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LA TEORIA NEOCLASSICA: LA FORMAZIONE DEI PREZZI NEI MODELLI DI EQUILIBRIO PARZIALE. L'ANALISI DEL COMPORTAMENTO DELL'IMPRENDITORE



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LA TEORIA NEOCLASSICA: LA FORMAZIONE DEI PREZZI NEI MODELLI DI EQUILIBRIO PARZIALE. L'ANALISI DEL COMPORTAMENTO DELL'IMPRENDITORE



1. Introduzione

Secondo la teoria di Marshall ("Principi di Economia Politica"1890) le forze della domanda e dell'offerta vengono messe a confronto in condizioni di assoluta parità. Il valore di scambio di una merce è dato, per Marshall, sia dall'utilità che la merce ha per chi l'acquista, sia dal sacrificio che occorre sostenere per produrla. L'utilità e il sacrificio si manifestano nel mercato, la prima con il prezzo di domanda (che è il prezzo al quale i consumatori sono disposti ad acquistare), la seconda con il prezzo di offerta (che è il prezzo al quale i produttori sono disposti a vendere quella quantità; questo prezzo dipende dalle condizioni di produzione e quindi dal prezzo). Domanda e offerta hanno uguale importanza nella determinazione del prezzo di un bene.

L'idea base del pensiero neoclassico è la seguente. Partendo dal presupposto:

  • Che non esiste contrapposizione di interessi tra le classi sociali e che è errato classificare gli individui a seconda della classe di appartenenza,
  • Che esistono solo gruppi diversi di individui (consumatori ed imprese) che svolgono funzioni diverse,
  • Che ciascun individuo (consumatore o impresa) si propone di raggiungere il più alto benessere soggettivo



Il comportamento di ogni individuo o soggetto economico viene studiato assumendo che ciascuno di essi segua una condotta razionale o che si comporti in modo da perseguire razionalmente il proprio obiettivo.

L'ipotesi di razionalità del comportamento di ciascun individuo implica,

  1. che l'individuo conosca l'obiettivo che intende perseguire (cioè che ogni consumatore si comporti in modo da massimizzare la propria soddisfazione e che ogni imprenditore voglia conseguire il massimo profitto possibile);
  2. che il comportamento di ciascun individuo sia del tutto indipendente da quello degli altri (ogni consumatore sia guidato nelle sue scelte soltanto dai propri gusti e ogni imprenditore organizzi la propria attività produttiva nel modo che ritiene più efficiente possibile);
  3. che ogni individuo sappia con quali mezzi può realizzare l'obiettivo prescelto (ovvero, ogni consumatore sappia quali beni sono in grado di soddisfare i bisogni che egli avverte e ogni imprenditore conosca la tecnica di produzione con la quale può ottenere il proprio prodotto).

L'analisi neoclassica esamina il comportamento dei singoli mercati, cioè studia la possibilità che sul mercato in cui viene scambiato ogni singolo bene o fattore della produzione esista una situazione in cui le scelte degli individui siano fra loro compatibili e siano simultaneamente realizzate: tale situazione è detta situazione di equilibrio. Ciò equivale a studiare il modo in cui si forma il prezzo di mercato di ogni singolo bene o fattore produttivo: il prezzo è definito di equilibrio se è tale da eguagliare la domanda e l'offerta del bene o del fattore considerato. E' implicita l'ipotesi che esistano condizioni di concorrenza perfetta in ogni mercato e cioè:

    • ciascun individuo è spinto ad agire solo dal suo personale interesse;
    • ciascun individuo possiede tutte le informazioni necessarie per assumere le proprie decisioni;
    • la domanda o l'offerta di ciascun individuo è così piccola rispetto al totale della quantità domandata od offerta che nessuna decisione da parte del singolo può influire sul prezzo di mercato, né può produrre effetti diretti sulle scelte di qualsiasi altro individuo.

