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INTRODUZIONE AL DIRITTO COMUNITARIO - NORME COMUNITARIE E NORME ITALIANE - BANCA CENTRALE EUROPEA

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INTRODUZIONE AL DIRITTO COMUNITARIO


UNIONE EUROPEA E COMUNITA' EUROPEA

Nel 1952 con il Trattato di Parigi venne formulata la proposta di costruire il primo nucleo comunitario che si realizzò con la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA, estinta nel 2002).

Successivamente l'istituzione con i Trattati di Roma del 1957 della Comunità economica europea (CEE che dal 1993 col Trattato di Maastricht diventa CE) e la Comunità europea per l'energia atomica (CEEA o Euratom).

Inizialmente erano parti della comunità 6 Stati: Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi.

Si sono poi aggiunti:

1973: Danimarca, Irlanda e Regno Unito

1982: Grecia

1986: Portogallo e Sna



1995: Austria, Finlandia e Sa

2004: Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Rep.Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria

2006: Romania e Bulgaria

L'art 49 prevede il procedimento di allargamento dell'Unione Europea ad altri Stati.

Gli Stati membri sono ancora padroni dei trattati nel senso che essi possono venir meno alla partecipazione ad essi esprimendo volontà contraria.

Nella Costituzione italiana non esiste alcuna menzione specifica della partecipazione all'Unione europea, considerata solo implicitamente nell'ambito variegato delle organizzazione internazionali alle quali si riferisce l'art 11 Cost.

È usuale definire i poteri conferiti all'Unione "sovrani" e prospettare che ad essa gli Stati membri abbiano trasferito parte della loro sovranità.

Nel trattato di Maastricht, primo abbozzo del disegno dell'Unione, è stato introdotto a tutela dei poteri degli Stati membri, il principio di sussidiarietà ed è stato inoltre indicato (art 6) che l'Unione rispetta l'identità nazionale degli Stati membri.

Rispetto alle esperienze federali l'Unione europea presenta caratteristiche che la distinguono, in particolare per il ruolo assai importante che gli Stati membri svolgono nella formazione dell'attività comunitaria e nell'esecuzione della relativa normativa. L'Unione europea non ha una funzione di governo dell'insieme del territorio degli Stati membri o di parte di tale territorio; svolge essenzialmente, attraverso la propria attività normativa e giudiziaria, una funzione di indirizzo della condotta degli Stati membri.

I trattati istitutivi delle Comunità hanno subito numerose modifiche in particolare per effetto dell'Atto unico europeo del 1986, del TUE adottato a Maastricht nel 1992 (in vigore dal 1993), del Trattato di Amsterdam adottato nel 1997 (in vigore dal 1999) e infine il Trattato di Nizza adottato nel 2001 (in vigore dal 2003).

Il trattato di Maastricht ha aggiunto al primo pilastro (Comunità Europee), il secondo (politica estera e sicurezza comune PESC) e il terzo (giustizia, affari interni, cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale GAI).

Esiste nell'UE una struttura che copre i 3 pilastri costituita dalle "disposizioni comuni" (art 1-7) e da quelle "finali" (art 46-53) del TUE. Inoltre le istituzioni comunitarie operano al fine di assicurare la coerenza e la continuità delle azioni svolte per il perseguimento degli obiettivi dell'Unione (art.3).


CITTADINANZA DELL'UNIONE (artt. 17-22 TCE)

Il trattato di Maastricht ha introdotto nel trattato CE, quale simbolo di intensità dei vincoli tra Stati membri, la cittadinanza dell'Unione.

Presupposto della cittadinanza dell'Unione è la cittadinanza a uno stato membro (art 17).

La determinazione dei modi di acquisto e perdita della cittadinanza rientra nella competenza di ciascuno Stato nel rispetto del diritto internazionale e comunitario.

Lo status di cittadino dell'Unione comporta il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni previste dal Trattato (art 18).

