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. IL PACCHETTO OCCUPAZIONE: LA LEGGE N.196/1997

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. IL PACCHETTO OCCUPAZIONE: LA LEGGE N.196/1997


La legge 24 giugno 1997 n.196 ha introdotto importanti modifiche alla disciplina previgente sia per migliorare la qualità dei lavori socialmente utili e renderli idonei a favorire il reinserimento nel mondo del lavoro ordinario dei lavoratori disoccupati e degli inoccupati sia per inserire i lavori socialmente utili in un più organico quadro di coordinamento[1].

La legge n.196/1997 dedica tre articoli ai lavori socialmente utili (artt. 20, 21 e 22), il più importante di essi (art.22) contiene una specifica delega al Governo per la revisione della disciplina della materia (prevista dall'art. 1, primo comma, del decreto legge 1 ottobre 1996 n.510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996 n.608) volta a darle una complessiva ed organica definizione; gli altri due si occupano di questioni specifiche in parte destinate ad essere superate dalla riforma, atteso il loro carattere transitorio.



Essa contiene anche disposizioni relative ad interventi a favore di giovani inoccupati nel Mezzogiorno (art. 26), interventi attuati attraverso l'introduzione di un ulteriore tempestivo istituto di sostegno occupazionale che si struttura in un piano straordinario di lavori di pubblica utilità e di borse di lavoro, rivolto a giovani inoccupati delle aree depresse[2].

I lavori socialmente utili si delineano progressivamente come forme di lavoro in grado di offrire ai soggetti coinvolti un'opportunità di inserimento nel mondo del lavoro; non sono più qualificabili come intervento di garanzia al reddito né come misura selettiva volta ad incentivare l'occupazione.

Si trasformano in strumenti di politica attiva del lavoro, diretti a rendere più efficiente il funzionamento del mercato del lavoro e promuovere occasioni di impiego stabili nel tempo; da forma di intervento rivolta ai titolari del trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinaria e del trattamento di mobilità, l'istituto dei lavori socialmente utili diviene una forma di intervento sul mercato del lavoro volta a creare occasioni di lavoro per i lavoratori inoccupati e disoccupati di lunga durata.

Alla medesima finalità mira la previsione di un <<piano straordinario di lavori di pubblica utilità e di borse di lavoro>>, secondo la previsione contenuta nell'art. 26 della legge n.196/1997, come <<strumento di riequilibrio territoriale>>, destinato a <<contrapporsi alla logica dell'assistenzialismo e del mero sostegno al reddito>>. In ogni caso tra questi due istituti esistono delle differenziazioni: infatti con i lavori di pubblica utilità si mira alla valorizzazione della finalità formativa dei progetti presentati ed all'incentivazione di quelli finalizzati alla realizzazione di un'imprenditorialità stabile al di fuori della Pubblica Amministrazione; mentre le disposizioni relative alle borse di lavoro consentono di individuare le tipologie di imprese beneficiarie, con la previsione di particolari agevolazione contributive in caso di assunzione dei giovani con contratto a tempo indeterminato.

L'art. 20 della legge n.196/1997 prevede l'estensione delle disposizioni vigenti ai progetti di ricerca predisposti e realizzati dagli Enti pubblici del to e rivolti esclusivamente a tecnici e ricercatori che beneficiano o che abbiano beneficiato di trattamenti di integrazione salariale o di mobilità. Per i lavoratori per i quali sia scaduto il periodo di fruizione delle prestazioni previdenziali la durata del progetto può essere estesa fino ad un massimo di 24 mesi: in questo modo viene espressamente superato il termine massimo di 12 mesi previsto in generale dalla legge per l'ipotesi di questo tipo. L'articolo poi prevede la riduzione del capitale sociale richiesto alle società miste costituite dai soggetti promotori di progetti di lavori socialmente utili che occupino personale già impegnato in tali lavori ed un finanziamento erogato al Ministero dei beni culturali e ambientali per la partecipazione al capitale sociale e per la realizzazione di attività da affidare a tali società.