Esiste anche un'altra linea di ricerca, all'interno della scuola neoclassica, che spiega come tutti i mercati dei beni e dei fattori possano raggiungere simultaneamente una posizione di equilibrio in cui le scelte fatte da ogni individuo su ogni mercato siano contemporaneamente realizzate. Questa linea di ricerca è nota come teoria dell'equilibrio economico generale o anche teoria walrasiana dell'equilibrio.Il suo scopo è di spiegare come un sistema economico perfettamente concorrenziale porti ad un'allocazione ottimale delle risorse disponibili. Se esiste concorrenza perfetta su tutti i mercati, il comportamento dei singoli individui, che perseguono tutti il proprio interesse personale, finisce inconsapevolmente per realizzare l'interesse collettivo: le risorse disponibili sono utilizzate nel modo più efficiente possibile.



2. La formulazione del problema dell'imprenditore


Con il termine produzione intendiamo la trasformazione beni e/o servizi in altri beni e/o servizi. L'attività di produzione consiste, una volta scelto il procedimento tecnico, nell'adottare questo procedimento per combinare fra loro alcuni beni o servizi (che chiameremo fattori della produzione) e trasformarli in altri beni e/o servizi (prodotti). I prodotti direttamente consumabili sono detti beni di consumo. Chiameremo mezzi di produzione, o beni strumentali, i beni che sono utilizzati come fattore produttivo da altre imprese. L'imprenditore, colui che ha il compito di combinare tra loro tutti gli altri fattori produttivi e trasformarli in prodotti, assume gli oneri delle obbligazioni contratte nello svolgimento dell'attività d'impresa, anticipa il capitale necessario per iniziare il processo produttivo, sceglie il tipo di procedimento tecnico da adottare allorché il tipo di bene che intende produrre.

L'imprenditore acquisterà certe quantità dei fattori della produzione, sostenendo così una spesa di importo pari al totale degli esborsi sostenuti per l'acquisto dei fattori produttivi (costo totale). Quindi, sulla base del procedimento tecnico, l'imprenditore combinerà tra loro i fattori della produzione acquistati e li trasformerà in prodotti; dalla vendita dei prodotti egli otterrà un'entrata (ricavo totale).Ammesso che esista una differenza positiva fra il ricavo totale e il costo totale daremo il nome di profitto o ricavo netto.Più precisamente, dal momento che occorre includere tra i costi di produzione anche la remunerazione che spetta all'imprenditore come a qualsiasi altro fattore produttivo (a questa remunerazione si dà il nome di profitto normale), la differenza tra il ricavo totale e il costo totale rappresenta ciò che resta all'imprenditore dopo avere remunerato tutti i fattori produttivi: rappresenta cioè l'extra-profitto.

Per conseguire il massimo profitto, l'imprenditore dovrà determinare quale quantità deve impiegare di ciascun fattore produttivo e quale quantità dei diversi beni deve produrre al fine di rendere massima la differenza tra ricavi e costi. Per massimizzare il profitto occorre che l'imprenditore abbia minimizzato i costi di produzione e per far questo è necessario che egli abbia scelto la tecnica di produzione più efficiente possibile.

Ct =  apA + bpB + cpC + . . + npN

Che esprime la spesa complessiva sostenuta dall'imprenditore per l'acquisto delle quantità (a,b,c,,n) dei fattori della produzione ai rispettivi prezzi (Pa, Pb, . ..,Pn). Se ipotizziamo che tutta la quantità prodotta sia anche venduta e indichiamo con Rt il ricavo totale ottenuto dall'imprenditore dalla vendita della quantità x  prodotta al relativo prezzo unitario Px

Rt = xpx

Indichiamo con Rn il profitto o ricavo netto dell'imprenditore, ovvero la differenza tra il ricavo totale e il costo totale sarà:

Rn = Rt - Ct

Supporremo che siano elementi noti, ovvero conosciuti dall'imprenditore :

  • il procedimento tecnico mediante il quale l'imprenditore combinerà fra loro le quantità acquistate degli n fattori produttivi e le trasformerà in prodotto;
  • i prezzi ai quali l'imprenditore acquista le quantità dei fattori della produzione;
  • il prezzo px al quale la quantità x prodotta è venduta.

Elementi incogniti del problema saranno invece:

  • le quantità da impiegare degli n fattori della produzione;
  • la quantità di produrre del bene X.

