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I diritti di libertà
Diritti di libertà e forma di Stato
La disciplina dei diritti di libertà costituisce uno degli aspetti caratterizzati della forma di Stato. È in essa che si riassumono gli aspetti essenziali dei reciproci rapporti tra Stato e società civile. All'evoluzione storica delle diverse forme di Stato si accomna una parallela evoluzione della disciplina delle libertà. Col tramonto del liberalismo di stampo ottocentesco e con l'avvento dello Stato sociale, in seguito al crollo dei regimi autoritari, l'originaria tecnica di garanzia dei diritti di libertà è rimasta sostanzialmente inalterata. I diritti di libertà trovano un'articolata disciplina direttamente nella Carta costituzionale. Lo svolgimento dei principi che in essa si trovano affermati è di norma riservato alla legge (riserva di legge), ad esclusione di ogni altra fonte. Una riserva è assoluta nel senso che essa esclude del tutto l'intervento di altre fonti normative, in altri è relativa nel senso che consente un tale intervento nel rispetto dei principi fissati dalla legge. L'applicazione alle singole fattispecie concrete dei limiti così definiti è riservata al giudice (riserva di giurisdizione) anche in questo caso ad esclusione di ogni altra pubblica autorità. L'introduzione del principio della rigidità della Costituzione muta profondamente il significato dell'istituto della riserva di legge: da strumento di esaltazione dell'autorità essa diventa strumento di applicazione di una disciplina costituzionale articolata e dettagliata. Accanto alle tradizionali libertà individuali vi sono le libertà collettive, cioè quelle libertà la cui titolarità spetta sì al singolo, ma acquistano significato solo attraverso l'esercizio che facciano più soggetti.
La tutela internazionale dei diritti di libertà
La tendenza ad una maggiore attenzione del
diritto internazionale nei confronti dei diritti di libertà, ha
comportato un arricchimento dei sistemi nazionali di tutela sotto un duplice
profilo: da un lato ha arricchito il catalogo di tali diritti attraverso la
enucleazione di nuovi contenuti desumibili dalla nozione tradizionale di alcune
libertà; dall'altro ha consentito l'attivazione di un sistema di
garanzie, integrativo di quello predisposto dal diritto interno, che fa capo ad
istanze giurisdizionali di natura internazionale. Tra gli atti internazionali
di carattere essenzialmente programmatico va ricordata
La disciplina dei diritti di libertà nella Costituzione italiana: caratteri generali
L'evoluzione della disciplina di diritti di
libertà nell'esperienza costituzionale italiana rispecchia gli sviluppi
che ha conosciuto il costituzionalismo europeo. Se lo Statuto Albertino
è espressione di una concezione individualistica dei diritti di
libertà e fa proprio un modello di tutela dei medesimi il cui perno
è rappresentato dalla garanzia della legge a difesa di queste sfere di
autonomia individuale,
a) Accoglimento di una nozione dei diritti di libertà non solo come libertà individuali, nella loro accezione di libertà negative ma anche come libertà positive, come strumenti per realizzare un'effettiva partecipazione di tutti cittadini indipendentemente dalle loro condizioni economiche e sociali. Un'affermazione che ha una serie di corollari nelle disposizioni costituzionali successive, con riferimento alle libertà sindacali e politiche ma anche con riferimento all'affermazione della tutela dei diritti dell'uomo 'sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità', con riferimento all'espresso riconoscimento dei diritti sociali (diritto al lavoro, alla salute, all'istruzione).
b) Predeterminazione in Costituzione delle categorie di limiti cui l'esercizio dei singoli diritti di libertà può essere sottoposto. Lo schema normativo adottato muta profondamente: all'affermazione dei singoli diritti di non segue più un rinvio alla legge bensì una riserva di legge, vincolata al rispetto di quanto previsto dal testo costituzionale. È il principio di tassatività dei limiti ai diritti di libertà che si sostanzia in un divieto rivolto al legislatore. I limiti disposti direttamente dalla Costituzione si distinguono in limiti particolari che attengono all'esigenza di contemperare l'esercizio dei medesimi con la tutela di alcuni interessi generali (sicurezza pubblica, sanità, igiene, buon costume) e limiti generali (riferibili a tutti i diritti di libertà) rappresentati dallo stato di necessità e dall'adempimento dei 'doveri di solidarietà politica, economica e sociale'.