Maggior rilievo hanno le disposizioni introdotte per conferire ai cittadini dell'Unione diritti politici esercitabili sul territorio degli Stati membri diverso da quello di nazionalità.

L'art 19 TCE conferisce al cittadino dell'Unione il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali e a quelle del Parlamento Europeo nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di quello Stato comunque solo qualora ne abbia espresso la volontà.

Spetta inoltre ai cittadini dell'Unione il diritto di petizione al Parlamento europeo (artt 21 e 194) e quello di rivolgersi al Mediatore (artt 21 e 195).

Secondo l'art.191 i partiti politici a livello europeo hanno la funzione di contribuire ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell'Unione.

L'art 20 prevede infine la possibilità che i cittadini dell'Unione godano della tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato qualora nello Stato terzo lo Stato membro di nazionalità non sia rappresentato.

L'art. 22 del Trattato CE prevede una procedura per emanare disposizioni intese a completare i diritti previsti negli articoli precedenti.

SI prospetta così l'eventualità di un arricchimento dello status del cittadino dell'Unione senza ricorrere ad una modifica del Trattato.


PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA'

Gli artt 3-4 TCE contengono una sintesi dell'intero trattato senza tuttavia fondare in via generale competenze.

Le Competenze della comunità quindi non si ricavano solo dal TCE ma secondo l'art 308 diventano competenze della comunità le situazioni che risultano necessarie per raggiungere uno degli scopi della Comunità stessa.

È soltanto nell'art 5 introdotto dal Trattato di Maastricht ai fini di stabilire il principio di sussidiarietà che appare una distinzione fra settori di competenza esclusiva della Comunità e settori che non sono di sua esclusiva competenza.

La sussidiarietà consente che l'azione della Comunità, entro i limiti delle sue competenze, sia ampliata laddove le circostanze lo richiedano o ristretta e sospesa laddove non sia più giustificata.

Il criterio di sussidiarietà implica una valutazione ativa fra quello che gli Stati membri potrebbero fare per raggiungere un certo obiettivo e quello che invece è in grado di realizzare allo stesso fine la Comunità.


IL SISTEMA COMUNITARIO DELLE FONTI

Le fonti del diritto comunitario sono delineate nel TCE (art 249).

I trattati si limitano a definire quali sono gli atti che le istituzioni comunitarie possono adottare, senza enunciare alcuna gerarchia nell'ambito degli atti comunitari.

Un atto dovrà essere comunque considerato superiore ad un altro quando il secondo è emanato al fine di dare esecuzione al primo.

Le norme del Trattato sono poste ad un livello superiore rispetto a quelle adottate dalle istituzioni. Gli accordi internazionali che vincolano la Comunità si pongono ad un livello intermedio tra Trattato e Istituzioni.


REGOLAMENTI

I regolamenti che l'art 249 descrive sono la forma più completa di normativa comunitaria. È obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, cioè operano senza che occorra alcun atto di attuazione. In alcuni casi vi può essere l'esigenza di una normativa integrativa o accomnati da altri regolamenti detti di esecuzione.

DIRETTIVE

È un atto che vincola il destinatario nei fini ma gli lascia la scelta dei mezzi appropriati per raggiungerli entro il termine prefissato. L'efficacia è subordinata alla notifica.

I destinatari possono essere anche tutti gli Stati membri.

DECISIONI

Le decisioni che l'art 249 descrive possono essere avvicinate ai regolamenti perché se il regolamento ha portata generale ed è obbligatorio in tutti i suoi elementi, la decisione è definita come obbligatoria per i destinatari da essa designati. Diventa efficace a seguito della sua notifica ed impongono ai destinatari l'obbligo di adottare provvedimenti normativi.

ATTI NON VINCOLANTI

Le raccomandazioni e i pareri sono atti non vincolanti.

Le raccomandazioni possono essere rivolte ad altre istituzioni, agli Stati membri o anche ad altri soggetti.

