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L'IMPERO BRITANNICO (dal 1776 al 1931) - IMPERIALISMO, COLONIALISMO, AUTORI SUL COLONIALISMO

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L'IMPERO BRITANNICO (dal 1776 al 1931)

L'indipendenza delle 13 colonie americane, proclamata nel 1776, e riconosciuta nel 1783 con il trattato di Versailles, inferse un grave colpo all'imperialismo inglese. L'espansionismo coloniale britannico trovò nuovi sbocchi in Asia, in Africa e nel Sud- Est del continente australiano. Le guerre antinapoleoniche diedero nuovo impulso all'Impero Britannico. Definitivamente padroni dei mari dopo Trafalgar (1805), gli Inglesi conquistarono e organizzarono una possente rete di basi, dall'Atlantico all'Oceano Indiano. Nel 1815 il Regno Unito si trovò a capo di un impero gigantesco.

Sotto il regno della regina Vittoria, la Gran Bretagna entrò in un periodo di profonde trasformazioni economiche, sociali e morali. La repressione della tratta degli schiavi (abolita nel 1807) e altri obiettivi umanitari, permisero alla Gran Bretagna di attribuirsi un compito di sorveglianza sui mari e le fornirono numerose occasioni di intervento, in Africa e in Asia, negli affari di molti piccoli Stati. Nonostante la diffidenza dei Liberali per le imprese coloniali e il diffondersi di uno spirito ostile all'arricchimento materiale, la volontà di frenare le ambizioni straniere e le iniziative delle comunità d'oltremare, aggiunse nuovi territori al dominio britannico. Dal 1839 al 1842 l'Impero Britannico fu impegnato nella cosiddetta "Guerra dell'Oppio" contro la Cina, dopo la quale ottenne l'accesso a cinque porti cinesi e il controllo di Hong Kong.



Negli anni '50 il Regno Unito cercò di ostacolare l'espansione russa in Asia, a discapito del debole Impero Ottomano che controllava la Turchia e i paesi arabi. Così, tra il1853 e il 1856, Gran Bretagna, Francia, Turchia e Sardegna sconfissero la Russia nella Guerra di Crimea. Nel 1857 dovette fronteggiare l'Ammutinamento Indiano dovuto al malcontento nato dall'imposizione dello stile di vita inglese sulle colonie. Fu seguito da un atto del Parlamento che trasferì il governo indiano alla Corona, abolendo la Comnia delle Indie Orientali. Nel 1877 la regina Vittoria ottenne il titolo di "Imperatrice d'India".

Con l'apertura del Canale di Suez (1869) e i progressi della navigazione, l'espansione europea entrò in una nuova fase di frenetico sviluppo cui partecipò anche il Regno Unito. Benjamin Disraeli, primo ministro dal 1874 al 1881, diede la spinta decisiva a questo movimento, nonostante l'opposizione liberale, guidata da Gladstone. D'altra parte l'ideologia dell'imperialismo penetrava anche nelle file liberali e in quelle radicali, in misura non minore di quanto non avvenisse per coloro che si volgevano contro I Conservatori. Sotto tale spinta, l'Impero si era arricchito di numerosi territori, conquistati con i più diversi pretesti, strategici, politici, commerciali, umanitari.

Tra il 1899 e il 1902, la Gran Bretagna fu protagonista della Guerra del Sud Africa contro i conquistatori olandesi, i Boeri, per il controllo del Capo di Buona Speranza.

L'opinione pubblica inglese andava abituandosi a pensare all'Impero come a una vasta comunità di sentimenti e d'interessi che raggruppava tutti i possedimenti inglesi. Ma la nascita di un sentimento nazionale in India, dove si tenne nel 1885 il primo congresso nazionale, costituì per l'avvenire di questo imperialismo una minaccia più grave delle rivalità, sia pur gravissime con le altre potenze europee.