c)Affermazione della regola generale in base alla quale solo il giudice ha il potere di imporre le limitazioni all'esercizio dei diritti di libertà previste dalla legge e ridefinizione dell'intervento dell'autorità di polizia in termini di eccezione rispetto a questa regola.
d) Rigidità della Costituzione.
e) Sottrazione al procedimento di revisione costituzionale del nucleo essenziale della disciplina dei diritti di libertà contenuta nella Costituzione.
f) Estensibilità della disciplina dei diritti di libertà disposta dalla Costituzione a quelle nuove e diverse posizioni soggettive, raccomandabili ai diritti formalmente sanciti. Una scelta che consente di leggere nuovi contenuti nella definizione dei diritti di libertà allora codificati.
g) Allargamento dei destinatari dei diritti di libertà, riconosciuti non solo ai singoli, ma anche alle formazioni sociali (famiglia, partiti, sindacati, confessioni religiose, associazioni) non solo ai cittadini ma anche agli stranieri.
Eguaglianza formale ed eguaglianza sostanziale
L'art. 3 Cost. rappresenta il punto di riferimento per cogliere il rapporto tra la nostra forma di Stato e i diritti di libertà. Al principio dell'eguaglianza formale sancito dal 1° comma (Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali), si aggiunge l'affermazione di un nuovo principio, quello dell'eguaglianza sostanziale in cui si esprime l'impegno dello Stato 'a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica economica e sociale del Paese'. L'art. 3.1 vieta espressamente che possano essere previsti trattamenti differenziati a causa di uno dei motivi elencati dalla stessa disposizione costituzionale. Questo divieto si articola:
a) Nel divieto di discriminazione in relazione all'appartenenza all'uno o all'altro sesso. Grazie all'intervento del legislatore si è arrivati all'eliminazione delle disparità di trattamento esistenti, sia in materia penale sia in materia civile. L'eguaglianza tra i sessi trova applicazione nei rapporti di lavoro, in virtù del quale alla donna lavoratrice non solo devono essere riconosciuti 'gli stessi diritti, e a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore', ma devono essere garantite condizioni di lavoro che ne salvaguardino l'' essenziale funzione familiare'. Un ulteriore corollario stabilisce che 'tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di parità'.
b) Nel divieto di discriminazione in ragione dell'appartenenza ad una o ad un'altra razza. Tale divieto potrebbe diventare di grande attualità in relazione all'accentuarsi del fenomeno dell'immigrazione.
c) Nel divieto di discriminazione in ragione dell'utilizzazione di una lingua diversa da quella nazionale. Il Costituente a intenso imporre allo Stato un obbligo positivo di tutela del patrimonio linguistico delle diverse comunità. A tale obbligo lo Stato ha adempiuto con la legge 482/1999 che contiene 'norme in materia di minoranze linguistiche storiche'.
d) Nel divieto di discriminazione in ragione della religione professata. Il principio di eguaglianza in materia religiosa si trova nei artt. 7 e 8: il primo relativo alla disciplina dei rapporti tra lo Stato e della Chiesa cattolica, il secondo relativo alla disciplina dei rapporti tra lo Stato e le altre confessioni religiose. L'art. 19 afferma il 'diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale ed associata, di farne proanda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto', con l'unico limite rappresentato da riti contrari al buoncostume.
e) Nel divieto di discriminazione in ragione delle proprie opinioni politiche, il quale risulta rafforzato da tutta una serie di ulteriori disposizioni costituzionali.
f) Nel divieto di discriminazione in ragione delle diverse condizioni personali e sociali, che si ritiene debba intendersi come comportante l'illegittimità di ogni atto posto in essere dai poteri pubblici o dai privati che possa ledere l'attività dell'onore personale dei singoli.
