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RAPPORTO TRA GIURISDIZIONE CIVILE E GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVA

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RAPPORTO TRA GIURISDIZIONE CIVILE E GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVA

La giurisdizione amministrativa sorge dopo la rivoluzione francese quando vengono creati i TRIBUNALI DEL CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO che avevano il compito di conoscere le controversie che riguardavano la pubblica amministrazione; in realtà era la pubblica amministrazione stessa a conoscere quelle controversie. Nel 1965 con la legge n.2248/1865 (allegato E) vennero aboliti i tribunali del contenzioso amministrativo e le controversie che prima questi venivano a conoscere vengono distribuite. L'art.2 della legge in questione stabilì che tutta la materia riguardante i diritti civili, politici, quindi i diritti soggettivi veniva affidata all'autorità giudiziaria ordinaria. Questo rappresentava un notevole passo avanti perché determinate controversie non venivano più conosciute da un giudice che non poteva dirsi indipendente in quanto costituito da funzionari della parte in causa (pubblica amministrazione). L'art.3 della legge suddetta, invece, stabilì che quando non erano coinvolti diritti soggetti vi ma ad esempio interessi legittimi la controversia doveva essere conosciuta dall'autorità amministrativa. Quest'articolo diversamente dal precedente costituiva un passo indietro, perché anche se determinate controversie venivano sottratte ad un giudice non imparziale si aveva un processo diverso rispetto alle materie di cui all'art.2. Indubbiamente la legge n.2248/1965 non creò la giurisdizione unica (come alcuni ritennero) che si ha solo nel caso in cui vi è un giudice per tutte le situazioni. Sulla scia delle discussioni circa l'opportunità di reintrodurre una giustizia amministrativa si ebbero una serie di interventi. Nel 1877 venne dato alla CORTE DI CASSAZIONE il compito di decidere sui conflitti di attribuzione (cioè su quelle situazioni in cui si doveva stabilire se era  o meno il giudice ordinario che doveva conoscere certe controversie). In realtà non cambiò molto perchè anche la cassazione era un giudice molto vicino al potere politico. Nel 1889 venne istituita la QUARTA SEZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO che doveva decidere sui ricorsi contro gli atti della pubblica amministrazione e aventi ad oggetto interessi legittimi. Nel 1890 vennero istituite le GIUNTE PROVINCIALI AMMINISTRATIVE, organismi più diffusi a livello territoriale e con il compito di conoscere i ricorsi contro gli atti degli enti locali lesivi di interessi legittimi. In questo periodo si delinea un quadro di giustizia amministrativa che vede al 1° grado le giunte provinciali amministrative e al 2° grado (cioè in appello) il consiglio di stato. Nel 1907 venne istituita la QUINTA SEZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO, inoltre venne prevista la possibilità di ricorrere in cassazione avverso le decisioni del consiglio di stato. Il riconoscimento della possibilità di impugnare dinanzi alla cassazione le decisioni del consiglio di stato era un riconoscimento della natura giurisdizionale di tali decisioni. Nel 1923 vennero attribuiti al PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI STATO i ricorsi alla quarta ed alla quinta sezione del consiglio di stato. Inoltre in quest'anno la materia del pubblico impiego venne trasferita dal giudice ordinario al giudice amministrativo che poteva conoscere le relative controversie anche se avevano ad oggetto diritti soggettivi (questo provvedimento interviene sull'art.3 su citato). Nel 1924 venne emanato il TESTO UNICO SULLE LEGGI SUL CONSIGLIO DI STATO che ordinava le leggi sino ad allora intervenute e confermava la giurisdizione amministrativa esclusiva in materia di pubblico impiego. Nel 1948 venne istituita la SESTA SEZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO. Oggi la quarta, la quinta e la sesta sezione del consiglio di stato hanno una competenza per materia interna. Il sistema di giustizia amministrativa, fin qui descritto, venne recepito dalla Carta costituzionale (artt.24, 103, 113). Nel 1968 le giunte provinciali amministrative vennero abolite perché ritenute incostituzionali, in quanto non garantivano l'indipendenza e l'imparzialità del giudice (visto che erano costituite da funzionari degli enti locali). Nel 1971 vennero istituiti i TRIBUNALI AMMINISTRATIVI REGIONALI (TAR) che da allora diventarono l'organo di giustizia amministrativa di 1° grado (furono previste alcune disposizioni per garantire l'autorità e l'indipendenza di questi magistrati che vengono nominati per concorso). Il sistema di giustizia amministrativa creatosi ed esistente fino ad oggi vede al 1° grado i TAR, al 2° grado (in appello) il CONSIGLIO DI STATO, all'ultimo grado la CASSAZIONE. Il sistema di giustizia amministrativa è più semplice di quello di giustizia civile perché nel primo abbiamo solo un giudice di 1° grado che si pone solo problemi di competenza per territorio rispetto agli altri giudici di 1°grado. Per quanto riguarda i rapporti tra giustizia amministrativa e giustizia civile, qui non ci sono norme come nei rapporti tra giustizia civile e giustizia penale, infatti non ci sono norme amministrative.