Abbiamo detto che massimizzare il profitto significa rendere massima la differenza tra ricavo totale e costo totale. Ma il ricavo totale, essendo noto il prezzo di vendita del prodotto, dipende dalla quantità venduta del bene X. A sua il costo totale, noti i prezzi di acquisto dei fattori, dipende dalle quantità impiegate degli n fattori produttivi; da queste dipende però, attraverso il procedimento tecnico, la quantità x prodotta cosicché anche il costo totale dipende dalla quantità prodotta del bene X. Ricordando che tutta la quantità prodotta è anche venduta e che il profitto è la differenza tra Rt e Ct, è evidente che anche l'ammontare del profitto è funzione della quantità prodotta e venduta del bene X:

Rn = Rt(x) - Ct(x) ovvero Rn = Rn(x)

Per risolvere il problema dell'imprenditore occorrerà dunque ricercare quel livello di x in corrispondenza del quale la funzione del profitto Rn = Rt (x) - Ct (x) assume il suo valore massimo.


LA FUNZIONE DELLA PRODUZIONE


IL BREVE PERIODO E LA LEGGE DEI RENDIMENTI DECRESCENTI DI UN FATTORE VARIABILE


Consideriamo due tecniche a e b entrambe note all'imprenditore. Dal loro confronto può risultare che la tecnica a rispetto alla tecnica b impiega, per ottenere la stessa quantità del bene X, una minore quantità di un fattore senza esigere quantità maggiori di nessun altro fattore della produzione: diremo che a è senz'altro più efficiente di b. Analogamente la tecnica a è senz'altro più efficiente della tecnica b se impiega le stesse quantità di fattori, ma consente di ottenere una maggiore quantità di prodotto. In entrambi casi sceglieremo sicuramente la tecnica a. Può verificarsi il caso che le due tecniche consentano di ottenere la stessa quantità di prodotto, ma utilizzino entrambe una maggiore quantità di almeno un fattore e una minore quantità di un altro. In questo caso verrà scelta la tecnica che consente di produrre la stessa quantità di prodotto al costo più basso possibile.



Supporremo che l'imprenditore abbia già risolto il problema strettamente tecnico della migliore utilizzazione di una qualsiasi combinazione di fattori: supporremo cioè che abbia scelto la produzione più efficiente in senso tecnico che gli consente cioè di ottenere il massimo di produzione da ogni possibile combinazione di fattori. Con questa premessa, formulata l'ipotesi che i prezzi unitari dei fattori non mutino al variare della quantità impiegata degli stessi, ci occuperemo poi del problema della scelta della combinazione dei fattori produttivi che consente di ottenere al costo minimo una qualsivoglia quantità del bene X: chiameremo questa combinazione, che è efficiente anche in senso economico, combinazione ottima dei fattori della produzione.

In simboli, per indicare con X è funzione della quantità impiegata degli n fattori produttivi, scriveremo

Xmax = f (a,b,c, . .,n)

Dove la f, ovvero la forma di questa funzione è espressione del procedimento tecnico mediante il quale, da ogni combinazione delle quantità dei fattori della produzione, l'imprenditore ottiene una certa quantità (massima) di prodotto.

Chiameremo la Xmax = f (a,b,c, . .,n) funzione della produzione o funzione della tecnica.

Il breve periodo è quel periodo di tempo in cui si assume che l'imprenditore abbia già scelto la dimensione d'impianto con cui intende produrre il bene X e non possa più modificarla; può variare però, entro il limite posto dalla massima capacità produttiva dell'impianto, il grado di utilizzo di quest'ultimo in risposta a variazioni della domanda di mercato del bene X. E' dunque possibile, nel breve periodo, modificare la quantità del bene X producibile da un certo impianto variando l'impiego di quei fattori la cui disponibilità non è così strettamente legata a scelte già assunte in passato e non modificabili nel periodo breve.

Nel lungo periodo la quantità e il tipo di tutti i fattori possono essere modificati: l'impresa, in base alle previsioni sul futuro andamento della domanda di mercato del bene X, potrà quindi scegliere o modificare anche la dimensione e il tipo di impianto.