Le libertà individuali: la libertà personale
L'art. 13 Cost. è dedicato alla disciplina della libertà personale, ossia alla tutela della libertà fisica e psichica della persona. All'affermazione dell'inviolabilità della libertà personale seguono i due istituti di garanzia: una riserva di legge (tale libertà può essere limitata solo nei casi e nei modi previsti dalla legge) e una riserva di giurisdizione (solo l'autorità giudiziaria può applicare in concreto tali limitazioni). L'unica deroga a questo regime ordinario è prevista in ragioni eccezionali di necessità e di urgenza che non consentono un intervento tempestivo dell'autorità giudiziaria. Può essere direttamente l'autorità di pubblica sicurezza ad intervenire (fermo di polizia giudiziaria), tale intervento porta all'applicazione di misure limitative della libertà personale di carattere transitorio. Il sistema di tutela dell'art. 13 si completa con l'affermazione di altri due principi: quello che impone al legislatore l'obbligo di punire qualunque tipo di violenza, morale o fisica, esercitata nei confronti dei soggetti sottoposti a misure limitative della libertà personale, e quello che impone al legislatore l'obbligo di stabilire i limiti massimi della carcerazione preventiva. Secondo l'art. 25.3 nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge. Una svolta di grande importanza nella disciplina della libertà personale si è avuta con l'approvazione del nuovo codice di procedura penale, le novità più significative sono: la riserva all'autorità giudicante del potere di disporre misure stabili di limitazione della libertà personale, su richiesta del pubblico ministero; una più rigorosa disciplina dei presupposti che legittimano il fermo (per i reati più gravi, si sussistono gravi indizi a carico del fermato, quando esistono elementi che facciano temere il pericolo di fuga); introduzione del principio di pluralità e gradualità delle misure cautelari di natura personale e della loro necessaria proporzionalità e adeguatezza alle esigenze di giustizia; ampliamento del sistema delle garanzie attivabili da colui che è colpito da una misure limitativa della libertà personale.
La libertà di domicilio
L'art. 14 Cost. si preoccupa di tutelare la proiezione spaziale della persona, ossia il domicilio. I Costituenti hanno adottato una nozione ampia di domicilio, non limitata solo a quella che era allora la nozione penalistica (la privata dimora), ne a quella civilistica (la sede principale degli affari e degli interessi della persona). Oggi la garanzia costituzionale si estende ad ogni luogo di cui la persona, fisica o giuridica, abbia legittimamente la disponibilità per lo svolgimento di attività connesse alla vita privata o di relazione e dal quale intenda escludere i terzi. Secondo il 2° comma del'art. 14 nessuna violazione di domicilio è consentita se non nei casi e nei modi previsti dalla legge e a seguito di apposita disposizione del giudice. Il 3° comma introduce una deroga, disponendo che, per determinati motivi o per determinati fini, leggi speciali possono prevedere limitazioni della libertà disciplinare ad opera dell'autorità amministrativa, anche in assenza di un provvedimento del giudice.
La libertà di circolazione e soggiorno
Al di là della sfera domiciliare, l'art. 16 Cost. garantisce al cittadino la libertà di circolare e soggiornare liberamente all'interno del territorio dello Stato, nonchè la libertà di uscire e rientrare in tale territorio (libertà di espatrio). La libertà di circolazione e soggiorno può incontrare solo i limiti disposti dalla legge, in via generale, per motivi di sanità o di sicurezza, mentre sono escluse limitazioni determinate da motivi politici. La libertà di espatrio non incontra alcun limite specifico se non quelli derivanti dall'avere l'interessato adempiuto quelli che l'art. 16 chiam gli obblighi di legge. La legge 1185/1967 che ha riformato la materia indica quali sono i soggetti che dovendo adempiere a certi obblighi non possono ottenere il passaporto: i minori, coloro nei confronti dei quali sia stato emanato un mandato o ordine di cattura, coloro che debbano adempiere al servizio militare. La libertà di espatrio si collega alla libertà di emigrazione, cioè al diritto di recarsi all'estero per prestarvi una vita lavorativa. In virtù della istituzione della Comunità Economica Europea i cittadini di un Paese membro godono, oltre che della libertà di circolazione anche del diritto di stabilimento in ciascuno degli Stati membro.