I pareri sono diretti all'istituzione che li richiede.

ATTI ATIPICI O NON NOMINATI

Fra gli atti atipici rientrano gli accordi interistituzionali perché sono conclusi per attuare il principio di cooperazione fra le istituzioni.


NORME COMUNITARIE E NORME ITALIANE

Nell'istituire la Comunità europea gli Stati membri hanno limitato i loro poteri sovrani. L'ordinamento giuridico comunitario è conurato come integrato nell'ordinamento giuridico degli Stati membri.

Per l'Italia l'art 11 della Costituzione (inserita per la nostra partecipazione all'ONU) concerne anche la Comunità Europea (secondo la sentenza della Corte Costituzionale del 1964).

Limite dell'applicabilità della normativa comunitaria è la violazione dei principi fondamentali del nostro ordinamento.

La concezione monista prevede quindi che le norme comunitarie operino per effetto della loro appartenenza all'ordinamento comunitario e si integrino con le norme interne, prevalendo su di esse in caso di contrasto.

In caso di contrasto fra norma interna e norma comunitaria non superabile in via interpretativa, mancano nell'ordinamento comunitario strumenti utili a risolvere il contrasto.

Spetterà quindi a ciascuno Stato membro provvedere secondo le rispettive regole a rimuovere le norme interne contrastanti e a porre in essere una normativa conforme agli obblighi comunitari.

Quando la norma comunitaria non è direttamente applicabile, il contrasto della legge con la norma comunitaria non da luogo alla non applicazione della legge.

Quando occorra emanare una normativa statale per attuare norme comunitarie, la Comunità rimette agli Stati membri la determinazione degli atti normativi necessari.

Esiste nel nostro ordinamento una legge annuale (simile a quella finanziaria) detta legge comunitaria che può contenere direttamente norme di adattamento agli obblighi comunitari.


LA COSTITUZIONE EUROPEA

Il 29 ott 2004 è partito il progetto di una Costituzione Europea.

Progetto non andato in porto a causa del no di Francia e Olanda nel 2006.

(direttiva Bolkenstein - idraulico polacco)


IL CONSIGLIO EUROPEO (art 4 TUE)

Nei Trattati istitutivi delle Comunità europee il termine istituzione è riferito al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione, alla Corte di Giustizia e alla Corte dei conti (art 7 TCE).

L'art 3 TUE indica che l'Unione dispone di un quadro istituzionale unico che assicura la coerenza e la continuità delle azioni svolte per il perseguimento dei suoi obiettivi e attribuisce al Consiglio e alla Commissione la responsabilità di garantire tale coerenza.

Il Consiglio Europeo riunisce i capi di Stato o di Governo degli Stati membri e il presidente della Commissione.

Il Consiglio Europeo è l'organismo che da all'unione l'impulso necessario al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti politici generali relativi alla politica estera e di sicurezza comune (II pilastro).

La scelta se partecipare al Consiglio Europeo per mezzo del capo di stato o di governo spetta a ciascuno stato membro in base alla rispettiva struttura costituzionale. Ogni capo di stato o di governo è assistito dal proprio ministro degli esteri.

Il presidente della commissione ha la funzione di raccordo tra il Consiglio Europeo e la Commissione, che si occupa di fare le proposte degli atti normativi.

Il Consiglio europeo si riunisce almeno due volte l'anno ed è presieduto dal capo di stato o di governo dello stato membro che esercita la presidenza del Consiglio.

Durante le riunioni si procede ad un esame periodico delle questioni di maggiore rilevanza per lo sviluppo della comunità con la finalità di raggiungere una soluzione globale.

Non è stabilito nel Tue il modo di delibera del consiglio europeo.

In assenza di specificazioni è da ritenere che occorra l'unanimità (consensus).

Di regola non si formano atti vincolanti salvo per un accordo internazionale fra gli Stati membri.

