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DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO

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Il diritto internazionale privato è una parte del diritto interno dei singoli Stati. Esistono sistemi profondamente diversi gli uni dagli altri. Il problema è allora quello di far quadrare insieme sistemi di diritto internazionale privato. Questo è (rimane) una parte del diritto interno italiano la quale si occupa dei conflitti di legge .

L'art.1 della legge 218/95 testualmente recita:(Oggetto della legge)-"La presente legge determina l'ambito della giurisdizione italiana, pone i criteri per l'individuazione del diritto applicabile e disciplina l'efficacia delle sentenze e degli atti stranieri."

I conflitti di giurisdizione appartengono al diritto processuale civile internazionale. Il giudice si trova a dover risolvere una controversia relativa a problemi di estraneità: deve decidere se applicare il diritto italiano o quello straniero.



Le norme di diritto internazionale privato ci vengono date dalla legge 31 maggio 1995 n°218 la quale consta di 74 articoli suddivisi in 5 titoli.

Sent. Trib. Genova 11 settembre 1997: Comely petroly international company (anni di gestione 1990/91) con sede nelle Antille olandesi ( isola di Curesan). Gli attori sono i dirigenti della società mentre i convenuti sono gli amministratori. Perché questa causa arriva davanti al giudice italiano? La società afferma la competenza del giudice italiano e di questo tribunale poiché nella circoscrizione hanno residenza e domicilio i convenuti. L'art.3, comma 1 della legge 218/95 afferma: "La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'art. 77 del codice di procedura civile e negli altri casi in cui è prevista dalla legge". Il giudice ha quindi giurisdizione ed è competente. Ma, a questo punto, quale sarà la legge da applicare? La legge italiana oppure quella straniera? In questo caso specifico il giudice afferma che la legge da applicare deve essere quella del foro. La competenza a decidere sulla materia specifica è, nel caso di specie, del giudice italiano, pur tuttavia il giudice afferma che il diritto competente è quello delle Antille olandesi in virtù dell'art,25 della L.218/95 (il quale dispone che si applica la legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione). Occorrerà allora operare un collegamento tra i due ordinamenti. Come fa il giudice italiano a conoscere il diritto delle Antille? Dottrina e giurisprudenza sono divise. Un suggerimento arriva dall'art.14 della 218/95 il quale afferma:1 "L'accertamento della legge straniera è compiuto d'ufficio dal giudice. A tal fine questi può avvalersi , oltre che degli strumenti indicati dalle convenzioni internazionali, di informazioni acquisite per il tramite del Ministero di grazia e giustizia ; può altresì interpellare esperti o istituzioni specializzate.2 Qualora i giudice non riesca ad accertare la legge straniera indicata, neanche con l'aiuto delle parti, applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana.

Alcuni sostennero, nel caso di specie, che le parti avrebbero dovuto allegare , insieme alle loro richieste, la legge delle Antille.

Potrebbe anche succedere che il diritto della Antille rimandi al diritto italiano (visto che i convenuti sono italiani), si tratta del c.d rinvio indietro al paese che aveva operato il primo rinvio. La soluzione ci è data dall'art.13 lett. B che afferma: "Quando negli articoli successivi è richiamata la legge straniera , si tiene conto del rinvio operato dal diritto internazionale privato straniero alla legge di un altro Stato: . . . . lett.b: se si tratta di rinvio alla legge italiana.

Possiamo trovare una norma che dice che l'azione di responsabilità è regolata dalla legge del luogo dove furono compiuti gli atti censurabili (ad es. in Messico) e, allora, il diritto delle Antille rimanderà a quello messicano. Quest'ultimo, a sua volta, potrebbe rinviare alla legge dei dirigenti(es. Stati Uniti), ecc.

Altra questione è rappresentata dal fatto che questi illeciti avvennero nel 1990/91 anni in cui la legge 218/95 non era ancora entrata in vigore. Quale sarà allora la disciplina da applicare? La legge 218/95 oppure la disciplina contenuta negli articoli delle preleggi del codice civile? L'art.72 della legge 218/95 sancisce l'applicabilità di questa legge. Art.72 comma 1: "La presente legge si applica in tutti i giudizi iniziati dopo la data della sua entrata in vigore, fatta salva l'applicabilità alle situazioni esaurite prima di tale data delle previgenti norme di diritto internazionale privato."