La libertà e segretezza della corrispondenza
A differenza dello Statuto Albertino
La libertà di manifestazione del pensiero
L'oggetto specifico della libertà di manifestazione del pensiero non è il diritto di comunicare liberamente con un destinatario specifico ma il diritto di comunicare il proprio pensiero. Le garanzie disposte al riguardo coprono tutte le possibili manifestazioni del pensiero: non solo quelle orali o scritte ma anche quelle espresse attraverso un qualunque altro mezzo di comunicazione (cinema, teatro, radio, televisione). Per definire l'oggetto della libertà il Costituenti si preoccupò di disciplinare la libertà di stampa, considerata come il mezzo principale di esercizio della libera manifestazione del pensiero. A riguardo l'art. 21 pone tre principi fondamentali: il divieto di sottoporre la stampa ad autorizzazioni o censure; il divieto di sottoporre la stampa a sequestro (forma di intervento successivo alla pubblicazione) se non nel caso di commissione di un delitto a mezzo stampa; la possibilità che il legislatore imponga alle imprese editrice della stampa periodica l'obbligo di rendere noto i loro mezzi di finanziamento. L'unico limite previsto espressamente è rappresentato dal buon costume.
a) La stampa
Il legislatore repubblicano si è preoccupato di riformare la disciplina dell'Ordine e dell'Albo dei giornalisti: la nuova disciplina, mentre mantiene l'obbligo di iscrizione all'Albo per l'esercizio della professione giornalistica, ha eliminato i requisiti di natura politica che in passato erano richiesti. I problemi più delicati riguardano i limiti che il diritto di cronaca incontra ai fini della tutela del segreto istruttorio (per cui è vietata la pubblicazione degli atti) e del segreto di Stato (per cui è vietata la pubblicazione di notizie coperta da segreto di Stato). A tutela del singolo di fronte ad uso scorretto del diritto di cronaca esiste il diritto di rettifica: consente di richiedere la rettifica delle notizie false o inesatte. Un terzo settore di intervento legislativo in ordine alla disciplina della libertà di stampa attiene al fenomeno delle concentrazioni della proprietà editoriale.
b) La radiotelevisione
L'art. 21 non menziona espressa la
radiotelevisione. L'evoluzione della legislazione in materia ha conosciuto nel
secondo dopoguerra due fasi distinte: la prima caratterizzata dal mantenimento
del regime pubblicistico ereditato dal fascismo; la seconda caratterizzata
dalla progressiva trasformazione del regime pubblicistico in un regime misto,
in cui accanto all'emittente radiotelevisiva pubblica operano anche emittenti
private. Il sistema del monopolio
pubblico, basato sulla riserva allo Stato di ogni servizio di
telecomunicazione, prevedeva un regime di concessione in esclusiva del servizio
radiotelevisivo ad un'unica società
c) Il cinema e il teatro
Il mezzo cinematografico e teatrale è
un settore in cui le interferenze dei pubblici poteri sono particolarmente
incisivi. Quello dello spettacolo è l'unico settore in cui è
sopravvissuta una forma di censura
preventiva. La legge 161/1962 prevede che il contenuto di un'opera
cinematografica venga sottoposa a controllo da parte di un'apposita Commissione
Ministeriale, prima di essere presentata al pubblico.