La vittoria del 1918 e la divisione delle spoglie degli imperi vinti portarono l'Impero Britannico alla sua massima estensione. Con lo sviluppo dei popoli asiatici e l'importanza crescente del petrolio, l'asse dell'Impero non fu più l'Atlantico, ma l'Oceano Indiano e il Pacifico, e fu accresciuta l'importanza del Medio Oriente. I problemi tuttavia si accumulavano, esigendo nuove soluzioni. La maggior parte delle colonie richiese ormai l'autonomia dalla madrepatria. Con la concessione dell'indipendenza ai paesi maggiormente evoluti si abbandonava l'idea di un'Unione federale diretta da Londra. Il fatto venne sanzionato dalle conferenze imperiali del 1926 e 1930, e fu consacrato dallo Statuto Westminster del 1931. All'Impero Britannico succedeva così il Commonwealth.


IMPERIALISMO

Per imperialismo si intende la tendenza di nazioni, di popoli, di Stati a espandersi e a dominare politicamente, militarmente, economicamente in aree geografiche e su popolazioni culturalmente ed etnicamente DIVERSE. Nonostante la varietà di forme e di motivazioni (politiche, finanziarie, militari, demografiche, religiose) che caratterizzano i diversi imperialismi attestati dalla storia, vi è sempre alla loro origine la volontà di sopraffazione e di dominio, a cui si aggiunse la coscienza, vera o presunta, di una superiorità civile, o culturale, o razziale che in ultima analisi tende a giustificare la suddetta tendenza espansionistica.

Un nuovo e decisivo impulso all'imperialismo in senso economico è riscontrabile durante lo sviluppo del capitalismo occidentale e soprattutto nella prima rivoluzione industriale dell'Occidente europeo (secc. XVIII e XIX) che fu in parte conseguenza della precedente espansione coloniale, che successivamente modificò i caratteri stessi del colonialismo e accrebbe drammaticamente la concorrenza tra le potenze in gara.

Nella seconda metà dell'Ottocento, in concomitanza col trionfo dell'industrialismo capitalistico, bisognoso di sempre nuovi sbocchi commerciali e di sempre più ingenti quantitativi di materie prime a basso prezzo, si sviluppa invece l'imperialismo come ideologia compiuta, come esaltazione ed esasperazione dei principi nazionalistici, come applicazione ai rapporti internazionali delle nuove teorie sulla razza, sulla volontà di potenza, sulla lotta per l'esistenza.

Il principio della 'lotta per l'esistenza' fu elaborato da Darwin nell'opera 'Le origini della specie': la vittoria e la sopravvivenza spetteranno a quegli individui che possiedono caratteri di vantaggio sui loro competitori. Questi caratteri di vantaggio sono propri solo di alcuni individui, che grazie ad essi sopravviveranno, mentre gli individui che ne sono privi sono destinati a soccombere. Così nel corso della vita degli individui, e di conseguenza delle specie, si opera una scelta, o 'selezione naturale', che determina la 'sopravvivenza del più adatto'. Dalla estremizzazione di tali principi nacque la convinzione dell'esistenza di una razza superiore rispetto alle altre, DIVERSE da questa.

Al periodo che caratterizzò la storia mondiale tra il XIX e il XX secolo spetta il nome di Età dell'imperialismo. Man mano che le diverse potenze europee ed extra- europee si vanno spartendo il mondo; man mano che le molteplici iniziative coloniali si affermano, gli originari motivi economici si oscurano e quella che era stata un'esigenza di ordine materiale si converte in qualche cosa che potrebbe definirsi un imperativo categorico di potenza politica ed etnica. Allora, al di fuori degli interessi materiali soddisfatti e da soddisfare, altri istinti, altri impulsi, altre passioni irrompono sulla scena: la volontà di mantenere intatti i diritti acquisiti; il sentimento di difendere il prestigio nazionale; il convincimento di avere una missione di civiltà da esercitare nel mondo; il dovere- il carico morale- dell'uomo bianco, secondo l'espressione di un grande poeta imperialista- Rudyard Kipling; il bisogno prepotente di dimostrare la propria virtù nazionale, la propria volontà di potenza. La formazione di tale ideologia imperialistica sfociò inevitabilmente in un'atmosfera di stragi e di distruzioni che caratterizzarono l'Europa per oltre un trentennio: all'incirca dal 1880 alla metà del 1914.