Le norme bilaterali perfette pongono in parità sia le leggi del foro che quelle di un qualsivoglia diritto. Così il diritto internazionale privato può richiamare il diritto del foro anche in presenza della legge straniera. Deve esserci un criterio per potere stabilire quale legge applicare. Esiste il criterio di ragionevolezza che ha una struttura ampia e rimette l'individuazione all'interprete. Questo criterio è stato sviluppato in tempi recenti anche se una intuizione era già presente nella dottrina classica del XIX secolo. Savigny definiva questo criterio come la "sede naturale del rapporto". Egli si chiede : come dobbiamo regolarci quando abbiamo una fattispecie collegabile a fattispecie diverse ( due o più Stati)? Il criterio era il risultato di una ricerca della sede naturale del lavoro: coerenza nelle cose prima che nelle norme per identificare in un ordinamento giuridico la disciplina di quella materia. Ad esempio nel matrimonio era la legge della vita matrimoniale il luogo dell'identificazione della sede naturale. Savigny era convinto che si sarebbe raggiunta l'uniformità di soluzioni e credeva, altresì, che il diritto internazionale fosse " internazionalmente necessitato". L'equivoco nasce dal fatto che usano diverse terminologie una per regolare i rapporti tra gli Stati e l'altra "latu sensu" per regolare i rapporti tra privati. Nell'Ottocento si avviano sforzi di codificazione di trattati del diritto internazionale privato, con gli Stati che si ispirano a principi comuni. Gli Stati si accorgono che un sistema potentissimo di imperialismo (dottrinario) permette di estendere il precetto il precetto al di là dei confini nazionali. Il primo sistema di diritto internazionale privato nasce col codice del 1865. Pasquale Mancini diceva che la nazionalità è il fondamento del diritto internazionale tout court (diritto delle genti). L'idea di Mancini era che l'italiano, ovunque nel mondo, poteva essere seguito dalla sua legge nazionale.

L'Italia era un paese di emigrazioni e quindi è ovvio che tendesse ad avere un sistema basato sul principio di nazionalità. Il codice del 1942 era basato sul principio di nazionalità, tendeva, cioè, ad applicare la legge italiana (preleggi art. dal 17 al 31 c.c). La riforma, come ormai è noto, è avvenuta con la legge 218/95. Questa nuova disciplina è molto analitica in quanto è adottata in un paese dove i rapporti tra cittadini sono molto più frequenti. Oggi l'Italia è un paese di immigrazione e non più di emigrazione ( anche se il legislatore, onestamente , non lo ha tenuto molto in considerazione).


Prendiamo le mosse dall'art. 4 c.p.c., articolo peraltro già derogato dalla legge 218/95. C'è un sistema basato sulla nazionalità delle parti in causa e della nazionalità del convenuto. Il cittadino italiano poteva essere citato dal giudice italiano, mentre lo straniero solo se residente oppure se si verificava almeno una delle condizioni di cui al n°1 dell'articolo 7. Dall'articolo 3 della 218/95 evinciamo che, oggi, non esiste più la parola "straniero" ma " convenuto domiciliato". Determinante diviene allora il domicilio o la residenza. Il sistema moderno, oggi, è aperto alla cooperazione giudiziaria e giuridica tra paesi. La convenzione di Bruxelles (1968) prevede l'utilizzo molto esteso del criterio del domicilio. Prima della riforma , per le materie contenute nella convenzione di Bruxelles , si trovava difficoltà di applicazione per il conflitto di norme con la legislazione italiana (art.4 c.p.c.). si applicavano, cioè, le norme della convenzione per le materie concernenti la stessa, mentre si applicava l'articolo 4 del c.p.c. per le altre materie. Straniero e cittadino sotto il vecchio sistema ci presentava una netta distinzione, dunque, tra straniero e cittadino. Il legislatore aveva delle idee tanto rigide sulla sovranità da prevedere l'inderogabilità della giurisdizione. Nell'articolo 2 c.p.c. appariva il divieto di deroga giurisdizionale per le ipotesi che esso contemplava di propria pertinenza. Accadeva allora questo: vi era una differenza di trattamento tra lo straniero residente in Italia e quello, invece non residente o, comunque non domiciliato. La norma corrispondente nel nuovo sistema è del tutto differente: il secondo comma dell'articolo 4 della legge 218/95 così recita | "La giurisdizione italiana può essere convenzionalmente derogata a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero se la deroga è provata per iscritto e la causa verte su diritti disponibili."