d) Libertà dell'arte, della scienza e libertà di insegnamento
La libertà della scienza e dell'arte è disciplinata dall'art.21. In relazione ad altri diritti di libertà, anche in questo caso alle garanzie, negative, assicurate alle attività artistiche e scientifiche, si accomna la prevenzione di garanzie attive, consistenti dell'impegno dei pubblici poteri di promuovere 'lo sviluppo della cultura della ricerca scientifica e tecnica'. A tale impegno lo Stato provvede attraverso una serie articolata di istituti, che vanno dal sostegno finanziario assicurato alle istituzioni, al sostegno finanziario alla ricerca svolto attraverso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), ai contributi di vario genere. Il 1° comma dell'art. 33 stabilisce uno stretto collegamento tra libertà dell'arte e della scienza e libertà di insegnamento. La libertà di insegnamento può incontrare dei limiti nella 'libertà della scuola' là dove si afferma che 'enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato'. Si prevede al 4° comma la creazione con legge di scuole private 'parificate' a quelle statali, in grado di rilasciare gli stessi titoli scolastici. L'art. 33 si preoccupa del versante strutturale e del versante funzionale delle attività preposte all'istruzione; l'art. 34 affronta invece il versante degli utenti, ponendo due principi fondamentali: quello della libertà di accesso al sistema scolastico e quello del necessario intervento dello Stato a garanzia del diritto allo studio per i capaci e meritevoli, ma privi di mezzi economici necessari.
e) I nuovi 'media'
Problemi del tutto particolari e nuovi si sono posti in relazione alle comunicazioni che si realizzano attraverso Internet. Questo mezzo di comunicazione consente attraverso il World Wide Web possibilità illimitate sia di diffondere che di ricevere e di cercare di informazioni; consente un uso interattivo del mezzo; consente di diffondere comunicazioni sia scritte che per immagini.
Le libertà collettive: la libertà di riunione
Gli artt. 17 e 18 Cost., insieme agli artt. 39 (libertà di associazione sindacale) e 49 (libertà di associazione politica) formano il sistema delle garanzie costituzionali di quelle libertà che possiamo definire collettive, il nuovo esercizio presuppone il concorso di una pluralità di soggetti, accomunati da un unico fine diretto alla realizzazione di comuni finalità. La prima libertà e la libertà di riunione, una volta fissato il principio generale, valido per ogni genere di riunione, tutti sono liberi di riunirsi, purché la riunione sia pacifica e senza armi. Con riferimento alle riunioni che si svolgono in luogo pubblico si impone gli organizzatori un obbligo di preavviso all'autorità di pubblica sicurezza del giorno, dell'ora e del luogo della riunione. L'autorità competente, ricevuto il preavviso, può vietare la riunione o imporre particolari limitazioni. Nessun obbligo di preavviso è previsto ne per le riunioni in un luogo aperto pubblico ne per quelle in luogo privato. Il preavviso deve essere dato al questore almeno tre giorni prima della riunione, pena l'arresto e un'ammenda a carico degli organizzatori. La riunione di cui non si è dato preavviso che si dimostri pericolosa o in cui vi sia la presenza di soggetti armati, può essere sciolta secondo le modalità previste dalla legge.
La libertà di associazione
Il 1° comma dell'art. 18 Cost. afferma che gli unici limiti opponibili alla libertà dei cittadini di associarsi liberamente consistono nel perseguimento di fini che sono vietati al singolo dalla legge penale. Questa regola conoscere due sole eccezioni con riferimento alle associazioni segrete e a quelle che indirettamente, perseguano fini politici, avvalendosi di una organizzazione di carattere militare, le quali quindi sono vietate a prescindere dal perseguimento di fini penalmente illeciti. Quanto alla definizione di associazione di carattere militare, essa non presuppone la presenza di un'organizzazione militare in senso proprio, ma è sufficiente che il rapporto tra gli associati sia ispirato a principi di forte gerarchia da far temere lo svolgimento di attività di intimidazione o violenza.
a) La libertà di associazione sindacale
La generale libertà di associazione trova un primo corollario importante nella libertà sindacale disciplinata dall'art. 39 Cost.. Si richiedeva alle organizzazioni sindacali di darsi un ordinamento interno a base democratica e di ottenere la registrazione presso appositi uffici. Con la registrazione, le organizzazioni sindacali da associazioni di fatto si sarebbero trasformate in associazione dotate di personalità giuridica e avrebbero potuto stipulare contratti collettivi di lavoro, contratti con efficacia 'erga omnes', con valore analogo a quello della legge. La legge che avrebbe dovuto disciplinare organi e procedimenti di registrazione non è mai stato approvata. La libertà dei sindacati dei lavoratori ha ricevuto un significativo potenziamento in seguito all'approvazione dello Statuto dei lavoratori il quale assicura non solo ai singoli lavoratori, ma anche alle associazioni sindacali tutta una serie di diritti da esercitarsi all'interno degli ambienti di lavoro e punisce la condotta antisindacale del datore di lavoro.