Dalla critica radicale dell'imperialismo ha attinto vigore in molte parti del mondo il Marxismo- Leninismo, anche se dal ceppo del socialismo, tutto intinto di nazionalismo, sorsero, proprio nel primo dopoguerra, forme nuove di imperialismo, come quello fascista e nazionalsocialista, e perfino una particolare forma di imperialismo sovietico.

Dopo la seconda guerra mondiale, il crollo dei regimi fascisti, il generale processo di decolonizzazione, il sorgere dei nuovi nazionalismi extraeuropei e l'espansione del mondo comunista hanno provocato il netto declino delle teorie imperialistiche classiche.


COLONIALISMO

Il colonialismo è la tipica manifestazione dell'imperialismo dell'età moderna. Mentre i detrattori del colonialismo vi ravvisano un ingiusto sfruttamento di un paese a favore di un altro paese attraverso una subordinazione politica, i sostenitori sottolineano i benefici che i paesi colonizzati hanno ottenuto in seguito alla colonizzazione, e cioè strutture economiche meno antiquate, sviluppi commerciali, opere pubbliche, progressi tecnici e culturali.

Gli argomenti che vengono utilizzati per giustificare l'esistenza dell'impero possono essere riassunte come segue:

Gli Inglesi erano Cristiani. La Cristianità era considerata la sola vera fede. Per questo motivo la Gran Bretagna aveva il dovere morale e religioso di diffondere la Cristianità.

La Gran Bretagna aveva raggiunto un alto livello di sviluppo scientifico e tecnologico. Per questo motivo aveva il dovere morale di educare le altre persone alla scienza e alla tecnologia e così di migliorare la qualità della loro vita.

Gli Inglesi credevano che la loro forma di governo fosse la migliore; per questo motivo avevano il dovere morale di governare le persone considerate incapaci di autogovernarsi.

Dall'altra parte, gli antimperialisti criticavano l'imperialismo per le seguenti ragioni:

La potenza imperialista si appropria delle risorse naturali e umane della nazione assoggettata per il proprio arricchimento.

La potenza imperialista impone la propria cultura sulla nazione assoggettata  a discapito della cultura indigena.

L'imperialismo priva il popolo assoggettato della loro dignità umana, e, come altre forme di potere, corrompe lo stesso imperialista.

Comunque sia, la ripresa dell'espansione coloniale inglese, coincidente all'incirca con l'inizio dell'età Vittoriana (1837), fu caratterizzata dagli aspetti negativi di tale fenomeno: la spartizione territoriale indiscriminata, spesso irrispettosa delle preesistenti unità e relazioni etniche ed economico-sociali; la distruzione delle precedenti strutture e delle tradizioni indigene; l'asservimento delle popolazioni unito alla spoliazione dei terreni migliori e delle fonti di reddito in favore dei coloni e dei gruppi finanziari della "madrepatria", la conseguente repressione, fino al GENOCIDIO, di ogni tentativo di resistenza. Infatti le immagini più costanti che caratterizzano la vita Vittoriana sono associate alla realizzazione dell'Impero. Tutto contribuisce ad alimentare lo sviluppo della maniera imperiale di vivere. Il patriottismo, sentimento tipicamente Vittoriano, fu influenzato dall'idea di superiorità razziale. Verso la fine del regno di Vittoria, gli Inglesi hanno dovuto accettare che, nella gerarchia razziale del genere umano, occupavano una posizione suprema. In parte, bastava che guardassero al loro Impero, alla varietà di razze e persone che governavano, per trovare l'apparente conferma di questa visione. Emerse una forte convinzione che le <<razze>> del mondo fossero divise in base a fondamentali differenze fisiche e intellettuali, che alcuni fossero destinati a sottomettersi agli altri. Si pensava che l'Onnipotente avesse imposto agli Inglesi di 'donare' il loro superiore stile di vita, le loro istituzioni, leggi, politica, ai nativi. In questo modo l'espansione coloniale fu considerata come una missione di civilizzazione.