In questo caso ciò che determina l'intervento della giustizia amministrativa non è la violazione di un'improbabile norma amministrativa, ma è una determinata situazione giuridica sostanziale costituita dagli interessi legittimi. In realtà la giustizia amministrativa dal 1924 non si occupa più solo di situazioni inerenti agli interessi legittimi, ma tratta anche di diritti soggettivi in determinate materie quali il pubblico impiego. Nel 1992-93 tuttavia il legislatore ha restituito al giudice ordinario la cognizione in materia di lavoro pubblico. Nel 1997-98 invece, attraverso una legge delega e vari decreti legislativi, sono state attribuite al giudice amministrativo tutta una serie di competenze nuove (controversie in materia di: pubblici servizi, assicurazioni nel campo immobiliare, servizio farmaceutico, urbanistica e edilizia ecc.); ma la Corte costituzionale ha emanato nel 2000 una dichiarazione di incostituzionalità di tali provvedimenti per eccesso di delega. Per quanto riguarda la relazione tra processo amministrativo e processo civile possiamo dire che essa non attiene più alla distinzione tra interessi legittimi e diritti soggettivi, ma più che altro può considerarsi una distinzione per materia. Poiché nel processo amministrativo non si impugna più un atto amministrativo, o meglio non solo, ma si cerca di tutelare un diritto ne consegue che per determinate situazioni non è più necessario il rispetto del termine di 60 giorni per impugnare l'atto amministrativo. Nel 1865, con l'art.4 e l'art.5 della legge n.2248/1865, venne stabilito che quando nel corso di un giudizio il giudice civile viene a conoscenza di un atto amministrativo, che può essere rilevante ai fini della causa, può conoscerlo e giudicare: disapplicando l'atto se questo è ritenuto illegittimo, applicandolo se è ritenuto legittimo; inoltre bisogna dire che la valutazione del giudice ordinario sull'atto amministrativo è una valutazione incidenter tantum, essa cioè non ha effetto oltre quel giudizio (se il giudice ritiene illegittimo l'atto ciò non vale come annullamento dell'atto stesso); un esempio può essere il caso "Punta Perotti" di Bari. Problemi possono sorgere se sono in corso contemporaneamente un processo civile ed un processo amministrativo nei quali si sta discutendo la legittimità dello stesso atto amministrativo; ci sono alcune tesi:

quella che ritiene si debba applicare l'art.295 che prevede la sospensione del processo civile in attesa della definizione del processo amministrativo;

quella sostenuta dalla cassazione che ritiene che se l'oggetto del giudizio amministrativo è un interesse legittimo i due processi vanno avanti entrambi in quanto autonomo, se invece l'oggetto del giudizio amministrativo è un diritto soggettivo (nei casi in cui è previsto dalla legge) il processo civile va sospeso in attesa che sia definito quello amministrativo (questo in funzione della pregiudizialità tra rapporti giuridici);

quella che ritiene che i due processi (in quanto autonomi) devono continuare entrambi senza che quello civile sia sospeso, questo perché il giudice civile ha il potere di conoscere incidenter tantum, ai fini limitati del giudizio in corso, sia la legittimità dell'atto amministrativo sia il c.d. rapporto giuridico pregiudiziale.