Il Consiglio europeo ha rapporti con il Parlamento europeo solo perché consegna una relazione dopo ciascuna delle sue riunioni e una relazione annuale sui progressi compiuti dall'Unione.


IL CONSIGLIO (art 203 TCE)

Il Consiglio è diretta espressione dei Governi degli Stati membri e quindi gli interessi dei singoli Stati vi sono fatti valere in modo immediato.

Il Consiglio si compone di tanti membri quanti sono gli Stati membri dell'Unione.

Nelle riunioni intervengono i ministri degli esteri per la discussione delle questioni generali  (II pilastro) mentre per le altre materie è prevista la partecipazione del ministro competente.

Per la presidenza del Consiglio è previsto un turno semestrale a rotazione.

La modalità di delibera è a maggioranza qualificata per cui è stato attribuito un certo peso al voto di ciascuno Stato membro salvo alcune disposizioni specifiche che prevedono l'unanimità (Italia 29).

La cooperazione fra Stati membri in merito al II e III pilastro ha carattere intergovernativo.

Per gli atti più rilevanti del II e III pilastro il Consiglio delibera all'unanimità.

Esiste una replica minore del Consiglio, il COREPER che si occupa della preparazione del lavoro del Consiglio e dell'esecuzione dei compiti che esso gli assegna.

In Italia i regolamenti parlamentari offrono alle Camere la possibilità di discutere gli atti del Consiglio prima che essi siano adottati.

Il Consiglio ha il proprio segretariato generale a Bruxelles.


LA COMMISSIONE (artt 213 - 214 - 219 TCE)

La Commissione è indubbiamente quella che offre le maggiori garanzie di autonomia rispetto agli Stati membri anche se dispone di un minore potere deliberativo.

La Commissione possiede un potere esclusivo di fare proposte di atti normativi e vigila sul rispetto da parte degli Stati membri degli obblighi comunitari.

Il Presidente della Commissione ha il compito di provvedere alla ripartizione delle competenze fra i membri della Commissione.

La Commissione e il Presidente della Commissione vengono nominati a maggioranza qualificata dal Consiglio in composizione dei capi di Stato o di Governo.

Gli Stati hanno comunque un ruolo rilevante perché presentano una lista di candidati commissari.

La nomina deve poi essere approvata dal Parlamento europeo con voto di approvazione.

Anche se si tratta di un potere di controllo più formale che sostanziale, esso rappresenta un rafforzamento del dialogo tra Commissione e Parlamento.

I membri sono uno per ciascuno Stato membro ed operano le loro funzioni in piena indipendenza nell'interesse generale della Comunità. Ciascuno Stato si impegna a non influenzare i membri della Commissione.

Le delibere sono a maggioranza del numero dei suoi membri.

La Commissione sottopone al Parlamento una relazione generale annuale che è un mezzo utile per conoscere in sintesi l'insieme delle attività della Comunità.

L'amministrazione della Commissione è situata a Bruxelles.


IL PARLAMENTO EUROPEO (artt 189 - 191 TCE)

Il Parlamento europeo partecipa a seconda delle materie all'attività normativa.

Esercita un potere di controllo politico sulla Commissione.

Condivide col Consiglio il ruolo principale nell'adozione del bilancio.

I membri sono 732 (Italia 78) e non possono essere superiori a questo numero secondo l'art 189 TCE.

Nella ripartizione dei seggi è tenuto conto dell'entità della popolazione di ciascuno Stato.

I rappresentanti vengono eletti a suffragio universale diretto secondo una procedura uniforme per un periodo di 5 anni.

Le deliberazioni del Parlamento sono assunte a maggioranza assoluta dei voti espressi.

Non diversamente da quanto avviene nei parlamenti nazionali, anche all'interno del Parlamento Europeo sono costituiti gruppi parlamentari per affinità politiche evitando di farli su base nazionale perché sarebbe contro lo spirito cui deve ispirarsi il Parlamento Europeo.