La formulazione dell'articolo 3 del c.p.c. negava la rilevanza della pendenza davanti ad un giudice straniero (cd. Litispendenza internazionale) e, dunque, era possibile incardinare un processo in Italia avente la medesima causa. Oggi l'articolo 7 della l.218/95 prevede, nel caso di litispendenza, che il giudice possa, se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetto in Italia, sospendere il giudizio. 



Prendiamo le mosse dall'articolo 3 comma 1: "La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'art.77 del codice di procedura civile e negli altri casi in cui è prevista dalla legge". Questi casi possono essere riconducibili a tre categorie:

Altre convenzioni internazionali;

Leggi speciali ( ad es. marchi regolati dal diritto industriale);

Situazioni legate a questa stessa legge.

Alcune scelte di fondo appaiono contraddette dall'operare di questi criteri speciali.

L'articolo 22 comma 2 relativo alla ssa, assenza e morte presunta afferma: "Sussiste la giurisdizione italiana per le materie di cui al comma 1:

a)    se l'ultima legge nazionale era quella della italiana;

b)    se l'ultima residenza della persona era in Italia;

c) se l'accertamento della ssa o della morte presunta può produrre effetti giuridici nell'ordinamento italiano."

Anche in materia di nullità e di annullamento del matrimonio, di separazione personale e di scioglimento del matrimonio, la giurisdizione italiana sussiste . anche quando uno dei coniugi è cittadino italiano o il matrimonio è stato celebrato in Italia (articolo 32). E' un privilegio che si ritrova in quasi tutti gli ordinamenti.

FORI ESORBITANTI.

Nel diritto internazionale privato ogni Stato è libero di legiferare nella maniera più opportuna. Non esistono norme non scritte di diritto internazionale privato (consuetudinarie). Esiste tra gli Stati in qualche misura un collegamento significativo. Nella legge 218/95 in molti casi si ha un foro speciale, si vedano, infatti, l'art. 40 in materia di adozione, l'art. 42 in materia di protezione dei minori, l'art. 44 in materia di protezione dei maggiori di età (incapaci), l'art. 50 in materia di successione. Anche l'art. 4 è fortemente innovativo ed è estremamente aperto alla possibilità di una deroga.

L'autonomia delle parti acquista un peso che non aveva. L'ordinamento accetta la proroga e la deroga inserite in un contratto nella clausola di giurisdizione. Ad esempio del caffè si occupa solo il foro di Rotterdam. Il favore dell'art. 4 ai commi 1 e 2 dello stesso articolo deve essere provato per iscritto a fini esclusivamente probatori. Così come l'art. 1966 del codice civile che disciplina i diritti disponibili. In relazione alla deroga deve analizzarsi, però, un profilo: deve trattarsi di una deroga la cui controversia è stata attribuita ad un arbitro estero; inoltre l'ordinamento prevede che la deroga è inefficace se il giudice declina la sua competenza. In ordine alla qualità di giudice è più difficile dire delle cose certe su organismi che non sono inquadrabili nell'ordinamento. I collegi avevano delle competenze di tipo giurisdizionale. Emerge un atteggiamento favorevole anche in materia di giurisdizione tanto sulla proroga quanto nell'ipotesi della deroga. La forma scritta è ad probationem tantum. La deroga porta ad un esercizio della giurisdizione secondo parametri di garanzia minima del processo.