b) La libertà di associazione politica
Un secondo corollario importante della libertà di associazione è rappresentato dalla libertà di dar vita ad associazioni con fini politici, i partiti. Essi sono chiamati a svolgere la funzione di garantire ai cittadini di 'concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale'; rappresenta uno strumento principale di partecipazione politica dei cittadini. Nessun limite di natura ideologica è previsto per la costituzione di un partito politico, purché l'attività di esso svolge risulti rispettosa del metodo democratico, ossia delle regole che in democrazia disciplinano la lotta politica.
Le libertà economiche: la libertà di iniziativa economica privata
La nostra Carta costituzionale contiene una serie di disposizioni che danno corpo a quella che è chiamata costituzione economica. Il nucleo centrale della costituzione economica è rappresentato dalla disciplina dell'esercizio del diritto di proprietà (il diritto cioè di godere in modo esclusivo di un determinato bene, di cederlo o di ricavarne tutte le possibili utilità), nonché dalla disciplina della libertà di iniziativa economica (ossia della libertà di organizzare i mezzi attraverso i quali produrre beni o servizi da vendere sul mercato). La nostra Costituzione punta allo sviluppo di un sistema misto nel quale iniziativa economica privata e iniziativa economica pubblica concorrono insieme al perseguimento delle finalità. La libertà di iniziativa economica è affermata nel 1° comma dell'art. 41. Tra gli interventi legislativi più rilevanti va annoverata la legge 287/1990 che ha introdotto in Italia una legislazione generale 'antitrust'. Tale legislazione è centrata sulla nozione di posizione dominante sul mercato, il cui auso è vietato in quanto ritenuto elemento che altera e falsa il libero gioco della concorrenza.
Il diritto di proprietà
Nell'art. 42 trova la sua espressione più radicale il tentativo operato dal Costituente di contemperare l'esercizio delle libertà economiche e il soddisfacimento di interessi sociali. In materia di disciplina del diritto di proprietà privata, il Costituente ha scelto la strada della subordinazione di tale diritto al perseguimento di determinati fini sociali. Non solo se ogni riferimento alla inviolabilità del diritto, ma si afferma che la legge, nel riconoscere e garantire la proprietà privata, ne disciplina modi di acquisto, di godimento e limiti 'allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti'; in base a norme di legge la proprietà può essere espropriata per motivi di interesse generale.
I diritti sociali: diritto al lavoro e diritto alla salute
Oltre al diritto allo studio tra i diritti sociali riconosciuti dalla Costituzione assumono un particolare rilievo il diritto al lavoro e il diritto alla salute.
a) Diritto al lavoro
Secondo l'art. 4.1 Cost. la 'Repubblica riconosce a tutti i cittadini di diritto al lavoro e promuove le condizioni che avevano effettivo questo diritto'. Si è a lungo discusso dell'opportunità o meno di utilizzare il termine 'diritto', posto che difficilmente si sarebbe riusciti a garantire a tutti un posto di lavoro, e ancor più difficile sarebbe stato riconoscere la possibilità di ricorrere davanti ad un giudice per avere soddisfazione. A fronte di un'inadempienza a questo impegno, non si apre per il cittadino la via del ricorso al giudice, bensì la via del giudizio politico. Veri e propri 'diritti' azionabili davanti ad un giudice sono: il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto e sufficiente a garantire un'esistenza libera e dignitosa, al diritto di avere assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia o disoccupazione involontaria.