Le sedute plenarie si svolgono a Strasburgo per un periodo di circa una settimana al mese, le riunioni delle commissioni e dei gruppi politici si svolgono a Bruxelles mentre il segretariato generale e i servizi tecnici si trovano a Lussemburgo.


LA CORTE DEI CONTI (art 7 - 246 - 247 - 248 TCE)

Trattasi di un organo ausiliario delle istituzioni necessario per il controllo finanziario.

La Corte ha un carattere di indipendenza ed è composta da un membro per ogni Stato membro. I membri sono nominati sulla base delle proposte di ciascuno Stato membro a maggioranza qualificata dal Consiglio previa consultazione con il Parlamento per 6 anni.

La Corte dei Conti ha competenza di controllo generale ed esamina i conti di tutte le entrate e spese della Comunità.

Redige una relazione annuale sull'esercizio di controllo effettuato che viene poi reso noto con la pubblicazione della stessa.

Accanto alla competenza generale di controllo, la Corte dei Conti dispone inoltre di un generale potere consultivo nelle materie di sua competenza.


LA CORTE DI GIUSTIZIA

L'art 7 TCE considera istituzione soltanto la Corte di Giustizia ma accanto ad essa opera anche il Tribunale di I grado.

L'art 223 TCE stabilisce che i giudici e gli avvocato generali della Corte di Giustizia siano scelti tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza.

Il Trattato non pone vincoli rispetto alla nazionalità dei giudici limitandosi a stabilire che essi sono nominati di comune accordo dagli Stati membri, uno per ogni Stato membro, per la durata di 6 anni, rinnovabile. (art 221)

Questo tipo di nomina ovviamente non si concilia con la questione dell'indipendenza.

Gli avvocati generali sono 8, sono nominati dagli Stati membri per 6 anni con mandato rinnovabile e hanno la funzione di illustrare alla Corte la soluzione preferibile.

I giudici designano il presidente della Corte per un mandato di 3 anni rinnovabile.

La Corte normalmente opera in sezioni. Per alleviare il carico giudiziario della Corte è stato istituito il Tribunale di I grado i cui membri vengono eletti allo stesso modo dei giudici della Corte. Il Tribunale è competente rispetto all'impugnazione degli atti, ai ricorsi in carenza, alle azioni per la responsabilità extracontrattuale della Comunità e alle cause relative ai funzionari.

Per mantenere l'unità di indirizzo nell'interpretazione delle norme comunitarie è prevista l'eventuale impugnazione dinanzi alla Corte di Giustizia.


RICORSI PER INFRAZIONE

Una fra le principali competenze della Corte concerne i ricorsi nei confronti di uno Stato membro per la violazione di obblighi posti da norme comunitarie sovente per ragioni di carattere politico.

I ricorsi possono essere proposti dalla Commissione oppure da un altro Stato membro.

In questo caso la Commissione prima contesta l'infrazione allo Stato che può replicare con proprie osservazioni. Una volte esaminate le osservazioni la Commissione procede ad emanare un parere motivato. Qualora lo Stato non si conformi a tale parere la Commissione può adire alla Corte. Il ricorso alla Corte comunque appare un rimedio estremo.

In caso il ricorso sia richiesto da uno Stato membro quest'ultimo deve comunque passare per la Commissione.

Questa procedura si può anche concludere con una sanzione pecuniaria.

L'IMPUGNAZIONE DEGLI ATTI COMUNITARI

Gli Stati membri e alcune istituzioni comunitarie sono legittimati ad impugnare qualsiasi atto. Ciò deve intendersi anche nel senso che non occorre per essi dimostrare l'esistenza di un proprio interesse all'impugnazione.

L'impugnazione di un atto non ha di per sé conseguenze circa la sua efficacia ma se la Corte lo ritiene necessario può ordinarne la sospensione.

RICORSO IN CARENZA

Il comportamento delle istituzioni comunitarie può essere censurato anche sotto il profilo omissivo, qualora le istituzioni si astengano dall'emanare atti previsti dal trattato.