Prendiamo le mosse dall'art. 12 della legge 218/95: "Il processo civile che si svolge in Italia è regolato dalla legge italiana". Questa affermazione ha un valore tendenziale. Alcuni articoli, infatti, prevedono che il giudice può applicare il diritto straniero: art. 7, art. 64 comma 1. A differenza del passato, oggi il riconoscimento delle sentenze straniere è svolto stragiudizialmente, cioè al di fuori del giudizio ( prima spettava al giudice, ora, invece, alla cancelleria). Riguardo all'assunzione dei mezzi di prova disposti da giudici stranieri, l'art. 69 consacra principi elaborati a livello convenzionale. Così ai punti 4 e 5: 4. "Può disporsi l'assunzione di mezzi di prova o l'espletamento di altri atti istruttori non previsti dall'ordinamento italiano sempreché essi non contrastino con i principi dell'ordinamento stesso." 5. "L'assunzione o l'espletamento richiesti sono disciplinati dalla legge italiana. Tuttavia si osservano le forme espressamente richieste dall'autorità giudiziaria straniera in quanto compatibili con i principi dell'ordinamento italiano."

Quando si afferma che il processo italiano è retto dalla legge italiana ( cd. Principio di territorialità) bisogna tenere conto delle eccezioni di cui si è detto. Se vi sono motivi di natura sostanziale, il giudice può essere chiamato ad applicare il diritto straniero.

Diritto di azione e requisiti dello stesso

Questa materia è regolata dalla lex fori ( legge del foro, quindi se si agisce davanti al giudice italiano si potrà essere giudicati dalla legge italiana ).

I requisiti, appartengono al diritto sostanziale: la lex causae che può coincidere con la lex fori ( legge applicabile - legge del foro) .

Non c'è mai una coincidenza tra i profili di diritto sostanziale e processuale. L'art. 12 non osterà a questa applicazione.

Non serve solo la legittimazione ad agire, occorrono anche altri profili. La capacità giuridica è regolata dall'art. 20, la capacità processuale dall'art. 23.

Infine vi è un altro profilo, quello dello ius postulandi , cioè della possibilità di agire personalmente in giudizio. In questo caso non c'è dubbio che si dovrà applicare la lex fori.

Anche se non è prevista la possibilità di un procuratore legale, dovrà farsi proprio a mezzo di quest'ultimo. Dalla prova va distinto ciò che appartiene al diritto sostanziale e ciò che, invece appartiene al diritto processuale. Non è possibile dare una risposta univoca a tutti i tipi di processo; bisogna distinguerne i vari profili e le diverse questioni.


Per cominciare analizziamo l'art. 20 della legge 218/95. Esso, come tutte le norme di diritto internazionale privato, è suddiviso in due parti. La prima è detta categoria astratta e indica la classe di fattispecie sulla quale si costituisce la disposizione ( nel nostro caso: la capacità giuridica delle persone fisiche). La seconda riguarda la legge nazionale delle persone fisiche: cd. Criterio di collegamento. Attraverso la categoria astratta la norma di diritto internazionale privato indica una circostanza idonea ad individuare l'ordinamento straniero a cui la norma rinvia per la disciplina del fatto. Nel caso dell'art. 20 il criterio di collegamento è la legge nazionale della persona fisica. Si tratta di un criterio giuridico.

Ogni volta che ci troviamo d fronte ad un determinato fatto della vita sociale, dobbiamo valutare a quale categoria astratta esso sia riconducibile. Tale operazione logico - intellettiva viene definita qualificazione e consiste, in primo luogo, nella interpretazione della disposizione internazional - privatistica e, in secondo luogo, nella riconduzione del fatto concreto alla categoria astratta, come interpretata.

Le espressioni tecnico - giuridiche che si utilizzano per indicare le categorie astratte ( ad es. capacità giuridica, rapporti di famiglia, obbligazioni contrattuali, successioni), possono ricevere un significato concreto solo attraverso un'opera di interpretazione giuridica volta a valutarne la reale ampiezza. La qualificazione, essendo un'operazione di natura interpretativa, non vi è dubbio che debba avvenire secondo le norme sull'interpretazione giuridica dell'ordinamento al quale appartengono le norme di diritto internazionale privato ( lex fori). Vale per tutto l'ordinamento italiano e non solo per l'ordinamento internazionale ( ad es. la donazione è una tipica ura del codice civile italiano e non dell'ordinamento internazionale).

