempio: "tutti hanno diritto di professare la propria fede religiosa"). Per garantire un diritto non è sufficiente attribuirlo: occorre altresì disporre dei congegni atti a proteggerlo. La garanzia di un diritto non può essere disposta da quella stessa norma che lo conferisce. Può solo essere disposta da un'altra norma ("secondaria"), la quale istituisca meccanismi atti a prevenire la violazione della prima, ovvero preveda rimedi per il caso che la prima sia comunque violata.


12. Diritti fondamentali

Nel linguaggio corrente della dottrina si usa chiamare "diritti fondamentali" i diritti conferiti dalla costituzione: sono diritti dei privati cittadini nei confronti (principalmente, sebbene non esclusivamente) "dello stato" - diritti "pubblici soggettivi" - ossia concretamente nei confronti degli organi che esercitano le diverse funzioni statali (legislativa, esecutiva, giurisdizionale).

Nell'ambito dei diritti di fonte costituzionale è opportuno introdurre almeno due distinzioni:

la prima attiene al contenuto dei diritti. Sotto questo profilo, i diritti conferiti dalla costituzione si distinguono principalmente in (i) diritti di libertà e (ii) diritti sociali.

i) Diritti di libertà. Un diritto costituzionale di libertà - ad esempio, il diritto di associazione (art. 18 cost.), il diritto di riunione (art. 17 cost.), ecc. - non è, propriamente parlando, un "diritto", ma piuttosto una combinazione di "diritti" distinti: libertà di tenere un certo comportamento, immunità da divieti del legislatore, pretesa che l'esecutivo ometta di impedire materialmente il comportamento in questione.

ii) Diritti sociali. I diritti sociali - ad esempio, il diritto al lavoro (art. 4 comma 1), il diritto alla salute (art. 32, comma 1), ecc. - possono essere conurati come  altrettante pretese, cui corrisponde un obbligo dello stato: l'obbligo di adottare leggi, atti amministrativi, e comportamenti materiali, idonei a soddisfare tali pretese. Si noti che l'obbligo di adottare leggi (che incombe ovviamente sul legislatore) è un obbligo la cui violazione è priva di sanzione: non vi sono rimedi efficienti all'eventuale inadempimento del legislatore. Anche se la costituzione è garantita dal controllo di legittimità costituzionale sulle leggi, il giudice costituzionale può sì annullare una legge esistente, ma non può annullare una legge inesistente, o l'inesistenza di una legge ( il che equivarrebbe a fare la legge in questione). In questo senso i diritti sociali sono diritti "di carta".

La seconda distinzione attiene alla titolarità dei diritti; i diritti conferiti dalla costituzione si distinguono in (i) diritti dell'uomo e (ii) diritti del cittadino.

i) Diritti dell'uomo: i diritti che la costituzione conferisce indistintamente a tutti gli uomini, indipendentemente dalla cittadinanza. Nella costituzione vigente: il diritto di professare la propria fede religiosa (art. 19), il diritto di manifestare il proprio pensiero (art. 21, comma 1), il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (art. 24, comma 1)

ii) Diritti del cittadino: i diritti che la costituzione conferisce ai cittadini e ad essi soli, quali ad esempio: il diritto all'eguale trattamento (art. 3, comma 1), il diritto di riunione (art. 17, comma 1), il diritto di associazione (art. 18, comma 1), il diritto di voto (art. 48, comma 1).






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