Nella nostra analisi supporremo che l'imprenditore impieghi una quantità fissa e non più modificabile di (n-2) fattori della produzione: siano questi i fattori C,D, . ..,N che chiameremo fattori fissi. Chiameremo invece fattori variabili gli altri due fattori A e B utilizzati dall'imprenditore nella produzione del bene X. Ne segue che la quantità prodotta del bene X dipende, nel breve periodo, dalle quantità impiegate dei due fattori A e B considerati variabili.La funzione di produzione del bene X diventa allora la seguente:

x = f (a, b)

dove la f dipende ora anche dal livello al quale sono state considerate fisse le quantità degli (n-2) fattori. Definiremo la x = f (a, b) come il legame che intercorre tra le quantità impiegate dei due fattori variabili e la quantità prodotta del bene X, quantità che è la massima ottenibile da ogni possibile combinazione di a e b con le quantità date degli (n-2) fattori fissi.

Supponiamo ora di mantenere costante la quantità impiegata del fattore B al livello b.

Si definisce produttività totale del fattore A nella produzione del bene X (o prodotto totale di A) la quantità di X che può essere ottenuta dall'impiego di una certa quantità di A quando a è combinata con B costante  ed entrambe sono combinata con gli n-2 fattori fissi. In questo caso il livello a cui è tenuto costante B è considerato come un parametro e x diventa funzione della sola a:

x = f (a, b).

.Entro certi limiti, dovuti alla quantità disponibili degli (n-l) fattori fissi, la quantità di X aumenterà al crescere della quantità impiegata di A. Ma poiché, al crescere di A, la quantità disponibile di B e degli altri fattori fissi è utilizzata sempre più intensamente, è probabile che gli incrementi di prodotto dovuti all'impiego di unità addizionali di A diventino sempre più piccoli. Al limite, proseguendo l'impiego di A, ciascuna unità di A potrebbe disporre di una quantità così scarsa di B e degli altri fattori fissi che l'ultima unità di A potrebbe non accrescere affatto il prodotto o addirittura farlo diminuire.







b cost

^b/a

x

a

x/a

Dx/Da


























































La produttività marginale (o rendimento marginale) del fattore A è il numero di unità, infinitamente piccole, di cui aumenta o diminuisce la quantità prodotta del bene X al crescere di una unità, anch'essa infinitamente piccola, della quantità impiegata del fattore A quando sia considerata costante ad un dato livello la quantità impiegata del fattore B (e degli altri n-2 fattori considerati fissi). Più precisamente, la produttività marginale di A è il limite, per Da che tende a zero (diventa cioè infinitamente piccolo), del rapporto Dx/Da. In simboli, indicando con x la variazione, infinitamente piccola, della quantità prodotta del bene X e con a la corrispondente variazione della quantità impiegata del fattore A, scriveremo

dove il simbolo sta ad indicare che la variazione di x e quella di a avvengono a parità della quantità impiegata di B.

La produttività media (o rendimento medio) del fattore A è invece il rapporto tra un qualsiasi livello della quantità prodotta del bene X e il corrispondente livello della quantità impiegata del fattore A quando a B è assegnato nella  un valore dato. In simboli scriveremo

. L'andamento delle curve della produttività totale, media e marginale che abbiamo tracciato riflette l'ipotesi che, a partire da un certo livello di impiego del fattore A, la produttività marginale di A inizia a decrescere fino ad annullarsi e diventa poi addirittura negativa.

L'andamento delle curve soddisfa dunque la legge dei rendimenti decrescenti di un fattore variabile secondo la quale, ferma restando la quantità impiegata di B e degli altri fattori fissi, la PmgA diminuirà gradualmente all'aumentare dell'impiego di A. Questa legge non esclude tuttavia la fase iniziale in cui la produttività marginale del fattore A aumenta: in questo caso ciascuna unità di A aggiunta al processo produttivo accresce la produttività media delle unità di A complessivamente impiegate e contribuisce al far crescere la produzione del bene X con tasso di aumento crescente.

Entrambe le curve PmgA e PmgB che abbiamo tracciato dapprima crescono e poi decrescono all'aumentare dell'impiego di A. Le due curve raggiungono un massimo; in corrispondenza della quantità per la quale la produttività media è massima, la produttività marginale e quella media coincidono. In entrambi i casi i valori di x/a e x/ a risultano indeterminati per a=0, ragion per cui l'andamento delle due curve è stato lasciato indeterminato nel tratto iniziale.






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