Oggetto del ricorso è l'omissione di un comportamento idonea a violare il trattato oppure le norme giuridiche relative alla sua applicazione.

RESPONSABILITA' EXTRACONTRATTUALE

Fra le altre competenze delle istituzioni giudiziarie ha rilievo i ricorsi per il risarcimento di danni da parte di persone fisiche o giuridiche che vengono diretti per competenza al Tribunale di I grado.



IL MEDIATORE (art 195 TCE)

Viene nominato dal Parlamento Europeo ed è abilitato a ricevere le denunce di qualsiasi cittadino dell'Unione riguardanti casi di cattiva amministrazione (esclusa Corte di Giustizia e Tribunale di I grado).

Qualora il Mediatore, in seguito alle proprie indagini, abbia constatato la cattiva amministrazione egli ne investe l'istituzione interessata che ha 3 mesi per comunicare il parere in merito all'accaduto.

Dopo ciò il Mediatore trasmette una relazione al Parlamento europeo e all'istituzione interessata.

Il Mediatore presenta anche una relazione annuale al Parlamento Europeo.


BANCA CENTRALE EUROPEA

Al fine della progressiva attuazione dell'Unione economica e monetaria è stato creato il 1 gennaio 1994 (art 117 TCE) l'Istituto Monetario europeo con il ruolo di preparare la terza fase caratterizzata dall'adozione della moneta unica.

Subito dopo sono state create la BCE e delle banche centrali degli Stati membri.

L'art 112 TCE prevede che la BCE abbia un Consiglio direttivo comprendente i membri del comitato esecutivo della BCE (presidente, vicepresidente, 4 membri nominati di comune accordo dai capi di Stato o di Governo degli Stati membri) e dai governatori delle banche centrali nazionali.

Il mandato del comitato esecutivo della BCE è di 8 anni, non rieleggibili per garantire la loro indipendenza.

La BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote all'interno della Comunità (art 106).

La BCE non è soggetta ad un controllo da parte delle istituzioni politiche comunitarie, deve solo trasmettere ad esse una relazione annuale sulle attività svolte e sulla politica monetaria.



PROCEDURA DI CONSULTAZIONE art 192 TCE

Nella procedura di consultazione al Parlamento è semplicemente richiesto un parere sulla proposta legislativa prima dell'adozione da parte del Consiglio.

Questa procedura può essere obbligatoria quando previsto esplicitamente dai trattati comunitari.

Può essere facoltativa quando è la Commissione a richiedere al Consiglio di consultare il Parlamento oppure il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni.

Se il Parlamento consiglia degli emendamenti questi vengono esaminati dalla Commissione e se vengono accettati del tutto o in parte vengono poi proposti al Consiglio con una proposta modificata. Il Consiglio esamina la nuova proposta che può essere adottata o emendata ulteriormente. Se il Consiglio modifica le proposte della Commissione deve farlo all'unanimità.

Questa procedura di applica in diversi settori ad es: concorrenza, agricoltura, fiscale.


PROCEDURA DI COOPERAZIONE O PARERE CONFORME

Questa procedura introduce una seconda lettura del Parlamento Europeo e del Consiglio.

Da al Parlamento europeo un ruolo più importante di quello ad esso riconosciuto dalla procedura di consultazione. Il Parlamento può apportare modifiche alla posizione comune del Consiglio, ma, a differenza di quanto avviene nella procedura di codecisione, la decisione spetta al solo Consiglio.

La proposta della Commissione è inviata previa lettura non solo al Consiglio, ma anche al Parlamento europeo. L'obiettivo di richiedere il parere del Parlamento consiste nel far sì che egli possa trasmettere al Consiglio il suo parere sulle proposte della Commissione prima dell'adozione della posizione comune.

Anche il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni possono essere eventualmente consultati in questa fase.