Individuiamo due fasi: a) qualificazione lex fori; b) qualificazione lege causae.

Lo scopo dell'ordinamento internazionale è quello di individuare quale dei due sia applicabile. Secondo il prof. Sapienza la teoria della lex fori è oggi la soluzione più sicura, certa e coerente.

Le categorie giuridiche si utilizzano per inquadrare i diversi fatti della vita sociale su cui le norme di diritto internazionale privato possono avere una diversa ampiezza e comprensività a seconda dell'ordinamento giuridico nel quale ci troviamo. Ad esempio, un fatto che appartiene , secondo l'ordinamento italiano, alla categoria dei rapporti di famiglia, secondo un altro ordinamento potrebbe appartenere alla categoria dei rapporti obbligatori. La logica che vede nel diritto internazionale privato un metodo per l'organizzazione delle soluzioni giuridiche, ci porta ad affermare che, un a volta individuato l'ordinamento straniero richiamato, occorre procedere ad una seconda qualificazione della fattispecie, sulla base delle norme dell'ordinamento straniero richiamato.

La seconda qualificazione potrebbe portarci ad inquadrare la fattispecie in un'altra categoria astratta ovvero ad individuare un diverso ordinamento giuridico per la sua disciplina materiale ( rinvio oltre). Il rinvio oltre è una traduzione letterale dal tedesco e vuol dire che uno Stato A rinvia allo Stato B che a sua volta rinvia allo Stato C.


Questioni generali del diritto internazionale privato: il problema del cd. Rinvio.

Preliminarmente occorre stabilire se il richiamo ad un ordinamento straniero si riferisca alle sole sue norme materiali od anche alle sue norme di conflitto. Oggi, in virtù della riforma (art.13) il nostro ordinamento si colloca fra quelli che ammettono il richiamo di norme di conflitto straniero. Il nostro ordinamento ammette che queste norme possano richiamare un altro ordinamento ( rinvio oltre ) o lo stesso ordinamento del foro ( rinvio indietro ).

Rinvio indietro

Lo Stato A richiama l'ordinamento dello Stato B che , a sua volta, richiama quello dello Stato A. A B. vedi caso Forgo a . 279 del manuale.

I sostenitori del principio del rinvio si attengono ad una soluzione che meglio uniforma le situazioni giuridiche. In verità accettiamo la logica della uniformità delle situazioni, essendo, però, chiaro che il foro preferisce applicare la propria legge.

Il contenuto del "rinvio oltre" viene accolto perché fa comodo. La formulazione dell'art. 30 delle disposizioni preliminari al codice civile non ammetteva questa forma di rinvio in quanto si sosteneva che complicasse le cose anziché migliorarle.

Rinvio oltre accettato

Lo Stato A richiama l'ordinamento dello Stato B, il quale richiama, a sua volta, quello dello Stato C. A B C. l'esempio tipico è quello del cittadino inglese, domiciliato in Danimarca, che abbia immobili in Italia. Italia (A), Gran Bretagna(B), Danimarca(C). sia che fosse lo Stato A oppure quello B ad operare il rinvio, doveva applicarsi il diritto danese.

Rinvio oltre non accettato con rinvio indietro allo Stato del foro.

Lo Stato A richiama l'ordinamento dello Stato B.

Lo Stato B richiama l'ordinamento dello Stato C.

Lo Stato C richiama l'ordinamento dello Stato A.

A B C A.

Rinvio oltre non accettato con rinvio indietro ad altro Stato.

Lo Stato A richiama l'ordinamento dello Stato B.

Lo Stato B richiama l'ordinamento dello Stato C.

Lo Stato C richiama l'ordinamento dello Stato B.

A B C B.

Alcuni autori muovono delle obiezioni alla possibilità di questo ulteriore rinvio   (C B). Se C rinvia a B per la sola normativa materiale applicheremo quella di B ( che era quella dello Stato C). ma se lo Stato C ammette il rinvio bisogna trovare una soluzione che potrebbe trovarsi o nell'applicare il diritto dello Stato B oppure nell'applicare il diritto dello Stato A.