L'art. 21, invece, contiene disposizioni finanziarie e procedurali nell'utilizzo in lavori socialmente utili di somme non impegnate nell'esercizio finanziario di competenza, nell'inserimento automatico nelle liste di mobilità dei lavoratori, nel periodo di utilizzazione nei lavori socialmente utili, per consentire loro di accedere alle diverse misure finalizzate all'assunzione con contratto di lavoro. Infine è prevista la comunicazione alla Commissione regionale per l'impiego, da parte dell'Inps e delle imprese, dei lavoratori in mobilità lunga e in Cassa integrazione guadagni straordinaria, per consentirne l'utilizzazione diretta, in deroga alle procedure generali disposte per l'assegnazione, da parte dei Comuni di residenza e degli altri soggetti promotori in attività socialmente utili e di tutela dell'ambiente. Da queste disposizioni risulta chiaramente che il legislatore mira a spingere i soggetti promotori ad utilizzare lavoratori che già abbiano un trattamento previdenziale.

L'art. 22 della legge n.196/1997 contiene la delega al Governo per la revisione della disciplina sui lavori socialmente utili i cui principi e criteri direttivi fanno riferimento al panorama normativo vigente al momento della sua emanazione; con la disposizione in esso contenuta, la quale prevede l'individuazione, previa intesa con le Regioni, dei prevalenti settori ai quali rivolgere i progetti di lavori socialmente utili, il legislatore mira a colmare la lacuna creata con l'eliminazione dell'art. 14, primo comma, della legge n.451/1994, nella parte in cui provvede ad individuare i settori innovativi interessati allo svolgimento di lavori socialmente utili.

La delega prevede l'individuazione di nuovi bacini d'impiego, ossia di quei nuovi settori in cui i lavoratori privi di occupazione possono fare esperienze di lavori socialmente utili e possono successivamente trovare sbocchi occupazionali come nuovi imprenditori sociali, sia come lavoratori dipendenti sia come associati. E' previsto l'avvio di progetti di lavori socialmente utili in quei settori in cui la Pubblica Amministrazione incontra difficoltà di organizzazione ed essi comprendono, oltre che i servizi alla persona, anche servizi volti al miglioramento della vita, servizi ambientali e di valorizzazione del patrimonio culturale: adeguamento e perfezionamento del sistema dei trasporti; recupero e risanamento dei centri urbani; salvaguardia delle aree protette e dei parchi naturali; tutela della salute nei luoghi pubblici e di lavoro; salvaguardia dell'ambiente e tutela del territorio; raccolta differenziata e gestione di discariche per i rifiuti urbani; manutenzione del verde pubblico; miglioramento della rete idrica; operazione di recupero e bonifica di aree industriali dismesse; tutela degli assetti idrogeologici. Non si tratta, comunque, di un'elencazione tassativa perché il Governo, in attuazione della delega, può prevedere ulteriori settori in cui avviare progetti di lavori socialmente utili.

Questa disposizione deve essere, inoltre, combinata con la disposizione contenuta nell'art. 26, secondo comma, lett.a), della stessa legge n.196/1997 con cui sono individuati i settori di riferimento per i lavori di pubblica utilità, ai quali possono essere adibiti i giovani inoccupati destinatari del piano straordinario previsto dallo stesso art. 26. Per la prima volta il legislatore parla distintamente di lavori socialmente utili e di lavori di pubblica utilità, mentre nei precedenti interventi normativi queste due tipologie vengono assimilate.

E' prevista la ridefinizione delle condizioni di accesso ai lavori socialmente utili, in quanto tale istituto inizialmente viene utilizzato come strumento conservativo del trattamento previdenziale, poi, in seguito ai successivi interventi regolamentativi, viene conurato come presupposto acquisitivo non solo ai fini dell'erogazione del trattamento economico indennitario, ma anche per consentire al lavoratore di ottenere un'integrazione al proprio reddito.

Per procedere alla revisione dei criteri da seguire nell'individuazione dei lavoratori da assegnare ai lavori socialmente utili, occorre fare una distinzione tra i soggetti privi di trattamento previdenziale e i soggetti titolari del predetto trattamento. Per quest'ultimi, la normativa vigente al momento dell'emanazione della delega, prevede l'assegnazione dei soggetti dichiaratisi disponibili, superandosi in tal modo il meccanismo sanzionatorio previsto dall'art. 9, lett.c), della legge n.223/1991, che prevede la cancellazione del lavoratore dalla lista di mobilità e la perdita della relativa indennità.