Sulla base dei pareri pervenuti il Consiglio stabilisce una posizione comune.

Il Parlamento esamina tale posizione comune in seconda lettura e può entro 3 mesi approvare la posizione comune o non pronunciarsi.

Se il Parlamento europeo respinge la posizione comune o propone degli emendamenti, il Consiglio potrà imporre la sua volontà nei seguenti modi:

imporre la propria posizione in seconda lettura votando all'unanimità

non adottare alcuna decisione > blocco della procedura

se la Commissione accoglie gli emendamenti proposti dal Parlamento, il Consiglio decide a maggioranza qualificata o all'unanimità se decide di discostarsi dalla posizione della Commissione.

Se la Commissione non approva gli emendamenti del Parlamento occorre il voto unanime del Consiglio affinché la proposta venga adottata.

Il Parlamento da solo pertanto potrà difficilmente imporre la sua opinione al Consiglio.

I settori in cui si ricorre a questa procedura sono:

- modalità della procedura di sorveglianza multilaterale

- divieto di accesso privilegiato alle istituzioni finanziarie

- divieto di farsi carico degli impegni degli Stati membri

- misure d'armonizzazione riguardanti la circolazione delle monete metalliche


PROCEDURA DI CODECISIONE (art 251 TCE)

La procedura di codecisione prevede una condivisione del potere legislativo tra il Parlamento europeo e il Consiglio. Il Parlamento in questo caso ha anche potere di veto.

Si applica ad una vasta gamma di settori ad es: istruzione, cultura, mercato interno.

La procedura di codecisione è articolata in tre fasi:

prima lettura:

Il Parlamento può emendare la proposta della Commissione.

Se il Parlamento non adotta emendamenti e se anche il Consiglio accoglie favorevolmente la proposta della Commissione: l'atto è adottato dal Consiglio a maggioranza qualificata.

Il Consiglio non approva tutti gli emendamenti o li respinge: Il Consiglio adotta una posizione comune a maggioranza qualificata e la comunica al Parlamento. Il Consiglio è tenuto ad informare il Parlamento in modo esauriente dei motivi che l'hanno indotto ad adottare la posizione comune. La Commissione informa il Parlamento della sua posizione.

seconda lettura:

Il Parlamento ha, entro un termine di 3 mesi, 3 possibilità di azione.

Uno: se il Parlamento approva la posizione comune del Consiglio o non esprime parere entro il termine stabilito, l'atto in questione si considera adottato in conformità con la posizione comune.

Due: se il Parlamento, a maggioranza assoluta dei membri, respinge la posizione comune, l'atto proposto si considera non adottato.

Tre: se il Parlamento, a maggioranza assoluta dei suoi membri, propone emendamenti alla posizione comune, il testo emendato viene comunicato al Consiglio e alla Commissione che formula un parere sugli emendamenti. In quest'ultimo caso o il Consiglio, a maggioranza assoluta dei membri, approva tutti gli emendamenti e quindi l'atto si considera adottato oppure il Consiglio informa il Parlamento che non approva tutti gli emendamenti proposti e quindi i presidenti di Consiglio e Parlamento convocano entro sei settimane il Comitato di Conciliazione.

terza lettura:

Il Comitato di Conciliazione che riunisce membri del Consiglio e altrettanti del Parlamento, esamina la posizione comune votata in seconda lettura e entro un termine di sei settimane elabora un progetto comune.

Se il Comitato di Conciliazione non approva entro i termini un progetto comune, l'atto in questione si considera non adottato e la procedura è chiusa.

Se il Comitato di Conciliazione approva un progetto comune, questo viene sottoposto all'approvazione di Consiglio e Parlamento che dispongono di un termine di sei settimane per adottare l'atto in questione, a maggioranza qualificata per il Consiglio e a maggioranza assoluta dei voti espressi per il Parlamento. L'atto si considera adottato se il Consiglio e il Parlamento approvano il progetto comune.








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