b) Diritto alla salute
Secondo l'art. 32.1 la 'Repubblica
tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della
collettività e garantisce cure gratuita agli indigenti'. Tutti i
soggetti pubblici che inizia la compongono
I doveri pubblici
Tra i limiti generali previsti dalla Costituzione all'esercizio dei diritti di libertà vi è l'adempimento di alcuni doveri pubblici: dovere al lavoro; dovere alla difesa; dovere di concorrere alle spese pubbliche; dovere di fedeltà.
a) Dovere al lavoro
Previsto dall'art. 4.2 afferma che "ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società". Gli inadempimenti registrabili nell'azione dello Stato fanno ritenere questo dovere più un dovere morale che un dovere propriamente giuridico.
b) Dovere di difesa
Secondo l'art. 52 Cost. "la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino". Si impone dunque a tutti i cittadini, può essere adempiuto nei modi più vari e può comportare tutte le limitazioni ai diritti di libertà che l'obiettivo cui è preordinato, ossia la difesa del territorio nazionale da minacce esterne. Il Costituente ha fissato alcune garanzie: una volta affermato il principio della obbligatorietà del servizio militare, ha previsto una riserva di legge in ordine alla disciplina dei limiti entro i quali tale obbligatorietà va intesa e dei modi con cui tale obbligo va adempiuto; ha affermato che al cittadino militare vanno garantiti il mantenimento della posizione di lavoro conseguita al momento della chiamata alle armi, così come il pieno esercizio dei diritti politici. Con la legge 382/1978, in ossequio al principio della riserva di legge, è stata approvata una nuova regolamentazione del servizio militare. Tale legge ha puntualizzato quali sono le possibili limitazioni che può subire il cittadino-soldato nell'esercizio dei suoi diritti di libertà. Per quanto riguarda l'obiezione di coscienza, dopo anni di dibattiti l'obiettore punito penalmente quale renitente alla leva, ha cominciato a farsi strada l'idea che ragioni della coscienza ed esigenze di difesa potevano trovare un punto di equilibrio che potesse salvaguardarle entrambe. L'obiezione si conura come un vero e proprio diritto che consente al cittadino di adempiere all'obbligo di difesa attraverso un servizio civile sostitutivo, parificato a quello militare. Riservato fino a pochi anni fa ai soli cittadini di sesso maschile, il reclutamento nelle forze armate e della Guardia di Finanza è stato esteso, sia pure su base volontaria, anche alle donne dal D.Lgs. 24/2000. Ad esse è garantita una parità di status rispetto al personale maschile sia per quanto attiene al reclutamento, che allo stato giuridico e agli avanzamenti in carriera . La novità più rilevante in tema di dovere di difesa è rappresentata dalla sospensione dell'obbligatorietà del servizio militare disposta dalla legge 331/2000 la quale rappresenta la trasformazione progressiva delle forze armate in corpi esclusivamente composti da professionisti e non più da personale di leva. Contemporaneamente è stato istituito il servizio civile nazionale che verrà prestato solo su base volontaria.
c) Dovere di contribuire alle spese pubbliche
Due sono i principi affermati dall'art. 53 Cost. in ordine all'adempimento del dovere che impone a tutti di contribuire alle spese pubbliche: quello per cui tale dovere va adempiuto in ragione della capacità contributiva di ciascuno, e quello di base al quale la legge che disciplina il sistema tributario deve ispirarsi a criteri di progressività. Si tratta di due principi che si integrano e si completano a vicenda, stabilendo il primo un rapporto di proporzionalità tra capacità contributiva e imposizione fiscale, imponendo l'adozione da parte del legislatore di un criterio di base al quale, muovendo dalle fasce di reddito più basse e procedendo verso quelle più alte, la proporzionalità dell'imposizione viene integrata dalla sua progressività. La capacità contributiva fa riferimento alla situazione economica complessiva del soggetto, non ogni situazione economica è indice di capacità contributiva: al di sotto di un certo livello non vi è capacità contributiva e quindi non può esservi imposizione fiscale. La legge affida i relativi controlli ad appositi Garanti del contribuente.
d) Dovere di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione e delle leggi
L'art. 54 Cost. impone a tutti i cittadini
'il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne
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