Questioni generali del diritto internazionale privato. L'ordine pubblico internazionale.

L'art. 16 della legge 218/95 non parla di ordine pubblico internazionale ma al 1° comma afferma: " La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico". Al 2° comma prevede che: " In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana." La norma di diritto internazionale privato può determinare il richiamo di norme straniere che risultano incompatibili con i principi dell'ordinamento del foro. Il fatto che la norma è cieca vuol dire che il richiamo è fatto al buio ( senza sapere qual è il contenuto della norma straniera richiamata). Questi principi si indicano con l'espressione  ordine pubblico internazionale. Si sottolinea il fatto che questi principi sono distinti dall'ordine pubblico interno. I principi di ordine pubblico internazionale esprimono la fisionomia di ogni singolo ordinamento, le sue scelte di fondo, i valori cui si ispira. Ad esempio non potrà applicarsi in Italia una norma straniera che si ispiri ad un principio diverso da quello della assoluta parità dei coniugi, principio questo caratterizzante la nostra legislazione in materia matrimoniale.

Se l'operare di un principio di ordine pubblico internazionale impedisce l'applicazione di una norma straniera, si dovrà cercare un'altra norma straniera richiamata da un altro criterio di collegamento. In mancanza si applicherà la legge italiana.



Questioni generali di diritto internazionale privato. Le norme di applicazione necessaria.

Prendiamo le mosse dall'art. 17 : " E' fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera." Una delle possibili definizioni di norme di applicazione necessaria è quella secondo la quale queste sono norme imperative del foro, inderogabili anche in presenza di elementi di estraneità. Secondo il prof. Sapienza la norma deve essere imperativa. Le norme imperative hanno una resistenza particolarmente elevata anche nei confronti di norme straniere, tanto che mantengono, nella maggior parte degli ordinamenti, la caratteristica della inderogabilità. Le norme di applicazione necessaria impediscono il funzionamento del sistema internazionale privato. Dalla lettura dell'art. 17 si evince che le norme di applicazione necessaria sono un limite preventivo - positivo, mentre i principi di ordine pubblico sono un limite negativo, in quanto rappresentano un ostacolo insormontabile all'applicazione del diritto straniero. Tra le norme di applicazione si possono annoverare ad esempio quelle di diritto pubblico dell'economia.

Il diritto uniforme è un ideale ed è codificatorio. Consiste nel tentativo di fare adottare ( tramite trattati) dal maggior numero di Stati norme che abbiano il medesimo contenuto (uniformità). Questo diritto uniforme è un ideale per due ordini di motivi: a) non esistono convenzioni comprendenti tutti i paesi del mondo; b)la medesima disposizione è frutto di impostazioni interpretative non sempre uniformi.

Possono le norme di diritto uniforme generare conflitti di legge? Certamente.


Tutte le norme che rientrano nel diritto pubblico dell'economia sono di applicazione necessaria. Non è conurabile il conflitto tra norme di applicazione necessaria perché non c'è richiamo con norme straniere. La perplessità rimane valida perché le norme straniere potrebbero tradurre scelte normative che noi non approviamo. Può accadere, cioè, che non possiamo applicare norme straniere di applicazione necessaria perché traducono scelte che sono incompatibili con i principi di ordine pubblico internazionale. L'interprete, allora, deve andare a vedere se la norma contrasta oppure no con i principi del nostro ordine pubblico, deve, inoltre, valutare anche se le scelte che la norma ha compiuto tutelano interessi meritevoli di protezione. Possiamo supporre il rinvio oltre: lo Stato A richiama l'ordinamento dello Stato B che, a sua volta, richiama quello dello Stato C. Se accetto l'idea che le norme dello Stato B possono essere applicate, posso applicarle ferma restando la possibilità del rinvio allo Stato C.

. Autore: Orazio Vecchio
. Appunti:
Diritto internazionale
. Materia: Diritto internazionale
. Corso di laurea: Giurisprudenza
. Università: Università di Catania
. Docente: Sapienza




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