Durante l'età Vittoriana, molti cittadini inglesi credevano nell'avere diritto ad un impero e pensavano che l'espansione imperiale potesse assorbire beni, capitali e popolazioni; erano estremamente orgogliosi del loro impero e dell'estendersi della loro civiltà in ogni angolo del globo. Questa abitudine venne definita <<Jingoismo>>, una forma di patriottismo aggressivo e guerrafondaio.

Il termine colonialismo viene utilizzato per mettere in risalto gli aspetti negativi di tale fenomeno, che consistono nello sfruttamento degli indigeni, considerati inferiori perché DIVERSI rispetto ai propri parametri etnici, culturali, religiosi, politici, economici .


AUTORI SUL COLONIALISMO

Nel 18o secolo, Daniel Defoe aveva già affrontato il tema della civilizzazione da parte dell'uomo bianco esaltandone gli aspetti positivi. Nell'opera 'Robinson Crusoe', un dottore, unico superstite di un naufragio, si trova sperduto in un'isola abitata da selvaggi e cerca benevolmente di stabilire le fondamentali regole di una moderna civilizzazione.

L'espansione coloniale inglese dell'età Vittoriana fu affrontata in particolare nelle opere di due scrittori, Rudyard Kipling e Joseph Conrad, quando il processo di colonizzazione si era ormai estinto. Mentre il primo esalta il potere imperiale e crede nel "fardello" degli Inglesi,  che, come una razza eletta, hanno il compito di diffondere la civilizzazione in tutte le parti del mondo e stabilire il loro governo basato sull'onore e sulla dignità; il secondo critica l'Impero basato su un assoluto sfruttamento economico.

Kipling fu dunque il poeta dell'imperialismo britannico e l'esaltatore dello spirito patriottico e nazionalistico; le sue opere scaturiscono da un intento educativo, quello di formare il perfetto cittadino e di stimolarne le qualità morali. Egli espresse un vivido senso del dovere inglese di civilizzare, che è stato identificato con un tipo di imperialismo jingoistico. Nel 1898, in occasione dell'occupazione delle Filippine da parte degli Stati Uniti, scrive la poesia "Il fardello dell'uomo bianco", dedicata agli Americani, da poco entrati nell'impresa dell'espansione coloniale. Suo intento è invitarli a non scoraggiarsi di fronte alla resistenza dei popoli conquistati, ma di continuare nell'opera, giustificata dalle ragioni di una superiore civiltà. Il colonizzatore bianco viene così visto come un benefattore dell'umanità, distributore dei vantaggi del progresso, a volte incompreso dalle popolazioni a cui porta questi benefici.

Joseph Conrad, nelle sue più grandi opere, combinò le vocazioni esotiche di terre lontane con un rigoroso esame critico di dilemmi morali, inganni e disperazione. La sua opera, 'Cuore di tenebra', è basata su una personale esperienza dell'autore che, nel 1890, trascorse sei mesi in Congo. Egli testimoniò la specifica forma di imperialismo coloniale che il re Leopoldo II di Belgio praticò nel Congo. Leopoldo perseguiva i suoi interessi in nome della filantropia e dell'anti-schiavitù. Egli asseriva che gli agenti dello Stato dovevano compiere la nobile missione di continuare lo sviluppo della civilizzazione in Africa riducendo gradualmente lo originario barbarismo e combattendo i costumi sanguinari. Dovevano anche abituare la popolazione a leggi generali, delle quali la più impellente e salutare era quella del lavoro. In realtà egli voleva sfruttare le ricchezze del Congo: abbondanza di avorio e caucciù era la loro unica priorità, mutilazione fisica e abuso il loro metodo.