In realtà le tesi (prima e seconda) che in un caso o in entrambi affermano che il processo civile va sospeso sono in contrasto con quanto stabilito dall'art.111 Cost. che stabilisce che la legge deve assicurare la ragionevole durata del processo; infatti non si ha una durata ragionevole del processo civile se questo viene sospeso in attesa della definizione del processo amministrativo che in Italia dura non meno di dieci anni). Il problema della relazione tra processo amministrativo e processo civile è maggiormente importante in materia di lavoro pubblico dove sono intervenute varie norme raggruppate poi dal legislatore nel decreto legislativo n.165/2001. Bisogna innanzitutto dire che ci sono alcune categorie di dipendenti pubblici ai quali non si applica la nuova disciplina che consta dell'aspetto di natura sostanziale e dell'aspetto di natura processuale; quelli ai quali invece si applica la nuova disciplina sono quei dipendenti pubblici il cui rapporto di lavoro pubblico è stato oggi privatizzato (contrattualizzato), quindi ad essi non vengono più applicati i provvedimenti di natura amministrativa ma vengono applicate le norme del codice civile e dei contratti collettivi e di conseguenza dal punto di vista processuale il giudice che deve applicare le norme civilistiche non è più il giudice amministrativo ma è quello civile. I dipendenti pubblici per i quali non opera la nuova disciplina (cioè né la trasformazione del rapporto da pubblico a privato né il trasferimento delle relative controversie dal giudice amministrativo a quello civile) sono quelli indicati nel 4° e nel 5° comma dell'art.2, ovvero i magistrati (ordinari ed amministrativi), i contabili, gli avvocati ed i procuratori dello stato, il personale militare delle forze di polizia di stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, i professori ed i ricercatori universitari. In sostanza il giudice amministrativo, secondo quanto stabilisce il decreto legislativo in questione, continuerà a conosce le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ed in maniera esclusiva le controversie dei rapporti di lavoro di quel personale escluso dalla privatizzazione del pubblico impiego.


Esempio: nel caso in cui dovesse sorgere una controversia tra colui che ha partecipato ad un concorso e la pubblica amministrazione che lo ha indetto, se la controversia è nata prima della formazione della graduatoria il giudice che deve conoscerla è quello amministrativo, mentre se la controversia è nata successivamente in ordine alla formazione del rapporto di lavoro o all'assunzione sarà la giurisdizione ordinaria a conoscere la controversia (interpretazione della Corte costituzionale che ha affermato la legittimità della previsione legislativa). Il giudice ordinario ha tutti i poteri nei confronti della pubblica amministrazione. Per quanto riguarda l'individuazione di un atto amministrativo illegittimo, bisogna dire che un atto amministrativo è illegittimo quando è espressione di: un eccesso di potere, un'incompetenza, una violazione di legge. Rimodulando quando un atto amministrativo è illegittimo il giudice lo disapplica decidendo poi la causa civile, quando invece un atto amministrativo è legittimo il giudice decide la causa civile considerando appunto l'atto amministrativo legittimo. Come abbiamo detto la decisione del giudice vale sul rapporto e non sull'atto amministrativo e dobbiamo aggiungere che l'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia civile non è causa di sospensione del processo civile. Alla conclusione dei due giudizi le decisioni del giudice amministrativo e del giudice civile non potranno eventualmente dirsi contrastanti perché il processo civile decide sul diritto, mentre il processo amministrativo decide sulla legittimità dell'atto; tuttalpiù si potrà parlare di decisioni non conciliabili.





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