L'individuazione dei criteri da seguire nell'assegnazione dei lavoratori ai lavori socialmente utili avviene attraverso la disposizione contenuta nell'art. 1, secondo comma, della legge n.608/1996, che prevede come criterio prioritario la <<corrispondenza tra la capacità dei lavoratori e i requisiti professionali richiesti per l'attuazione del progetto>>. Questa normativa abbandona il rigido vincolo del rispetto della professionalità del lavoratore nell'utilizzazione temporanea in attività di pubblica utilità ed introduce un vincolo meno rigido che richiede la corrispondenza tra le sue capacità lavorative e la professionalità richiesta per lo svolgimento dell'attività; in questo modo non sono più i lavori socialmente utili a doversi adattare alla condizione professionale del lavoratore, ma è quest'ultimo che deve adeguarsi alle esigenze che di volta in volta emergono in sede di organizzazione dei progetti di lavori socialmente utili.

In questo modo, però, si rischia di reprimere la dignità professionale del lavoratore, rischio che può essere arginato attraverso la partecipazione, anche alternata rispetto allo svolgimento del lavoro stesso, alle attività di orientamento organizzate dalle Agenzie per l'impiego o dalle Sezioni circoscrizionali dell'impiego, per la frequenza delle quali è prevista comunque l'erogazione del medesimo sussidio previsto durante lo svolgimento dell'attività lavorativa.

E' previsto, altresì, che per i progetti approvati dopo il 1° gennaio 1996 la Commissione regionale per l'impiego possa individuare ulteriori priorità per l'assegnazione dei soggetti, <<tenendo conto, in particolare, del criterio del maggior bisogno e delle professionalità acquisite nell'attuazione dei progetti>>.

Anche in riferimento alla revisione del trattamento economico erogato ai lavoratori impegnati in progetti di lavori socialmente utili occorre fare una distinzione tra i lavoratori titolari del trattamento previdenziale e i lavoratori privi di tale trattamento: infatti alla prima categoria è previsto che spetti, oltre al trattamento previdenziale, anche un'integrazione economica a carico dell'Amministrazione interessata, pari alla differenza tra la somma corrisposta dall'Inps e il salario o stipendio che sarebbe stato percepito in costanza di lavoro; i soggetti privi di trattamento previdenziale sono invece destinatari di un sussidio di natura assistenziale, disciplinato dalla stessa normativa in materia di indennità di mobilità.

L'art. 22 della legge n.196/1997 prevede anche la revisione della durata dell'impiego del soggetto nel progetto di lavori socialmente utili, la quale, a norma della legge n.608/1996 non può eccedere i 12 mesi per i lavoratori privi di alcun trattamento previdenziale; mentre per i lavoratori in cassa integrazione o che fruiscono dell'indennità di mobilità è previsto un utilizzo per un periodo non superiore a quello di godimento del relativo trattamento.

La delega prevede l'individuazione dei criteri di armonizzazione della tutela previdenziale, riguardo alla quale la normativa vigente introduce delle differenziazioni riferibili al tipo di trattamento del quale il soggetto utilizzato in lavori socialmente utili risulta beneficiario. Per cui, al soggetto titolare del trattamento di integrazione salariale straordinaria il periodo di godimento di Cassa integrazione guadagni straordinaria risulta utile sia ai fini pensionistici sia ai fini dell'anzianità di servizio, così come avviene per il soggetto che usufruisce dell'indennità di mobilità. Minore, invece, è la tutela previdenziale riservata ai lavoratori privi di trattamento previdenziale utilizzati nelle attività socialmente utili: infatti, per i periodi di godimento del relativo sussidio il riconoscimento d'ufficio rileva solo ai fini dell'acquisizione dei requisiti assicurativi per il diritto al pensionamento e non ai fini pensionistici.

L'articolo in esame prevede, alla lettera f), che la legge di revisione provveda all'armonizzazione della disciplina relativa alla formazione di società miste operanti nel settore dei lavori socialmente utili al fine di consentire la creazione di ulteriori sbocchi occupazionali per i soggetti coinvolti in lavori socialmente utili.

A tal riguardo, la legge n.608/1996 non solo amplia l'area dei soggetti promotori dei progetti rispetto alla previsione contenuta nell'art. 14, primo comma, della legge n.451/1994, ma individua anche una particolare tipologia di soggetto gestore per favorire lo sviluppo del "terzo settore"; i progetti, infatti, possono essere presentati e gestiti anche dalle cooperative sociali previste dalla legge n.381/1991, per occupare i soggetti coinvolti in lavori socialmente utili nell'attività delle stesse cooperative.