In 'Cuore di tenebra', Marlow rievoca le fasi di una navigazione da lui compiuta come comandante di un battello belga, impegnato nel commercio d'avorio, su un grande fiume del Congo.

Questo romanzo è soprattutto un quadro potente e spietato dello sfruttamento disumano dell'individuo che certe comnie coloniali praticano senza pietà in Africa. Il battello fluviale è mandato a rilevare una stazione della comnia, alla dipendenza della quale Marlow dovrà lavorare, diretta da un misterioso Mr. Kurtz. Marlow è ansioso di conoscere Kurtz, in quanto durante il suo viaggio incontra molte persone che lo dipingono come un "emissario di pietà, scienza e progresso", ma all'atto pratico si accorgerà che Kurtz è un visionario pieno di allucinazioni, consumato dalla febbre. Egli è venerato dagli indigeni come una sorta di Dio, ed è chiaro che egli ha commesso una serie di terribili crimini e atti di crudeltà per stabilire il potere totale sui nativi. Durante il viaggio di ritorno Kurtz muore pronunciando ambigue parole:<<L'orrore, l'orrore>>. Kurtz porta la 'oscurità' del continente dentro il suo cuore, impazzito dall'esperienza del potere assoluto e corrotto della cupidigia e dell'ambizione.

Il selvaggio Congo è il luogo dove i bianchi perdono la loro innocenza, prima in qualità di membri di una civiltà poi come individui. Collettivamente i bianchi sono responsabili della insensata distruzione delle persone e della vita naturale, e dell'uso di crudele violenza. Kurtz ha l'idea di elevare I nativi portando loro la luce della civilizzazione occidentale, idea che lo condurrà alla follia.

Il romanzo è ricco di metafore e simbolismi: tra il fiume Tamigi e il Congo, tra Marlow e Kurtz, tra nero e bianco, luce e buio. In un primo momento la luce è associata alla calma, pace, bellezza e benessere. L'oscurità, dall'altra parte, è vista come una insidiosa minaccia per la luce e come entità diabolica. Nel momento in cui Marlow penetra nell'oscurità dell'Africa, il nero acquista connotazioni positive: è il colore della giungla, di un primitivo, nobile ambiente e dei suoi abitanti. Il bianco, invece, è associato agli aspetti negativi del colonialismo: violenza, sfruttamento, ipocrisia, indifferenza. Iniziando come elementi del paesaggio, luce e ombra diventano ambigui simboli di civilizzazione e condizione primitiva, cambiando ruoli in un complesso ideale nel quale il bianco civilizzato può essere più selvaggio dei primitivi. Il viaggio di Marlow è così una scoperta geografica del continente nero e può essere anche considerato come un viaggio dentro se stessi: l'uomo civilizzato, libero dalle ristrettezze della società e del lavoro, scopre che, nel cuore, egli è selvaggio e istintuale, più che razionale, e che egli può essere più selvaggio e crudele dei nativi, malgrado il suo compito di civilizzarli.

La storia riguarda il diverso effetto del Continente Nero su Kurtz e Marlow. Durante il suo viaggio Marlow combatte per restare ancorato ai sentimenti di integrità e normalità ai quali è stato abituato. Il caso di Kurtz è totalmente opposto: egli ha concesso se stesso all'appello dell'oscurità, perdendo il dominio di sé e indulgendo in atti di bramosia e di estrema crudeltà. Confrontato con l'oscurità di Kurtz, Marlow non può più difendere a lungo se stesso: le sue semplici idee di virtù, giustizia, onore sono inadeguate per esprimere la natura malvagia che egli ha visto e l'effetto che ha avuto su di lui.

In realtà Conrad intendeva tessere l'elogio dello spirito nazionale; d'altro canto, il suo conservatorismo non gli impedì mai, a differenza di Kipling, di dipingere con implacabile lucidità, certe degenerazioni dell'imperialismo delle grandi nazioni europee, com'è in 'Cuore di tenebra'.





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