Tra queste sono ricomprese sia le cooperative di solidarietà sociale, aventi ad oggetto la gestione dei sevizi socio-sanitari ed educativi, sia le cooperative di produzione e lavoro integrate, abilitate a svolgere attività diverse (quali agricole, industriali, commerciali o di sevizi) finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

I soggetti promotori di progetti di lavori socialmente utili possono costituire società miste allo scopo di creare le necessarie ed urgenti opportunità occupazionali per i lavoratori in essi impegnati.


Interventi a favore dei giovani inoccupati. I lavori di pubblica utilità e le borse di lavoro.

La legge n.196/1997 introduce altre misure per affrontare l'emergenza occupazionale del Mezzogiorno riguardo ai giovani; si tratta di disposizioni transitorie, ma pur sempre importanti poiché anticipano, anche se in parte, la riforma dei lavori socialmente utili.

L'art. 26 del Pacchetto Treu introduce un ulteriore istituto di sostegno consistente nell'individuazione di un piano straordinario di lavori di pubblica utilità e di borse di lavoro, da attuarsi entro il 31 dicembre 1997 nelle Regioni del Mezzogiorno e in alcune del Centro ad elevato tasso di disoccupazione (Abruzzo, Molise), nonché in quelle province in cui il tasso medio di disoccupazione è stato superiore, nel 1996, alla media nazionale rilevata dall'Istat (Massa Carrara, Roma, Frosinone, Latina e Viterbo). Attraverso la previsione di queste disposizioni il legislatore non ha esteso direttamente la normativa in materia di lavori socialmente utili ai giovani inoccupati, ma ha preferito prevedere il finanziamento, attraverso gli Enti locali, di progetti destinati a nuove attività, anche nell'ambito del lavoro autonomo.

L'emergenza del problema occupazione ha spinto il Governo ad attuare tempestivamente la delega contenuta nella norma in esame attraverso l'emanazione del decreto legislativo 7 agosto 1997 n.280[3]; anche se c'è da considerare che la predisposizione di piani straordinari per fronteggiare il problema occupazionale giovanile non è una novità nel nostro ordinamento: infatti, disposizioni assimilabili a quelle contenute nell'art. 26 della legge n.196/1997 sono rinvenibili nell'art. 23 della legge 11 marzo 1988 n.67 e nell'art. 15 della legge 16 maggio 1994 n.451.

La delega contenuta nell'art. 26 del Pacchetto Treu si articola in tre settori: nel primo vengono individuati i criteri generali che devono essere osservati nella regolamentazione sia dei lavori di pubblica utilità, sia delle borse di lavoro; particolare rilievo assume quel criterio in base al quale i soggetti destinatari di tali misure devono essere giovani, di età compresa tra i 21 e i 32 anni, in cerca di prima occupazione, iscritti da più di 30 mesi nelle liste di collocamento. Però, a tal riguardo, il decreto legislativo n.280/1997 amplia l'ambito soggettivo dei destinatari del piano straordinario perché prevede che esso ricomprenda non solo i lavoratori in cerca di prima occupazione, ma anche quelli che, al momento dell'attivazione del piano, risultano disoccupati, occupati con contratto a tempo parziale di durata non superiore a 20 ore settimanali o avviato con contratto a tempo determinato, di durata complessiva non superiore a 4 mesi e con diritto alla conservazione dell'iscrizione e della posizione di graduatoria nella lista di collocamento[4].

Questa disposizione, tuttavia, dimostra che il legislatore si è discostato dai principi e criteri direttivi contenuti nella delega, violando indirettamente, secondo un orientamento di Giurisprudenza costituzionale, l'art. 76 della Costituzione e ciò costituisce un vizio di illegittimità costituzionale.

Vengono individuati, in secondo luogo, i criteri di ripartizione delle risorse tra le diverse Regioni e tra le due tipologie di interventi e la procedura per l'eventuale revisione di questa ripartizione; il Governo prevede che l'Agenzia regionale per l'impiego controlli l'andamento dell'utilizzazione dei progetti di pubblica utilità, mentre l'Inps l'attuazione delle borse di lavoro; sono definiti i tempi, le modalità e le procedure di attuazione del piano.

Infine, tra i principi generali la legge di delega prevede la durata massima di impiego nei lavori di pubblica utilità e nelle borse di lavoro, durata non superiore  a 12 mesi; il legislatore delegato si preoccupa, altresì, di escludere l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato e di garantire il mantenimento dell'iscrizione nelle liste di collocamento.

Nei successivi commi dell'art. 26 della legge n.196/1997 si ritrovano principi e criteri diversi a seconda  che risultino specificamente disciplinati i lavori di pubblica utilità o le borse di lavoro.

In riferimento ai lavori di pubblica utilità vengono individuati i settori in cui essi possono essere attivati: servizi alla persona, salvaguardia e cura dell'ambiente e del territorio, sviluppo rurale e dell'acquacoltura, recupero e riqualificazione degli spazi urbani e dei beni culturali.

Per quanto riguarda le modalità di attuazione degli stessi si rinvia alla disposizione contenuta nell'art. 1 della legge n.608/1996: è prevista la designazione da parte del Ministro del lavoro di un Commissario responsabile dell'esecuzione del progetto, nel caso di inerzia dell'Ente promotore; nell'ipotesi di inerzia nella fase promozionale del progetto intervengono le Agenzie di promozione di lavoro e di impresa, le quali svolgono un ruolo fondamentale nella fase di elaborazione ed ammissione dei progetti, in quanto sono chiamate a fornire un'attività di assistenza tecnico-progettuale agli enti proponenti e ad accertare la sussistenza dei presupposti tecnici per la realizzazione di nuove attività che abbiano il carattere della stabilità. Il rinvio alla legge n.608/1996 implica anche l'estensione dell'applicazione delle disposizioni relative ai soggetti promotori dei progetti e quelle relative al trattamento economico e previdenziale.

Dalla normativa esposta risulta che se i lavori di pubblica utilità sono finalizzati alla creazione di un'imprenditorialità stabile al di fuori della Pubblica Amministrazione, le borse di lavoro, invece, mirano a creare opportunità di inserimento professionale favorendo il contatto tra giovani ed imprese e addossando allo Stato l'onere di un sussidio da corrispondere al disoccupato. La finalità di incentivare la costituzione di un lavoro subordinato stabile viene perseguita riconoscendo alle imprese l'applicazione dei benefici disposti per le nuove occupazioni, qualora procedano all'assunzione dei "borsisti" con contratto a tempo indeterminato. Questa opportunità è riservata esclusivamente a quelle imprese che appartengono a specifici settori di attività economiche e che abbiano un determinato organico, per evitare un uso distorto dell'istituto; per garantire l'effettiva realizzazione degli obiettivi del piano straordinario, sono individuati alcuni criteri di priorità per favorire l'ammissione di quelle imprese disponibili ad attivare le borse di lavoro e che mirino a valorizzare l'attività formativa dei giovani attraverso il coinvolgimento delle associazioni datoriali.

Nonostante l'esistenza di differenze sostanziali viene omologata la disciplina applicabile ai lavori socialmente utili e a quelli di pubblica utilità ed è per questo che la tutela è limitata all'obbligo di assicurazione per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e la responsabilità civile verso terzi; il trattamento economico corrisposto è sostitutivo dell'indennità di malattia e di maternità.

Il decreto di riforma dei lavori socialmente utili emanato sulla base della delega contenuta nell'art. 22 della legge n.196/1997, il n.468/1997, non estende la nuova disciplina alle borse di lavoro e neppure ai lavori di pubblica utilità. Ed è per questo che proprio in riferimento alle borse di lavoro che si pone il problema della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro: infatti in questo caso la formazione è ridotta, inoltre il lavoro viene svolto alle dirette dipendenze di un imprenditore e costituisce attività produttiva da cui quest'ultimo trae guadagno. La fattispecie, dunque, si colloca nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato, anche se con aspetti di specialità, ed assume le stesse caratteristiche dei contratti di formazione e lavoro.




M. MISCIONE, 'I lavori socialmente utili tra riforma e prospettive di riforma', in Dir. Prat. Lav., 1997, 2124

P. BOZZAO, 'Lavori socialmente utili e interventi a favore dei giovani inoccupati', in Dir. Lav., 1997, I, 380

F. LISO, 'Innovazioni e recenti proposte legislative: il Governo Dini', in Lav. Dir., 1996, 640

E. MASSI, 'Borse-lavoro: una nuova opportunità per i giovani del Mezzogiorno', in Dir. Prat. Lav., 1997, 2493




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